Non ricordo nemmeno più quante volte ho volutamente, in maniera consapevole, rimandato la lettura di questo libro, ma è certo che sono state fin troppe, nonostante comunque sentissi che il momento per La ricerca dell’architetto ancora non era arrivato. Quando però quell’attimo scolpito nel tempo è giunto, inaspettato eppure desiderato, il richiamo dell’opera di Ilenia Maria Calafiore non poteva essere soffocato, ma solamente ascoltato e accondisceso.

L’Architetto ha il suo bel da fare. Il piano da lavoro di fronte a lui rispecchia il caos che sta cercando quasi disperatamente di sistemare, provando a risolverne ogni sfumatura, riordinandone così i dettagli che risultano, in qualche modo, fuori posto, una confusione totale capace di offuscare e sconvolgere persino le sinapsi di questo strano personaggio, riflettendosi nel suo cervello eclettico ed indisponendolo contro ogni possibile previsione, rincarando la dose già di per sé massiccia e peggiorando quella situazione in bilico su un filo sottilissimo, pronta per cadere e disintegrarsi al suolo.
Una via d’uscita, però, esiste. Per riuscire a sbrogliare la matassa, deve trovare la risposta a una domanda: cosa ha portato gli uomini ad odiarsi, facendosi la guerra e provocando indicibili sofferenze ai loro simili così da perorare scopi egoistici e di bassa lega? Che cosa è mai successo agli abitanti della Terra, popolo che l’Architetto aveva progettato in maniera diversa da quanto si sta rivelando ora, un’umanità differente che dimostra nei confronti del suo prossimo un profondo astio radicato, una sorta di cannibalismo concernente la vita dell’altro e protettore solo dei suoi comodi, sporchi o meno che siano?
Dove è finito quell’amore instillato con cura e precisione nelle persone da parte del nostro progettista di fiducia?
Per venire a capo di tutti i suddetti dilemmi riguardanti un unico argomento, è necessario applicare il metodo scientifico a quel sentimento così potente e senza eguali affinché sia possibile coglierne i suoi più intimi meccanismi, ingranaggi misteriosi che nessuno potrà mai comprendere a pieno.
Dopotutto, Amor Vincit Omnia: sarà in grado, quindi, di prevalere su sé stesso e delucidarsi con facilità… O almeno, è ciò che l’Architetto spera.

Se ci chiedessero cosa è l’amore, probabilmente risponderemmo tutto e niente: in fin dei conti, questo sentimento non può essere relegato a una semplice definizione, insieme di parole sicuramente giuste poiché comunque il dizionario non mente mai, ma prive della profondità toccata dal concetto a cui appartengono, abisso di emotività che a volte solo le azioni o anche, paradossalmente, il silenzio hanno la capacità di esprimere, suoni allegorici che riassumono attraverso le metafore l’affetto nella sue molteplici forme, rappresentazioni in continuo divenire che trasmutano a seconda delle persone da esso interessate, individui che, nonostante la palese diversità, assumono punti in comune, intersezioni che rivelano con coscienza e quasi gratitudine verso l’universo e sé stessi i segreti custoditi dall’amore, arcani svelati con parsimonia solo a coloro che, in attesa del più piccolo sussurro, in bilico tra la vita frenetica e le pause concessesi per respirare, sono diventati, col tempo, predisposti e ricettivi all’inevitabile meta, magico traguardo dal quale ogni salita si coniuga in discesa, consapevoli di avere la perfetta compagnia, vuoto finalmente colmato, nuovo battito del cuore registrato.

In primis l’amore è un insegnante: dalla sua posizione in cattedra, esso elargisce pillole di saggezza in grado di convincere il suo uditorio a votarsi a sé stesso, lezioni di vita che ci permettono di imparare a coniugarci con quel sentimento, declinando le proprie attitudini al nuovo stile adottato, cambio di rotta che ci spiazza poiché non credevamo possibile veder nascere l’affetto dove, dopotutto, non vi è una zolla di terreno fertile, arida culla dietro cui, invece, si cela un’oasi, rifugio protetto che solo i più fortunati trovano nei meandri dei miraggi destabilizzanti, ologrammi che fraintendono e che, se presi alla lettera, ci indirizzano verso la strada sbagliata. Pian piano iniziamo ad accorgerci delle piccolezze, sottili dettagli facili da non notare ma cruciali per la loro importanza, minuzie anche gestuali attraverso le quali si consolidano le fondamenta dell’amore, creando le basi per quel sentimento vero e scoprendo che nient’altro ci è così indispensabile da poterlo usare come alternativa, una classica seconda scelta che può sembrare talmente importante da salire sul podio ma altrettanto banale da non avere i requisiti per vincere l’oro.

