Quando la signorina Stephanie -bravissima autrice e grandissima persona che ho potuto conoscere grazie al nostro rendez-vous mensile di Storytelling Chronicles dove, ormai lo sapete, ci ritroviamo a scrivere racconti legati fra loro da una tematica comune- mi ha detto che il sottostante incipit sarebbe stato l’argomento di luglio, ho fatto buon viso a cattivo gioco: se le avessi detto che rischiavo di diventare pelata a furia di strapparmi i capelli perché, cavoli, l’ansia da prestazione mi stava uccidendo -diciamocelo, inventarmi qualcosa a partire da poche righe scritte da altri non si può annoverare fra i miei talenti già pochi di loro-, avrei fatto una di quelle figure barbine colossali che non avrei mai potuto dimenticare, etichettandomi come l’unica e indiscussa scema del villaggio. Eppure, dopo la liberazione dall’università -ancora non ci credo, penso continuerò così per molto tempo-, grazie al mio spirito malvagissimo e tenerissimo insieme sono arrivata alla conclusione: E se bypassassi il problema con l’astuzia? -sì, dopo questo pensiero, la risata malefica è partita a razzo e ha continuato per un po’ fino a esaurirsi prima che qualcuno entrasse nel suo raggio d’azione e mi imponesse giustamente il TSO-.

Afferro al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apro e ne leggo il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i miei occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.

Afferra al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apre e ne legge il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i suoi occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.

Benché negli scorsi appuntamenti con la presente rubrica abbia scelto di mollare gli ormeggi dell’usuale spiaggia per dirigermi verso lidi da me piuttosto inesplorati in quanto straordinariamente non solo ho voluto adottare la prima persona nella narrazione -chi sei tu e cosa ne hai fatto di Lady C.?-, ma mi sono coniugata perlopiù al genere drammatico che mal si sposa con il mio animo romantico da lieto fine garantito -ancora adesso non so che diavolo ho bevuto in quelle sere per produrre scritti simili! Sicuramente troppi Estathé al limone-, oggi ho deciso di riabbracciare i vecchi albori della cronaca in terza proponendovi due main characters che già avevo introdotto qui per la Creativity Blogger Week datata dicembre 2019. Le gemelle Violante e Carlotta sono tornate più in forma che mai, diverse da allora, simili da ora: siete pronti a (ri)conoscerle?

Creazione a cura di Tania, admin del blog My Crea Bookish Kingdom

 

Afferra al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apre e ne legge il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i suoi occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.

«No, dai.»
C’era una sola cosa che odiava mentre recensiva un libro, il chiacchiericcio di sottofondo. Non importava se le persone discorrevano con lei o con altri nelle sue vicinanze, in ogni caso non riusciva mai a concentrarsi ed era una gran disdetta considerando che le serviva la massima attenzione per scegliere le giuste parole atte a descrivere quanto un testo l’avesse emozionata nel profondo. Perciò, a sentire l’inizio del certo sproloquio della sorella, per lei fu ovvio iniziare a battere furiosamente al computer per portarsi avanti il più possibile, tentando di anticipare i lamenti in arrivo.
«Cioè, non può essere.»
Ecco, appunto. Ora comincia sul serio.
«È da denuncia, cazzo.»
Si stropicciò il viso con la mano destra, lasciando infine stare il povero Mac maltrattato dalle circostanze, e guardò l’ora. Doveva considerarsi una sfigata visto che di sabato sera stava chiusa in casa con Violante a fare… Cos’è che facevano? Ci dedichiamo alle nostre passioni, ovvio, soleva affermare quella testa matta della sua gemella. Sorrise al ricordo della battuta oltremodo abusata.
«Alla luce dei fatti, se lo uccidessi, potrebbe considerarsi legittima difesa, eh.»
Stanca di quel borbottio ormai evidente, il tanto quadrato quanto serioso chirurgo cardiotoracico si voltò verso la sua bellissima palla al piede estiva e sbottò: «Ma che stai blaterando?»
L’atleta olimpionica di triplo salto carpiato dal divano al letto e viceversa osservò negli occhi la sua lit-blogger preferita, soffermandosi, anche troppo, nel riflesso azzurro che contraddistingueva pure il colore delle sue iridi. Doveva allenare lo “sguardo che giudica” perché voleva convincere Carlotta a uscire dalla sua comfort-zone rosa confetto: il suo nuovo libro, in fin dei conti, sarebbe stato pubblicato a breve e Leggendo con Lottie era nel suo mirino di autrice esigente.
«Tuo marito è molto, molto cattivo!» disse, infine, con enfasi, toccandosi il petto con entrambe le mani, quasi fosse in preda a un attacco di cuore.
Le due parti in gioco faticavano a rimanere serie perché un discorso del genere che iniziava senza capo, per certo terminava privo di coda, ma il loro sforzo a non esplodere in risate sguaiate era necessario per non sembrare totalmente pazze anche ai loro stessi occhi. Che coppia disagiata!
«Che ti ha fatto mai?» esclamò scioccata Carlotta, portando le mani davanti alla bocca in segno di shock. Stava cominciando ad apprezzare la teatralità che tanto decantava Violante: erano diventate troppo simili o forse lo erano sempre state?

