Da qualche tempo ormai nel cosmo della lettura, tra le diatribe più accese che vi si possono annoverare, troviamo chiaramente il fatidico quesito riguardante la cruciale preferenza tra ebook e cartaceo, due modalità tanto simili quanto diverse per far propria un’avventura scritta dove si è portati, durante lo svoltare indefesso delle pagine frementi, a identificarsi nelle esistenze di altri e a popolare gli universi da loro abitati, mondi paralleli in cui individui dalla morfologia e dal carattere spesso improbabili intersecano con il destino i personali tragitti di vita ai quali sono stati indirizzati da una piuma docile eppure ribelle, crocicchi importanti le cui alternative disposte a ventaglio di fronte agli occhi di chi deve dar loro un contributo essenziale proveniente da cuore e da mente all’unisono, impongono uno specifico rigore nella decisione da cogliere al volo, un’opzione incontrovertibile capace non solo di segnare le sorti del sé, ma anche il domani del prossimo.
Dando voce a una mia riflessione puramente soggettiva in merito, essendo una grande utilizzatrice di Kindle Paperwhite, strumento assai pratico che ho acquistato ormai cinque anni fa persuasa un po’, in primis, dalla mia curiosità intrinseca nei riguardi del nuovo e, in secondo luogo, dal mio ardente desiderio di progredire assieme alla modernità in persistente evoluzione, non posso certo rinnegare la mia evidente propensione al digitale, un favoloso esemplare di pianeta sui generis che, attraverso una sequenza di zeri e uni, riversa nei suoi capitoli in dispiegamento una valanga inumana di parole dal multimediale sentore, coltelli affilati che non hanno perso l’abilità di bersagliare il lettore, squarciando la sua anima e dilaniandone le carni, l’identico modus operandi adottato con esorbitanza anche dai lessemi su carta e inchiostro, avi indelebilmente stampati di un’epoca che saprà estinguersi mai.
Tuttavia, sebbene la premessa siffatta aiuti a desumere una mia totale e condiscendente accettazione nei confronti della tecnologia in continuo divenire, nemmeno un astuto Ulisse amante dei libri possiede la giusta tattica per sedare l’insistente canto di sirena prodotto dai fogli rilegati a regola d’arte, quella risma elegante e melodiosa che, suonando le note di un pentagramma dall’ordinata esattezza, attira lo sguardo degli errabondi letterari e, tramite il caratteristico profumo emanato dallo scrigno aperto dove l’alacre segnalibro è puntato, inebria l’atmosfera circostante, trasportando il suo pubblico negli abissi inesplorati che solo il diligente viandante dell’oceano di china potrebbe mai sondare con destrezza e concentrazione massime: quindi, dopo aver adocchiato la trama oltremodo originale de L’annusatrice di libri, l’avvincente esordio in punta di penna della dolcissima Desy Icardi di cui vi parlerò tramite il presente Thr33 Words e un piccolo approfondimento a fine articolo, proseguendo così il Review Tour 2.0 in corso nell’ultimo periodo dedicato proprio al testo sopra citato, la pubblicazione a cura della casa editrice Fazi Editore ha indotto il mio subconscio, ben disposto a farsi comandare a bacchetta in simili frangenti, a riconoscere una lapalissiana e preponderante immedesimazione nei panni della sua giovane protagonista Adelina, una ragazzina determinata eppure insicura che, col naso infilato nei tesori incartapecoriti e sull’onda degli effluvi rilasciati dagli stessi, si identifica a sua volta nella routine degli avventurieri suoi predecessori, quasi indossandone le vesti ormai sdrucite, e si appropria del tesoro inestimabile di cui tutti dovrebbero davvero beneficiare, la magia fantasiosa delle opere a disposizione su scaffali in attesa di essere saccheggiati, unici rimedi attraverso cui poter ampliare la conoscenza della quale si è portatori sani e inconsapevoli, evitando però di smorzare la possibilità di sognare a occhi aperti e arridere alle utopie in caduta libera, tanti minuscoli scenari che, appena raggiunti e saggiati, non si vorrebbero più abbandonare.
