Da quando sono una lit-blogger, mi sento decisamente molto fortunata perché mi si sono aperte tantissime porte, grazie alle quali sono entrata in contatto con piccole realtà a me sconosciute fino a quel momento: mi sto riferendo agli autori, che hanno riposto la loro fiducia nella Nicchia per avere una recensione e che pazienti attendono la mia opinione, e alle case editrici indipendenti, non solo habitat naturali di scrittori che ho scoperto essere tanto talentuosi da essere obbligata a tenerli d’occhio, per forza, con estrema attenzione, per non lasciarmi sfuggire le loro opere, ma anche fucine stacanoviste di romanzi che ho trovato molto affascinanti e interessanti, realizzati in maniera impeccabile, sia nella forma che nel design. Senza questa mia passione, quindi, sarebbe stato pressoché impossibile incrociare le strade di queste bellissime concretezze letterarie. Senza quest’idea di aprire un rifugio letterario come il nostro, perciò, non avrei mai potuto affrontare la lettura di Giulia Tofana. Gli amori, i veleni, perdendomi un libro che ha generato in me moltissime riflessioni, ronzanti tutt’ora nella mia mente elucubrante, a dir poco provata dall’esperienza.

Giulia Tofana è una bellissima meretrice di Palermo che divide la sua baracca nel Papireto, un quartiere siciliano a dir poco malfamato, con Girolama Spinola, sua sorella di latte. Ha un sogno chiuso ermeticamente e segretamente nel cassetto, un desiderio che vorrebbe realizzare più di qualsiasi altro, e cioè racimolare i soldi necessari per potersi comprare un titolo nobiliare e diventare così marchesa. Dopotutto, don Antonio Navarro, uno facente parte della sua cerchia di clienti di alto lignaggio, le ha spiegato che esistono tre modi attraverso cui poter accaparrarsi una carica aristocratica: che si scelgano le armi, le lettere o la ricchezza, è sufficiente uno di questi tre mezzi affinché Giulia raggiunga il traguardo che tanto brama di tagliare.
Adesso una domanda, però, sorge spontanea. Qual è il motivo che la muove? Cosa la spinge verso simili mete? La causa scatenante è stata un incontro casuale avvenuto al termine della corsa delle prostitute, una manifestazione che si svolge ogni anno lungo il Cassaro, per festeggiare Sant’Agata. Per potersi riparare dal tremendo acquazzone di quel giorno, la nostra protagonista si è ritrovata nella vecchia bottega di un sarto in compagnia di Manfredi Ballo, un barone palermitano soprannominato il “Normanno” a causa del suo aspetto decisamente avvenente: alto e biondo di certo non passa inosservato. Ai tempi, non è sfuggito nemmeno all’occhio analitico di Giulia, l’attenzione della quale il nobiluomo non ha potuto che ricambiare, fin dal primo istante.
Perciò, è necessario guadagnare, guadagnare e guadagnare, con tutte le capacità di cui ella dispone, non solo usando il proprio corpo, grazioso dono che il cielo le ha fatto, ma anche attraverso espedienti ancora più illeciti, come, ad esempio, la creazione di misture velenose pagate a peso d’oro dai clienti per uccidere facilmente qualcuno, senza sollevare conseguenti polveroni inutili e imbarazzanti. Ebbene sì, la meretrice conduce una doppia vita, in cui veste i panni di una fattucchiera, l’unica che è riuscita a ideare un liquido inodore, insapore e trasparente, i cui sintomi, febbre e vomito, ricordano quelli dei più diffusi malanni comuni e la cui conseguenza ultima, un attacco di cuore, lascia all’ormai defunto un aspetto così sano da ricondurre a tutto, fuorché a un omicidio.
Attraverso continui raggiri, inganni e menzogne che, a poco a poco, iniziano a soffocare donna Tofana, Giulia riuscirà a portare a termine il suo piano di riscatto assoluto da una vita che sembra non le si addica?

Qualsiasi sia il tempo, qualsiasi sia il luogo, le ingiustizie imperano gradasse e infettano l’umanità con la loro presenza scomoda e pestilenziale. I motivi per cui una persona decide di adottare un tale comportamento vile nei confronti di un suo simile, indipendentemente dal ceto sociale a cui appartiene, sono tanti e della natura più disparata, ma tutti sono accomunati dalla spasmodica voglia di ottenere ciò che non si possiede: quando la brama sfocia in ossessione, diventando quasi ingestibile per chi la vive, ci si lascia trasportare dalla corrente di un entusiasmo malato, che dirige il pensiero a un nuovo chiodo fisso, quello per cui non possiamo più trattenerci e intendiamo usurpare l’avversario della fiamma per la quale ci siamo trasformati in falena, utilizzando a nostro vantaggio tutte quelle conoscenze importanti fatte nel corso degli anni, che sembrano tornare utili proprio per assolvere problemi così infimi e infidi, e quelle strategie illegali adottate per evitare tutti gli ostacoli che si parano tra noi e l’obiettivo, non arrestandoci mai se non prima di averlo raggiunto, agguantato, rubato e fatto nostro, intraprendendo evidentemente vie illecite, le uniche strade attraverso cui sanare la smania di godere di tutto quello che esula dal nostro essere, un desiderio oscuro che ci spinge verso lidi inesplorati, rinfocolanti una malsana curiosità che ci imprigiona come mosche nella tela di un ragno, e attraenti grazie a un magnetismo in grado di catturare, pian piano, la nostra attenzione, fino a farci arrivare a un punto di non ritorno, un confine ultimo dove è impossibile tornare indietro ed, invece, è essenziale andare avanti per non terminare lì, in maniera prematura, la nostra corsa vitale.

