La prima domanda che ho rivolto a Ornella De Luca in merito a La sposa promessa. Amori e intrighi alla corte dei Tudor concerneva la quantità di fazzoletti che avrei dovuto avere a portata di mano per superare le vicissitudini descritte dalla sua sapiente e distintiva piuma nell’appena citato romanzo storico. Essendo manchevole dell’ingente carico di cellulosa necessaria, ho dovuto rimediare adoperando una scatola di biscotti, dolce lenitivo a qualsiasi male, persino quello che traspare dall’inchiostro marchiato a fuoco sulle pagine da svoltare. Preparata psicologicamente a ciò che, quindi, a occhio e croce, avrei trovato nella storia di Eithne e Alastair, a maggior ragione mi sono sorpresa di fronte alle indicibili disgrazie che ho riscontrato nei capitoli di vita dei due giovani scozzesi, indefessi tolleranti di angherie e soprusi degni di questo nome, prigionieri della loro stessa esistenza che solo in lontananza, a grandi linee, sa di libertà malriposta. Tuttavia, anche il coraggio, in combinazione a una forza d’animo invidiabile, è di casa nella nuova opera dell’autrice siciliana, olio che emerge dall’acqua delle righe stampate, contrasto evidente che spicca e avvince il lettore a sé, rendendolo quell’impavido guerriero che nel profondo sa di essere.
Siamo in Scozia, precisamente a Edimburgo. Dopo aver completato il suo periodo di volontariato alla White Chapel, Padre Achaius riceve una lettera da parte del signor Mackintosh, il direttore del carcere di Greyfriars: all’alba del 13 ottobre 1561 si sarebbe dovuto recare al penitenziario poiché un condannato a morte necessitava dell’estrema unzione prima che la sentenza capitale venisse eseguita proprio per ricevere l’assoluzione e salvare, quindi, quell’anima colpevole dall’Inferno eterno. Il giovane prete, all’inizio perplesso dalla scelta della sua persona al posto del suo mentore Crayton, decisamente più indicato grazie all’esperienza che l’età matura gli aveva consentito di guadagnare, si dirige al luogo indicato, un po’ intimorito dal sito spettrale in sé, un po’ intrigato dalla situazione curiosa in essere. Ciò che lo attende, però, non nutre le previsioni balenategli nella mente. Oltre alle condizioni da brivido in cui vivono, per così dire, gli inquilini della tetra ubicazione, i suoi occhi increduli incontrano lo sguardo vuoto e perso di una giovane donna, una sorta di ape regina in quell’alveare marcescente dati i trattamenti di comodo nei suoi confronti. Ma, dopotutto, lei è la figlia del laird Loghan e di sua moglie Erinna, Eithne MacLeod, che, accusata di omicidio, attende piegata la sua fine già scritta. La curiosità di padre Achaius nei confronti degli avvenimenti concernenti la prigioniera vince le alte barricate del religioso, inducendolo in tentazione dalle parole di cui la ragazza, defraudata della felicità per antonomasia, vuole renderlo volentieri partecipe. Preparatevi perché le rivelazioni saranno scioccanti, a mano a mano che farete vostro La sposa promessa. Amori e intrighi alla corte dei Tudor.
L’inaspettato arriva, per definizione, quando meno siamo pronti ad accoglierlo. Pienamente consapevoli degli imprevisti che la vita può riservarci mentre l’infinito ticchettio del tempo accompagna placido le giornate abitudinarie di sempre, il più delle volte, presi dalla frenesia che, in qualche modo, incarna il bene di prima necessità affinché alla nostra persona sia consentito di approcciarsi all’esistenza donatale senza richiesta alcuna di baratto ancestrale, l’ipotetica pianificazione, struttura su misura atta a rispondere diretta sbaragliando, colpo su colpo, ogni tipologia di incombenza elargita dall’avvenire, sarcastica entità della cui risata bisogna stare costantemente all’erta, vigilanza forzata che trasforma chiunque in una competente sentinella con, alle spalle, anni di esperienza sul campo, sbiadisce in volute di fumo, lingue dense da togliere il respiro che, innalzandosi verso il cielo terso, ne oscurano il distintivo azzurro, amalgama di colori che, compenetrandosi a vicenda, occultano le caratteristiche specifiche di entrambe le tonalità, annullando anche l’ultima possibile traccia di quell’organizzazione di cui ora ci sentiamo di rimpiangere la memoria perduta, dimenticanza rilevante che induce all’improvvisazione su un palcoscenico grossolano allestito all’ultimo minuto.