Fonte: Pixabay
Artista: langll

Gesticolando con foga, la ragazza poco sobria ma neanche un po’ ubriaca diede il la a un monologo prolisso dei suoi: «Allora, l’altro giorno mi ha chiesto se fossi disponibile a leggere il suo ultimo lavoro e…»
Fermi tutti: COSA?
«E da quando tu leggi romance?»
Interromperla era stato necessario per sanare la sua proverbiale curiosità: sebbene fosse la composta del duo, rimaneva pur sempre una donna come le altre.
«Da mai, sorellona, per chi mi hai presa?» rispose con una smorfia di leggero disgusto e annesso naso arricciato.
Qualcosa non quadrava e, per la prima volta, il medico stimato a livello mondiale non seppe darsi da sola una risposta sensata. Arcuò un sopracciglio frustrata e ciò indusse la gemella a spifferare subito i suoi scabrosi misteri per evitare ovvie ripercussioni dolorose poi: «In pratica, ha scritto un fantasy, una sorta di esperimento per lui, lo sai, e quindi mi ha chiesto un parere oggettivo in merito, essendo il campo in cui bazzico.» La scrittrice fece una pausa, cercando di mascherare un magnifico sorriso. Carlotta sapeva quanto si stesse impegnando al massimo per palesare, con orgoglio e a piccoli passi, il suo talento, ma gli strascichi del passato dove l’autostima latitava, a volte e in qualche modo ostinato dei loro, la obbligavano a celarsi ancora dietro un dito gigantesco eppure minuscolo. «Ho accettato volentieri, non solo perché è il mio cognato preferito, ma perché è uno dei pochi autori che, quando chiede un consiglio, lo vuole davvero, senza lamentarsene mai.»
«A onor del vero, tecnicamente è il tuo unico cognato.»
Violante si lasciò andare in uno scoppio fragoroso di risa: lei non lo percepiva, ma, ogni volta che lo faceva, l’animo di Carlotta si rasserenava, inducendo i rimorsi di una vita intera a sbiadire sempre più. Non voleva confessarglielo perché addossarle altri pesi da portare sulle spalle ossute non era più uno dei suoi obiettivi primari.
«La dottoressa Donati che fa la spiritosa: è una data da cerchiare sul calendario, non trovi?»
Il bersaglio della battuta alzò gli occhi al cielo per un solo istante prima di continuare il botta e risposta chiedendo: «Qual è il problema, comunque? Il libro non è stato di tuo gradimento?»
Indicò col mento il tomo notevole che la finta balenottera spiaggiata sul sofà aveva deposto sulle gambe.
«Oh no, è stato pazzesco e ti dirò di più, quasi lo invidio perché non l’ho scritto io!»
Perché su due domande Violante si ostinava a rispondere solo all’ultima sentita?
«Insomma, il world building è ben caratterizzato, i personaggi non sono i classici stereotipati che tanto urtano i miei poveri nervi e la scrittura è molto fluida nonostante le riflessioni importanti che tra le righe si possono osservare con piacere», cominciò a recensire con una certa foga. «È anche riuscito a non essere stucchevole come invece temevo, dando vita a legami interpersonali mai banali: porca miseria se ci sa fare con le emozioni quell’uomo!»

