Nonostante, in questo periodo, abbia il tempo così tirato che, qualora mi arrischiassi a strattonarlo ancora un po’, potrei pure spezzarlo in centinaia di brandelli da mosaico ormai perduto, se mi fermassi un solo attimo a pensare al momento in cui ho deciso di dare il via alla rubrica Storytelling Chronicles, arrivata a un punto dove mi ritrovo a condividere un simile progetto con quelle che da semplici compagne di viaggio si sono trasformate, a tutti gli effetti, purtroppo per loro, in amiche sincere, non potrei fare a meno di stupirmi del risultato ottenuto per quanto concerne la mia attività di scribacchina dei povery -dopotutto, senza questo appuntamento a cadenza precisa, lo confesso, probabilmente partorirei due righe, a dir tanto, all’anno!-.
Perciò, sono sempre molto lieta di pubblicare nel mio angolino letterario del webbe le storie facenti parte del rendez-vous mensile di mia creazione, soprattutto quando nel farlo ho l’occasione di leggere in anteprima i prodotti delle due autrici che ospito volentierissimo, proponendo così anche a voi altri degli scritti meritevoli di ogni attenzione possibile. Oggi è il turno di Simona Busto che, grazie alla tematica di giugno scelta con il desiderio di vacanze nel cuore, Il mare, regalandoci uno scorcio di avventura piratesca, conduce per mano versi lidi ancora inesplorati: chi già spera con me che la scrittrice si cimenti nel seguito?

Creazione a cura di Tania, admin del blog My Crea Bookish Kingdom

 

Odiavo il mare. Era così da cinque anni. Cioè da quando quella distesa blu di cui non si vedeva la fine si era presa mio padre. Non avevo mai dimenticato quanto lo detestassi. In realtà ci pensavo ogni giorno.
«Signorina Annie!» La voce di Olga mi ridestò dalle mie cupe meditazioni.
L’anziana governante italiana mi raggiunse trafelata sul ponte della Queen Victoria.
«Grazie al cielo,» riprese dopo che ebbe recuperato il fiato. «Non vi trovavo da nessuna parte. Ero così preoccupata.»
Sorrisi. «Olga, nel caso non te ne fossi accorta siamo su una nave in mezzo al mare. Dove mai potevo andare?» Abbassai la voce prima di continuare: «Non ti preoccupare, se decidessi di farla finita sceglierei un’opzione qualsiasi, tranne quella di buttarmi in acqua.»
Olga si fece un rapido segno della croce. «Cosa vi salta mai in mente? Perché dovete parlare così?»
Tornai a fissare lo sguardo sull’odiata distesa azzurra. «Non dovrei? In fondo mia madre mi sta mandando a immolarmi sull’altare dei soldi.»
«Signorina Annie, non dovreste dire certe cose. Il duca di Prades è un gentiluomo rispettabile e molto stimato. Passerete qualche giorno alla sua tenuta per conoscervi meglio, allo scopo di accettare poi la sua proposta di matrimonio. Non vedo nulla di terribile in questo.»
Sospirai. «Il duca di Prades ha cinquantanove anni, io ne ho venti. Rispettabile o no, dubito che potrò mai essere felice come sua moglie. Oltretutto a lui non serve neppure una sposa, ma direi piuttosto una fattrice, dal momento che la duchessa è morta l’anno scorso senza dargli eredi. In ogni caso dici bene: lo scopo è quello di accettare la sua proposta. Nessuno ha mai contemplato la possibilità che rifiutassi. Tutto ciò perché mio padre è mancato, e mio fratello Colton in cinque anni ha dissipato buona parte del patrimonio di famiglia. Non ho dote e devo concludere un matrimonio vantaggioso. Tutto qua.»

