Dopo una settimana a dir poco sfibrante, sia a livello mentale poiché l’esaurimento di nervi da stress d’esami mi ha tenuta col fiato sospeso ben oltre i confini di solito legalmente consentitigli, sia dal punto di vista fisico a causa dell’assidua e tenace routine che mi ero imposta come conseguenza lapalissiana delle scadenze universitarie, sebbene il desiderio di librarmi elegante tra le pagine svolazzanti di un libro non rientrasse nei miei primari bisogni del momento proprio perché l’umore non era dei migliori e raschiava a malapena il fondo del più abissale dei barili, ringraziando sempre e solo Susy de I miei magici mondi che, con irriducibile fermezza, mi ha invitata ancora a partecipare a un evento organizzato dalla sua anima decisamente stratega, mi sono immersa, in maniera totale, nella copia digitale, di gentile concessione della casa editrice DeA Planeta, del nuovo libro di Katie McGarry, Ogni nostro segreto. L’amore è un gioco pericoloso, il secondo young adult di questa scrittrice che non ho potuto fare a meno di amare, un’ulteriore piccola testimonianza dell’infinita bravura di questa piuma d’inchiostro, minuta perla letteraria che non vedo l’ora di celebrare, a modo mio, nel presente Review Party.

La parola “paura” nel vocabolario di Abby sembra non comparire. Eccentrica diciassettenne tutta d’un pezzo, la migliore amica di Rachel possiede uno spirito libero da fare invidia agli indomabili mustang delle praterie canadesi: qualsiasi idea le frulli nel cervello iperattivo, che essa possa considerarsi folle o alla portata di ogni individuo circolante il mondo, qualsiasi chiodo fisso decida di affiggersi nella sua parete mentale con una morbosa insistenza da poter addurre a un evidente disturbo psichiatrico, la ragazza non si esime dal manifestare le sue intenzioni, dando loro voce attraverso l’uso delle mere parole o definendone la forma tramite attuazioni inequivocabili, a seconda dell’occasione richiedente le une o le altre.
Pare, quindi, che la protagonista del nuovo libro di Katie McGarry sia la classica persona capace di sopravvivere senza l’aiuto di niente e di nessuno, usando la propria dialettica, assieme alle movenze del suo corpo perfetto, a vantaggio di sé, deterrenti specifici verso l’altrui presenza, spinta a credere a tutto ciò che lei vuole lasciar trapelare. Tuttavia, la verità non è mai così semplice: lo capisce lei, lo capisce il lettore e non può non capirlo Logan, uno spirito affine alla ragazza poiché, non solo riesce a intuire qualcosa oltre la coltre di nubi in cui Abby, consapevole, si è racchiusa a tutela dei suoi segreti, ma è in grado anche di comprendere l’importanza delle azioni e degli effetti delle stesse a opera della giovane, cause e conseguenze che potrebbero esserle distruttive oltre ogni immaginazione. Dopotutto la vita non è un gioco e come tale non deve essere trattata.

Cosa siamo disposti a fare pur di proteggere le persone che amiamo? L’esistenza può porre di fronte al nostro sguardo speranzoso verso il futuro ostacoli incredibili da superare che, a mano a mano ci avviciniamo alla linea dell’orizzonte, potrebbero assumere un’immagine mai vista prima, lesione visiva di quelle aspettative nutrite per il domani che, come tanti piccoli castelli di carte, al minimo soffio rischiano di crollare al suolo da un momento all’altro, rovinosa attrazione per i cuori infranti del pubblico, spezzati dall’evidenza dei fatti, incrinati per il tetro scenario alternativo sorto al loro posto: inizia, quindi, un calvario la cui ascesa si rivela, col tempo, un erto cammino lungo il quale, perennemente, dobbiamo destreggiarci in nome della sopravvivenza, un moto continuo che può indurre anche il più puro degli spiriti a macchiarsi di colpe non nominabili, una moltitudine di crimini che, sommandosi l’uno all’altro e, così, formando da zero una catena inossidabile di spessi anelli da matrimonio fallito, cominciano a infangare l’anima ricettiva, scrigno di emozioni che, lordandosi in maniera graduale e perpetua, consuma la sua vivacità intrinseca, quella miriade di sentimenti palpitanti in grado di risvegliare la morte alla vita, un paradosso che trova l’opportunità in essere proprio nell’istante di iniziale distruzione, incipit di una storia che non vorremmo scrivere, ma che siamo costretti a inaugurare, resa universale sotto forma di prologo capace di zittire i rimpianti, convivendoci, e annullare i rimorsi, dimenticandoli, poiché spinti dagli unici motivi plausibili per cui tutte le vicissitudini attuate trovano la corretta occupazione nel puzzle, un quadro di tasselli dove ognuno ha il suo angolo e ogni angolo ha il suo uno.