Una volta ottenuto il premio finale? Cosa succede ora? Si ricomincia tutto da capo, diventando nuovamente protagonisti di un iter pericoloso e pericolante, indirizzato verso un nuovo proposito, l’ennesima meta che non ci appartiene ma che vogliamo disperatamente, un qualunque oggetto prezioso da aggiungere alla nostra collezione, togliendola a quella di un altro che, è chiaro, non se lo merita per nulla, una qualsiasi entità astratta la quale diventi finalmente nostra o aumenti il valore della sua gemella che ci appartiene da tempo immemore, chaperon silenziosa leale e presente sempre e comunque, una persona verso la quale nutriamo un affetto smisurato e, solitamente, non corrisposto, un amore folle che ci induce a compiere dei peccati importanti, spinti da una passione che ci distrugge e ci fortifica al contempo, sbagli riprovevoli commessi soltanto per farle piacere e attraverso cui cercare di ingraziarci la sua approvazione, tutelandola e preservandola da tutti i mali che vogliono colpirla irreparabilmente ed annientarla definitivamente. Tutti quanti suppellettili molto appetibili che sfamino la nostra fame insaziabile.
Evidentemente, nessuno è esente dall’attacco delle iniquità. Tutti possono essere gli obiettivi ultimi di prevaricazioni che, una volta tastato e saggiato il terreno dove sperare di attecchire e lì crescere indisturbate, invadono tutto ciò che incontrano, sommergendo quella natura fertile con i semi di una zizzania difficile, se non impossibile, da debellare, convertendo i colpiti a una sorta di rassegnazione verso un futuro in cui la speranza nutrita nei confronti di un cambiamento in meglio non è affatto contemplata, una realtà rosea fin troppo utopica e improbabile affinché possa manifestarsi davvero, partendo, dopotutto, da presupposti del genere nei quali il riscatto non è certamente previsto.

Tra la rosa dei destinati ai sopra descritti tormenti, forse per la loro natura docile e proverbialmente debole, forse perché ritenute inferiori rispetto a un qualsiasi figlio di Adamo, i bersagli più gettonati dalle ingiustizie sono fuor di dubbio le donne. Con le fragilità che sembrano portarsi dietro al pari di un’ombra ingombrante, con un destino fissato e preciso, affibbiato loro e fatto su misura per quel corpo aggraziato e ingentilito che si ritrovano per volere dell’Altissimo, con la vita semplice e quadrata che si devono far piacere anche se rappresenta una prigione opprimente eppure sicura nelle sue fattezze, le discendenti di Eva non sono privilegiate quanto i loro simili di sesso maschile, individui che, nonostante compiano nefandezze degne di essere severamente punite, sebbene il loro comportamento decisamente patriarcale, alle volte, si ingigantisca a tal punto da inghiottire, come un buco nero, le consorti che nulla possono fare se non subire e accontentarsi del loro avvenire segnato in ogni minimo particolare, possono fare tutto ciò che vogliono, senza pensare alle possibili ripercussioni, evitando di preoccuparsi del contrappasso che, benché serva con forte necessità, non arriva mai perché essere giudicati davvero e per questo condannati non rientra nel loro destino tutto rose e fiori, dove vivono senza porsi alcun limite, dove tutto sembra esser loro dovuto, dove sono padroni indiscussi, i soli, alla fine, ad avere voce in capitolo.

