Quando ho inaugurato l’ennesimo tuffo letterario fra le pagine inchiostrate de La revisione, prima che la mia attenzione fosse interamente calamitata dall’evidente signorilità caratterizzante le piume di Federico Leva e Christian Pastore, la mia mente era invasa da riflessioni molto cupe pertinenti a un triangolo delle Bermuda di pensieri dove la carenza di autostima sguazzava indisturbata facendo la classica bella vita del jet-set più rinomato: concluso il periodo nel quale l’ultimo esame universitario infestante il mio piccolo mondo domestico ha preso il volo abbandonando per sempre il nido ospitale che lo ha vezzeggiato come un figlio leggermente troppo attaccato all’ala della madre, è subentrata una parentesi piuttosto estesa di nullafacenza in cui ho dato sfogo a tutte quelle attività che, per mancanza di tempo utile, ho dovuto schivare quali pericolosi crepacci lungo il tragitto verso la cima, da una parte il disegno a mano libera che, nonostante sia oltremodo amatoriale, mi ha saputo regalare moltissime emozioni degne di essere serbate nei miei più cari ricordi con cura sollecita, dall’altro lato la visione maniacale di serie televisive grazie al buon vecchio Amazon che, oltre a spacciare alla qui presente infiniti consigli di lettura perché, si sa, non ne ho già a sufficienza di mio, attraverso la funzione Prime Video è riuscito a tenermi compagnia negli statici pomeriggi estivi e nelle calorose serate poco tollerabili.
Eppure, mentre mi godevo la chiusura definitiva della sessione, ovviamente continuando per le settimane seguenti a rallegrarmi del minuscolo e gigantesco successo che mi ha investita in pieno alla pari di un tir con rimorchio, soccorsa a piene mani da un retrogusto crudele di amor proprio mancato capace di indurmi a rilevanti elucubrazioni necessarie per comprendere la giusta rotta verso cui il mio essere blogger avrebbe dovuto indirizzarsi, la calma piatta dell’accidia meritata, ormai diffusasi a macchia d’olio, ha avuto il coraggio smodato di propagarsi anche laddove non era richiesta, togliendo, per giorni e giorni, alla sottoscritta il caratteristico e viscerale desiderio di appropriarmi dei nuovi libri disponibili al mio occhio clinico di lettrice, storie da non perdere che, sapendo farsi amare e odiare insieme, appartengono a quello spazio fondato sulla china di pagine in sequenza tramite il quale noi abbiamo l’opportunità di trovare il corretto ristoro ai mali della tangibile esistenza: sebbene La revisione non si focalizzi di certo su un argomento tenero e coccoloso perché, dopotutto, si potrebbe ampiamente trovare sotto la voce di thriller psicologico, dimostrazione comprovata dalle mie parole nel seguente Thr33 Words che dovrebbe caratterizzare al meglio la lettura terminata da poco, le peripezie telematiche di Tito Sperla e Orazio Cinabro sono state sufficientemente abili nel far riemergere con calma e senza fretta la mia curiosità nei riguardi del cosmo letterario, eliminando ogni traccia negativa dal mio cervello sotto sforzo per poter rianimare, di conseguenza, la mia indole scossa, fin dalle sue solide fondamenta, da tormente emotive parecchio antipatiche.
In un’epoca come la nostra durante la quale contemporaneità e progresso si ergono sul piedistallo per dettare una personale legge a cui noi astanti scegliamo di assoggettarci con l’indole curiosa di chi brama davvero scoprire un nuovo dietro l’angolo sempre più a portata di mano, talvolta la sottoscritta percepisce una preponderante urgenza di riaffacciarsi alle origini per poter accogliere al meglio le novità del proprio tempo, quasi volesse ricordarsi il punto di partenza in quanto, dopotutto, l’arrivo, senza il suo avo datato, non può venire celebrato col giusto tripudio da pompa magna decisamente poco sottintesa.
