La rubrica Tris di Consigli in condivisione con Susy de I miei magici mondi e Mara di Romance e altri rimedi non è ancora andata in vacanza. Per il mese di Giugno, abbiamo pensato a un nuovissimo menù di tre suggerimenti da leccarsi davvero i baffi, barba compresa.

In questo appuntamento, abbiamo deciso di dedicarci agli autori che, letti una sola volta, ci hanno incantato come pochi, imponendo alla fiamma dell’amore di instillarsi nel nostro cuore.

Il thriller non è solitamente il genere letterario che assaporo nel mio tempo libero, come potete aver compreso affrontando i miei commenti sparpagliati anche negli anfratti più minuscoli del blog. Quindi, se per l’occasione ho scelto di citarvi Il mercante di morte, forse significa che non lo sto facendo a cuor leggero, data la profondità attraverso la quale mi ha colpita ad ogni pagina svoltata.
Unicamente da questo suo libro, ho potuto comprendere la lampante capacità di Craig Robertson nell’irretire, consapevolmente e totalmente, l’animo del suo pubblico, una peculiarità innata che, attraverso un vortice impetuoso di parole ben calibrate, risveglia l’attenzione del lettore, mandandolo in fibrillazione paragrafo dopo paragrafo, valanga di frasi brevi ed essenziali che trainano e aizzano la curiosità dei loro viandanti errabondi in cerca di conferme o smentite da trama.

 

Un altro nome ignoto alla sottoscritta, almeno fino all’Aprile di quest’anno, era di certo Jennifer Egan, un’autrice oltremodo prolifica da quanto ho potuto constatare, ai tempi, scandagliando online grazie all’amico fidato Google.
Manhattan Beach è forse uno dei libri più belli che abbia letto nel 2018, un concentrato di emozioni che straripano, travolgono, incendiano e distruggono: la penna della scrittrice statunitense ha inciso nella mia anima la sua grafia elegante, dimostrando una maestria nel narrare eventi di fantasia amalgamati a una realtà tatuata nella storia di ognuno di noi, concreto che si mesce al sogno concedendo il respiro vitale a pagine fruscianti rare e preziose, accurata trasposizione delle infinite sfumature dell’umanità, dalla più evidente alla meno palese, confine labile che a volte scompare per lasciare il campo a una novità da non perdere.

 

Non smetterò mai di ringraziare la mia cara amica e collega Susy per avermi fatto conoscere Katie McGarry, un’autrice di young adult in cui spiccano serietà e allegria in quantità inusuali, incontro di soppiatto che, contrariamente alle aspettative più comuni, crea un’intersezione memorabile dove l’equilibrio della coppia è il perno del fortunoso legame.
L’inno alla libertà che si evince tra le righe del libro Dimmi che ti ricorderai di me è così palpabile che riesce a contagiare perfino il lettore, ignaro avventuriero che nell’inchiostro affonda una volta ed emerge la successiva, un ricorrente sali-scendi che, a braccetto con l’altalena emozionale, incita il pubblico a svoltare, senza posa, le pagine, ennesimo capitolo che si sussegue al suo precedente, saltando da un punto di vista all’altro come una pietra levigata sul pelo dell’acqua, carezza inevitabile capace di sfiorare, lieve, il fulcro di noi e, al contempo, tramortire ciò che ne resta.