Creazione a cura di Martina, admin del blog Never Stop Dreaming
Uno dei motivi per cui mi tuffo a capofitto nei libri e tendo a rimanere lì per una sostanziosa parentesi temporale non indifferente, tralasciando la considerazione dei doveri e delle incombenze reali che mi circondano notte e giorno in un abbraccio scomodo capace di stritolare e asfissiare per mezzo delle sue micidiali spire, qualora già non l’avessi menzionato nei miei precedenti interventi su La Nicchia Letteraria, una miriade di contributi disparati attraverso i quali non solo mi limito a discorrere del mio percorso di lettrice, magari lasciandomi un po’ andare sulle considerazioni personali di ovvia opinabilità da parte vostra, ma decido volutamente di aprirvi il cuore scoprendo la mia persona a poco a poco, quasi nutrissi l’aspirazione nel voler mostrare all’ancora sconosciuto cosa racchiudo nel mio intimo e trovare individui a me affini nella nostra reciproca complementarietà, è la necessità di evadere dal quotidiano e rifugiarmi nell’altrove limitrofo, un posto celestiale che, equipaggiato del talento di accogliere i naufraghi sballottati da una vita inclemente e crudele, percepisco alla stregua di un confortevole nido a cui so di appartenere per certo, quattro mura solide e impenetrabili entro le quali introdursi e uscire indisturbati a piacimento, ogni qualvolta si senta, perciò, l’urgenza impellente di farlo senza pentirsene subito il minuto dopo: in base a quanto il momento in atto esiga dal nostro spirito, una costrizione forzata a cui non si può reagire se non adoperandosi di conseguenza, una sorta di bisogno egemonico dettato dall’umore che le contingenze inducono a plasmare, l’avventuriero sarà convinto con poco ad abbandonare la sua nave per farsi cullare dal mare d’inchiostro, cavalloni in tempesta che animano i prodi guerrieri con suspense e colpi di scena, placidi flutti da calma piatta che suscitano elucubrazioni sugli argomenti più eterogenei, movimenti contrastanti che invitano all’amore e all’odio di pari passo con lo scorrere dei capitoli.
Evidenziando il presupposto tale per cui, prima di addentrarmici, non avevo preso alcuna coscienza di ciò che avrei trovato fra le sue righe in attesa del mio sguardo assennato, un’eclatante sorpresa che mi sono concessa per non guastarmi lo stupore dell’ignoto, quando ho cominciato la mia immersione ne L’annusatrice di libri, è bastato solo l’incipit di Desy Icardi per farmi capire che la sua creatura sarebbe stata di una memorabilità eccezionale perché, in quel lontano martedì dalle grigie tonalità rispecchianti una me abbacchiata e delusa, dimorava, con aggressività crescente, la mera occorrenza di un lancio senza paracadute nel buio letterario, evidente attitudine nell’incarnare un mostro sacro della contemporaneità in cui il linguaggio aulico impiegato dall’autrice contribuisce al rendere ulteriormente Spassoso il contenuto di per sé divertente del romanzo, una sequenza di eventi in cascata che, al pari di un raffinato quadro d’autore, propone l’interezza delle sfumature appartenenti ora al tragico ora al comico, pianti scroscianti e risate fragorose che vengono elargite al pubblico con un’eleganza e una semplicità fuori dal comune, doti innate di un Made in Italy che sa il fatto suo e non ha paura di dimostrarlo.
