Da quanto tempo aspettavo questo volume! Esattamente da quando avevo terminato la novella su Shepley e America, L’amore è un disastro, di cui trovate la recensione cliccando qui. È davvero difficile che Jamie McGuire non mi convinca con i suoi libri che, nonostante si focalizzino ogni volta su un fratello Maddox diverso e quindi sulla sua personale storia, risultano essere invischiati tra loro, riprendendo dettagli lanciati come esca in un romanzo della serie, lasciati volutamente fumosi ma poi spiegati una volta per tutte alla luce del sole, nel dettaglio, senza evitare di spendere parole a riguardo, creando, alla fine della fiera, il puzzle totale e completo, dove ogni singolo pezzo ormai è incastrato alla perfezione con tutti gli altri. Il disastro siamo noi non è da meno: è chiaramente differente dagli altri titoli che l’hanno preceduto, ma, proprio per queste sue diversità, è riuscito a farsi notare da me e, altrettanto ovvio, a non deludere le mie aspettative.

Il Bucksaw Café di Chuck e Phaedra Niles è un luogo di ritrovo molto gettonato in quel di Colorado Springs. Se si vuole mangiare bene ed essere serviti in maniera altrettanto impeccabile, è proprio il posto che fa per voi: dopotutto, lo dicono anche le recensioni su Urbanspoon che questo ristorante è il migliore della città. In cucina, oltre al proprietario, vantiamo la presenza di Pete ed Hector, aiutanti in cucina, sia per preparare gli ingredienti, tenendoli disponibili per tempo, sia per pulire le stoviglie usate, mantenendo in ordine l’ambiente; in sala, invece, ci sono Kirby e Falyn che si alternano in turni per servire ai tavoli, raccogliendo quindi le ordinazioni, e per accogliere nel locale i clienti, assegnando loro i posti dove dovranno mangiare. Tra gli avventori, chiaramente annoveriamo degli habitué, tra cui il caro Don, un anziano signore, primo cliente fisso che Falyn abbia mai servito lì, in quei cinque anni trascorsi al Bucksaw, e forse l’unico a essere così generoso nel dispensare le mance, la classica persona da menù fisso, insalata della casa con la salsa Ranch, sottaceti fritti, lombata quasi al sangue, che lui stesso controlla prima che la sua cameriera di fiducia lo lasci mangiare, e la turtle cheesecake di Phaedra. Godurie per ogni palato che si rispetti, praticamente. Poi, possono giungere al locale anche le famigliole felici, genitori con bimbi al seguito, prole solitamente urlante e chiassosa, che dà quel tocco di brio movimentato al ristorante, portando allegria, divertimento e qualche sfuriata da parte di mamma e papà. Infine, in questa stagione, possiamo trovare tranquillamente delle new entry al ristorante: non parliamo solo dei turisti, ma pure dei pompieri, provenienti anche da squadre di altri distretti, mobilitate dal Servizio forestale per domare gli incendi che solitamente avvengono nei dintorni durante questo periodo dell’anno. Nulla di strano, quindi, se dalla porta del Bucksaw Café entrano quattro di questi uomini d’azione, tre dei quali sporchi, fuligginosi e coperti di cenere. Niente di nuovo se Kirby li fa sedere in uno dei tavoli che Falyn serve, visto che la prima cerca sempre di trovare alla seconda un bel ragazzo con il quale stare, anche perché lei fa già coppia fissa con Gunnar. Peccato che alla nostra protagonista non interessa nessuno di quei piccoli grandi eroi: si era già fidata del giudizio della sua collega e non era andata tanto bene. E poi, parliamoci chiaro, non solo hanno dei modi che infastidiscono la ragazza oltre ogni limite, ma non le lasciano neanche una mancia decente dopo aver consumato il pasto. Per fortuna non li vedrà più o, almeno, così crede lei.