Fonte: Pixabay
Artista: StartupStockPhotos

E QUINDI? La crisi isterica si stava pericolosamente appropinquando al suo uscio: più passava del tempo in compagnia dell’unico legame fraterno che aveva, più si stava tramutando in un cumulo di emozioni ambulante. Bene, molto bene.
«Mi ripeto, Violante. Qual è il problema?» sottolineò di nuovo, modulando la voce su una tonalità che non ammetteva ulteriori giri di parole.
«Il problema, C.V.D., è questo», rispose finalmente, dopo essersi alzata dal divano e aver aperto il volume al punto sotto accusa. L’indice smaltato di azzurro cielo picchiettava con ritmicità su un paragrafo in particolare, la fine, a cui la blogger diede una scorsa veloce.
«Non mi pare ci siano errori di battitura o di senso e la punteggiatura sembra corretta…» diede voce ai propri pensieri, mentre si accarezzava il mento riflettendo una volta di più, giusto per non lasciare niente di intentato.
«Uffa, Lottie, non ci arrivi?!»
Lentamente si volse verso la gemella e, con una muta domanda nelle iridi cerulee, le chiese una spiegazione esaustiva.
«Come può concludere un libro in questo modo?!»
Carlotta sgranò gli occhi e, prima di poter anche solo riflettere su cosa intendesse, Violante continuò con una furia impressionante: «Non ha ancora pensato al seguito, e ci sta, ma il ragazzone decide comunque di farmi impazzire mettendo a tradimento ‘sto finale aperto: è da denuncia, capisci?!»
La sua bocca aperta dava una chiara panoramica di quanto provava in quel momento. Si soffermò su quella figura minuta in una posa assai belligerante, pugni sui fianchi inclusi. Era strano vederla così, totalmente aperta nell’esprimere il ventaglio dei suoi sentimenti, ma cercò di non lasciarsi coinvolgere, nonostante si fosse ripromessa di starle più vicina, in tutti i sensi. Per questo sfoderò la sua fredda razionalità per ragionarci insieme: «Mi pare che il nome tecnico sia cliffhanger, sorellina.»
«Sì, è vero, te l’ho spiegato io», annuì Violante fiera della sua adepta.
«E mi pare che anche tu lo usi nelle tue serie, se non sempre, molto spesso», continuò Carlotta con una logica a dir poco inattaccabile.
«Cosa c’entra questo, scusa?»
«Beh, mi sembri tanto un bue che dà del cornuto all’asino.»
Un silenzio ristoratore calò sulla scena grottesca: se da una parte la verità faceva male, dall’altra era decisamente necessaria.
«Bionda, sono solo stupidi dettagli questi», replicò la scrittrice di dark epic fantasy, facendo svolazzare una mano davanti al viso come se volesse scacciare una mosca dispettosa fissata con la sua persona.
«Ne dubito, ma cerca di vederne il lato positivo.»
A differenza della sorella, Violante sapeva attendere i chiarimenti quando mancavano: per lei, la fretta era sempre stata una cattiva consigliera, in ogni ambito della sua vita.
«Se nel secondo volume Konstantin deludesse le tue aspettative, mi coalizzerei con te per picchiarlo come si deve: dopotutto, essendo del mestiere, conosco tutti i punti deboli di un essere umano, soprattutto i suoi.»
La scrittrice non riuscì a fermarsi: accompagnata da un sorriso a trentadue denti in apertura costante, abbracciò di slancio la gemella, stritolandola in una morsa da boa constrictor.
«Carlotta, Carlotta, Carlotta: come ho fatto senza di te per tutti questi anni?» le sussurrò fra i capelli, a bassa voce, quasi avesse paura di udirsi lei stessa.
Sorprendendosi da sola, la sua coetanea più vecchia di otto minuti rispose alla stretta con egual forza e, accarezzandola piano sulla schiena, le bisbigliò: «Non ne ho idea, piccola Jo, non ne ho proprio idea.»

Fonte: Pixabay
Artista: SofieZborilova

 

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Questo racconto è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autrice o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.