Spesso non mi accosto alla letteratura dell’orrore, non perché non ne sia affascinata, dopotutto a volte staccare dalla solita tipologia di libri è un bene, così, per ricaricare le batterie e non stancarsi del genere che più amiamo, ma probabilmente per pigrizia, come del resto mi capita con i gialli e gli autori del mistero. L’occasione di affrontare una simile avventura me l’ha servita su un piatto d’argento Federica D’Avola, autrice de Le cronache dei cavalieri della notte – La Guardiana degli Spiriti, primo volume di una serie soft horror, un testo che può essere letto tranquillamente anche dagli adolescenti: ringraziandola ancora una volta della copia cartacea autografata che mi ha donato, prima volta che capita alla Nicchia e che, quindi, non dimenticherò mai, devo ammettere che quest’opera mi ha lasciata una buona sensazione quando ho girato la sua ultima pagina, dimostrandomi la bravura della scrittrice, caratteristica che non mi sarei mai aspettata di scovare nella sua opera prima. Ci sono chiaramente alcuni appunti da fare sul libro, ma, secondo me, nonostante questi piccoli aspetti che vi delineerò nella recensione, è un buon punto di partenza per una nuova penna italiana, un inizio dal quale partire per potersi migliorare sempre più, un passetto per volta, fino ad arrivare a uno sviluppo approfondito del proprio talento letterario.

È notte ormai e Laila sta tornando dal lavoro, apprestandosi a dirigersi verso casa, quell’orfanotrofio che rappresenta la sua dimora da quando aveva quasi tre anni. Mentre pensa a cosa guardare in televisione di lì a poco, si accorge che dalla strada intrapresa non ci era mai passata, come se quella via effettivamente prima di quel momento non fosse mai esistita. La ragazzina decide di non darci troppo peso, sarà solo una coincidenza inusuale, ma, quando sente in lontananza una musica alquanto bizzarra, melodia che aumenta l’aspetto spettrale del quadro finora descritto, non può fare a meno di seguire la scia dell’eco di quelle note, segni su un pentagramma che inesorabilmente la attraggono verso il portone aperto di una casa lugubre, tanto per rimanere in tema, e abbandonata ormai da tempo. La curiosità è la peculiarità principale di Laila, caratteristica che pure la sua amica Stefania sovente le imputa, quasi accusandola di una colpa capitale. Quindi, non stupitevi se vi dico che la quindicenne varca la soglia di quell’uscio e, grazie al “kit di sopravvivenza” che sempre si porta dietro nella tasca superiore del suo zaino nero, decide di perlustrare il posto abbastanza a fondo, prima di dedicarsi completamente a ciò che l’aveva attratta in quel luogo, cioè quella musica che, intraprese le scale, diventa sempre più chiara e udibile con limpidezza. Entrando, con troppa poca grazia, dalla porta di metallo sul pianerottolo al termine della sequenza di gradini, Laila si ritrova di fronte una scena davvero fuori dall’ordinario: delle creature, simili agli umani, ma cerei come la Luna e fluttuanti come se la forza di gravità fosse sparita, danzano un qualche valzer misterioso, quasi magico nell’armonia fatata che lo distingue. La sorpresa, però, non si affievolisce affatto, visto che i fantasmi circondano la ragazzina, quasi con curiosità data la sua mortalità, e un essere completamente vestito di nero le si avvicina con fare leggermente minaccioso. Prima che la nostra protagonista possa reagire in qualche maniera, con un unico gesto della mano, avanti e indietro per spostare il mantello intonato, come se fosse un camaleonte, al colore della notte, lo strano figuro incappucciato induce Laila a chiudere gli occhi, abbandonandosi alle tenebre, e a riaprire le palpebre solo il mattino seguente, alle 6.30, mentre tutte le sue compagne di stanza dormono ancora beate tra le braccia di Morfeo. La domanda sorge spontanea: è stato un sogno o quella specie di viaggio onirico era tangibile quanto me e voi? Le cronache dei cavalieri della notte – La Guardiana degli Spiriti è un libro che si divora in un soffio e, quindi, vi esorto a rispondere a questa domanda, andando a leggerne il contenuto.

