Mentre la sottoscritta, in maniera assai poco premeditata, sta dicendo addio per l’eternità alle lenti a contatto rigide che l’hanno accompagnata per quasi dieci anni in un percorso lunghissimo di alti e bassi al quale, comunque, è lieta di aver contribuito, dall’inizio alla fine, nonostante le difficoltà del suo caso specifico -sfortunatamente il 2021 è iniziato malissimo se prendo in considerazione l’ortocheratologia adottata ai miei occhi miopi gravi (sono a quota 8 diottrie: le talpe sono mie grandissime amiche, sì)! Posso quindi dire che le problematiche generatesi a causa della suddetta tecnica ottica molto speciale (?) si siano concentrate tutte nei mesi scorsi, inducendomi a decidere di tornare alle comode origini dei miei adorati fondi di bottiglia per evitare ulteriori disagi visivi, soprattutto considerando che ognuno di noi usa questo senso per la maggior parte del proprio tempo utile: avete idea di cosa significhi vedere bene dal destro e sfocato dal sinistro, in contemporanea? Provate a pensarci e forse capirete che diavolo di fatiche erculee ho dovuto superare con la pazienza di un santo che, chiaramente, io non ho!-, oggi La Nicchia Letteraria accoglie, fra le sue mura poco sfruttate nel periodo in corso, a braccia spalancate dalla gioia più pura, Anne Louise Rachelle, partecipante assidua della mia rubrica di scrittura creativa Storytelling Chronicles che spartisco con un piccolo gruppetto di temerari -scoprirete, spero dal prossimo appuntamento, come mai non uso più il genere femminile- caratterizzati dalla grande passione per l’ars scribendi.
Nonostante sia il blog I Miei Magici Mondi a ospitare sempre l’autrice esordiente per Genesis Publishing con il titolo Sunrise, i presenti schermi dell’ultimo lunedì di maggio sono stati straordinariamente dedicati all’inedita puntata riguardante i fantastici Black e Iris, due personaggi inchiostrati di cui mi sto letteralmente innamorando e che rispondono, con perfezione di dettaglio, alla tematica scelta dalla scrittrice fra le alternativa date nel nostro gruppo Facebook per il mese vigente, L’incubo.
Creazione a cura di Tania, admin del blog My Crea Bookish Kingdom
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Artista: Craventure Media
Elaborazione grafica: Anne Louise Rachelle
Il rosso. È sempre stato un colore forte, che mi ha ammaliato fin da quando, da bambina, ho ricevuto in dono un paio di scarpette di vernice rossa. Era Natale ed erano perfettamente abbinate alla festività che più amavo. Le indossavo in ogni occasione importante, dopo averle lucidate con cura. Le tenevo accanto al letto, in una scatolina ricoperta di stelle multicolore, e lì erano rimaste anche quando il piedino era cresciuto troppo per poterle indossare. Avevo ormai sette anni e avevo pianto un fiume di lacrime perché no, non volevo lasciarle andare… In realtà, non avevo la più pallida idea che, vent’anni dopo, quelle scarpette rosse sarebbero diventate il mio peggiore incubo.
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Artista: Caroline Hernandez
Elaborazione grafica: Anne Louise Rachelle
Mi muovo a fatica, il dolore è parte di me, così come l’odore penetrante che sa di ruggine. Lo sento ovunque, tra le dita, i capelli, i vestiti. Provo a muovermi, ma il buio è totale e io sono terrorizzata dal buio. Da lì arriva il mostro con il suo adorabile barboncino. Da lì arriva il martello che spacca le mie ossa. Da lì arriva la consapevolezza che la mia vita è appesa a un misero filo di seta. Così decido di restare immobile, le ginocchia piegate verso il busto e la fronte appoggiata su di esse… in attesa dell’arrivo della fine.
Il tempo passa, sembra infinito, e allora mi convinco che forse il pericolo è passato, che questa volta non ci sarà nessun mostro e nessun martello. Alzo il viso e guardo i miei piedi, l’oscurità dovrebbe impedirmi di distinguere i dettagli, ma io le vedo benissimo: le mie scarpette di vernice rossa. Spiccano come una lucciola nella notte, mi riempiono il cuore di tenerezza, conforto, calore… ma si tratta di pochi attimi, subito dopo arriva l’angoscia. Le scarpette iniziano a trasudare sangue e capisco da dove proviene quell’odore che mi dà il voltastomaco. Tento di levarmele, ma i movimenti sono rallentanti, non riesco a trovare le fibbie metalliche, mentre il colore vermiglio spadroneggia nel buio. Ed è in quel momento che alzo anche lo sguardo, in cerca di qualcosa a cui aggrapparmi per non svenire, ho bisogno di luce, di speranza, di aiuto. Cerco due occhi che ben conosco, due zaffiri che sanno parlare e restare muti al contempo… ma trovo solo il mostro, il martello e l’adorabile barboncino.