Qual è il potere speciale di un libro, il tal plico di semplici fogli che custodiscono come gemme preziose vocaboli pesati fin nei minimi dettagli narranti episodi routinari e atipici al contempo, molteplici tasselli di un puzzle chiamato vita che, rapendo gli astanti anche solo per una manciata di istanti fugaci, provoca la deflagrazione di emozioni smaliziate in grado, però, di meravigliare e sbigottire, come se, dopotutto, nessuno si fosse già calato nelle parti dello spettatore di analoghi sentimenti, pioggia a catinelle dove le umide stille bagnano ogni passeggiatore delle parole, bersagli in movimento che alcun ombrello non potrà davvero proteggere?
Che ci troviamo sulla metropolitana all’ora di punta, ammassati alla stregua di sardine sott’olio con un’inclinazione forzata all’abbraccio coatto di chicchessia nel nostro intorno personale e alla sopportazione dell’olezzo inconfondibile di esemplare non lavato, condizione sufficiente e necessaria per portarci alla vocazione di idiosincrasia nei riguardi del genere umano non coincidente con la nostra persona, che siamo seduti su una panchina ad aspettare un treno perennemente in ritardo, classica conclusione di una giornata stressante al lavoro o all’università capace, con evidenza assai lampante, di culminare nella sfortuna più colossale, tranquilli e docili nella palese accettazione del ritardo quasi fossimo consapevoli dell’avvenire a noi destinato e del boomerang di nome karma se non accettassimo silenti la situazione, che siamo accolti dal tepore avvolgente di una coperta ben conosciuta in pieno Inverno, al caldo di una stufa dove la legna, bruciando, lenisce il freddo delle nostre vene, a cavallo di un divano per il quale giorni migliori sono venuti nei tempi d’oro di un passato glorioso ormai tramontato, imbracciando magari una tazza di tè fumante dall’aspetto decisamente non sgradevole capace di rinvigorire anche un morto in decomposizione avanzata, la skill dominante di un’opera letteraria è la maestria nel saper trasportare in luoghi lontani, non tenendo conto né del come né del dove, distanze impossibili da coprire che diventano accessibili quasi fossero dietro l’angolo del vagone, della pensilina o della casa, innocua zona dalle minuscole dimensioni dove un’immensa esistenza pare palpitare come organo forte e vigoroso, un cuore scalpicciante che respira per conto proprio senza l’ausilio di altro.
Attraverso le peripezie rocambolesche di zia e nipote, un dinamico duo che, tramite una panoramica sensazionale di ieri e oggi, si distingue separato e si confonde nell’uno, sbagliando e imparando da errori già fatti quando la vita le ha costrette all’azione definitiva, Desy Icardi conduce il lettore in una serie infinita di avventure travolgenti, non permettendogli di prendersi alcuna pausa per fermarsi e riprendere fiato, perenne arrembaggio all’esistenza che i personaggi principali de L’annusatrice di libri compiono alla stregua di esperti bucanieri conoscitori delle acque marine, un mondo sempre da esplorare poiché, nella maggior parte delle occasioni, essere per davvero impone l’eterna ricerca dei forzieri nascosti, ricchezze celate dagli sguardi di chi non vuole tentare l’impossibile per ottenere il realizzabile.
Creazione a cura di Martina, admin del blog Never Stop Dreaming
Essere ridanciano e dilettevole implica per forza non possedere le qualità necessarie affinché, dalle conversazioni in atto, traspaiano fuor di dubbio intimi messaggi di seria sostanza, capaci quindi di indurre alla meditazione spassionata di un intelletto in perseverante attività da tenace full immersion?
