Ogni lettore che si rispetti ambisce a realizzare, nella sua ospitale dimora dove aleggia un’atmosfera realmente magica, una libreria personale da far impallidire il Paperon de’ Paperoni degli universi di carta e inchiostro. Perciò, alzi la mano se anche voi, come me, bramate forsennatamente il Paradiso frusciante del principe Adam, un rifugio accogliente nel quale Belle si sente a casa, benché il castello della Bestia, almeno agli inizi, non incarni proprio la sua concezione di nido famigliare, il preciso luogo neutrale nei cui meandri la ragazza è in grado di trovare la giusta pace dello spirito.
Al pari della principessa Disney, in pratica, il nostro più intimo desiderio risiede proprio in quella stanza colma fino all’orlo di opere nelle quali immergerci senza voltarci mai indietro, un tuffo nell’ignoto che saprà ricompensare la nostra attrazione vorace e infinita, mai sazia della realtà così ovvia e troppo abitudinaria.
Capirete, quindi, che non mi sarei mai potuta tirare indietro di fronte alla possibilità di affrontare un retelling della mia fiaba preferita, una rivisitazione in chiave contemporanea che si adatta alla modernità dei tempi, mantenendo comunque una similarità con la sua alma mater: ringrazio per l’occasione il blog Insaziabili Letture, organizzatore primario del Review Tour, e Quixote Edizioni per la disponibilità nell’elargirci la copia digitale del primo volume della serie A Modern Fairytale di Katy Regnery, Il Veterano.

Savannah Calhoun Carmichael è tornata nella sua cittadina natale, Danvers, in occasione del matrimonio della giovanissima sorella Scarlet. Sebbene le circostanze paiano molto plausibili e rispondano, senza farlo davvero, alle curiosità nei suoi riguardi che serpeggiano in quel paesino della Virginia, la ragazza nasconde un minuscolo segreto che le adombra il cuore: licenziata in tronco dal suo posto di giornalista investigativa al The Sentinel di New York poiché, inconsapevolmente, seguendo le false piste di indizi lasciate dal suo allora ragazzo Patrick Monroe, ha calunniato i soci del padre di lui addossando loro la sua appropriazione indebita, come il figliol prodigo, è tornata alle origini, cercando di medicare le proprie ferite e staccare la spina dal caos di cui è stata la malaugurata protagonista assoluta.
Ingoiando il rospo di ripercorrere a ritroso i suoi passi, falcate che le avevano permesso di abbandonare il porto sicuro della famiglia per approdare ai lidi decisamente più sofisticati della Grande Mela, Savannah decide di concedersi una sorta di periodo sabbatico per raccogliere le idee e trovare una soluzione (im)possibile affinché risalga la china dal burrone in cui è caduta in maniera fin troppo accidentale.
Fa appena in tempo a concludere la lettura fraterna de Le dodici pietre miliari più importanti in qualsiasi relazione che la ex reporter riceve una telefonata da Derby Jones, una sua collega del Phoenix Times conosciuta al West Coast Journalism Conference nella città degli angeli, che le offre il bene accetto gommone di salvataggio: scrivere un pezzo d’interesse umano per la sezione Lifestyle del suo giornale. Non è di certo l’oceano in cui solitamente sguazza Savannah, ma, per lei, è proprio di vitale importanza cogliere questo fulmine a ciel sereno: incrociamo le dita affinché il suo obiettivo, Asher “Eremita” Lee, le venga incontro, senza metterle i bastoni fra le ruote.