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Artista: Andrey Zvyagintsev
Elaborazione grafica: Anne Louise Rachelle
Mi sveglio di soprassalto, la mano sulla bocca aperta da cui non è uscito alcun suono, le ciocche di capelli sparse sulle spalle e sfuggite dalla treccia in cui li avevo imbrigliati prima di andare a dormire. La abat-jour sul comodino è accesa, lo è sempre… da dopo la notte dell’aggressione. Non sopporto di stare al buio, così come non sopporto il freddo e la vista del sangue. Julie dice che è normale, che è passato ancora troppo poco tempo – sei mesi sono davvero così pochi? – che devo metabolizzare il trauma… sì, lei è una strizzacervelli – oltre che la mia migliore amica – ma di quelli bravi, quindi mi fido. Negli ultimi tempi ha subìto diverse perdite, la sua bambina è morta per un male incurabile e la sua lunga convivenza con il compagno è finita subito dopo. Il bastardo non ha avuto le palle per tenere insieme i pezzi della sua anima… Dunque, forse, lei è davvero l’unica che può darmi i giusti consigli, la ammiro molto per come è riuscita a restare salda mentre il suo mondo crollava. Dice sempre che è stata la sua fede a salvarla, ma lei non è mai stata particolarmente religiosa, né ha mai voluto spiegarmi che cosa intendesse davvero; dal mio canto, non ho chiesto di più. Ci sono momenti in cui il silenzio è l’unico modo per stare vicino a qualcuno che ami… e lei, ora, sta facendo lo stesso con me. Mi fa sentire la sua presenza, ma senza invadere o costringere, in punta di piedi mi lascia le sue carezze e poi se ne va nella sua camera: assomiglia tanto alla mamma che non ho mai avuto, anche se è più grande di me solo di qualche anno.
Da circa un mese siamo diventate anche coinquiline. Lei era rimasta sola, io lo ero sempre stata ed erano più le notti che io passavo da lei – o lei da me – che quelle che trascorrevamo nei nostri appartamenti solitari. Nonostante ciò, la strada verso una vita normale per entrambe sembra ancora accidentata… anzi, sono convinta che non lo sarà più, normale, eppure insieme appare più facile accettarlo.
Scuoto il capo, persa nei pensieri ho fissato troppo a lungo la luce. Mi strofino le palpebre e alzo il capo verso il soffitto, il terrore scatenato dall’incubo è ancora qui, striscia sotto la pelle, avvelena le mie emozioni e l’istinto di piangere è forte, ma mi trattengo mordendomi il labbro inferiore e sbattendo frenetica le ciglia. Sono sempre stata testarda, non voglio che il mostro l’abbia vinta anche dopo… essermela cavata. In un modo talmente miracoloso che fatico ancora a credere che non sia stato tutto frutto della mia immaginazione…
Black. Il suo ricordo è così vivido: i suoi occhi simili al cristallo, il suo sorriso mesto, le sue mani curatrici, come posso aver inventato ogni singola sensazione? E le ferite guarite? Una volta arrivata in ospedale nessuno è riuscito a spiegarsi la quantità di sangue che avevo addosso, avevo appena qualche taglio ed escoriazione. La Polizia aveva addirittura ipotizzato che ci fossero state altre vittime, ma non avevano trovato alcuna prova. D’altro canto, io non avevo avuto il coraggio di raccontare nulla di più. Ero stata aggredita e poi avevo perso conoscenza, quel poco che credevo di sapere l’avevo custodito gelosamente dentro di me. Anche perché ero convinta che nessuno avrebbe avuto la buona coscienza di credermi… stentavo a crederci persino io. Tuttavia, la cosa che mi ha stupita più di tutte è che… non l’ho raccontato neppure a Julie.