Dall’alto della mia esperienza ancora da ampliare con i nuovi spunti che la vita avrà in serbo per la sottoscritta già da domani, mi è capitato spesso di dar voce a una freddura alquanto sciocca solo perché la vicissitudine a cui stavo partecipando mio malgrado richiedeva un intervento immediato e quasi divino per la salvezza di un amico in difficoltà, magari ferito da una qualche uscita infelice di poc’anzi o semplicemente provato, in maniera così inclemente da avvertirne la sottile limpidezza, dai giorni precedenti forieri di nefaste notizie da mal tollerare, e, portandomi, quindi, a identificare il suo estremo desiderio del silenzio tanto agognato, ho pensato bene di spostare l’attenzione su me stessa pur di evitare la ribalta al povero sciagurato della vita, come del resto già mi è successo, nel mio piccolo, di originare un qualche gesto inaspettato che, seppur esiguo e umile nella sua trasparente modestia, abbia portato con sé grandi e serene conseguenze, qualcosa per cui il ricevente della mossa accennata mi è eternamente grato ancora oggi in quanto il significato della mia coccola fattagli in un istante di cupa rassegnazione è stato così immenso da inglobare le brutture della realtà a cui in quell’attimo apparteneva e gli ha restituito la tregua persa con annesso l’usuale sorriso prima perso e poi restituito: questo è ciò che L’annusatrice di libri è stato per me, una carezza che ha blandito il mio animo in pena durante un excursus col contagocce in cui ho vissuto a stretto contatto con Adelina, Amalia e tutti gli altri figli di carta di Desy Icardi, un’ulteriore famiglia che ora, a seguito del capitolo 57, sento più mia di prima, un esiguo agglomerato di persone da cui ho tratto insegnamenti a non finire, tra cui la medicina new age ben simboleggiata dai libri e dalle storie ivi racchiuse, lenitivo naturale che può essere assunto straordinariamente anche in dosi molto più elevate del normale, la vera amicizia verso cui età ed estrazione sociale non sono in grado di impedirne la concretizzazione, legami duraturi ai quali né il tempo né lo spazio sapranno porre un fermo decisivo, e, infine, l’insegnamento importante che si può evincere dalle pagine di vita plasmanti il libro stesso, cardine fisso di una porta ben oliata sempre pronta a essere aperta sulla tangibilità del nostro mondo, spunti di riflessioni che toccano le profondità dei fondali e lì inseminano i germogli di enormi crescita e sviluppo morali, pensieri corrosivi che distruggono la sterile e inconcludente erba gramigna e abitano la terra ormai incolta con piante dalla vantaggiosa e utile conformazione, caparbio virgulto che di verde si veste e di verde riveste, maturazione cristallina che, tramite un’allegra narrazione e dei dialoghi spiritosi, sa centrare il punto focale, dimostrando quanto sia possibile dal niente creare il tutto.
Ve lo sareste mai immaginato da un solo libro? Provare per credere, signore e signori!
Si ringrazia la casa editrice Fazi Editore per la copia ricevuta in omaggio.
Scheda libro
Titolo: L’annusatrice di libri
Autrice: Desy Icardi
Casa editrice: Fazi Editore
Pagine: 407
Anno di pubblicazione: 2019
Genere: Narrativa
Costo versione ebook: 4.99 euro
Costo versione cartacea: 10.00 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
Sinossi: Torino, 1957. Adelina ha quattordici anni e vive con la zia Amalia, una ricca vedova, parsimoniosa fino all’eccesso, che le dedica distratte attenzioni. Tra i banchi di scuola, la ragazza viene trattata come lo zimbello della classe: alla sua età, infatti, non è in grado di ricordare le lezioni e ha difficoltà a leggere. Il reverendo Kelley, suo severo professore, decide allora di affiancarle nello studio la brillante compagna Luisella. Se Adelina comincerà ad andare meglio a scuola, però, non sarà merito dell’aiuto dell’amica ma di un dono straordinario di cui sembra essere dotata: la capacità di leggere con l’olfatto. Questo talento, che la ragazza sperimenta tra le pagine di polverosi volumi di biblioteca, rappresenta tuttavia anche una minaccia: il padre di Luisella, un affascinante notaio implicato in traffici non sempre chiari, tenterà di servirsi di lei per decifrare il celebre manoscritto Voynich, “il codice più misterioso al mondo”, scritto in una lingua incomprensibile e mai decifrato. Se l’avidità del notaio rischierà di mettere a repentaglio la vita di Adelina, l’esperienza vissuta le lascerà il piacere insaziabile per i libri e la lettura.