È sufficiente un solo incidente di percorso per destituire le nostre convinzioni, amiche di lunga data che, alla stregua di guide esperte del mondo, hanno soluto condurci mano nella mano verso il traguardo della strada maestra assegnataci, obiettivi prefissati che, fin dagli albori della nascita, sono stati forgiati appositamente per la nostra manifestazione in carne e ossa, armi affilate dai bollenti spiriti che, con estrema facilità, hanno marchiato a fuoco la pelle d’alabastro della nostra anima, indole ormai nuova che con la sua versione precedente non ha più nulla da spartire: l’assetto corrente monopolizza la scena e orienta l’attenzione nei riguardi delle fondamentali peculiarità, tasselli conosciuti come le proprie tasche che, contrariamente alle calde aspettative nutrite, si dimostrano modificate alla radice, cavità ristrette di stoffa dove poter reperire ancora della lanugine sconosciuta.
Pian piano, la prospettiva cambia e si adatta al soggetto dell’inedito focus. L’attuale angolazione esibisce le gioie e i dolori che si stagliano di fronte ai nostri occhi, panorami nebulosi che, in conclusione, hanno materializzato le loro reali fattezze, dando luogo a uno scenario straziante e rinvigorente insieme, luce e oscurità che, in un gioco di ombre, si alternano inquietanti, sottolineando la forte predilezione del destino per il tetro oblio senza ritorno: piacere e dovere cominciano a contendersi la ribalta, stoccate vigorose che vorrebbero destabilizzare il rispettivo avversario e prenderlo in contropiede, espugnando per la propria performance di assolo quel palcoscenico che ha visto troppi duetti inutili, ignaro salvataggio da pietanze insapori a cui manca, con evidenza, un ingrediente e, altrettanto palese, contengono un plus ultra da artigli acuminati sulla lavagna.
Un unico quesito fondamentale emerge dalle acque di questo caos indotto, pianta spontanea che trascina, col verde rigoglioso, nelle onde dell’ottimismo, portando l’essere pensante a elucubrazioni infinite e martellanti, picchi dispettosi che impongono la loro presenza e serrano all’angolo una mente già provata dagli eventi pregressi. L’alternativa è semplice, almeno a vedersi: da un lato ciò che è giusto e facile, permettere quindi alle responsabilità personali di vedere l’alba e compiersi evitando tutti gli intoppi di sorta, ubbidiente soldatino che abbraccia, remissivo, il fato a lui imposto, un do ut des necessario per ricevere in cambio, quale premio ercoliano di così immensi sforzi, l’amore e il rispetto verso i quali, in un’epoca assai lontana, si andava strenuamente in cerca; dall’altro ciò che è sbagliato e difficile, tenzone colossale che riassume in poche battute le sfide di una vita intera, competizione maestosa a cui si accede quando, in via esclusiva, gagliardia e coraggio vengono sguainati al momento consono, rara opportunità che attende impaziente e scalpita silenziosa, assumendo il corrispondente significato nell’attimo preciso in cui il tempo, conoscitore del tutto, avrà deciso in tal senso.