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Artista: Yuris Alhumaydy
Elaborazione grafica: Anne Louise Rachelle
Una folata improvvisa di vento mi scuote dai miei pensieri vorticosi. L’aria che mi investe è gelida, nonostante l’estate dovrebbe essere ormai dietro l’angolo. Lunghi brividi mi fanno battere i denti e, d’istinto, mi volto verso la finestra. Le tendine sono tirate e immobili, le ante sono chiuse, così come le avevo lasciate qualche ora prima… Una strana sensazione mi pervade, ma sono certa che non si tratta di paura, anche se sono confusa. Il cuore comincia a battere sempre più forte, sento che qualcosa sta per accadere, ma non riesco a capire cosa e quando. Premo i palmi sul petto e cerco di calmarmi, infatti non mi accorgo che alcune lacrime sono riuscite a sfuggire dalla barriera delle ciglia e si sono tuffate giù lungo le guance. Un dito fugace sembra asciugarne una… è un tocco lieve, ma tangibile. Non l’ho immaginato!
«Black?» sussurro, timorosa di star parlando davvero al nulla. Ciò poteva significare solo che stavo viaggiando sulla buona strada verso il pianeta Follia…
Mi guardo attorno, gattono fino al centro del letto e resto lì, sulle ginocchia e con i pugni chiusi piantati tra le lenzuola, in attesa di una risposta che potrebbe non arrivare mai. Eppure, la aspetto…
«Iris…» La sua voce viene subito accompagnata dalla sensazione di un abbraccio, che pian piano diventa sempre più reale. È dietro di me, mi stringe con le sue braccia forti, mi porta verso il suo petto e appoggia il mento sulla mia spalla. È lui, è tornato.
«Perché ci hai messo così tanto? Cominciavo a pensare di essere una povera pazza… ti ho chiamato, sognato, desiderato… dove… perché…?» Le parole faticano a uscire, le corde vocali inciampano con le emozioni che spingono e si accavallano le une sulle altre. Non riesco a respirare tante sono le cose che vorrei dire… e finisco per non dirne nessuna. Mi è mancato terribilmente, a lui mi sono aggrappata in quei lunghi mesi per non perdermi. Black è colui che mi ha strappato alla morte… è il mio lieto fine, non poteva essere solo un miraggio della mia mente traumatizzata.
Mi stringe ancora più forte e sospira. Sento in lui le stesse contraddizioni di quella fatidica sera, ma sembra non voler più fuggire, ci ha messo solo sei mesi per rendersene conto? Spero sia una decisione definitiva la sua. Sbuffo, nel tentativo di scacciare le lacrime che non ne vogliono saperne di starsene buone dietro le palpebre.
«Non piangere.» Mi volto appena verso le labbra che hanno pronunciato un ordine tanto dolce. Un ossimoro in termini.
«Solo se mi prometti che non sparisci più… mi sei mancato… credevo che non ti avrei più rivisto…» Lo ricatto, non avrei ammesso risposte diverse da quella che volevo.
«Dovevo capire tante cose…» mi risponde e poi serra la mascella, la sento contratta contro la mia nuca. Vorrei girarmi di più, ma temo che possa svanire così come è arrivato, perciò prendo tutto ciò che posso senza rischiare oltre il necessario.
«Le hai capite?»
«Perché mi hai cercato?» replica con un’altra domanda ignorando la mia, forse posso aiutarlo a comprendere queste famose “cose”. Mi sento in bilico sull’orlo di un precipizio, potrei mettere il piede in fallo a ogni passo… perciò mi affido a ciò che provo, i sentimenti non mentono e sbagliano mai.
«Sogno ancora quella notte e tu sei l’unica luce in mezzo a tanto buio. Ultimamente, però, non riuscivo più a vederti, come se fossi troppo lontano… e ho avuto paura… perciò ti ho pregato di tornare… ho bisogno di te…» rispondo completamente sincera, abbandonando la testa sulla sua spalla, dietro di me. Raccolgo le ginocchia e mi metto più comoda, spero che sarà una conversazione lunga, che lui decida di restare. Il suo respiro accelera un po’, ma le sue braccia non si spostano, mi tengono in una morsa all’altezza del petto e io sono certa che potrei vivere qui per l’eternità.
«Anche stanotte, eri agitata, non voglio più lasciarti sola.» Sembra soffrire fisicamente nel dire quelle frasi.
«Allora non farlo» azzardo. «Non so cosa sei, Black, ma il destino mi ha messo sulla tua strada, non è saggio intralciarlo, vero?»
