Nonostante abbia riscontrato una crescita esponenziale della pigrizia che solitamente fa capolino una tantum nelle mie carni stanche dal giorno della loro messa su questo pianeta -inutile dire una bugia perché l’avrò ripetuto in almeno un centinaio di articoli, da sempre sono una persona alquanto svogliata se si tratta di fare una qualsiasi attività, a partire dagli ovvi doveri per arrivare agli inaspettati piaceri: secondo voi, quando è bene che inizi a preoccuparmi sul serio? Ammetto che ora come ora, proprio “grazie” al lavoro, avendo meno tempo da usare per me stessa e più impegni da espletare per il boss, tutto ha assunto un valore diverso nella mia vita e, quindi, di conseguenza, mi sto adeguando, ma sedersi sugli allori in questa maniera non è da me!-, durante il mio periodo sabbatico dalla scrittura creativa -sto ammorbando chiunque con la situazione attuale che attanaglia il mio cuore molto triste e altrettanto depresso, considerando che non riesce a fronteggiare la tormenta in cui è finito per una ragione ancora sconosciuta: perciò, ho deciso di prendermi una pausa, recensendo e leggendo per occupare le ore libere dalle mansioni presenti nella To Do List giornaliera! Funzionerà? Non funzionerà? Non ne ho idea, ma la speranza è l’ultima a morire: giusto?-, in occasione dell’appuntamento mensile con la rubrica Questa volta leggo creata dal trio Chiara –La lettrice sulle nuvole-, Dolci –Le mie ossessioni librose– e Mariarosaria –Librintavola-, per rispondere al tema Neve -difatti, all’interno del piccolo bijoux protagonista del sottostante nuovo Thr33 Words sono esibite, in una meritata pompa magna, delle stupende illustrazioni ove la suddetta manifestazione atmosferica è rappresentata con la globalità degli onori esistenti-, ho affrontato prima -e, ovviamente, scritto la mia a riguardo poi- Canto di Natale di Charles Dickens, un classico evergreen che ancora mancava all’appello delle mie librerie fisica e mentale: a parte rassicurarvi di essermi pentita in toto per aver aspettato il 2021 affinché i miei occhi voraci delle pagine inchiostrate si beassero di questa perfetta semplicità su carta, tenendo conto di essere cresciuta a pane e cartoni animati Disney, la mia me bambina ha apprezzato tantissimo, sebbene abbia trovato qualche leggera nota stonata che vi sarà chiarissima a fine review

Creazione a cura di Dolci del blog Le mie ossessioni librose

Qualora vi chiedessi di esplorare minuziosamente le profondità della vostra anima incartapecorita, un luogo nascosto agli estranei della nobile ars legendi che, degno del mastodontico bagaglio culturale di cui si erge a giustiziere mascherato per rendersi, a volte, tante e troppe, paladino della cause perse, custodisce nel suo fulcro portante la bellezza derivante dall’affrontare un qualsiasi viaggio all’insegna di peripezie scritte capaci nell’emozionare prima e nel coinvolgere poi meglio e più della vita stessa, se doveste decidere il vostro punto debole per eccellenza, l’unico per il quale non vi importerebbe dei cookies offerti da Darth Vader perché voi al darkside andreste senza incentivi zuccherini di sorta, un tallone d’Achille che, malgrado non venga celato dalla vostra persona in quanto, a conti fatti, non avete davvero nulla di cui vergognarvi, bramereste comunque non emergesse dalle acque oscure dei peccati capitali per i quali la probabilità di finire all’Inferno dei lettori è tendente pericolosamente all’uno, dove punterebbe il mirino del vostro cecchino interiore, l’occhio di lince che ognuno di noi affina nel corso del tempo a fronte dei nuovi amici di pagine vergate incontrati per caso e amati per scelta?
Mentre vi ricordo di non dimenticare affatto che la sincerità paga sempre e molto più di quanto si possa credere, parlando per me che di difetti ne ho così tanti da far impallidire qualsiasi altra fiumana di pecche evidenti o meno,  la mia specifica Kryptonite è la bella edizione di un’opera che bramo, ho bramato e bramerò per l’eternità, anche in triplici copie: quando il mio sguardo è caduto su Canto di Natale nella versione Rizzoli illustrata da Iacopo Bruno, sentendo nella mia testa la vocina di Susy de I miei magici mondi che, con un tono abbastanza convincente da persuadermi oltre il limite consentito, mi bisbigliava nell’orecchio LeggiloLeggiloLeggilo, ho sacrificato la mia carta di debito e me lo sono acquistato subito, non solo per metterlo sotto l’emblematico albero e usarlo come autoregalo da scartare il 25 dicembre, ma anche per riempire la mia lacuna in merito al classico intramontabile di Charles Dickens. Bello dentro, bello fuori e bello nel mezzo: insomma, a parte sottolineare che le raffigurazioni dell’artista italiano sono tanto delicate quanto d’impatto, devo aggiungere altro per indurvi alla spesa di questo prezioso volume da collezione?