La non identità delle due fazioni antitetiche trascina nel contesto in divenire le rinunce scaturite, battaglie perse in partenza per le quali un rimpianto futuro è l’obbligo naturale a cui doversi adattare nostro malgrado, fin dall’istante della loro concreta realizzazione. Di conseguenza, soprattutto nel caso in esame, una scelta è doverosa per poter effettuare l’ennesimo ulteriore passo in avanti, nuovo che si addiziona al vecchio per esserlo di rimando. Studiare a tavolino le tante possibilità in mutua esclusione è il criterio adatto per vagliare le opzioni in nostro possesso. Sebbene le ripercussioni dell’atto potrebbero rivaleggiare ad armi pari con la catastrofe più mostruosa abbattutasi sull’universo arrendevole, rimanere inermi e succubi innanzi all’esistenza che scorre a briglia sciolta per timore degli effetti collaterali di una mossa azzardata è il più grande peccato che potremmo compiere nei nostri confronti, persone a metà che si dovrebbero accontentare del nulla quando, invece, dovrebbero puntare al massimo, nonostante, a volte, di fronte allo zampino della sfortuna, anche l’audacia dell’impavido guerriero potrebbe accartocciarsi su sé stessa, lasciando indifeso e senza protezione il cuore pulsante di sentimenti non proprio sopiti, anni luce di distanza che rendono l’orizzonte troppo lontano da sfiorare con la fugacità di un battito cigliare. Tuttavia, se è l’amore a convogliare i nostri passi verso la meta, ogni arcano rompicapo trova la sua soluzione, indipendentemente dalla difficoltà dell’enigma da sciogliere: perciò, vincitori già in partenza, ci apprestiamo al salto nel vuoto, lancio senza paracadute in un pozzo di incertezze dove si nasconde, riparata, l’eventualità di assistere al successo, obiettivo di maneggi intricati che solo una mente calcolatrice potrebbe generare a dimostrazione dell’impeto di un cervello in attività, eruzione abbondante di illimitata astuzia di purpurea volpe.
Inevitabile è l’utilizzo di strumenti che superano il confine del lecito, abbandonando quel campo sicuro con vetusto collaudo per un ambiente inesplorato il cui spirito terroso occulta pericoli molesti, unicità d’eccezione che conferma la regola per la quale il fine giustifica i mezzi adoperati, erta discesa a patti d’inferno pur di raggiungere gli scopi frutto di decisioni ponderate nella loro assennatezza: commettere abominio potrebbe, quindi, rappresentare la strategia migliore per arrivare alla vetta della nostra utopia segreta, sebbene essere portatori sani di peccato non sia una condizione di cui vantarsi a pieno, sbeffeggiando chi non rientra in questa categoria, prendendosi gioco di coloro che preferiscono non addossarsi ulteriori colpe da sommare alle precedenti ottenute in passato.
Non bisogna, però, credere di poter insabbiare, in questo modo subdolo, ogni nefandezza di cui l’uomo, con una capacità quasi innata, si rende fautore poiché la filosofia A mali estremi, estremi rimedi non ha scusanti a sufficienza per passare inosservata agli occhi del destino che tutto controlla, tutto regola, tutto dirige, cerebralmente ordinato, altamente funzionante, boccone amaro che, a volte, può risultare difficile da digerire anche a distanza di anni dal punto di svolta dove siamo sfociati nel greto del nostro tragitto esistenziale, nemico e insieme alleato che, oneroso e non gestibile in solitaria, rischia di riflettersi su prede ignare la cui unica colpa è l’elementare presenza, costante ricordo della mancata affinità voluta, idolo pagano in cui, eretici, credevamo rasentando l’ossessione religiosa da fanatici del culto. Eppure, benché le prove a carico siano incontrovertibili, la sete di potere non può essere estinta se non attraverso l’alimentazione continua, tuffando chi inciampa nelle sue trame in un vortice folle dove andare avanti significa tornare indietro: mentre la morte acquista un valore consistente e, a momenti, offusca l’importanza intrinseca della vita, rosa dischiusa dove alberga la rugiada dell’intensa speranza, costretti dal guazzabuglio di loschi traffici senza nome, percepiamo sgorgare odio e invidia, bestie aizzate nei riguardi di un prossimo indistinto che la fatalità ha collocato nel chiasmo di fuochi incrociati, famigliare ed estraneo che differenze non hanno, fiere indomite che straziano e lacerano le carni dei bersagli, letti di fiumi sanguinolenti che manifestano il discredito di respiri e battiti, coppia che ha perso valore, ambo che forse non ne ha mai avuto davvero.
