Quanto spesso capita che, iniziata una specifica attività di interesse per cui la giornata in atto si trasforma nell’universo parallelo dove tutto conquista l’aspetto della rosea fattibilità e del bisogno impellente, il tempo decida di volare solcando ali di eventuale libertà che, spiegate al meglio della loro attitudine distensiva, guadagnano l’idoneo ruolo per condurre nel posto chiamato a gran voce dal fato, un traguardo di epilogo verso il quale i minuti, come smaniosi di raggiungerlo il prima possibile, decidono di accelerare il passo senza sconti del caso, derubando ad altri impegni quotidiani ciò che apparterrebbe loro di diritto?
Dal canto mio, posso ammettere di essere un’assidua protagonista della trama siffatta, catena di vicissitudini plasmate a immagine e somiglianza dell’individuo rapito esclusivamente con lo scopo di dirigere la sua totale attenzione alla volta di un unico argomento da presentare quale soggetto di conversazione, appropriato fulcro intorno al quale orbitare concentrati togliendo il necessario al per ora superfluo: la tale causa, infatti, mi istiga, per la maggiore, a dimenticare l’intero carico di lavoro del momento, quei doveri di routine che, innanzi a un libro aperto traboccante di fascino ed esistenza singolari, cominciano a indebolirsi pian piano, dissolvendo il proprio simulacro nell’etere della concretizzazione per approdare fra le nebbie di un pressante dimenticatoio, quel luogo obliato dove sparire senza lasciare dietro di sé alcuna impronta del proprio passaggio è l’unica azione plausibile, gesto definitivo che, quale orma di transito paradossale in grado testimoniare e avvalorare la più minuscola parvenza del marciare, chiude la partita ancor prima di nutrire qualche possibilità di aprirla.
L’anzidetta strategia è l’esatta linea che ho adottato due settimane fa quando, arrivato l’attimo confacente alla mia decisione ultima, alla fine ho agguantato il mio amico di avventure librose, Kindle Paperwhite, e ho iniziato a leggere Janie. Macaron e una tazza di tè Vol.1 di Giulia Masini, un historical romance soffuso delle tipiche emozioni impetuose che l’autrice suole richiamare nello spirito del suo pubblico e, insieme, permeato di quel sano ed elegante humour che è capace di strappare un sorriso pure all’anima più in pena del circondario. Perciò, il presente Thr33 Words è proprio dedicato a questa opera, pagine di vita dove non ci si può sottrarre dal respirare la classica bravura della scrittrice, una pregevole capacità alla quale, dopo averla incontrata almeno una volta, si rimane assuefatti, ancorandosi, prima, al suo compianto ricordo come a una zattera di fortuna, maledicendo, nel mentre, il presente se non ipotizzante alcuna immersione da parte nostra nelle sue righe avvincenti, sperando, poi, nel domani tutto da scrivere che forse potremo spendere in compagnia dei suoi personaggi memorabili.

Nel momento durante il quale si ha la necessità di immergersi nelle acque limpide di una storia dal divertente sentore e si nasconde nel proprio cuore un’inconfutabile predisposizione innata all’idillico cosmo della sdolcinatezza, il primo genere letterario a cui inevitabilmente si pensa è, per ovvi motivi, la commedia, quel tripudio di risate dove i lessemi, parlando per sé stessi, ridono con noi e per noi: fin dalle prime pagine di contemporaneo splendore, il lettore incontra un’atmosfera frizzante dove già solo la narrazione vivace e allegra induce a sorridere beati quasi contro la propria volontà, un desiderio forse ottenebrato da un io perentorio che riesce a conquistare la massima espressione attraverso il semplice tragitto esistenziale di individui diversi dalla generale accezione, carne e ossa che, sostituiti da fogli e inchiostro, dissuadono i sentimenti racchiusi nel precordio di ognuno e, con le sembianze di burrasche impetuose, con slancio ghermiscono le vittime in ascolto, agguantandole per la collottola e mettendole di fronte all’atto compiuto, scene dall’ilarità facile dove le cause e gli effetti si spalleggiano in una gara all’ultimo sangue, un’arma bianca estrema che, tra un’arguzia a destra e una freddura a manca, guadagna terreno pure in chi si avvicina a passi felpati, circospezione guardinga che, con un ingresso in sordina, ottiene un’uscita a squarciagola.
Qualora, però, la totalità delle caratteristiche menzionate poche righe sopra trovasse sfogo in un romanzo storico fra i cui capitoli si ha il permesso di navigare appropriandosi di epoche lontane nelle quali il ritorno alle origini è considerato usuale pratica obbligatoria, la curiosità nel voler apprendere ciò che una simile lettura ha da offrirci supera di gran lunga il nostro desiderio di tenere a bada una certa importuna indiscrezione da comare di villaggio invadente e petulante: nonostante fossi già stata avvisata dalla scrittrice che il tono di Janie. Macaron e una tazza di tè Vol.1 fosse difforme dall’abituale carattere delle sue opere pregresse, una verve quasi stravagante se esaminati, con dovizia di particolari, i lavori a esso antecedenti, di sicuro non mi sarei mai aspettata di incappare in un mordente così eccezionale da indurre a chiedermi, per un istante infinitesimo, se per qualche motivo a me sconosciuto fossi inciampata nel libro sbagliato, un attimo fugace di dubbio legittimo che, subito, si è dissolto permettendomi di assistere, impotente e assai divertita, alle celie raccontate, simpatiche facezie che, rese tangibili non solo dai protagonisti principali ma anche dalle comparse secondarie, mi hanno trasportata con signorile eleganza e grazia inaudita in uno dei tanti salotti della Londra da bene, quei circoli ristretti dove è la crème de la crème a nutrire una qualche possibilità di presenziarvi, popolo elitario del 1865 che, sebbene mantenga un contegno invidiabile dentro e, soprattutto, fuori i propri appartamenti, possiede la straordinaria dote di scivolare in un bicchier d’acqua, passi falsi che, nonostante conducano all’imbarazzo il loro legittimo solista, non vergognano mai l’uditorio assistente, evitandogli in tal maniera il fastidio di sorta, reazioni plausibili che, non esplodendo in attimi sconvenienti, vengono spente e assorbite sul nascere con la medesima delicatezza di un macaron imbevuto dal tè delle cinque.