Uno degli elementi fondamentali che, nel corso dei secoli, la modernità ha trasformato suo malgrado con l’unico obiettivo di conformarlo alla realtà meno obsoleta a cui esso avrebbe avuto la possibilità di appartenere da quell’istante rubato fino al suo successivo gemello diverso, è, certo, il linguaggio adottato nel quotidiano, lessemi svecchiati che, dal loro remoto idillio, si sono appropriati del talento quasi naturale di mutare prima ed evolvere poi, metamorfosi radicale che non solo condiziona il registro di un’intera esistenza, ma vincola pure l’icasticità a parole alla rinuncia di quella grandiosa musicalità capace di produrre in automatico note liriche su poetico pentagramma, un’armonia stampata che non tramonta fra le pagine di un classico ove le obsolete argomentazioni molto spesso possono essere adattate all’oggi come al domani.
Potete immaginare, quindi, la mia forte sorpresa quando, aperto a ventaglio l’aulico La revisione, ho cominciato ad avventurarmi nello scambio “epistolare” dei due personaggi principali creati dallo sterminato immaginario di Christian Pastore e Federico Leva perché il rituale concetto di email viene completamente stravolto per lasciare spazio a una tipologia di posta elettronica che un comune cervello sintonizzato sulla lunghezza d’onda dell’odierno non si aspetterebbe mai: nonostante l’infinitesima eppure gigantesca caduta di stile nella quale il signor Cinabro è, ahimè, inciampato con tutte le scarpe, i due autori italiani hanno fatto breccia nel mio cuoricino a digiuno di superata beltà proponendosi di nutrire la mia poc’anzi nominata inedia con una valanga di ostiche costruzioni rigurgitanti arcaismi dimenticati, un passato forse troppo bistrattato che, però, dovremmo sforzarci a richiamare alla memoria ogni giorno della nostra vita.
La maggior parte delle persone ritiene che la lettura sia una particolare via di fuga dall’universo a cui spettano di diritto, sebbene, il più delle volte, pare non abbiano davvero sognato l’iscrizione a tale scuola dell’obbligo dove saltare un anno corrisponde certamente all’ovvia bocciatura, occorrendo così l’emblematica uscita gratis di prigione dal fresco sapore quasi disimpegnato, se nel mentre si tratta di giocare alla propria realtà in pieno stile Monopoly per cui, però, non serve attendere l’ambo di facce uguali dopo i tre canonici lanci di dadi o il conseguente giro di fermo qualora il tiro dei sei visi scoperti non andasse a buon fine come si spererebbe.
Benché io faccia presenza fissa nel suddetto gruppo ben nutrito di individui concordanti sul nesso fra assimilazione visiva di vocaboli e leggerezza di tematiche trattate, durante il mio compito di pellegrino letterario non ho mai nascosto una determinata preferenza nei riguardi di trame fra i capoversi delle quali si inspirano atmosfere così tangibili da alludere a specifiche immagini di vita effettiva in cui il viandante della china capisce di potersi identificare con gli stessi characters pennellati dal loro genitore, magari scorgendo nell’alfabeto inchiostrato le essenziali risposte a domande ancora spalancate, quesiti ingarbugliati del presente che vengono subito cicatrizzati in un battito di ciglia nel decorso di un capitolo o due: sorvolando sui motori secondari che danno un’ulteriore spinta di propulsione a La revisione, opera a trecentosessanta gradi che mi ha condotto a intense meditazioni tutt’ora alberganti la mia zucchetta ormai scioccata, in maniera tenacemente positiva, dall’eclettico genio indiscusso di Christian Pastore e Federico Leva, il cardine ben oliato attorno al quale la porta dei suddetti autori fonda le sue radici è l’invidia, basilare e Attuale Sole del cosmo personale di, purtroppo, quasi la totalità delle persone che, con una facilità disarmante corredata spesso da una tanto orrenda quanto disumana consapevolezza d’intenti, si lasciano abbindolare, dandosi non l’obiettivo di focalizzarsi sulla strada da loro intrapresa, cercando quindi di migliorarsi e crescere ogni giorno per sé stessi, ma il traguardo di rodersi il fegato lamentandosi dei podi raggiunti da altri, ipotetici nemici agguerriti a cui guardare con astio e risentimento perché, si sa, la bravura del prossimo è solo lo spauracchio di un unico attimo fasullo.