Fonte: Pixabay
Artista: Takmeomeo

La voce della governante si addolcì: «So che sognavate nozze d’amore, ma non sempre i nostri desideri diventano realtà. A volte bisogna accettare quel che la vita ci offre.»
La guardai di sottecchi. «In tal caso posso solo sperare che il vecchio duca schiatti in fretta, magari prima di trovare il tempo di prendersi la mia verginità.»
Olga si coprì la bocca con le mani. «Ma come potete esprimervi in questo modo?»
Ridacchiai, mi piaceva sconvolgerla con le mie maniere franche e poco convenzionali.
La governante aprì la bocca per aggiungere nuovi rimbrotti, ma un grido della vedetta la bloccò.
Ci girammo entrambe, disorientate.
«Che succede?» chiesi, mentre l’inquietudine mi serpeggiava dentro.
«Non l’ho capito,» rispose Olga, fissando preoccupata i marinai che correvano agitati per il ponte.
«Presto! Ai cannoni!» Ecco, questo l’avevamo udito entrambe in maniera distinta. Ci guardammo a occhi sgranati. Era un breve viaggio in nave dallo Yorkshire al nord della Spagna. Non eravamo in guerra. Cosa mai poteva andare storto ora?
Il cuore iniziò a martellarmi in petto, mentre salivo i pochi gradini che mi separavano dal comandante della Queen Victoria. Non potevo morire in mare. Non sarebbe successo!
«Cosa diamine sta accadendo?» gridai, ancora a parecchi metri di distanza.
«Signorina, i modi…» Mi girai a fulminare Olga con lo sguardo e per poco non inciampai. Possibile pensasse alle convenzioni anche quando era probabile che quella bagnarola ci trascinasse a fondo con sé nel bel mezzo del mare?
Il comandante Phelps parve ricordarsi della nostra presenza solo quando mi vide apparire. Mi afferrò per un braccio senza grandi cerimonie e mi trascinò giù con sé.
Quando mi voltai per seguirlo riuscii a scorgere la sagoma di un grande veliero in rapido avvicinamento. Una bandiera nera sovrastava le vele grigie. Ebbi appena il tempo di vedere il bianco del Jolly Roger, prima di venire spinta via dalla mano di Olga.

Fonte: Pixabay
Artista: Matyze

«Presto, signore,» ansimò Phelps mentre ci conduceva sottocoperta. «Restate qui e non uscite per nessun motivo. Verrò io a prendervi quando sarà sicuro.»
Non mi diede il tempo di chiedere ancora. Si era già chiuso la porta alle spalle.
Sentii il panico invadermi e mossi un passo in direzione dell’uscita, ma Olga mi sbarrò la strada. «Annie, mia cara, facciamo come dice.»
Sbattei le palpebre. «Hai visto quella nave? Se restiamo qui e ci affondano annegheremo senza possibilità di scampo. Non avremo modo di salvarci.»
La governante mi posò le mani sulle spalle. «Se usciamo ci spareranno, Annie. Dobbiamo rimanere qui.»
Aprii la bocca per replicare, ma le parole mi morirono in gola quando udii la prima bordata dei cannoni.
Gridai e mi coprii le orecchie, ma dovetti toglierle per cercare un appiglio non appena la nave subì un forte scossone. Olga quasi mi rovinò addosso con tutta la sua grande mole. Riuscì a ritrovare l’equilibrio all’ultimo, poi si sedette a terra contro la parete di legno e mi attrasse a sé.
Stretta contro il suo petto florido, tremavo. Non ricordavo di aver mai provato tanta paura. Un panico ancora più grande s’impossessò di me quando sentii la seconda bordata dei cannoni.
Poi iniziarono gli spari. E le urla.
Serrai le dita sulle braccia di Olga, senza riflettere sul fatto che con ogni probabilità le stavo facendo male. Lei non disse nulla, si limitò a tenermi stretta. Anche la governante era scossa dai tremiti, ma cercava di essere forte per me.
Alte grida di giubilo si levarono all’improvviso, seguite da un silenzio mortale che avvolse l’intera nave.