L’identità aggiudicatasi il podio è, per certo, la famiglia, quattro mura d’origine dalle quali tutto scaturisce e tutto è ricavato, alfa e omega di uno stesso alfabeto dove la partenza e l’arrivo coincidono perfettamente, entrata e uscita delimitanti un luogo a sé stante in cui, consapevoli o meno della tempesta infuriante all’esterno, circola nell’atmosfera vigente una labile impressione di pace mai saggiata in precedenza, un frutto maturo che, appena colto, si gusta lentamente e, morso dopo morso, sollecitando ogni volta, in modo quasi disumano, le papille gustative in fibrillazione, usi all’abitudine ormai radicata nel profondo, non si vuole abbandonare, tesoro raggiunto con fatica e dedizione la cui rinuncia non deve, in assoluto, essere contemplata: la separazione della scialuppa di salvataggio, infatti, identifica lo scoglio per antonomasia poiché, consci del perspicuo eppure nascosto incanto di quel nido nel quale mettersi al riparo dal mondo non è mai stato sinonimo di debolezza, al corrente dell’accoglienza che i caldi abbracci del rifugio soprastante dimostrano a ogni loro manifestazione tangibile, gemme rare e preziose che sentiamo nell’intimo di dover tutelare a ogni costo, fissati con l’obiettivo di totale cura nei suoi confronti, non riusciamo a nutrire il coraggio sufficiente per desistere e cambiare rotta, direzione imboccata all’epoca grazie a un fato che non è parco nell’elargire benevolenze, qualora volesse concederne, strada lastricata che necessita dell’assidua manutenzione per poterla conservare intatta in quella forma amata in grado di scuotere le nostre fondamenta, una prova capace di dimostrare che l’ardimento di un leone può celarsi ovunque, anche e soprattutto negli esseri meno inclini a esso, paffuti coniglietti che, temerari, esternano, nelle occasioni speciali, gli intrepidi sentimenti di una fiera in procinto di attaccare senza rimorso alcuno.

Valanghe di responsabilità paiono sommergerci in un’apnea di stenti, conferendoci una qualche investitura dantesca dove incarniamo sia la guida sia il turista, due facce della stessa medaglia che, caricate di onerosa zavorra, pesano su piccole spalle fattesi ampie, notevole bagaglio di cui gli eventi susseguitisi a ventaglio ci hanno investito, un troppo che guasta, un plus ultra che stona, un’addizione che induce a una ragguardevole differenza: sebbene la loro natura esuli dalle nostre capacità primarie, sottrarsi dalla limpidezza del ruolo da noi giocato nello schema esistenziale non esprime al meglio lo spirito combattivo che alberga nel nostro cuore, una fiamma inestinguibile che, sempiterna nella sua essenza di base e serbata come reliquia ancestrale, brucia una volta e la successiva, ricorrente iter in cui cerchiamo di adempiere allo scopo con tutte le forze di cui disponiamo, un evitare il getto della spugna nei momenti di maggiore sconforto, non tirandoci indietro qualora ne percepiamo il bisogno per salvaguardare ciò che è rimasto di noi, resto che si assottiglia e, poi, se ne va. Quando la causa delle nostre azioni conseguenti risulta essere nobile e, perciò, valente di pena, l’energia scaturisce con vigore ritrovato, pila esausta che recupera immantinente le riserve, fase particolare di defaticamento che induce le complicazioni a impallidire davanti a una tale esplosione di epica gagliardia, un tuffo di testa a occhi chiusi che potrebbe introdurci in un baratro dal quale fuggire non rientra nelle possibili opzioni tra cui scegliere, alternativa che non fa parte della rosa dispiegata alla vita, spina nel fianco figlia di un osare per il quale via d’uscita non esiste.