Considerando quanto spesso l’antipatico destino si senta in dovere di minare la mia serenità psicofisica con giochetti non tanto apprezzati dalla qui presente inciampatrice seriale negli ambigui tranelli della vita, è lapalissiano, per me, andare alla costante ricerca della cosiddetta “aria buona” affinché i miei polmoni, ormai stanchi di un’esistenza dove la realtà dei fatti sfinisce e ferisce, ottengano l’adeguato ristoro da incamerare nel loro cuore dal respiro talora solo gravoso talora completamente assente: nonostante abbia colto moltissime occasioni per annunciarlo alla ristretta Nicchia in ascolto delle mie elucubrazioni estranee ai classici schemi prestabiliti a cui l’utente medio è abituato grazie ai suoi viaggi da esperto internauta, essendo, fuor di dubbio, una massima esponente del fanclub “ripetizione verbale” forse a causa della mia memoria che spartisce il nulla assoluto con la proverbiale degli elefanti, alla stregua di postumo contraccolpo dell’evidenza ormai sopra desunta, colgo l’attuale opportunità per decantare la lettura quanto benefica panacea all’amarezza di un indesiderabile quotidiano a cui si è obbligati ad assistere, piccoli e grandi drammi a esplosione finale assicurata che costringono, in più di una singola circostanza, a decisioni erroneamente vagliate poiché suggerite da un percorso intrapreso guidante non verso l’emblematica luce in fondo al tunnel, bensì a un’addizionale oscurità umorale da cui risalire è impossibile epopea.
Questo, tuttavia, non è di sicuro il caso de La revisione, un forziere sconfinato di risma vergata nei cui meandri pericolosi il lettore scopre l’abominevole disumanità caratterizzante oggigiorno una ragguardevole parte degli individui, concetto al più enfatizzato che riassume il Pungente degrado di una società improntata, quasi a senso unico, nella direzione di un apparente mondo vuoto basato su negligenti bugie e vittorie contraffatte, misero pullulare di sentimenti negativi che, non conoscendo rispetto, si concentrano, in maniera oltremodo autoritaria, sui sognatori ancora fiduciosi nell’altro a venire, quelle stesse persone un po’ sempliciotte che, notando da guru insospettabili un minuscolo zelo nei loro confronti, scendono in campo con le migliori intenzioni, donando al prossimo la sacralità delle riflessioni generate con un talento a rischio di coatta estinzione, svuotarsi totale di un’anima infelice che, fidandosi della collega sbagliata, ha commesso un tragico fallo per la carriera, quello vitale.
Si ringrazia la casa editrice Mondadori per la copia ricevuta in omaggio.
Scheda libro
Titolo: La revisione
Autori: Federico Leva, Christian Pastore
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 245
Anno di pubblicazione: 2019
Genere: Narrativa, Thriller psicologico
Costo versione ebook: 9.99 euro
Costo versione cartacea: 17.00 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
Sinossi: Quando Tito Sperla riceve la prima email di Orazio Cinabro, un leggendario scrittore scomparso dalla scena letteraria molti anni prima, non crede ai suoi occhi. E ancor meno crede a quello che legge, quando Cinabro gli rivela di aver ricevuto da un amico La purezza, il romanzo che Sperla sta tentando faticosamente di far pubblicare, e di averlo trovato bellissimo.
Dopo aver individuato nel libro di Sperla alcuni margini di miglioramento, Cinabro si offre di fargli da guida, per aiutarlo a perfezionare il romanzo in vista della pubblicazione.
Sperla accetta con entusiasmo, e inizia così un serrato carteggio tra i due, carteggio che a un certo punto, però, comincia a prendere una strana piega. Cinabro si fa via via più irritabile e irritante, a volte offensivo, nei confronti del giovane discepolo. Qualcosa, nel rapporto tra i due, sta cambiando. Sperla non se ne accorge, o forse non vuole accorgersene, ma è ovvio che dietro i mutamenti nel tono di Cinabro c’è qualcosa in più dell’umore ballerino di un vecchio bilioso.
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