Oltre a ciò, l’amore può certamente incarnare le vesti di un salvatore, eroe di altri tempi che, con indosso la sua scintillante e indistruttibile armatura, si getta nella mischia in prima linea, emergendo grazie alle sue gesta lodevoli e degne di essere raccontate tramandandole ai posteri, eredità che riempie, eredità che completa: esso, infatti, ci sottrae da noi stessi, spingendoci ad andare avanti, nonostante le privazioni che la vita, spesso, può portare, convincendoci che il suo richiamo possa essere udito da tutti, indipendentemente dalla situazione in cui ora siamo invischiati, realtà che di conseguenza muta e si trasforma in un mondo inedito capace di accoglierci a braccia aperte, felice del nostro ingresso nei suoi anfratti da esplorare e, una volta conosciuti, da adorare, contento di averci con sé in questa nuova versione di noi, diversi eppure uguali, cambiati nondimeno rimasti immutati, istantanee del tempo in costante sviluppo ed evoluzione.

L’amore, inoltre, convince, come solo un abile predicatore può fare, attraverso la sua ars oratoria, pifferaio magico che qualsiasi topolino è costretto a seguire, spinto da forze incontrollabili impossibili da sedare o silenziare, appelli ancestrali che, con retrogusto quasi incantato, vengono da lontano e ci toccano da vicino: invero, esso riesce a indurci a una scelta, se posti di fronte a un’opzione risolutiva, una decisione che cambia tutte le carte in tavola e le relative strategie di gioco, piani elaborati che impallidiscono davanti all’evidenza e, inevitabilmente, vengono eliminati, pezzo dopo pezzo, sgombero totale necessario alla svolta, strada intrapresa in maniera consapevole che all’inizio poteva apparire distante dal tenero concetto di cui stiamo trattando ma che, col passare incessante e ineluttabile dei minuti, manifesta quelle famose analogie, brevi congiunzioni da unire come in una pista cifrata per rivelare l’immagine nascosta, l’intenso affetto che, al pari di uno strascico, porta con sé la speranza, l’ultima a morire, la prima a essere percepita nell’intimo dagli animi più veritieri e leali, recipienti che non vedono l’ora di essere colmati dagli ingredienti giusti e solo da quelli.

L’amore è forza, raggio luminoso che fende l’oscurità più tenebrosa, ariete incredibile che sbaraglia qualsiasi tipologia di uscio, anche quella per antonomasia ben piantata negli infissi, vento ululante che con il suo vigore contribuisce a riportare il sereno, sferzando il cielo e spargendo ovunque le sue nuvole nere cariche di pioggia e cupi presagi, lacrime amare che scendono e detergono il viso, facendo scemare lo stato d’animo drammatico, svuotandoci di ogni emotività che lo rispecchiava e riportando un minuscolo spicchio di speranza per far attecchire nuovamente la felicità. È così che erompe il coraggio e, grazie ad esso, sentiamo montarci dentro un senso di invincibilità, l’unico moto interiore in grado di farci fronteggiare ogni fatalità che la vita decide di porci di fronte alla stregua di ostacoli ardui da superare ma necessari da oltrepassare, catalogando anche le impossibilità come sbrigative faccende di poco conto: il più bel sentimento che può nascere tra due persone e in modo fatidico legarle per l’eternità, infatti, ci dimostra che non siamo soli e non dobbiamo pensare di esserlo, primo passo per farci sorgere il sorriso sulle labbra e la limpidezza nel cuore, affidandoci l’un l’altro e procedendo nell’esistenza a braccetto, un duo che si spalleggia in ogni istante, un noi che amplifica due semplici io e tu, il tassello mancante del puzzle che come il punto finale del capitolo ne apre uno nuovo, la fine di un’era e l’inizio di una novità che risulta accattivante oltre misura, rendendo i suoi protagonisti frementi di scoprirla e poi ammirarla poiché tutto ha un sapore diverso con la compagnia giusta.

