Nel momento durante il quale sulla linea dell’orizzonte si riscontra la fine di gennaio in avvicinamento talmente pericoloso da riuscire nell’impresa di congestionare persino lo spirito più ardente, limite ultimo di un mese la cui bellezza è riconosciuta solo dagli amanti dell’inverno dove la sottoscritta pernotta con la tessera fedeltà dall’origine dei tempi, l’umanità distintiva che, ogni volta possibile, come il suo stesso nome suggerisce, contraddistinguerebbe -sì, in questo periodo, purtroppo, di fronte a determinati eventi davvero impossibili a cui credere, mi sto convincendo che il condizionale, in una simile frase, è d’obbligo- la specie a cui apparteniamo emerge quasi per magia dall’oblio del proprio dimenticatoio per investire il circondario del sé con un’unica missione suicida dell’ignoranza e del menefreghismo, fondamentale incombenza che almeno la maggior parte di noi, giusto per conservare una nota positiva alla base della mentalità aperta e del ragionamento logico che la globalità dovrebbe identificare nelle vesti di parti integranti del proprio curriculum vitae -sapete come sono fatta: sebbene sia cinica e pessimista, anche nel mio caso la speranza è l’ultima a morire-, si sente di assolvere nel profondo, ricordare tutte le vittime dell’Olocausto prima durante e dopo.
Malgrado, dall’alto del mio umilissimo piedistallo disposto a rasoterra considerando gli altri basamenti degni di questo nome, pensi che la miglior azione da effettuarsi sia simboleggiata dalla costante riflessione inerente la suddetta parentesi nel mentre della tanto affascinante quanto repellente Seconda Guerra Mondiale, pensieri ed elucubrazioni che non cessano di esistere solo perché, dopo il suo manifesto albeggiare, tramontando venuta la sua ora il primo 27 di ogni anno si esaurisce in una sordina troppo evidente, con un principio di tremore diffuso perché, porca miseria, non so come la potreste prendere, vi devo confessare uno dei miei peccati capitali: se non ricordo male -il che è tutto dire poiché già ho dimenticato cosa ho fatto stamattina prima di pubblicare l’attuale recensione-, nel corso della mia esistenza ho affrontato una lettura forever alone concernente la pazzia omicida del Führer e dei suoi scagnozzi -avete mai sentito nominare Quando Hitler rubò il coniglio rosa di Judith Kerr? Ecco, lo custodisco ancora gelosamente nel mio cuore, lo ammetto!- in quanto, forse, visionare nero su bianco gli accadimenti succeduti durante l’epoca maledetta di cui sopra tributa loro l’ovvio significato reale che hanno di fisso.
Quindi, accettando l’invito di Susy de I miei magici mondi a partecipare all’evento di Review Party dedicato al libro di Bernice Rubens in uscita domani per Astoria Edizioni, L’eredità di Jakob Bindel, ho voluto dare uno schiaffo sonoro alla mia terribile mancanza con un certo stile che non può passare inosservato. Chi l’avrebbe mai detto che non solo questa tragica avventura mi sarebbe piaciuta tantissimo ma che mi sarei ritrovata anche a consigliarla con un nuovo appuntamento della rubrica di consigli letterari, Ambarabà?
Creazione a cura di Susy, admin del blog I miei magici mondi
Alla ricerca di un libro per ricordare non solo un giorno all’anno
Forte curiosità per le discriminazioni religiose, in un senso e nell’altro
Voglia sconvolgente di fare un tuffo ad angelo nel passato che unisce
Grande bisogno di una storia da assaporare lentamente, senza distrarsi
Immane desiderio di trovare personaggi simili eppure diversi che fanno riflettere
Si ringrazia la casa editrice Astoria Edizioni per la copia ricevuta in omaggio.
#prodottofornitoda #copiaomaggio
Nonostante sia una di quelle avventure inchiostrate per cui è essenziale prendersi del tempo utile affinché si conquisti la possibilità di recepire quanto l’opera di Bernice Rubens ha da offrire a chi, nel nugolo di homo sapiens consapevolmente prigionieri della ars legendi, vuole mettersi davvero all’ascolto di riflessioni importanti e, a volte, troppe, quasi proibitive, L’eredità di Jakob Bindel rappresenta la natura solenne di ogni vita su questo pianeta, messaggio attualissimo che, di generazione in generazione, di buffetto in buffetto, di sguardo in sguardo, fluisce come torrente in piena da un cuore ormai sulla linea del tramonto a un precordio ancora ignaro nel fiore degli anni, panoramica diversa del medesimo evento che, grazie allo stile coinvolgente della sua autrice, tatuaggio a fuoco di una penna usualmente votata alla drammaticità più lancinante, lega a sé, con un cappio al collo, l’uditorio in attesa del perspicuo a venire, generando una forte immedesimazione nei riguardi di quegli uomini e quelle donne che si incontrano nello sfogliare diuturno delle pagine, carta vergata di sconquassi annunciati con cui il potere della china rivela l’oscuro malvagio, prevaricatore dell’altrui identità, eversore di spiriti liberi, dominatore di esistenze non sue, nemesi mortale che, sebbene si mostri invulnerabile, si può tentare di annientare, sopravvivendole fino a domani.
Scheda libro
Titolo: L’eredità di Jakob Bindel
Autrice: Bernice Rubens
Casa editrice: Astoria Edizioni
Pagine: 672
Anno di pubblicazione: 2020
Genere: Narrativa ebraica storica
Costo versione ebook: 11.99 euro
Costo versione cartacea: 22.00 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
Trama: “Dovete sopravvivere, figli miei. Amatevi l’un l’altro come avete sempre fatto e proteggetevi a vicenda. Ricordatevi di tutti noi e di tutto l’amore che ci unisce. Vi darà forza.” Il monito di Jakob, patriarca della famiglia Bindel, è il filo rosso che percorre la narrazione di questa monumentale saga, che segue la vita di sei generazioni di Bindel in un mondo ostile. La famiglia è unita da legami indissolubili di amore e lealtà, legami che sopravvivono alla coscrizione ventennale nell’esercito zarista degli anni trenta dell’Ottocento, al pogrom di Odessa del 1871, all’emigrazione nelle valli del Galles e in Germania, ai campi di concentramento nazisti e ai gulag sovietici.
Una promessa lega i fratelli Bindel, generazione dopo generazione: salvare la stirpe, resistere alla cattiveria degli uomini e della Storia. Un racconto di persecuzioni e intolleranza, ma anche una testimonianza della resilienza umana e della forza dei legami familiari.
“Tutto ciò che accade in una famiglia, accade in misura molto più forte in una famiglia ebraica”, sosteneva Rubens, dandone una prova narrativa con questo romanzo potente, capace di commuovere, ma anche consolare.
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