Fonte: Pixabay
Artista: gayulo

«Abbiamo vinto? Siamo salve?» chiesi con un filo di voce.
«Non lo so, signorina Annie. Lo spero.» Anche le sue parole uscirono in un sussurro.
Ci alzammo, incerte sul da farsi. Il comandante Phelps aveva detto di aspettare. Potevamo azzardarci a controllare cosa fosse successo?
Mi scrollai di dosso la paura in un moto d’orgoglio. Non avrei atteso lì sotto un minuto di più. Avanzai verso l’uscita, sorda alla voce di Olga che cercava di fermarmi.
Prima che potessi raggiungerla la porta si spalancò con un colpo secco. Due uomini erano ritti sulla soglia, avevano capelli lunghi e fazzoletti variopinti sulla testa. Sogghignavano.
Un brivido mi percorse la schiena. Quelli non erano i marinai della Queen Victoria.
Uno dei due entrò con passò leggermente claudicante. Il suo sorriso osceno non prometteva nulla di buono. «Bene, bene. Che belle signore…» esordì. «Siamo proprio fortunati oggi.»
Arretrai e vidi Olga frapporsi tra me e l’uomo. D’istinto la trascinai indietro. Potevo cavarmela da sola. Non mi serviva che qualcuno si sacrificasse per me.
«Chi è lei, signore? E cosa vuole da noi?» domandai con una spavalderia che ero ben lontana dal provare davvero.
Lo sconosciuto allungò una mano verso di me, il ghigno che si faceva più largo.
«Levati, Freddie. Non c’è nulla per te qui. Avrai la tua parte del bottino dopo.»
La voce alle sue spalle causò un immediato cambio di umore nel marinaio. Piegò gli angoli della bocca all’ingiù e si ritrasse borbottando qualcosa.
Entrambi gli uomini che ci avevano scoperte sparirono dalla vista per far spazio a una figura maschile alta, completamente vestita di nero.

Fonte: Pixabay
Artista: Brett_Hondow

Sostenni lo sguardo delle iridi verdi, mentre passavo in rapida rassegna il suo aspetto e l’abbigliamento. Aveva spalle larghe sotto la camicia e lunghi capelli biondi, un po’ arruffati, spuntavano da sotto una bandana rossa, unica nota di colore nel lugubre abbigliamento.
Provavo sgomento e uno strano senso di calore sotto quello sguardo penetrante. In un’altra situazione l’avrei trovato molto bello. Ora però riuscivo a cogliere solo la preoccupante somiglianza del suo stile con quello degli altri marinai.
Lo sconosciuto si produsse in un elegante inchino. Tanto elegante da rivelare l’evidente ironia che sottintendeva.
«Piacere di conoscervi, signore. Permettetemi di presentarmi. Sono Enrique Spinola, comandante della Señora Negra
Spinola? Possibile?
Non restituii l’inchino e impedii a Olga di farlo. «Ora immagino di dovervi dire chi sono io. Mi chiamo Annabel Whittington, mio fratello è Colton Whittington, Lord Devon, marchese di…»
L’uomo alzò la mano. «Sì, signorina Whittington… Annie. So bene chi siete e so che questa è la vostra governante, Olga. Non c’è bisogno di recitarmi tutta la vostra genealogia.»
Il suo sorriso mi fece tremare le ginocchia. «Quindi immagino che siate qui per noi.»
Annuì. Il sorriso affascinante che scopriva denti bianchissimi, da predatore. «Esatto, Annie. Temo di dovervi invitare a seguirmi sulla mia nave. Siete mie prigioniere.»
Corrugai la fronte. Tremavo, ma non volevo rinunciare a mostrare chi ero davvero. Gli passai accanto per uscire da quella trappola infernale. «Molto bene, signor Spinola. Vi seguiremo, anche se mi auguro che abbiate un luogo sulla terraferma in cui custodirci. Detesto il mare.»
Mentre passavo in mezzo ai suoi uomini che mi fissavano con espressioni indecifrabili, la sua risata mi raggiunse alle spalle. Era gradevole, avrei quasi detto cristallina, se non avessi saputo che quell’uomo era un pirata.

Fonte: Pixabay
Artista: PublicCo

 

Copyright © 2020 Simona Busto
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Questo racconto è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autrice o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.