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Artista: Becca Tapert
Elaborazione grafica: Anne Louise Rachelle
Lo sento muovere il capo in segno di diniego, poi appoggia la fronte fredda nella piega del mio collo.
«Ero lì per prenderti, era giunta la tua ora, ma non l’ho fatto. Ho distrutto il bastardo che ti ha aggredita, ho osato, un’anima per un’anima. Sono sempre stato ligio, ho sempre eseguito gli incarichi, ma quando ha inferto il primo colpo ho capito che non sarei rimasto a guardare.» Black parla in un soffice mormorio, ulteriormente attutito dalla vicinanza con la mia pelle. Il suo respiro mi fa il solletico, ma mi dà la dimensione di quanto sia reale, al punto da metabolizzare tutte le sue rivelazioni. Sono sconcertanti, dovrei reagire in qualche modo inconsulto, me ne rendo conto… ma non lo faccio. Sono serena, come se avessi sempre saputo ciò che lui ha appena confessato. A quel punto, non posso più aspettare. Mi libero dalla sua stretta e con un movimento sinuoso ruoto su me stessa. Adesso è di fronte a me, si è spostato un po’ per darmi lo spazio necessario a incastrarmi nella nuova posizione, anche se continuiamo a essere vicinissimi. È seduto ma è comunque altissimo, alzo le braccia per appoggiare le mie mani sul suo volto. Gli occhi simili a zaffiri sono come li ricordavo, con i pollici disegno il profilo scultoreo del naso, degli zigomi, delle labbra, del mento. Pelle contro pelle, senza possibilità di equivoci, lo studio a fondo, imprimendo nella mia memoria ogni dettaglio. Sfioro anche il collo e lì vedo un tatuaggio che sembra un po’ sbiadito, ma forse è la scarsa luminosità a giocarmi brutti scherzi. Poi, faccio la domanda delle domande, quella che non avrei voluto porre se non tra un miliardo di anni, quella che potrebbe mettere fine a qualcosa che deve ancora iniziare.
«Quali saranno le conseguenze? Di questo tuo piccolo strappo alla regola intendo…» cerco di essere ironica, anche se la paura fa tremare le ultime sillabe.
«Se ti dicessi che non lo so, mi crederesti?» Sì, è sincero, lo vedo dal suo sguardo smarrito. Può un essere come lui non avere certezze? Può aver accettato un destino ignoto pur di salvare una sconosciuta? Cosa ci lega davvero? Qual è il nostro futuro? Sono solo alcune delle domande che mi affollano la mente, ma il fatto che non mi ha ancora salutata – per sempre – mi rincuora. Forse, potremo affrontare insieme ciò che ci attende, scoprendo cosa è stato scritto per noi.
Mi avvicino, gli accarezzo la nuca e lo spingo verso di me. Poi, lo bacio, per la seconda volta dopo tanti mesi e sembra non essere passato un solo attimo. Solo che adesso io non sono la stessa donna del passato e lui, molto probabilmente, non è lo stesso Black… Appena mi allontano un po’, lui piega la testa di lato, è disorientato… Non ha ricambiato il bacio, è rimasto immobile come la prima volta.
«Ti ho sentita…» mormora e io non so come interpretarlo.
«Nel senso che non è stato male ma che potrei fare di meglio?» replico un po’ imbarazzata, ma puntando sempre sull’ironia, il mio cavallo di battaglia. Lui non coglie, mi guarda ancora più confuso, e io quasi scoppio a ridere.
«Voglio dire che i sensi di voi umani per me non esistono, se non quando sono con coloro che devo portare via. Si tratta di pochi istanti e poi svanisce tutto. Con te è diverso: ho sentito le tue labbra, sento il profumo dei tuoi capelli e l’odore delle tue lacrime, ancora incastrate tra le ciglia.» Mi fissa serio mentre cerca di capire chissà quale strano fenomeno, per lui ovviamente, a me fa solo una grande tenerezza, anche se continua a confermarmi che è una sorta di Angelo della Morte venuto a portarmi via. Era giunta la mia ora, ma questo continua ad apparirmi un dettaglio trascurabile.