Conoscete la sensazione di inoltrarsi in uno sviluppo narrativo che, già dai paragrafi di incipit, si rivela essere un turbine vorticoso che, grazie al suo operato calamitante, seduce il viandante del nero di seppia oltre la frontiera all’orizzonte, linea di guardia che viene superata con agevolezza generando la distintiva curiosità nell’essere consumatore indefesso di parole scritte, tramite agguati meschini farciti da situazioni entusiasmanti in grado di appassionare chiunque nel proprio raggio d’azione, escamotage concreti che, pure attraverso l’elemento supplementare legato al bisogno di sistemare al proprio posto ogni tessera del puzzle in costruzione, invadono l’intelletto dell’avventuriero letterario indotto a una prestazione estenuante di sinapsi pur di chiarire tutti gli enigmi proposti alle sue cellule neurali in pronta e continua ricezione?
Che sia la fortuna ad aver passeggiato al mio fianco tutto questo tempo, accompagnandomi in ogni consono istante nel quale la missione in procinto di avviarsi richiedeva la giusta assistenza, un’alleanza basilare che, al pari di uno chaperon, non scostava gli occhi di falco dalla sua protetta, o, egocentricamente, la mia perfetta intuizione causante la realtà dei fatti presi in esame e mai concedentemi alcuna sconfitta nell’ambito delle scelte di china, alacre radiorivelatore in grado di catturare, in via esclusiva, la mia attenzione nei riguardi di storie coinvolgenti nel pozzo dei favolosi d’autore, posso comunque avvalermi del fatto che mi capita spesso e volentieri di acciuffare, fra le mie grinfie bramose, trame irresistibili capaci di condurmi verso un’unica direzione, la pazzia più assoluta nel voler sbrogliare la matassa di intrighi e complotti in cui i personaggi, ai quali, è lapalissiano, in una manciata di secondi mi legherei a doppio filo se raffrontassi solide analogie con la mia intima essenza, sembianze concettuali di nesso che prendono il sopravvento vincolandomi a loro, sono catapultati per respirare a pieni polmoni, consapevoli di un avvenire ostile che pare non mostrare, fra il suo complicato ordito, maniacali cure indesiderate nelle quali si è vincolati a sprofondare in fallo al pari, sabbie mobili dalla stretta mortale che non concedono tregua nemmeno nelle pause obbligate della giornata, pitstop rigeneranti che, nell’innocenza più trasparente, si alterano, loro malgrado, in torture medioevali, folli gioghi di un circolo vizioso che vedrà la fine all’ultima riga dell’ultima pagina da voltare: infatti, Janie. Macaron e una tazza di tè Vol.1 di Giulia Masini rientra nella categoria dei manoscritti trascinanti, sbalorditivi cavalloni di parole che vanno e vengono a piacimento, abbracciando la rena a disposizione, distruggendo la sabbia se non si ha l’opportunità di domare a dovere l’irruenza caratteristica, riordinare il litorale qualora i guai provocati non si idealizzano come impossibili nel superamento, catastrofi garantite che concedono di provare emozioni inenarrabili a cui lasciarsi andare senza remora o indugio alcuni, intima reattività non più smorzata che deflagra in tante minuscole scintille di esistenza, brillanti lucciole che, esplodendo nel raziocinio del lettore, risuonano per sempre nel suo cuore.