La speranza è la peggiore arma a doppio taglio con cui venire in contatto, l’unica radice insidiosa che, apparentemente, verrebbe urtata dalla collettività con un sorriso grato, un misto tra euforia e aspettativa che può rappresentare il preludio di un domani migliore. L’ottimismo, di per sé, come qualsiasi altra entità degna del nome che porta, racchiude sfumature infinite di una stessa gradazione: benché gli esordi della vita possano aver messo in difficoltà la loro routine con sfide e ostacoli ardui da superare, tanti piccoli intoppi penetrati a forza tra gambe in movimento, alle persone positive, individui ben disposti all’avvenire il cui panorama antistante, proprio grazie alle loro inclinazioni nei confronti del futuro, assume sempre e solo toni rosati, colore cangiante che si ripresenta più volte modificando la sua impronta distintiva al pari di una banderuola sferzata dal vento, la fiducia dona il coraggio e il vigore necessari di osare, lanciarsi in imprese più grandi di loro pur di ottenere l’ambito premio, sogno ad occhi aperti che impara a diventare realtà già nel momento in cui la grinta di guerriero prende il sopravvento sul loro essere, pretendendo quella seconda possibilità che, opportuna, emerge all’ultimo minuto nell’istante meno atteso di tutti; dall’altra parte, a braccetto con eventi troppo importanti da passare inosservati, vicissitudini rilevanti che hanno impresso, con frego indelebile, il loro marchio putrescente sulla carne ancora pulsante, mostri non più utopici che infestano il quotidiano con la presenza ingombrante del caso, l’oscurità del disfattismo viene appesantita dal sapore appena accennato della pura e semplice felicità, mero assaggio di un avvenire lontanissimo a cui ambire ora sarebbe oltremodo deleterio, ulteriore smacco dell’oggi a cui prepararsi psicologicamente affinché si tollerino gli effetti collaterali dell’ennesima fiamma debole di vantaggio, fuoco spento in partenza di fronte all’inesorabilità del nuovo raggiro fatale, consapevolezza che si somma alle sue precedenti gemelle come dimostrazione dell’accettazione funerea a un’esistenza magra e desolata.

Reazioni così differenti tra loro sono il frutto immediato di incontri ravvicinati del terzo tipo con l’infima cattiveria che può scaturire esclusivamente dall’anima monotona della propria specie, ambasciatrice indefessa di sanzioni che controbattono al proverbio diffuso, causa aizzante versamenti ingenti di linfa vitale la quale, perpetua, fuoriesce senza posa né risparmio, costringendo alla fine morale il corpo ospitante ormai esanime. La prima impressione si allaccia a doppio filo alla manifestazione dell’esteriorità, una facciata attraverso la quale si prendono le dovute misure, intuendo i segreti non palesati dalla sua ombra, collisione frontale che determina gli esordi di un’ipotetica relazione interpersonale. La maggioranza dell’altrui forma mentis decide volontariamente di fermarsi all’entrata e lì sostarvi, prima di calarsi nei meandri di un castello sconosciuto e, per questo, minaccioso, come se, in qualche modo, volesse sondare a distanza di sicurezza i plausibili pericoli celati al suo sguardo, trappole silenziose che attendono la preda con straordinaria pazienza e abilità studiata, sottolineando quanto, forse, andare a fondo incarni un indesiderato sconfinamento di territorio, invece dell’apprezzamento concretizzato del dove si è giunti con fatica e caparbietà: un muro insormortabile bloccante qualsiasi avvisaglia di infiltrazione nemica dal suo prospetto verso l’entroterra si staglia nel mezzo e disturba l’interezza dei tentativi di instaurare legami di sorta, impossibilità desunta dalla chiusura ermetica di concezione e riversata in perfidia lambente confini sfocati per il loro eterno divario, un arrivo che non vede traguardo ma solo partenza, asservendo lo spirito, già saggiato dalle fatiche del pregresso, a costanti affossamenti abissali il cui prezzo gratuito rende la vittima impossibilitata a liquidare. Una reclusione costretta è il naturale strascico dell’orrendo matrimonio sovrastante, una prigionia indotta capace di una protezione a trecentosessanta gradi, gabbia dorata in cui l’atmosfera di carta stampata salvaguarda l’incatenato e l’incatenante, due avversari che reciprocamente difendono sé stessi dal diverso.