Passiamo adesso al mio approfondimento che, fin dall’inizio dell’attuale post, non vedevo l’ora di mostrarvi: questa volta, cosa mai avrà in serbo per voi la mia mente fucina insaziabile di idee a non finire?
Nell’odierno pomeriggio di inizio Marzo, mi occupo di intervistare la scrittrice torinese, cercando di porre il focus non solo sul suo esordio letterario, ma anche sulla sua persona, cinque domande immediate che spero meglio vi accompagnino a spasso con Adelina e sua zia Amalia.
Buongiorno, Desy! Prima di iniziare con il mio “interrogatorio” da poliziotta in erba, ti ringrazio tantissimo per essere qui a La Nicchia Letteraria e, in questa maniera, concedermi un po’ del tuo tempo per rispondere alle mie domande da lettrice ficcanaso, magari illuminando sia la sottoscritta sia i nostri followers su qualche curiosità riguardante L’annusatrice di libri, una storia, lo confesso, davvero originale la cui meraviglia intrinseca è riuscita a calamitare, fin dall’incipit, la mia totale attenzione.
Il primo quesito che ti pongo, quindi, verte intorno all’idea da cui Adelina e la sua avventura su carta e inchiostro sono attecchite, germogliate e cresciute, invadendo, una volta pubblicate, attraverso la tua prosa poetica, il mio spirito desideroso di ascoltare ciò che avevano da dirmi: qual è stato l’input da cui è scaturito tutto?
✒ Grazie a te e alle altre blogger, per aver dedicato tempo e passione alla mia annusatrice di libri. Nel momento in cui rispondo alle tue domande, ho letto i primi due articoli e ne sono entusiasta!
La lampadina dell’idea iniziale si è accesa sul tram: da parecchi anni leggo con l’e-book poiché mi permette di ingrandire i caratteri, cosa che torna molto utile a chi, come me, ha forti problemi di vista. Una mattina, sul tram, una lettrice “tradizionale” mi disse che non avrebbe mai abbandonato i volumi cartacei per non perdere il profumo dei libri. Io dentro di me pensai: “Il profumo dei libri è poetico, ma non posso leggere col naso!”
Così è nata l’idea di una storia la cui protagonista fosse in grado di leggere con l’olfatto: all’età di quattordici anni, Adelina perde misteriosamente la capacità di lettura ma, altrettanto inspiegabilmente, scopre di riuscire a farlo con l’olfatto.
Durante la lettura, si possono ben notare i riferimenti letterari che hai disseminato, alla stregua delle briciole di pane lasciate da Pollicino, nel tuo inizio da scrittrice con Fazi Editore, tanti indizi rivelatori che non solo evidenziano ancora di più la tematica principale del romanzo in sé, cioè l’amore per i nostri amici librosi, ma sanno anche denotare una tua certa conoscenza in merito ai grandi classici: qual è il tuo preferito in assoluto? Che odore vi assocerebbe Adelina?
✒ Se permetti, lascerò che sia proprio Adelina a rispondere, con un frammento del romanzo.
La ragazza iniziò a far scorrere l’indice sui dorsi dei volumi nella speranza che uno di essi le risultasse familiare; poi, d’un tratto, ecco di nuovo la fragranza salmastra che poco prima l’aveva investita. Possibile che quell’odore provenisse da un libro? Prese a ricercarne l’origine e, una volta individuata, estrasse il libro dal quale sembrava emanare il sentore, lo aprì e tuffò il naso tra le pagine; al fresco odore di fiume si aggiunse un effluvio tiepido, più tenue ma altrettanto liquido: lacrime! Una ragazza, sul lungofiume di una città lontana, versava lacrime di delusione. Adelina non aveva mai sospettato che la delusione potesse avere un odore, e invece eccolo lì, limpido e struggente. Poi una folata inebriante, dolce e acre insieme, si sprigionò all’apparire di un giovanotto dall’aria mesta e trasognata.