Nella presenza assente di fiducia nel prossimo, fatidico è il mantenimento di un certo livello di riserbo nei confronti del patrimonio difeso con unghie e denti, imperfezione di fabbrica ereditata dalle vicissitudini dell’esistenza che si accompagna a braccetto con una buona dose di accettabile chimera nel restare spasmodicamente soli insieme ai nostri demoni, fantasmi maligni che, alla prima occasione, saltano alla gola e ne trafugano il sangue ad ampie sorsate, sete infinita che non desisterà di fronte a muri insormontabili creati ad hoc per contrastarne la violenza dirompente: a quel punto, gli sguardi indiscreti dell’esterno si velano di nebbia, cortina fumogena capace di nascondere l’artificio tramato nelle segrete della nostra roccaforte, coltre ispessita dall’utilizzo consapevole delle bugie elargite come discorso da maestro di oratoria, stille di menzognera realtà per le quali, ingannando, stiamo vendendo noi stessi, un mercato all’ingrosso in cui beneficiare vale un prezzo troppo salato da estinguere, lacrime di falsa ipocrisia che zampillano sangue dal cuore, denso piagnisteo rossastro in grado di incidere con precisione chirurgica l’anima malandata dalle situazioni in atto, riflesso di vita che si trasmette pure alle persone a cui teniamo di più, piccole gocce del mare votate all’intuizione preventiva e forse alla comprensione di fine, pioggia battente che, ritardataria, potrebbe comunque fallire nel suo intento di rinascita.

Tuttavia, la speranza non va ricusata alla prima opportunità in cui nutrirla sembra assai deleterio: benché magari la circostanza presa in esame non meriti, da parte nostra, alcuna passione nell’ottemperarla, sebbene le malelingue non riescano ad acquietarsi, neppure per un istante, cercando di riflettere prima e aprire bocca al giudizio poi, nonostante l’universo paia confermare strenuamente il difetto logico della facciata, non dobbiamo sostare ai margini della scorza, un involucro che non ha la possibilità di spiegare ed essere spiegato, decidendo, invece, di inoltrarci nella selva oscura ai limiti della superficialità, un’immersione esplorativa per saggiare al di là dello scibile, nuova conoscenza che si aggiunge alla precedente per aiutare la conquista della valutazione oggettiva, studio approfondito che non teme influenze dell’altrui pensiero, analisi che corrobora l’ipotesi della seconda chance, occorrenza che, agli esordi presa soltanto di striscio, si ripresenta di nuovo a testimonianza del fatto che tutti ne abbisognano, segno che è davvero tempo di smettere il gioco e vivere realmente, immaturo desiderio di leggerezza nei riguardi di un gravoso presente che necessita, come non mai, l’affronto e la risoluzione, qui e non da un’altra parte, adesso e non poi.

La fiducia è la chiave essenziale per aprire l’uscio affacciato su un domani migliore, futuro in avvicinamento che, a conti fatti, ora, non fa più paura: che essa scaturisca dal rispetto e dalla lealtà riscontrati negli anni pregressi o che emerga da sentimenti autentici di amore e affetto totalizzanti, la stima reciproca nutre sempre forti possibilità di cader preda delle sconfitte, danni molto spesso permanenti che impongono la propria presenza anche nei periodi in cui la quiete incondizionata è auspicabile, sevizie soprattutto emotive che minano l’apertura al diverso, qualcuno per cui, non essendo combaciante con noi stessi, dobbiamo coltivare il beneficio del dubbio, un passo importante se si considerano gli inciampi con i quali ci siamo scontrati ripetutamente, azzardi del mestiere indispensabili qualora volessimo attestare la spavalderia del nostro carattere, minuscola e gigantesca peculiarità da sfoggiare insieme ad alleati esperti che illustrano la forza dell’unione, compagni di battaglia che ci insegneranno a riporre l’orgoglio in un cassetto dimenticato, consegnandoci volontariamente in quella manna dal cielo, salvagente di cui non vergognarsi mai poiché nessuno lì ci stimerà adottando metri di giudizio superficiali, concentrandosi su trattamenti di (s)favore che potrebbero ferire il nostro essere, bene incondizionato che scombina i piani escogitati a tavolino e riorganizza in modo tale da prepararci alle scelte del tragitto e della compagnia nel viaggio, novità temeraria che ci aiuterà a comprendere l’insalubrità della solitudine.

