A mali estremi, Estremi rimedi di nome e di fatto.
Ricordo, come se fosse oggi, il momento in cui intrapresi la lettura del suddetto capolavoro di Thomas Hardy, afosi istanti rubati a un agosto di fuoco che mi ha portata a conoscere una tremenda stasi sul fronte appassionato per il quale ho inaugurato il blog ben tre anni fa.
Uscire dal blocco non è stato semplice, visto che svariati titoli presi in considerazione per questa impresa d’altri tempi, fra cui evidenzio alcuni facenti parte del mio genere preferito, il romance, hanno forse peggiorato la situazione, forzandomi a una chiusura anche mentale di imperitura empasse da carta inchiostrata: nell’odierno articolo che principia le danze da Review Tour 2.0, vi parlerò, quindi, di un amico importante, l’unico che mi ha condotta per mano alla fine di un tunnel nero pece.

Creazione a cura di Sandy, admin del blog La Stamberga d’Inchiostro

Dopo tantissimi mesi durante i quali avrei voluto conoscere la penna magistrale di Thomas Hardy, un autore inglese che, nonostante parecchie conoscenze fidate mi avessero decantato magnifiche ed esorbitanti lodi nei suoi riguardi, non avevo avuto ancora l’occasione di affrontare saggiando quanto aveva da offrire la sua scrittura al mio appetito vorace di classici da ingurgitare, appena ho notato quest’uscita settembrina a cura di Fazi Editore, un’opera corposa su cui soffermarsi risulta obbligatorio considerando sia l’emblematica grafica signorile caratterizzante i tesori di carta e inchiostro della firma romana, sia il nome particolare di battesimo che stimola la curiosità di un occhio alla costante ricerca di nuove vittime da designare alla stregua di pasto luculliano, ho deciso di prendere la palla al balzo e tuffarsi di testa nella storia della giovane Citherea Graye.
Risultato? L’amore è sbocciato con facilità e io, da brava veneratrice delle sue parole stampate, ho comprato tutti gli altri romanzi dello scrittore che la poc’anzi menzionata casa editrice ha pubblicato gli anni scorsi: dite che devo farmi ricoverare o sono ancora in tempo per salvarmi?

Nonostante si è avvezzi a supporre che un classico occulti fra i lessemi adoperati una ragguardevole pesantezza di concetti indotta, spesso e volentieri, dall’intervento tempestivo di ostici arcaismi datati da una parte e messaggi basilari non troppo comprensibili dall’altra, l’opera prima di Thomas Hardy ha l’abilità straordinaria nell’appartenere a nessuna delle tipiche convenzioni di genere, mura troppo elevate che, però, sono state facilmente valicate da una penna inglese di enorme predisposizione destreggiante fra riflessioni di ogni tipologia possibile, tante scintille di pensiero che aiutano a far prorompere un mazzolino variegato di emozioni differenti capaci di scombussolare un animo interessato a una spericolata fuga dalla realtà: prendendo in considerazione la sostenibile onerosità nell’incamerare le 542 pagine del testo “minuto” in uscita oggi, è oltremodo istintivo concedersi la giusta tranquillità e l’altrettanta esatta frenesia nello spiluccare con dovizia Estremi rimedi, storia tangibile di gioie e dolori nelle quali sentirsi coinvolti indole e corpo per gli ovvi legami con il quotidiano di una vita intera.