«Allora, facciamo qualche altro esperimento…» La mia voce si è abbassata, l’imbarazzo è svanito assieme alle ultime remore. Prendo nuovamente il suo viso tra le mani e lo avvicino al mio. Con la lingua accarezzo la sua bocca e ne disegno i confini, mi insinuo tra le sue labbra e lui le schiude seguendo l’istinto. Così lo assaporo e lui assapora me. Il bacio questa volta è più lungo, più lento, più magico. Un tripudio di emozioni mi colpisce lo stomaco e poi il ventre, poi sento il suo respiro affannato e capisco che lui non è messo meglio, solo che non sa come affrontare tutto questo.
Appoggio la mia fronte alla sua e sorrido, poi mi accoccolo tra le sue gambe e mi lascio andare a un nuovo abbraccio. Con l’orecchio ascolto il suo respiro e un leggero rintocco nel suo torace mi scuote. Quella notte, non avevo sentito il suo cuore battere, adesso capisco perché, ma allora cos’era quel suono? Non lo sento più, forse l’ho solo immaginato, ma una fiammella a cui non so dare un nome si accende dentro di me.
«Ora tienimi stretta e non te ne andare, domani cercheremo di capire cosa siamo e cosa ci aspetta… ma adesso, resta con me, come quella notte ma per sempre…»
«Dormi, fiore.» La sua voce è un lieve sussurro.
Black adagia il mento sulla mia testa, sembra intenzionato davvero a restare, forse fino a quando io non mi sarò addormentata… oppure di più… non lo so ancora, ma di una cosa sono certa: grazie a lui non avrò più paura della notte, non odierò più le mie scarpette rosse, non sognerò più il mostro col martello e il suo adorabile barboncino.
Copyright © 2021 Anne Louise Rachelle
Tutti i diritti riservati.
Fatti e personaggi di quest’Opera sono frutto della fantasia. Pertanto, ogni somiglianza a persone reali e vicende realmente accadute è da ritenersi puramente casuale.
31 Maggio 2021 at 21:47
E’ strano leggerti non in anteprima mi è mancato questo mese e pure tanto! La meraviglia dei tuoi racconti però resta uguale se non superiore ogni singola volta dimostrando che il talento, quello grande, tu ce l’hai dentro e sono contenta che lo tiri fuori ogni volta che pubblichi un racconto. Anche di loro voglio un libro, ma ormai sono un disco rotto quindi non lo ripeto perchè lo sai benissimo vero?
Bellissimo e coinvolgente tanto che alla fine ti viene da dire: e poi? Cosa succede adesso? Perchè mica vuoi lasciarci così vero?
Ho sempre detto che i racconti a puntate non sono proprio quello che più mi piace ma tu riesci a sbaragliare ogni cosa perchè i tuoi li leggerei sempre e ne voglio di più ogni volta (non me ne voglino le altre) quindi scrivi amica mia, scrivi!!
26 Giugno 2021 at 14:57
E adesso? Non puoi lasciarci così, non lo farai vero? Ci racconterai altro su di loro spero.
Sono contenta di averli incontrati nuovamente, mi piacciono come personaggi, sono parecchio complessi e questo mi incuriosisce ancora di più.
Il tuo racconto è ben scritto come sempre, pieno di mistero, angoscia, suspense, quindi direi che il tema scelto lo hai centrato in pieno. E’ solo finito troppo presto xD
A presto.
1 Luglio 2021 at 17:09
Come sai Black mi ha fatta innamorare sin dalla sua prima apparizione e a ogni nuovo tassello quell’amore è cresciuto fino a diventare immenso. Da quando c’è Iris poi aspetto con ansia ogni nuovo racconto che ci regali su di loro ^.^
In questo il tema si sposa alla perfezione con ciò che sappiamo essere stato il passato di questa coprotagonista ferita, preoccupata eppure forte abbastanza da accettare ciò che la fa stare bene senza porsi dubbi che la allontanerebbero dalla felicità. È un aspetto di lei che mi è piaciuto tantissimo e che serve a smuovere Black, lui che non ha idea di cosa gli sta succedendo e che non ha proprio idea di come affrontarlo. Insieme creano una coppia che mi sta piacendo tantissimo e che mi fa venire voglia di leggere un intero libro su di loro – come ti ho già detto altre volte >.<
Lo stile è ancora una volta perfetto e rende il tuo racconto un piacere per gli occhi e una fonte di sospiri senza fine! Aaaaaah… Allora, quando sappiamo come va avanti??
Un immenso wow e tanti complimenti!
Alla prossima
Federica