Ciò non significa che siamo completamente dispensati dalla paura dell’ignoto. Infatti, negli attimi più tenebrosi durante i quali viene data l’impressione del ripetersi di frangenti appartenenti al passato, la consapevolezza dell’ipotetico e molto plausibile fallimento svolazza indisturbata nell’etere stagnante, una cappa di fumo che, inquinata, soffoca, togliendo l’aria doverosa per respirare a pieni polmoni. La verità invisibile agli occhi, però, è che non siamo più eremiti della vita, avventurieri errabondi che passeggiano da soli sui litorali dell’universo, ai margini del mondo e del suo cipiglio indagatore: la chiarissima appartenenza a una famiglia allargata sui generis dona l’eccezione confermante la regola, incantesimo seduttivo che occulta il naufragio anzitempo conclamato, una preminente rivoluzione che non solo arrischia nel confermarci interventi tangibili in caso di bisogno, ma anche sostiene il pentimento dilazionato, una forma mentis verso cui spingersi unicamente all’istante che trasmette idoneità da ogni poro, perno che rimedia e riconquista, fulcro per cui non esiste pericolo alcuno. Poiché siamo insieme ed è questo ciò che conta davvero.

Ogni nostro segreto. L’amore è un gioco pericoloso di Katie McGarry è una storia incalzante che trascina tra le spire delle sue pagine, mulinello d’inchiostro che attrae il lettore nell’oblio di parole, lessemi in fuga di cui gli astanti, con ogni mezzo a loro disposizione, cercano invano di impadronirsi, furto di vita stampata che, magnetica, rapisce fino allo stordimento: il dinamismo della narrazione concede a chi termina un capitolo dopo l’altro una corsa sfrenata per scoprire i risvolti celati nei paragrafi dell’autrice, indizi centellinati che, espressi goccia a goccia, acuiscono la curiosità dell’esattezza, esca prelibata se si vuole trarre all’amo l’attenzione maniacale nella frenesia del sapere. Il linguaggio immediato e di facile comprensione collabora a una più celere assimilazione delle vicende, quasi fossero scritte sulla pelle del collettivo e non sulla carta del libro stesso, espediente bene accetto per una caratterizzazione più riuscita delle voci di Abby e Logan, due giovani ragazzi che dimostrano un’anticipata maturità senza perdere un grammo dell’infantile esuberanza attesa. Sebbene non sia stato affatto difficile scovare, con il mio occhio clinico, errori di battitura, rare presenze fortunatamente altalenanti, e sbagli nella resa della traduzione, forse troppo letterale in alcuni punti, nonostante sia risultato evidente la necessità di recuperare i precedenti volumi della serie poiché i personaggi secondari nel presente young adult, autoconclusivo rispetto i suoi predecessori, sono stati già sviluppati, come si deve, in separata sede non concernente l’attuale, questa lettura è riuscita a telesportarmi ancora una volta nella realtà non edulcorata di Katie McGarry, brutalità e spietatezza che urtano meravigliosamente l’uscita di emergenza a bordo strada, rosea previsione di un minaccioso mondo in decomposizione.

 

 

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Ogni nostro segreto. L’amore è un gioco pericoloso
Serie: Oltre i limiti #5
Autrice: Katie McGarry
Casa editrice: DeA Planeta Libri
Pagine: 418
Anno di pubblicazione: 2018
Traduttrice: Alessia Fortunato
Genere: Young Adult, Romance
Costo versione cartacea: 14.90 euro
Costo versione ebook: 6.99 euro
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