Libertà e indipendenza rappresentano il traguardo che Falyn vuole raggiungere. Dopo un’intera vita passata a compiacere i suoi genitori, cercando di dimostrare loro di essere la figlia modello che tanto volevano ma che purtroppo non avrebbero mai avuto, dopo anni e anni di regole ferree da ottemperare senza fiatare e senza opporsi in alcuna maniera perché, alla fin fine, da una signorina per bene come doveva essere lei chiaramente certi atteggiamenti sono d’obbligo, dopo aver capito che i beni materiali non portavano a quella felicità e a quell’amore, da parte dei signori Fairchild, che la protagonista femminile de Il disastro siamo noi aveva auspicato e voluto con tutta sé stessa, a quel punto la ragazza non ha potuto far altro che allontanarsi, prendersi i suoi spazi, tagliare i ponti che collegavano due sponde ormai da considerarsi troppo lontane, troppo diverse, troppo in contrasto per sistemare la situazione, chiarirsi e magari trovare un punto di incontro, compromesso che avrebbe messo a tacere le diatribe e portato una serenità, almeno apparente, in tutto questo. A causa del passato vissuto dalla cameriera ventiquattrenne, accolta a braccia aperte da Chuck e Phaedra Niles, un ieri significativo per le sue maturità e crescita, anni difficili in cui ha cominciato la convivenza con un fatto che l’ha segnata nel profondo, Falyn decide di dare una svolta alla sua vita, liberandosi dalla prigionia che i suoi genitori le imponevano, lasciandosi alle spalle tutto il bon ton, le lezioni di danza, quelle di piano, praticamente tutti gli aspetti che non la rendevano davvero lei ma la trasformavano in qualcosa che non esisteva e mai sarebbe esistito, cercando, quindi e anche finalmente, il suo vero io, la Falyn reale, quella nascosta sotto strati e strati di falsità, finzione e simulazione, la lei che doveva rimanere celata secondo il parere dei suoi genitori, come se essere sé stessi fosse una pericolosa onta da soffocare, reprimere, inabissare nel nostro profondo, rinchiudendola in gabbia e poi gettandone la chiave, per sempre. Questa ragazza, diventata donna da un giorno con l’altro, quando la realtà dei fatti, di quei fatti di cui ovviamente è stata artefice al 50%, l’ha investita in pieno, la potenza di un tir in folle velocità che travolge una piccola utilitaria che rispetta invece i limiti, prende la decisione più saggia per sé, per la sua coscienza, per la sua salvezza: allontanarsi dal problema, disconoscere chi le ha fatto del male e che continua a farne anche a distanza, iniziare una nuova vita, senza gli agi a cui era abituata, senza gli ammennicoli prima fondamentali e ora inutili suppellettili di cui si può facilmente fare a meno, senza la presenza ingombrante di quei genitori che non hanno pensato mai al bene della figlia ma solo al proprio, insieme al tornaconto, decisamente importante per i Fairchild, come se al mondo tutto questo contasse davvero, come se non ci fosse altro di significativo.
Un passo alla volta, Falyn riesce a trovare un piccolo equilibrio in un universo grande e immenso: trova un impiego, facendosi assumere al Bucksaw Café; prende in affitto l’appartamento situato esattamente sopra il locale, così da essere facilitata nel tragitto casa-lavoro, visto che comunque ormai la macchina non ce l’ha più; comincia a guadagnare un piccolo stipendio mensile, parte del quale ella conserva per realizzare il sogno nel cassetto che da tempo spera di poter realizzare, ma che, per un motivo o per l’altro, quando sembra esserci arrivata, quando sembra stringerlo tra le mani, quasi assaporando quella sensazione di sollievo che scaturirebbe dal suo successo, sfugge al suo controllo, causa le gentilezza e generosità della ragazza nell’aiutare i suoi amici e colleghi in difficoltà, delle caratteristiche queste che non le permettono di passare oltre, che non le consentono di voltarsi dall’altra parte di fronte alle richieste di aiuto delle persone che ama e a cui vuole un gran bene.
Sembra tutto perfetto, un bel quadretto di una donna adulta, sicura di sé, con delle idee chiare e precise, con una forza d’animo, una potenza celata a tutti i costi ma comunque presente, perché necessaria per portare a termine i suoi obiettivi e vincere la battaglia finale. Ovviamente, non è così. Falyn, nonostante cerchi in ogni modo di credere in sé stessa, ponendo la fiducia nella sue sole energie, sebbene provi a sentirsi autosufficiente e non bisognosa di aiuto, scopre, invece, di necessitare di qualcuno, una spalla amica su cui contare, una mano a cui aggrapparsi per non lasciarsi andare, per non affogare nelle acque torbide della realtà, un sicuro appoggio, ancora di salvezza per sopravvivere, faro in lontananza che la conduce sulla giusta strada, per la via più corretta.