Sottolineando, con una certa enfasi di tutto rispetto, che la mia valutazione a Estremi rimedi sia totalmente positiva a ennesima dimostrazione di quanto davvero mi mancasse affrontare un classico di ottima fattura in grado di farmi perdere, nella sua risma di antichi splendori, il mio orientamento precario da giovani marmotta congedata con disonore, nel mio arsenale di grande lettrice dall’occhio clinico non possiedo alcuna evidenziazione circa gli ipotetici aspetti negativi del romanzo d’esordio di Thomas Hardy, ma mi sento comunque in dovere di avvisare i futuri viandanti delle sue pagine in merito a due elementi che potrebbero non essere apprezzati dalla loro soggettività intrinseca: in primis, a causa del genere letterario a cui appartiene l’opera dello scrittore inglese, è immediato dedurre la presenza di un linguaggio di altri tempi che potrebbe rivelarsi difficile per chi preferisce la contemporaneità; dall’altra parte, abbiamo la notevole ampiezza del romanzo, un mastodontico ostacolo sia per coloro che privilegiano testi più brevi sia per coloro che, di fronte al “mattone”, scelgono la totale astensione.

Sperando sia una caratteristica comune a tutti i lavori di Thomas Hardy, immensa peculiarità che non vedo l’ora di conoscere attraverso le sue opere ancora ignote al mio spirito radicalmente desideroso di esistenza vissuta in epoche lontane d’oro passato eppure presente, fra le componenti intriganti che si potrebbero annoverare come ottimi sproni per divorare Estremi rimedi, evidenzio, per certo, lo stile distintivo del medesimo scrittore, un amalgama omogeneo dove fantasia e realtà riescono a condividere le pagine senza voler padroneggiare l’una sull’altra, una modalità assai difficoltosa da rendere che, assieme a una delle tematiche principali del romanzo, l’amore diluito in tutte le sue sfumature, dalla più dolce alla più passionale, sprigiona la sua vigorosa energia richiamando l’insegnamento alla base della mera finzione espressa su carta, un cardine ben oliato grazie al quale la porta girevole di Cytherea e compagni prende vita, dando origine a un reticolo di numerose vicissitudini dai saldi tasselli incastrati che, alla pari di una stoffa molto pregiata, avvinghia a sé qualsiasi sguardo osservante, persino il meno avvezzo all’edonismo dell’alta moda.

Confessando di essere stata titubante fino all’ultimo nel voler associare, a tutti i costi, un brano musicale alla storia travagliata della giovane Graye, manovra forse azzardata se si tiene a mente che nella data di oggi stiamo comunque parlando di un libro decisamente non contemporaneo e, quindi, di difficile connessione a una qualsiasi delle melodie odierne, estraendo dal mio cilindro, ancora una volta, l’aiuto considerevole di Jackdaw nell’ambito pentagrammato con note a seguito, insieme abbiamo concordato sull’ovvio legame fra la creatura di Thomas Hardy e Wicked Game nella versione a cura di Ursine Vulpine featuring Annaca: riflettendo, prima, su quanto il padre dei sentimenti sia uno dei perni centrali delle vicende narrate e convogliando, poi, la mia attenzione premurosa su uno dei personaggi maschili implicati, ho creduto fattibile collegare il suo vissuto inchiostrato a una canzone nella quale si riesce a respirare la grande sofferenza a cui, a volte, l’amore costringe il genere umano, individui semplici eppure complessi che, perdendo il lume della ragione, stringerebbero persino un patto col diavolo pur di ottenere l’oggetto dei loro desideri.

Your world was on fire and no one could save me but you
It’s strange what desire make foolish people do
I never dreamed that I meet somebody like you
And I never dreamed that I lose somebody like you

What a wicked game to play
To make me feel this way
What a wicked thing to do
To let me dream on you

 

 

Si ringrazia la casa editrice Fazi Editore per la copia ricevuta in omaggio.