Senza la curiosità saremmo perduti. Ognuno di noi possiede una vita che per la maggior parte è costituita da situazioni di routine, vicende che non hanno alcun aspetto interessante o intrigante abbastanza da farci sentire i protagonisti indiscussi di un’avventura senza pari, episodi che forse all’inizio erano le novità che tanto speravamo di accogliere a braccia aperte, andando quindi a riporre la nostra attenzione in qualcosa di inedito e magari strano, sopra le righe, diverso dal solito a cui ormai eravamo abituati ma che ora come allora non risultano essere più quelle innovazioni che ci erano necessarie, piccoli cambiamenti che avrebbero sicuramente cambiato e colorato la nostra esistenza, tingendola di toni mai visti prima, surclassanti quel grigio monotono che da tempo ci seguiva imperterrito come un’ombra ingombrante, ma che rappresentano bensì ciò da cui stavamo scappando a gambe levate senza voltarci, ciò da cui siamo scappati, evitando di sprecare troppe elucubrazioni a riguardo, ciò in cui speravamo di non inciampare più per poter abbracciare e stritolare la vita spericolata, anelata e adorata.
L’interesse costante, anche minimo, per tutto ciò che ci circonda, dai fenomeni naturali che si abbattono sul nostro mondo con terrore o splendore a seconda del caso, spettacoli di tremenda bellezza che ci sconvolgono e ci scuotono da capo a piedi, ribaltandoci come quando cerchiamo qualcosa e non la troviamo, nonostante siamo fermamente convinti che, sì, avevamo riposto le chiavi proprio in quel cassetto, nulla da eccepire, alle persone che incrociamo per strada, quegli individui che il destino ci induce a incontrare accidentalmente e magari a non lasciar più andare via perché ormai il nostro e il loro percorsi sono diventati uno unico e in comune, intersecandosi brevemente, coincidendo per sempre, passando attraverso le minuscole parentesi che ogni giorno viviamo, senza magari accorgercene tanto paiono prive di un qualsiasi significato da ricordare, istantanea da immortalare con uno scatto, data da cerchiare in rosso sul calendario, o, forse, avvedersene, rimuginandoci sopra più del dovuto, analizzandole millimetro dopo millimetro per essere certi di non perderci nemmeno un dettaglio, anche quello più insulso, di cui proprio potremmo fare a meno, la curiosità che fin da bambini ci accompagna e molto spesso, purtroppo, con l’avanzare dell’età perdiamo per strada, accantonandola nella memoria, unico luogo dove i ricordi possono rivivere ancora e ancora, è il motore essenziale per far muovere l’automobile vitale, è l’arcobaleno delle nostre giornate incolore, quella caratteristica che dona brio e spensieratezza laddove il tempo che scorre ha posto le sue fondamenta di serietà e maturità, sovrastandoli o, peggio, cancellandoli, lasciando solo l’eco delle esigue tracce del loro essere.
È l’interesse che nutriamo per tutto a far crescere in noi un profondo desiderio di scoprire il nuovo o di avventurarci nel vecchio, trovando sfumature mai viste, tonalità che ci aprono gli occhi, illuminando il nostro vacuo sguardo, rinvigorendolo e dandogli la vitalità che gli mancava da tempo. Scovare, tra le tante novità, una realtà diversa dal solito, un mondo che dovrebbe farci paura per l’estraneità che incarna nei nostri confronti ma che invece riesce ad avvincerci nella magia della sua anormalità, coinvolgendoci oltre le aspettative più rosee, è molto semplice, soprattutto se il risultato è uno scombussolamento totale della nostra vita, un cambiamento molto significativo che fin dalle fondamenta del nostro animo ci scuote e ci risveglia riportando a galla sentimenti forti, sopiti in qualche parte remota del nostro cuore, come l’amicizia, un legame che crea una connessione biunivoca tra individui, stretti da ora in avanti in un abbraccio quasi fraterno, incontro amorevole di braccia in cerca di un porto sicuro dove la solitudine, fedele compagna di una vita, sembrava permeare l’intera atmosfera, almeno fino a quando ci ha inconsapevolmente sospinto verso persone a noi affini per qualche strana ragione che ancora non è chiara, ma che impareremo col tempo a conoscere in ogni sua infinitesima parte.
Si crea, perciò, una sorta di famiglia speciale, non fondata sul medesimo sangue che scorre inesorabile nelle vene, ma sulla somiglianza delle indoli, sui caratteri opposti a tratti e per questo combacianti, pezzi di uno stesso puzzle che completano la figura nascosta, rivelando un panorama mozzafiato, sebbene all’inizio fosse un grattacapo che forse mai avrebbe visto la luce della risoluzione, un nucleo pulsante che abbatte la muraglia solidissima dei pregiudizi e dal quale scaturisce un affetto imponente e vigoroso, emozione che conoscevamo solo per sentito dire o per vaghe rimembranze lontane, sentimento tornato in tutto il suo splendore dirompente, che non ci lascia scampo, riempiendoci di vita e di nuove prospettive, scenari dove noi ci ergiamo a paladini per proteggere i nostri cari, unendoci a loro nel bene e nel male, combattendo a spada tratta al loro fianco, ricordandoci che l’unione fa la forza poiché ogni componente è utile al gruppo e ha una valenza notevole da non sottovalutare neanche per scherzo, anche se spesse volte vorremmo andare avanti da soli, in prima linea, non come eravamo soliti fare obbligatoriamente, ma con un nuovo obiettivo, quello di mettere in salvo i nostri amici, preservandoli dalle possibili catastrofi che vorremmo affrontare in solitaria, magari anche sacrificandoci e immolandoci per il bene comune di tutti, salvaguardando ciò che ci preme, allontanandolo e schermandolo dal male che intorno imperversa.
Una crescita mentale e psicologica è la conseguenza più comune di fronte a situazioni del genere, un aspetto leggermente “navigato” che dona una maturità adulta e coraggiosa, anche a chi ancora non ha raggiunto l’età giusta per farsela attribuire, saltando delle tappe importanti del suo percorso di vita, costringendolo ad adattarsi al mondo per non lasciarsi travolgere senza pietà dallo stesso. Non temiamo, però, l’abbandono: ora non siamo soli e mai più lo saremo, davvero.