Volete apprendere il mio rimedio alla grigia e cruda realtà di ogni giorno, quel mondo di sempre in cui tutti noi siamo relegati a esistere e andare avanti nel migliore dei modi, non solo cercando di fare ciò che riusciamo nel limite delle nostre possibilità a cui far sempre a capo, abbuoni respinti all’assurdo, ma anche, paradossalmente, spingendo le individuali prerogative oltre i confini del nostro essere rendendoci conto di avere il potenziale per provare e riprovare ancora?
Con lo scopo di dimenticare il mio piccolo universo fatto di incombenze e responsabilità il cui esaurimento sembra non ultimare il suo corso nemmeno alla vista della sua non evitabile conclusione, come un qualsiasi lettore forte che si rispetti, quella creatura mitologica dalla poderosa apertura mascellare in grado di trangugiare un fiume in piena di termini evasi dalla galera mentale di un qualsiasi autore preparato a elargire una storia dal suo magico cilindro, di solito afferro un nuovo amico di pagine e inchiostro dalla mensola del mio scaffale traboccante, cominciando a sfogliarlo dal prologo, continuando il viaggio tra i capitoli in divenire, concludendo ciò che ho iniziato con il suo epilogo da strappalacrime assicurato, un’avventura emozionante in cui fra le righe vive l’amore mero e incontaminato, un grande sentimento per mezzo del quale è elementare venire smossi negli anfratti cavi della nostra ferrea ricettività, bagaglio di esistenza vissuta rianimato dal nulla ogni volta che quel tasto sensibile viene lambito, destando lo spirito albergante il nostro organismo, nucleo immateriale di tutti coloro che non rimangono impassibili davanti a oculati vocaboli procreati con la missione speciale e non tanto segreta di distruggerci e rinvigorirci insieme: con Janie. Macaron e una tazza di tè Vol.1, Giulia Masini ha originato dal niente uno scrigno inesauribile di romanticismo puro e semplice, farfalle nello stomaco che, travestite da lessemi, prendono davvero il volo e inondano ogni meandro sfitto del cuore pulsante, organo fondamentale che, in base alla contingenza, suona l’esatta musica da esprimere in analoghi casi, quell’armonia di note velate e pause sospirate che, cantando l’amore, lo dimostra, attraverso personaggi inquadrati capaci, però, di abbandonare gli ormeggi abituali della rettitudine per salpare verso lidi inesplorati attiranti come magneti nei riguardi dei metalli, piccoli puntini di vita che si tingono di colore traducendo il proprio bianco e nero in qualcosa di nuovo, un’inedita scoperta che conduce i più audaci a esplorare l’America dei sentimenti, un Nuovo Mondo dove gli individui rinascono con differenti e fresche sembianze riscoprendosi migliori di prima, un passato ormai sbiadito a cui non si può tornare manco volendolo sul serio, ricordi vuoti che, a confronto del presente, paiono lontani anni luce come su un altro pianeta o propri di un’altra persona, qualcuno che non siamo più noi, qualcuno che non saremo più noi, qualcuno che non vogliamo più essere.
Del medesimo avviso è, per certo, il filone narrativo del romanzo storico qui accentuato, una gita equestre al lago che non si esime dalla natura suggestiva per cui è stata concepita dall’autrice, una sequenza di istantanee dove il soggetto immortalato è quell’affetto viscerale in grado di rivoluzionare e rivoluzionarsi, un quadro dall’eccellente fattura che unicamente il più grande artista potrà mai realizzare.

 

 

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Janie. Macaron e una tazza di tè Vol.1
Autrice: Giulia Masini
Casa editrice:
Pagine: 246
Anno di pubblicazione: 2018
Genere: Historical Romance
Costo versione ebook: 2.99 euro
Costo versione cartacea: 12.16 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
Sinossi: Inghilterra 1865. Janie Hamilton ha appena iniziato la sua Stagione, quando scopre che a breve la madre sposerà Anthony Carter, conte di Rochester, e che si trasferiranno in un paesino sperduto del Kent. Nel giro di due settimane, Janie si ritrova catapultata in un incubo. Lontana da Londra, dalle sue amiche più care e soprattutto lontana dal conte di Orford, il quale sembrava seriamente intenzionato a chiederle la mano. Come se tutto ciò non bastasse, la famiglia Carter si dimostra ben diversa dagli aristocratici a cui lei è abituata. Sono chiassosi, trattano la servitù come parte della famiglia, non sanno cosa sia la discrezione e si prendono confidenze inopportune che la ragazza non riesce a tollerare. Inoltre, l’impatto con i figli del conte non è dei più rosei: Sophia, la maggiore, nutre nei confronti di Janie una profonda avversione; la minore, Anika, la considera già una sorella, e la sua presenza si rivela asfissiante. Ma è con l’unico figlio maschio del conte che Janie ha lo scontro peggiore. Reed Carter è sfacciato, dispettoso e non ha idea di cosa sia il senso del pudore. Inoltre, la irrita di continuo con atteggiamenti provocatori.
Possono due anime così diverse trovare un punto d’incontro? E se il destino allungasse un piede per far loro uno sgambetto?