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Estremi rimedi
Autore: Thomas Hardy
Casa editrice: Fazi Editore
Pagine: 542
Anno di pubblicazione: 2019
Genere: Classici
Costo versione ebook: 9.99 euro
Costo versione cartacea: 18.00 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
Sinossi: Estremi rimedi è il romanzo d’esordio di Thomas Hardy, in cui già si dispiegano tutti gli elementi che faranno la fortuna del suo autore: l’ispirazione gotica, un intreccio impeccabile, la magistrale caratterizzazione dei personaggi.
Protagonista di questa storia è la giovane Cytherea Graye: rimasta orfana, la ragazza decide di trasferirsi con il fratello Owen in un’altra città, per trovare una casa e un lavoro e ripartire da zero. Qui, i due conoscono Edward Springrove, un collega di Owen, di cui Cytherea si innamora. Dopo vari tentativi andati a vuoto, la ricerca di un lavoro va a buon fine, e la protagonista viene assunta come dama di compagnia presso una ricca signora, Miss Adclyffe, il cui passato, si scoprirà poi, è legato romanticamente a quello della famiglia Graye. Tra le due donne si stabilisce un rapporto a metà strada fra l’affetto, la protezione, la devozione e la gratitudine reciproca. Proprio durante il soggiorno in casa della signora, Cytherea viene a sapere che non lontano da lì vive la famiglia del suo amato Edward, che però è già promesso a un’altra donna. Delusa e sconcertata, la protagonista decide di dimenticarlo: è a questo punto che entra in scena Manston, personaggio misterioso inspiegabilmente protetto e spalleggiato da Miss Adclyffe, il quale intraprende nei confronti della ragazza un lungo e bizzarro corteggiamento.

L’intreccio narrativo, finora concentrato sul ritratto dei personaggi, si fa da qui in poi vivace e ricco di colpi di scena: incendi, fughe nella notte, inganni, suspense, persino un omicidio, fino alla conclusione, degna della migliore tradizione dei “sensation novels”, cui Hardy si ispirò per costruire questo suo primo romanzo, affermandosi subito come una delle voci più brillanti della narrativa inglese.

 

Creazione a cura di Sandy, admin del blog La Stamberga d’Inchiostro

 

Come annunciato nel delicato calendario realizzato ad hoc, a seguito della recensione sui generis che vi ho proposto oggi, su La Nicchia Letteraria ci focalizziamo ora sull’approfondimento del Review Tour 2.0, ampio respiro sulla parentesi stilistica adottata da Thomas Hardy nel libro qui menzionato.
La domanda di partenza che emerge dalle acque profonde della razionalità è: si può davvero estrapolare le contingenze routinarie per intrappolarle nei meandri di un libro, cercando di trarne l’ispirazione sufficiente a generare la medesima scena vergata su carta?

Una delle cose più difficili da descrivere a voce e per scritto è la caratteristica mescolanza di stati d’animo espressi dal viso di una donna quando, dopo essere stata diligentemente impegnata a determinare la posizione di una persona, tutto a un tratto la sospetta di avere esautorato la sua.

Per riuscire a concretizzare davvero una semplice idea elevandola a pura arte meravigliosa, l’autore britannico, che ho saputo conoscere tramite righe di brillante poesia lirica, attinge a minute ponderazioni di un cuore errante sull’epidermide del proprio universo affinché le spiegazioni dei tormenti sentimentali alberganti i suoi figli di carta guadagnino la corretta tangibilità in grado di offrir loro l’equanime parvenza di vero uomo e vera donna, non più informe e grezzo simulacro di un’effettiva consistenza a metà, ma civile solidità di un’era perduta e così ricordata.

Le donne che sono abbastanza perfide da diventare nemiche per la predilezione di un uomo sono abbastanza generose per fare istintivamente fronte comune contro i suoi attacchi.

Le emozioni descritte, rese già leggiadre da un’armonia di vocaboli e pause concatenati quali rime baciate di un’ode gloriosa agli affetti incontaminati, assumono la forma rispettabile che compete loro di diritto, venendo associate alle loro esemplificazioni combacianti fatte di palesi verità sotto mentite spoglie, pennellate impercettibili eppure considerevoli che ripropongono lo stesso via vai a cui i lettori assistono al di fuori della carta stampata, trasposizione non cinematografica di ciò che siamo e possiamo essere, senza edulcorazioni né accrescitivi, fotocopie di noi che di Cytherea non abbiamo solo il nome.