 

 

In un mondo di loschi figuri che sembrano essere dispensati da quella pazza connessione emozionale con l’intorno del sé battezzata, sia dai più sia dai meno, attraverso il nome di empatia, una peculiare capacità che induce colui al quale appartiene di diritto dalla sua nascita all’immedesimazione obbligata negli stati d’animo e nelle parentesi vissute da altri cui si trova ad assistere sentendo il bisogno intrinseco di parteciparvi laboriosamente, prima anima poi corpo, quasi non fosse un semplice estraneo capitato lì per puro caso grazie a un destino curioso di scoprire come avrebbe reagito in una simile contingenza esistenziale, ma vestisse i meri panni di protagonista indiscusso della storia dove essere travolto dai sentimenti derivanti questo o un altro evento significativo è così all’ordine del giorno da sentire la forte necessità di richiedere una pausa rigenerante in tutti gli istanti concepibili, nella maniera selvatica per eccellenza appaiono, alla pari di bellissimi funghi tossici nascosti in bella vista per tentare gli inesperti nei propri dintorni non solo alla raccolta avventata ma anche alla mangiata edace, gli individui sensibili che, di fronte a delle immagini in cascata su uno schermo e alla fantasia concretizzata delle parole vergate, esprimono quanto vedono e leggono tramite reali manifestazioni dell’essere, dando origine alla baraonda della non apatia in cui l’eco sonora di uno e l’altro turbamenti interiori si rivela in grado di scuotere l’animo dal capo ai piedi delle sue fondamenta basilari. Appartenendo, senza ombra di dubbio, in fin dei conti già lo sapete tutti quanti dopo aver valutato un momento i racconti vaghi e le aperte confessioni esternati dalle mie precedenti incursioni su La Nicchia Letteraria, alla categoria secondo cui aprire i rubinetti dei dotti lacrimali è praticamente all’ordine della quotidianità, malgrado lo stia per fare e sia consapevole dell’ovvietà per la quale mi sto rendendo portatrice un po’ sana un po’ malata, definire Strappalacrime il piccolo capolavoro del grande Charles Dickens è troppo lapalissiano pure per una come me: in forza di un talento così immenso che solo un Ercole della letteratura inglese può manifestare ai quattro venti amatori delle pagine scritte, Canto di Natale è la tavolozza di mille più uno colori dove ogni sfumatura prende vita e libera la magia, quella che scaturisce da un cuore in ascolto della propria mente.

Mentre le silenziose pareti di questa mia casa, da un punto di vista psicologico, si apprestano a offrire il proprio orecchio cementato per intridersi del blablaese ripetitivo della qui presente folle scatenata che trascorre le sue giornate barcamenandosi tra codice informatico e parole sia lette sia scritte, qualora esistesse ancora un bipede della nostra specie ignaro del motivo principale grazie a cui la sottoscritta ha sentito, all’interno del suo vetusto animo di novantenne con entrambi i piedi ancorati alla fossa a lei destinata il giorno pattuito dal fato, una certa obbligatorietà nei riguardi del battezzare con La Nicchia Letteraria il suo personale rifugio nell’etere del blogging dove i semplici libri sono gli eccezionali main characters del capolavoro di tutti i tempi, passato presente e futuro, una ragione evidente che, comunque, potrebbe essersi nascosta bene agli internauti, dietro il classico dito indice, all’ombra del mio prolisso e sempiterno blaterare su questa o quella contingenza spinosa una volta sì e l’altra pure, giusto per farvi brancolare in una tetraggine nella quale, molto di frequente, mi ritrovo io stessa, non solo per mano mia, ma anche per i suoi parenti stretti, gamba braccio e piede, risponderei che, per poter omaggiare come si deve la mia lingua madre, avevo bisogno di uno spazietto privato ove prendermi le necessarie e sufficienti libertà per non essere costretta, nel momento in cui avessi scelto di interfacciarmi con la qualunque sulla rete, all’uso di una metodologia assai colloquiale con cui i miei gusti, forse troppo âgée, si sarebbero inevitabilmente scontrati, frontalmente e alla grande. 
Tuttavia, bramare un ritorno alle origini per rammentare un’epoca andata non significa sfruttare i costrutti più difficili e una terminologia al di là dell’arcaico dimenticandosi della complessità derivante nella resa finale, una conclusione senza possibilità di rimedio che potrebbe rivelarsi, come nella traduzione di Beatrice Masini, a tratti estremamente artificiosa, a tratti estremamente cervellotica, prodotto disponibile al pubblico che non solo induce ad arrancare durante la lettura, ma forza gli sguardi destinatari ad affrontare di nuovo il paragrafo incriminato, costringendo chicchessia a gettare alle ortiche ogni sua minuscola certezza di comprensione testuale.
Parliamo, poi, di Mini Tim, ragazzi: non si può proprio vedere!

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Valutazione:

Scheda libro

Titolo: Canto di Natale
Autore: Charles Dickens
Casa editrice: Rizzoli
Pagine: 101
Anno di pubblicazione: 2020
Genere: Classici per ragazzi
Costo versione ebook: 9.99 euro
Costo versione cartacea: 20.00 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
Sinossi: Tintinnare di monete e frusciare di banconote: solo a questo pensa il vecchio e avaro Ebenezer Scrooge. Ma tutto cambia nella magica e spaventosa notte di Natale quando Scrooge riceve la visita di tre spiriti che lo costringono ad aprire finalmente gli occhi. E il cuore.

La più celebre storia di Natale, toccante parabola fantastica di Charles Dickens, in un volume meravigliosamente illustrato da Iacopo Bruno.

Creazione a cura di Dolci del blog Le mie ossessioni librose