Per la nostra genuina felicità, a tutto esiste un limite. Prima o poi, la verità saprà venire a galla, superando con agili falcate la valanga di menzogne usate esclusivamente per contenerla e, in qualche maniera, arginarla, tenendola segregata, sotto un mirino clinico puntatole contro in modo costante, guardia sempre alzata, piano B mai in riserva: anche dopo un diluvio di proporzioni bibliche, il sole riesce, di slancio, a fendere le nubi cariche di pioggia, minaccia smentita poiché ormai eco di una burrasca discendente, portando con sé il contrappasso all’assolo in opera, intervento provvidenziale che non fa alcuna distinzione sulle cause per cui i rimorsi spiccano, come pece su lino, per via dell’effetto zampillato dalle nostre azioni, gesti dei quali vorremmo disperatamente non ricordare i particolari. Una volta varcato quel bordo frastagliato, la fine si palesa e un nuovo inizio le fa compagnia, una specie di ritorno alle origini che si compie senza più ostacoli, guadagno conclamato della vittoria anzitempo meritata.
Sopravvissuta, con acciacchi degni di una matusalemme, agli assalti emotivi che solo opere come quelle di Ornella De Luca possono scatenare in un cuore sensibile, La sposa promessa. Amori e intrighi alla corte dei Tudor racchiude tra le sue pagine il talento naturale di sbaragliare ogni difesa eretta dal viandante letterario per non soccombere ai dardi scoccati, mettendolo in ginocchio fin dalle battute di apertura: sebbene all’inizio si possa riscontrare una minuscola fatica nello star dietro ai salti temporali apportati dall’autrice per esigenze narrative, cambi di periodo che, però, con lo scorrere dei capitoli, si sposano armoniosi con la linearità in crescendo della storia, nonostante magari si possa cadere nella comune trappola del dimenticare i significati legati alla terminologia gaelica introdotta col contagocce, piccola condensa elegante che rende forse più veritiere le vicissitudini di Eithne e Alastair, in questo libro è lapalissiano constatare l’enorme lavoro che, in ombra, dà luce ai contenuti di carta e inchiostro, attinenze storica e geografica da manuale dove ogni tassello concernente i due giovani scozzesi si incastra alla perfezione con i siti lasciati a disposizione della fantasia della scrittrice, manovra sistematica che, resa nel pieno della sua grazia al culmine, permette al pubblico di identificarsi come effettivo turista in viaggio di piacere, errabondando in libertà sulle rive del Loch Dunvegan e oltre. L’epilogo inaspettato non coglie totalmente impreparato il collettivo che, invece, attendeva proprio una simile chiusura, perno decisivo attorno al quale i cardini ben oliati del Sole e della Luna ruotano senza posa, zenit e nadir che, incastonati in un eterno attimo lungo un sospiro beato, vivono il fulcro di un amore capace di sfidare le avversità della sorte.
Scheda libro
Titolo: La sposa promessa. Amori e intrighi alla corte dei Tudor
Autrice: Ornella De Luca
Casa editrice: Libromania
Pagine: 246
Anno di pubblicazione: 2018
Genere: Romance storico
Costo versione cartacea: –
Costo versione ebook: 1.99 euro
Link d’acquisto: Amazon
1 Maggio 2018 at 21:12
Sembra ben scritto. Interessante!
1 Maggio 2018 at 21:34
Lo è 😀 Ornella De Luca è davvero una garanzia ^_^ <3