Di fronte a tali soprusi, tuttavia, non tutti accettano di abbassare la testa e far finta di niente, come se ogni circostanza stesse andando per il verso giusto, come se fosse normale convivere con uno spettro che imperterrito ci segue ininterrottamente, incurante delle conseguenze provocate nei cuori delle persone, quelle disgraziate che inciampano in esso, rimanendone invischiate senza alcuna possibilità di fuggire via lasciandoselo alle spalle, scappando il più lontano possibile e distogliendogli lo sguardo perché, nonostante proviamo timore nel perderlo di vista a causa di una sua eventuale futura apparizione nella nostra quotidianità, sappiamo che questa volta il supplizio è terminato e non continuerà oltre. Non tutti vogliono arrendersi e iniziare a credere che dall’esistenza non possano pretendere di più, un’aggiunta corrispondente alla vita che meritano davvero, un cuore che batte in maniera diversa a seconda del corpo che abita, una linfa pulsante e scalpitante verso cui sono destinati grazie al volere di Qualcuno e solo per merito Suo. Tra tanti, basta un solo individuo che prenda in mano la situazione, un’unica persona che si premuri nel cercare di risolvere il risolvibile e anche di più, il solito simbolo matematico che, paradossalmente, getta le basi di un’immensa differenza. A quel punto, ci si sente superiori, posti su una sorta di piedistallo dal quale vedere e sentire tutto, adocchiando, in particolar modo, le malefatte e i malfattori, concentrandosi su coloro che subiscono tali prepotenze e cercando di riportare la felicità perduta laddove una volta un sorriso c’era, quella gioia che solo la libertà di essere e di vivere può donare: armati delle nostre disponibilità, utilizzando tutto ciò che abbiamo da offrire, ci ergiamo a giudice e giuria, impersonando un vendicatore senza tempo né luogo che, facendo le veci di un Altissimo sembrante quasi non interessarsi alle vicissitudini delle Sue creature, andando forse a privilegiare chi non si merita così tanta fortuna accompagnata da un’acclamazione decisamente inopportuna, si prende carico delle esistenze dei meno abbienti, figurativamente e non, sentendosi investito di una carica molto prestigiosa da sfruttare al meglio, preferendo non tenerla nascosta perché, avendola ricevuta in dono, il minimo sarebbe proprio usufruirne il più a lungo possibile, soprattutto se lo scopo finale è esattamente operare per il bene del nostro prossimo.
Dobbiamo temere ripercussioni celestiali per questo nostro ardire? Ciò che ci aspettiamo dai piani alti, verso cui proviamo una profonda superstizione che spesse volte viene fraintesa con la più accentuata credenza, è sicuramente indifferenza totale, lo stesso menefreghismo che ci ha spinti al punto dove siamo arrivati, volenterosi nell’adempiere il nostro dovere, quella responsabilità che sembra essere solo nostra, quell’eguale onere di cui soltanto noi ci facciamo carico, senza alcun dubbio. Anche se le convinzioni che ci hanno accompagnato fin qui sembrano a tratti vacillare di fronte all’innegabile realtà, un presente costruito a suon di menzogne e inganni, un castello di carte facile da far crollare con un semplice alito di vento neanche tanto forte, e dinanzi a un futuro che pare avere diverse possibilità, differenti alternative tra cui scegliere e di cui bearsi, lasciandosi alle spalle il passato, chiudendolo in un cassetto per ricominciare da ora in una veste completamente nuova, sebbene capiamo che il nostro animo, ormai corrotto e oltraggiato dalle stesse brutture che volevamo combattere e annientare fin alle radici, estirpandole, ha bisogno della redenzione per esistere in eterno, in maniera dignitosa e giusta, confacente al nostro credo che, titubante, a volte ci fa esitare, non vogliamo tornare sui nostri passi e dimenticare ciò che è stato poiché, nonostante ciò di cui siamo mandanti, nonostante tutto quello che ne è sorto, nonostante non era un compito davvero nostro quello di soppesare e decidere verso quale parte la bilancia sarebbe dovuta pendere, sappiamo di non aver sbagliato, sappiamo che abbiamo fatto il giusto e sappiamo che il destino, benevolo, ci arriderà di nuovo, come è sempre stato fino ad ora.

La nostra sicumera ci precede ed è convinta di ciò: cosa dovremmo aspettarci, altrimenti?

Giulia Tofana. Gli amori, i veleni è un libro che colpisce e inabissa il lettore, lentamente, tra le sue pagine, inesorabilmente, incatenato alle sue righe, affogando in quel mare di parole scelte in maniera perfetta, enfatizzanti lo stile ricercato e impeccabile dell’autrice, Adriana Assini, una scrittrice in grado di attrarre, capitolo dopo capitolo, il suo pubblico, portandolo alla fine del suo romanzo con una miriade di riflessioni vorticanti tra le sinapsi neuronali, le stesse ponderazioni createsi nella mente dei personaggi narrati, e, per questo motivo, ancora più vere di quello che si potrebbe immaginare. Per mezzo di un viaggio all’indietro attraverso i secoli, grazie al quale ci si ritrova catapultati in un passato ormai andato, senza sapere né come né quando, tanto lo spostamento temporale e spaziale è stato irreprensibile, chi legge assiste alla ricreazione inedita di un personaggio realmente esistito, plasmato e adattato nel modo più opportuno possibile, evitando però esagerazioni o stravolgimenti di ciò che la storia ha lasciato a riguardo, permettendo al lettore di scoprire e riscoprire una donna e il suo “dono”, l’amore intenso che per breve l’ha accompagnata e il veleno che mai l’ha abbandonata.

 

 

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Scheda libro

Titolo: Giulia Tofana. Gli amori, i veleni
Autore: Adriana Assini
Casa editrice: Scrittura & Scritture
Pagine: 240
Anno di pubblicazione: 2017
Traduttore:
Genere: Romanzo storico
Costo versione cartacea: 14.00 euro
Costo versione ebook:
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