Anche se sono presenti degli errori ortografici che al mio occhio decisamente pignolo e critico non sono sfuggiti e benché penso manchi qualche parte descrittiva per riempire i forse troppo eccessivi stacchi di paragrafo, stratagemma che tuttavia funziona decisamente bene per mantenere alta l’attenzione del lettore, soprattutto se quest’ultimo appartiene alla fascia d’età adolescenziale, l’autrice ha dato prova di saper scrivere una storia avvincente e ricca di colpi di scena, dipanati col contagocce, senza brusche accelerazioni o improvvise frenate, accompagnandomi placidamente dall’inizio alla fine del romanzo, utilizzando un linguaggio immediato, ancora una volta adatto al giovane pubblico a cui il libro è rivolto, senza però cadere nel troppo colloquiale o banale, introducendo tematiche importanti e reali, tra cui la diversità, non più vista come stranezza ma come peculiare particolarità che rende unici, e l’abbattimento di possibili preconcetti dovuti alle differenze.

 
 

Chiacchierando con Federica…

Cosa ti ha spinto a intraprendere la tua carriera di scrittrice?

Direi che è stato un processo involontario. Ho sempre amato leggere, fin da bambina, ma era come se mi mancasse qualcosa. Avevo sempre delle “storie” in testa, dopo un bel po’ che mi riempivano i pensieri, decisi di cominciare a scrivere. Dopo aver scritto il primo capitolo mi sono sentita fantasticamente bene.

Dove hai trovato l’ispirazione per il tuo romanzo?

È iniziato tutto dalla prima pagina. All’inizio l’avevo pensato come un racconto breve e quindi sarebbe dovuto finire con Laila che vedeva i fantasmi , solo che poi non sono riuscita a fermarmi. Scrivevo di getto e le idee venivano fuori da sole.

Con molta facilità i cavalieri della notte hanno accolto Aleksandra tra loro, nonostante la diversità palese di cui la ragazza è caratterizzata. Se fossero stati più grandi d’età, i ragazzi avrebbero comunque riposto questa grande fiducia nella vampira o forse il pregiudizio avrebbe parlato per loro e vinto, allontanandola inesorabilmente?

In realtà questa domanda è un bel po’ complicata, non vorrei anticipare troppo di quello che poi ho approfondito nel secondo libro. Sono convinta che la fiducia si conquisti con il tempo e che sia la base di qualsiasi rapporto, in particolare di quelli d’amicizia, a prescindere dell’età.

Nel tuo romanzo si intravede in maniera netta e chiara l’importanza dell’amicizia. Con parole tue, come la definiresti?

L’amicizia è una cosa rara. Per me un amico è quello che nasconde gli scheletri nell’armadio insieme a te e li sigilla bene. È qualcuno con cui si instaura un particolare rapporto di empatia.

Qual è il personaggio che più ti è piaciuto creare su carta? E perché?

Direi che mi è piaciuto scrivere molto Alek. Si ritrova a dover affrontare l’adolescenza oltre che alla sua personale evoluzione in qualcosa che non le piace. Adoro Alek ed il suo essere complessa ma anche un altro personaggio di cui si parlerà di più nei prossimi libri.

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Le cronache dei cavalieri della notte – La Guardiani degli Spiriti (Vol.1)
Autore: Federica D’Avola
Casa editrice: Germani Editore
Pagine: 132
Anno di pubblicazione: 2016
Traduttore:
Genere: Fantasy, Soft horror
Costo versione cartacea: 15.00 euro
Costo versione ebook: 3.59 euro
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