Se fosse dipeso da lei, non avrebbe mai scelto Taylor, l’ultima persona su cui avrebbe mai fatto affidamento, l’unica persona che il destino, però, dall’alto della sua ironia, le ha offerto, facendoglielo casualmente incontrare, conoscere, odiare di quando in quando, amare per il resto del tempo. Il fato gioca costantemente con noi, in bene e in male: in maniera corretta o scorretta che sia, esso assume un ruolo fondamentale nella nostra vita, conducendoci talvolta verso lidi inesplorati di gioia sconfinata, talora verso la parte opposta, là in profondi oblii di malinconia persistente, dove la disperazione più totale vige sovrana, indiscussa nella sua posizione di prestigio. Non è tempo di pensare alle conseguenze ora. Non è tempo di rimuginare troppo sul da farsi. Prendere al volo l’occasione, la prima dopo un’attesa che sembrava non finire mai, è l’unica strategia da adottare adesso, in questo presente, non proiettando i propri pensieri al futuro, evitando di elucubrare troppo a riguardo, prendendo ciò che viene per come si presenta. Il resto? Si vedrà. Sicuramente non saremo mai pronti davvero a ciò che succederà, non avendo preventivato nulla, presi dall’onda dell’entusiasmo, trasportati dalla tempesta emotiva scaturitane. Anche per Falyn sarà lo stesso: all’inizio, si ritroverà a combattere con tutte le sue forze le emozioni, sempre più dirompenti, sempre più tartassanti e presenti, cercando di reprimerle con un’enfasi crescente, provando a chiudere il suo cuore in una prigione di cemento, dove nessun sentimento possa raggiungerlo, scalfirlo e incidere la sua superficie tenera e palpitante. Gli sforzi non la porteranno a nulla, se non a una presa di posizione, all’evidenza che l’amore ormai ha minato il suo animo, colpendola nel profondo, destandola dal torpore della solitudine, ferendola a caldo, imponendo al cuore il suo usuale movimento, il battito chiaro e rimbombante, obbligandola a percepire finalmente un segno di vita, quella che lei aveva relegato in un cassetto per redimersi dai peccati passati che aveva compiuto, sbagli ed errori che indelebili e imperituri fanno parte di lei e lo faranno sempre.

Il disastro siamo noi è praticamente una favola moderna. Abbiamo l’eroe, il cavaliere impavido e coraggioso, che nella fulgida armatura, in sella al suo destriero, ha come unico intento quello di salvare la damigella in pericolo, segregata nella torre più alta di un castello, assediato da un mostro mitologico, che uccide tutti coloro che tentano anche solo di avvicinarsi troppo a quella prigione sontuosa e grandiosa. La differenza, qui, è che la belva è Falyn o comunque dimora in lei. Il senso di colpa offusca tutto ciò che la circonda, tutto ciò di buono che la circonda, portandola a compiere azioni di cui poi va a pentirsi, ma che, all’inizio almeno, sembravano rispondere perfettamente alla situazione del caso, andando, perciò, a innestare in lei l’ennesimo errore, da aggiungere agli altri, l’ennesimo rimpianto, che si somma ai suoi precedenti e che porta ulteriore sconforto, l’ennesimo smacco che la vita sembra volerle dare, come facendole capire che deve ancora espiare il male che ha fatto, che ancora la giostra della fortuna non girerà dalla sua parte, che il tempo della felicità per lei ancora non è arrivato. Sono fermamente convinta che la testardaggine paga prima o poi, che, se ci impuntiamo, presto o tardi non importa, otterremo il risultato sperato. Se ne rende conto Falyn, una ragazza che ha vissuto le pene dell’Inferno ma che non sa, a tutt’oggi, cosa sia l’affetto vero e proprio, non capisce cosa significhi avere accanto una persona che le mostri la mera bellezza della vita, quel fascino che andava cercando da tempo e che pensava non avrebbe mai rintracciato. Lo sa Taylor, che decide di giocarsi tutti gli assi nella manica per salvare la donna che ama da se stessa, che non si ferma davanti a nessun ostacolo pur di convincere l’amore della sua vita ad aprire i suoi bellissimi occhi verdi e vedere davvero cosa l’aspetta là fuori. Perché lei non è sola e non lo sarà mai.

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Il disastro siamo noi (Serie Uno splendido disastro Vol.7)
Autore: Jamie McGuire
Casa editrice: Garzanti Libri
Pagine: 271
Anno di pubblicazione: 2016
Traduttore: A. Tissoni
Genere: Romance, Narrativa contemporanea
Costo versione cartacea: 16.90 euro
Costo versione ebook: 4.99 euro