L’amore è, quindi, un abituale vincitore: di fronte a esso, gli errori commessi sbiancano e svaniscono molto volentieri, lasciando spazio ad altro, una seconda possibilità che a nessuno viene mai negata, qualora il fato la volesse concedere, apprezzandola al pari di un dono nonostante si possa temerla dato che, come una volta l’indeprecabile disgrazia è apparsa nelle sue scomode fattezze, essa potrebbe riproporsi in nuove vesti, peggiori magari, se si vuol credere all’ironia della sorte e al suo tempismo perfetto in merito al far accadere sventure realizzate su misura per noi. Ciò ci fa comprendere che l’affetto trionfa sempre, sebbene lo scetticismo possa minare queste credenze speranzose, praticità di base che restituiscono in auge la nostra fede in esse concessa, facendoci constatare che, nel caso in cui non volessimo nutrirvi alcuna rosea aspettativa, non stiamo facendo altro se non mentire al nostro prossimo, adducendo scuse campate in aria e adottando un comportamento che con la nostra persona non ha niente da spartire, e a noi stessi, sedando così la nostra anima e inaridendo il nostro cuore, trasformandoci in relitti vuoti e in decomposizione: l’amore ci fa, perciò, rivivere, portando a compimento una rifioritura in piena regola, primavera di esistenza che, anche grazie ai ricordi riproposti da questo sentimento come vecchie diapositive in bianco e nero, potenti rimembranze capaci di risvegliarci dal torpore della situazione in corso attualmente, in modo indipendente dallo stato emotivo in opera, resuscita, ennesimo tentativo di rianimare che, a colpo sicuro, questa volta ha compiuto i suoi doveri, scossa elettrica che riconsegna alla nostra memoria antichi cimeli vissuti sulla pelle, segni indelebili che nemmeno la più brutale delle esperienze potrà mai cancellare, frammenti di un passato che sapeva di buono e incarnava una felice realtà, pregresso strappato dalla sua vetusta natura e inserito in una parentesi presente, ambito premio ben accetto di una vita fatta di sacrifici e rincorse per ottenere la serenità più pura, fondamenta solide per una possibilità di futuro, tempi mescolati in uno che parevano lontani e irraggiungibili prima, ma ora qui vicini, a portata di sguardo e tocco, accanto a noi che da questo momento in poi non ce li lasceremo certo sfuggire in alcun modo.

Ed è proprio per questo che l’amore è un camaleonte: può celarsi ovunque, nascondendosi non solo a tutti gli occhi indiscreti, falchi in allerta di ogni minuscolo movimento che potrebbe nuocerli, attenti rapaci che con discrezione tengono sotto controllo dall’alto ogni situazione, ma anche agli sguardi dei suoi protagonisti, ciechi di fronte alle evidenze più palesi, dettagli essenziali al riconoscimento, ingredienti fondamentali di una sontuosa ricetta gourmet, indizi trasparenti che puntano il dito contro un solo sospetto, la routine dell’amore, sul cui piano di lavoro vige sempre la calma piatta di un caos primordiale, indefinibile ed imprevedibile da una parte, organizzata e metodica dall’altra, paradosso che non può essere compreso da chi non le è avvezzo, controsenso che solo chi è aperto e desideroso di percepirla può risolvere, sordi che sembrano ad ogni costo non voler sentire, non ascoltando il richiamo dell’affetto, voce inequivocabile che, al pari del canto di una sirena, annulla le diversità che potrebbero in qualche modo allontanare gli amanti, muri che, nonostante si propongano con una solida presenza non indifferente, devono essere superati con tenacia e forza d’animo poiché a questo sentimento non ci si può tirare indietro, l’unica entità in grado di trasformare la schietta codardia in leonina fierezza, mutazione genetica non più impossibile come si presupponeva. I muti trovano, di conseguenza, la strada spianata, dando libero sfogo al proprio silenzio, limitazione assordante che cala sulle bocche come una ghigliottina e permette agli occhi di esprimersi e parlare, pozze vivaci dove l’anima è racchiusa, luogo di vita nel quale indoli diverse si incontrano e fanno l’amore, celebrazione di felicità che non ha alcun bisogno di ostentati annunci eclatanti ma solo di sussurrate carezze silenti.

Questa melodia bisbigliata non può essere zittita e pertanto sconfitta, nonostante le varie problematiche che possono sorgere: la speranza aleggia nel nostro cuore e non possiamo fare altro che alimentarla, essendo noi piccoli granelli di sabbia della spiaggia che è la nostra vita, praticamente nulla in confronto all’immensità della realtà che ci circonda, un mondo zeppo d’amore per il quale ci si prodiga, scendendo a patti con qualsiasi compromesso necessario perché, dopotutto, ne vale la pena e ne varrà sempre, mai pessimisti cronici, solo realisti votati all’ottimismo.
Tuttavia, raramente, capita che, sebbene si presenti l’ennesima eventualità, l’amore possa non trionfare. Questo è il caso delle banali sbandate che, come fuochi fatui, appaiono e scompaiono con intermittenza, luci difettose povere del significato intenso del vero affetto, pallide ombre che si rivelano nella loro sostanza quando si scontrano con l’emozione di cui sopra: la ricompensa tanto anelata giunge a chi sa aspettare e nel mentre vivere ogni singolo giorno a disposizione come se fosse l’ultimo, senza lesinarsi, buttandosi a capofitto perché, alla fin fine, non si sa mai, provando che avere prodezza e osare risultano due imperativi fondamentali per ricevere il regalo più bello di tutti, proposito ambito da ciascuno, obiettivo raggiunto da pochi.

Le tragedie, che sono sempre dietro l’angolo, esperte nell’avvicinare coloro che in comune non hanno nulla, palesando che l’amore può fiorire e prosperare anche negli ambienti più impervi e ostili, creando una sorta di comunione tra le parti, bilanciamento di due in un unico essere, connubio di vite diverse in una sola realtà, uguale eppure completamente differente da prima.
Ragion per cui, l’amore è imprevedibilità: possedere una corazza dura, in definitiva, non implica che non ci sia la predisposizione per esso, anche se questo stratagemma funge da protezione dalle brutture della vita o da finzione per confutare di essere migliore rispetto a un’ipotetica scala di gradimento creata da noi stessi, un qualcuno che non si è e non si sarà mai, tutti motivi i precedenti che non hanno alcuna valenza in prossimità del momento, istante preciso a livello del quale si sbarca il lunario e gli si va incontro senza fiatare, quasi agognanti di vederlo arrivare e poterlo finalmente abbracciare.

In conclusione, l’amore è un universo di concetti, pozzo indomabile di lapilli infiniti e guizzanti che cambia in meglio le vite di ognuno, diversifica le prospettive a cui si è abituati e trasforma la mentalità impiegata rispetto i nuovi punti di vista. Tutto ciò, però, non è sufficiente affinché questa emozione si manifesti nelle sue interezza e maestosità: proprio qui entriamo in gioco noi, i soli esseri in grado di lavorare quel diamante grezzo attraverso le proprie imperfezioni, macchiette che sembrano sporcare ma che valorizzano con semplicità e particolarità il faro delle altrui vite, nei che, nonostante la loro piccolezza a volte travisata come insignificanza, donano sé stessi abbandonandosi completamente alla persona declamata dai propri desideri nascosti, un regalo questo che, sebbene venisse considerato esiguo dallo sguardo spregiativo della superficialità, nelle tasche dei suoi destinatari, sia gli uni presi alla sprovvista, sia gli altri coscienti delle possibilità di una sua futura ricezione, fa un’estrema e sostanziale differenza, operazione aritmetica che, solo per questa volta, aggiunge e non toglie.

La ricerca dell’architetto è poesia incontaminata, acqua che sgorga e leviga le rocce incontrate durante il cammino, insediandosi negli antri cavernosi del nostro cuore, ponendo lì le proprie radici per lasciarvi ricordi indimenticabili la cui eco risuona senza posa in quelle spelonche, riproponendo, ancora e ancora, a distanza di giorni, le frasi, le parole, le storie che Ilenia Maria Calafiore ha voluto proporre in questo piccolo romanzo, un libricino di cui ogni lettore dovrebbe far tesoro.
Confessando che, comunque, sia presente nel testo qualche errore di ortografia, tali inezie manchevoli passano in secondo piano di fronte alla bellezza concisa de La ricerca dell’architetto dove emerge la trovata eccezionale di descrivere un’entità ardua da decifrare, come solo l’amore può essere, attraverso racconti diversi nei quali si sperimenta in prima persona questo sentimento, se ne viene travolti e lo si investe: dopotutto, i crimini migliori si compiono in due, mai da soli.

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: La ricerca dell’architetto
Autrice: Ilenia Maria Calafiore
Casa editrice: ilmiolibro self publishing
Pagine: 85
Anno di pubblicazione: 2016
Traduttore:
Genere: Narrativa, Romance
Costo versione cartacea:
Costo versione ebook: 3.99 euro
Link d’acquisto: Amazon