«Quello non è tra i libri che hai elencato», la risvegliò Luisella.
«Un intero attimo di beatitudine! È forse poco, anche se resta il solo in tutta la vita di un uomo?», rispose Adelina come sotto ipnosi.
«Hai letto Le notti bianche?», si stupì la compagna.
Adelina non l’aveva letto, eppure il profumo di quei fogli gliene aveva narrato la storia con infinita chiarezza: la solitudine del sognatore, l’amore poetico e inaspettato, e poi ancora la solitudine, perpetua e perfetta.
«Sì», mentì Adelina, «l’ho letto e mi è piaciuto molto».
Fabrizio Caramagna ha detto Quando finisci un libro e lo chiudi, dentro c’è una pagina in più. La tua., una profondità di significato che, se ci riflettiamo un pochino, viene dimostrata ampiamente dalla tua piccola protagonista, una ragazzina all’apparenza normale che, attraverso le sensazioni provate da chi ha letto i libri in suo possesso prima di lei, riesce a carpirne i segreti senza leggere le mere frasi stampate tra la loro risma desiderosa di esprimersi con immagini e lessemi agli occhi interiori delle menti smaniose di assimilare: secondo te, l’arricchimento elargito dal lettore al libro è il medesimo che il testo regala al suo pubblico?
✒ Ritengo che lo scrittore debba saper stare al proprio posto e non dare mai troppi dettagli; questo per consentire al lettore di “fare il suo lavoro”, ovvero completare la storia con l’immaginazione. Ho ricevuto molti complimenti – grazie! – per le accurate descrizioni di personaggi e ambientazioni, ma in realtà ho sempre cercato di fornire dettagli minimi, sui quali il lettore potesse lavorare di fantasia.
Il fatto che i lettori parlino di “accurate descrizioni” credo stia a significare che, almeno in parte, sono riuscita a concedergli il loro spazio di manovra.
Se chi trova un amico trova un tesoro, cosa ottiene chi trova un amico tramite lo zampino di un libro? Con il pensiero a Luisella e Adelina, secondo te, si possono concretizzare legami forti, sempiterni ancora oggi, che hanno visto la luce proprio attraverso la passione intramontabile ed eterna per i testi scritti?
✒ Purtroppo non ho mai vissuto un’amicizia come quella di Adelina e Luisella, basata sulle comuni letture. Tengo molto all’amicizia, ho una mezza dozzina di amiche senza le quali mi sentirei persa, e alcune di loro sono appassionate di lettura (un paio anche di scrittura), ma non abbiamo gli stessi gusti in fatto di libri. Tuttavia, al di là dei gusti letterari, l’amore per i libri in alcuni casi è stato un forte collante. Ho un’amica di nome Silvia, per esempio, con la quale, da almeno vent’anni, trascorro l’intero Salone del libro di Torino: prendiamo le ferie, e ci aggiriamo per cinque giorni tra libri e incontri letterari, per scoprire “che c’è di nuovo”.
Per chiudere in bellezza, anche se mi guadagnerò tutta la disapprovazione dell’avvocato Ferro secondo il quale, sappiamo piuttosto bene, la tale informazione dovrebbe rimanere taciuta alle orecchie indiscrete che non siano le nostre stesse, confessa: sei un’annusatrice?
✒ Sono un’annusatrice e una palpeggiatrice, i libri avrebbero titolo per sporgere denuncia e richiedere un’ordinanza restrittiva. Per le mie ricerche storiche, mi è capitato di fare ricerche su testi antichi, o vecchi quotidiani, e l’odore intenso, polveroso, e talvolta un pochino muschiato di quelle pagine ingiallite, mi mandava letteralmente ai matti.
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