Tuttavia, la differenziazione non è una malattia da estirpare, virus ostile che impone la quarantena emarginando il già solitario in estremo cenobita: la rarità dell’essere ha il dovere di brillare, affiorando dagli abissi dell’ordinario ed elevandosi su un trono d’onore, da una parte senza affermarsi con il proprio intervento scomodo, dall’altro lato evitando di ubbidire docili a terzi imposti, una bilancia i cui piatti rimangono sempre in equilibrio non precario, poiché è giusto non uniformarsi a vacui riflessi di noi, ma è altrettanto corretto soggiornare allo stesso piano, bugigattolo in condivisione che ha abbandonato la sua claustrofobica natura del minuscolo. L’antagonismo lascia lo spazio a un reciproco rispetto, humus fertile dal quale sorge un’inattesa pianta dell’amicizia, come se simboleggiasse l’abominevole deturpato dal favoloso, vegetale da proteggere e custodire affinché la vita lo colmi e lo faccia fiorire: il seme dell’amore viene gettato e lasciato attecchire, riprova di occasione propizia da cogliere al volo, anima gemella che, destinata, attende il confacente baleno, lampo che decreta la deflagrazione di sentimenti già covati in superficie ma mai approfonditi come si deve, cuore spezzato che ricompone il suo puzzle continuando a esistere, uno che diventa due e, insieme, sopravvive.

Di fronte a emozioni travolgenti di siffatta tipologia, i vecchi propositi di rivalsa si sgretolano alla luce del sole, armadio ricolmo di scheletri obsoleti che cominciano a dare i primi segni di debolezza cedendo allo scorrere dell’orologio, scrigno del tempo che, inclemente, fluisce nel suo letto di secondi trascinando con sé l’inerme sopravvissuto e aggiungendo al tutto il resto compatto. Quando le carte in tavole mutano così drasticamente, ponendo la chiusa alle strategie da applicare a tavolino, nel momento in cui le priorità cambiano con l’assonanza di genere, rivelando nel carattere un lato molto più umano del previsto, in nome della conquista finale, non più materiale promozione che annuncia il successo tanto agognato, ma trascendentale raggiungimento dell’apice passionale, valendo la pena di scendere in campo e impegnarsi al massimo per essa, si scopre l’autorevolezza e l’insignificanza, bianco e nero che, vagliando le molteplici strade a disposizione, indicano quali conviene esplorare pure negli anfratti, un progresso che, civilmente, guida con quiete e tenacia verso l’ottenimento della gioia suprema, livello di accertamento in cui l’evoluzione interiore è condivisione morale.

Perché l’amore può tutto.
Aiuta all’accettazione di sé, sorvolando su quei difetti vistosi impossibili da cancellare e dimenticare.
Permette di voltare pagina e iniziare un inedito capitolo da vivere sotto pelle, senza il soffocante oblio di un passato fastidioso.
Consente di rimediare agli sbagli madornali compiuti, con un senno di poi in grado di condurci nella direzione che si doveva prendere fin dagli albori della partenza.
Ammette l’indulgenza poiché errare è umano e perdonare è divino.
Quindi, l’amore può tutto.
Eccome se può.

Il Veterano di Katy Regnery è una storia che trabocca di grandioso romanticismo, costruendo attraverso le emozioni traboccanti un vortice magnetico dove il lettore viene incarcerato in un groviglio di drammi impetuosi per i quali le lacrime non saranno restie ad affiorare: l’autrice, con una narrazione morbida e condiscendente, trascina il suo pubblico in una favola d’altri tempi dal cui dedalo labirintico spuntano selvaticamente tematiche attuali inducenti a precise riflessioni dalle quali uscirne diversi è un’ovvia ripercussione.
La penna fluida e trascinante della scrittrice bersaglia il cuore dei viandanti letterari con una miriade di frecce acuminate, a disposizione del suo arco ben teso, tra cui spicca, per bellezza e particolarità, il personaggio maschile della storia, Asher, un uomo spezzato che, nonostante l’essersi perso per strada, tra innumerevoli fraintendimenti e peripezie ardimentose, ritrova la sua bussola, ago che punta verso Savannah, tesoro e forziere del suo cuore, specchio in cui riflettersi non fa più paura.

 

 

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Il Veterano
Autrice: Katy Regnery
Serie: A Modern Fairytale #1
Casa editrice: Quixote Edizioni
Pagine: 380
Anno di pubblicazione: 2018
Traduttrice: Cristina Fontana
Genere: Romance
Costo versione cartacea:
Costo versione ebook: 4.99 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook)