Quando Netflix -nell’ultimo periodo, mi sto drogando con la new entry natalizia Bridgerton che, malgrado le ragguardevoli incongruenze storiche su cui gli estimatori del Regency, ve lo suggerisco caldamente, ragazzi, datemi retta, devono chiudere entrambi gli occhi per amore della propria autoconservazione, mi sta piacendo così tanto da desiderare di terminarla oggi stesso insieme a mia madre! Ora, però, mi cimento nel rewatch dell’anime Death Note: dopo quello psicopatico di Light e quel genio di Elle, sappiate che nel mio gruppo di crush disagio, del quale non so se parlare apertamente perché sancirebbe il mio suicidio bloggheristico (?), ci sta pure lo Shinigami Ryuk- annunciò al mondo di star realizzando la serie televisiva su Anna dai Capelli Rossi, un mito intramontabile per coloro che sono cresciuti a pane e cartoni animati durante l’infanzia degli anni ’80 e ’90 ove l’unica vera problematica era, prima, svegliarsi presto e, poi, tornare in tempo a casa da scuola perché le due sessioni giornaliere di lacrime e felicità su Italia Uno cominciavano e, da bravi ragazzini ligi al proprio dovere, non se ne poteva perdere manco una puntata, la piccola Lady C. che è in me e ci rimarrà per sempre fino a data da destinarsi entrò in un loop infinito oscillante fra pura allegria e ciclopica disperazione perché, a quell’epoca non avevo ancora l’abbonamento per il sito di streaming online e, quindi, se avessi anche voluto guardarci con i miei soliti occhi a cuoricino, avrei dovuto uccidere sul nascere qualsiasi mio desiderio a riguardo per l’evidente impossibilità ad assistervi.
Tuttavia, alla notizia che Rai Due avrebbe rilasciato in chiaro, e perciò alla portata di chicchessia, le tre stagioni concernenti la piccola di Green Gables, ho accomodato subito il mio regal tafanario sul divano e me le sono sparate in endovena assieme alla mia partner in crime di questi casi, la madre, con cui ho condiviso non solo l’apprezzamento generale per come hanno concretizzato Anna, ma anche il bisogno di prenderne coscienza tramite i libri a ella dedicati. Di conseguenza, per l’appuntamento di dicembre con Questa volta leggo, angolino di recensioni creato da Chiara –La lettrice sulle nuvole– con l’aggiunta di Dolci –Le mie ossessioni librose– e Mariarosaria -ebbene sì, pure l’admin di Librintavola si è unita al duo di menti dietro la rubrica mensile alla quale cerco di partecipare sempre, più che volentieri! Colgo la presente per scusarmi con te, carissima, per non averti menzionata anche durante la puntata di novembre: ho la testa troppo per aria in queste settimane!-, per il tema Natale ho deciso di regalarvi la mia opinione, sotto forma di Thr33 Words, del capolavoro di Lucy Maud Montgomery, l’avventura stupenda di un’orfana che, dall’età di undici anni, capirà finalmente il vero senso del 25 dicembre, la famiglia.

Creazione a cura di Dolci del blog Le mie ossessioni librose

Nell’arco della vostra esistenza su questa terra, dall’ouverture dei giorni iniziali fino al presente momento trascorso nei recessi bui de La Nicchia Letteraria, quando vi è sicuramente capitato di conoscere per la prima volta nuovi individui popolanti il nostro, si spera, se non sempre, almeno per la maggiore, bel mondo, desiderabili incontri ravvicinati del quarto tipo che cambiano la vita a ognuno nel modo più roseo possibile perché la speranza è l’ultima a morire e nessuno dovrebbe credere al peggio del peggio in anticipo sui tempi, si è verificata la tanto rara, per certuni, quanto abituale, per talaltri, difficoltà nel principiare una frequentazione dell’altrui cospetto per la quale avete sentito montare nell’intimo del vostro cuore l’enorme desiderio, in crescendo, purtroppo, e non in diminuendo, per fortuna, che solo una via di fuga dalla situazione in essere potrebbe salvare la vostra personale damigella sotto scacco, compensando quantomeno alla lontana l’imbarazzo venutosi a creare tutt’a un tratto, strada ambita dalla palese uscita d’emergenza in grado di permettere, a mo’ di faro al largo della tempesta, il rischiarare della notte più oscura tramite la sua natura di fulgida presenza che mai sarà fosca assenza?
Qualora il destino volesse avere il garbo di favorire, una tantum, quei bipedi poveracci abitanti del globo che, consapevolmente, spesso e volentieri, del Mai ‘na gioia si rendono portatori così malati da trasmettere la qualunque pure sulla distanza, è proprio in istanti come il sopra descritto che può avvenire il miracolo dei miracoli, la visione fatta tangibilità dell’unica persona capace di risolvere una simile contingenza disastrosa, il Loquace e imperterrito esemplare che, nonostante le ovvie problematiche comuni nell’inserirsi in qualsivoglia discorso, si tuffa a capofitto nella conversazione, salvando il salvabile con una parlantina sciolta da far invidia a chiunque nel raggio di uno sciocco millimetro: Anna Shirley Cuthbert è proprio così, il cuscinetto paffuto che i timidi come la sottoscritta vorrebbero a portata di mano per riempire i vuoti lasciati dai silenzi scomodi, pause infinite dove l’imbarazzo e il disagio si riescono a toccare malgrado la loro nota evanescenza di oggetti non materiali, fumo negli occhi che, in un battito di ciglia impazienti, viene allontanato da un tornado di lessemi e sorrisi a non finire.

 

 

 

 

 

 

Prendendo al balzo l’esempio più adeguato nella storia dei campioni dai quali attingere senza freni per poter valutare la propria teoria e magari dimostrarne l’assoluta certezza, il Natale, a mio parere la mamma o, se preferite, il papà di tutte le feste conclamate che dimorano le dodici mensilità di ogni nostro anno, nel momento in cui si impone alla testolina capace sia di razionalità sia di sentimento la riflessione in merito la definizione di famiglia e il corrispondente significato che essa assume quotidianamente nella routine giornaliera di tutti noi, qualora mi si richiedesse di dare la mia opinione, in termini di libri, nei confronti del 25 dicembre, come per altro è già successo il 16 dicembre in occasione del Calendario dell’Avvento organizzato su Instagram da Susy de I miei magici mondi ed Ely del blog Il Regno dei Libri, lo affermo di nuovo perché rinfrescarsi la memoria, almeno per me, è sempre cosa buona e giusta, mi viene subito in mente un particolare genere letterario che detiene il podio d’onore nel minuscolo cuore romantico della sottoscritta, il classico, l’unico porto sicuro dove ogni volta mi attende l’esclusiva oasi di pace della quale ho bisogno quando intorno a me la realtà parte per una tangente tutta sua e sicuramente non mia, né di nome, né di fatto, né tantomeno per sentito dire.
Dunque, Anna dai Capelli Rossi, primo volume della saga di otto opere dedicate all’eroina dalla chioma fulva e dalle origini private di Lucy Maud Montgomery, è stato per me un viaggio all’insegna del Familiare, recondite sensazioni di vera esistenza che, guidando l’uditorio in perpetuo ascolto verso l’abbraccio caloroso di genitori non consanguinei, scortano la main character nelle tortuosità di un percorso ove la crescita sia interiore sia esteriore è all’ordine del giorno, un’atmosfera di scoperta e riscoperta concernenti nuove e vecchie abitudini che una neofita dell’esistenza è in grado di assaporare con quel genuino e curioso stupore dei tanto piccoli quanto adulti nella mattina dopo la Vigilia, mentre scartano i regali e condividono tutto ciò che solo chi vuole bene davvero sa e può, o meglio, deve, esternare.

Sebbene non sia una mia priorità trovare, oltre la carta inchiostrata attendente il mio sguardo curioso all’eterna ricerca di vicissitudini non ancora degustate per staccare la spina dalle incombenze di ieri, dell’oggi e, con alta probabilità, di domani, una narrazione unicamente composta da sintassi oltremodo accessibile e vocaboli dell’epoca corrente poiché, quasi all’unanimità, la scorrevole trasparenza di parole in cascata assoggetta a mani basse una qualsiasi lentezza ricercata e obsoleta nel novellare di avvenimenti, macchinazioni, psicologie e characters, quando il mio spirito di novantenne vessata da mille più uno acciacchi, ricordandosi della sua età un po’ in là con gli anni, desidera prendere il volo sulle ali della fantasia con l’unico scopo di giungere ai lidi inesplorati che possono spettare solo a un’entusiasmante cronaca dai mirabolanti plot twist assestati a regola d’arte come ganci destro e sinistro in pieno viso, confesso di preferire l’immersione totale in acque contemporanee ove il lavoro neurale non ha bisogno di essere fagocitato ulteriormente, soprattutto dopo una giornata estenuante di doveri e doveri che, infine terminata, è capace di aver risucchiato tutte le once di energia rimastemi in circolo nelle membra ormai aride.
Ciò nondimeno, malgrado questo mio bisogno di emozionarmi innanzi alle peripezie di giovani donne agognanti il sentimento totalizzante che meritano non solo in questa esistenza, ma pure nell’altra perché la mia connaturata vecchiaia desidera ritrovare la freschezza della non senilità almeno nelle letture spensierate, qualora mi trovassi di fronte a un resoconto Arguto così al punto giusto da rasentare la perfezione formato stampatello vergato, è ovvio che non mi tirerei certo indietro, anche se significasse perdere la modernità dei capitoli in favore di un dizionario più antidiluviano del previsto: Lucy Maud Montgomery delizia, quindi, il suo uditorio con il tramonto delle origini di china, l’alba di un’era âgée che, corredata delle risorse a sé accessibili in quell’istante del passato ora sepolto, si concretizza introducendo un’agilità fuori dal comune, eloquenza spiritosa e toccante che, ben sposandosi con la protagonista atipica della scrittrice canadese, si imprime negli occhi dei suoi lettori, anime perdute che, osservando in silenzio, ritrovano la voce e urlano di gioia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Anna dai Capelli Rossi
Serie: Anna dai Capelli Rossi #1
Autrice: Lucy Maud Montgomery
Casa editrice: Gallucci Editore
Pagine: 362
Anno di pubblicazione: 2018
Genere: Classici per ragazzi
Costo versione ebook: 6.99 euro
Costo versione cartacea: 13.90 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
Sinossi: Matthew e Marilla conducono una vita abitudinaria nel pacifico paesino di Avonlea. Ormai anziani, decidono di adottare un orfano che li aiuti a mandare avanti la fattoria. Ma invece del ragazzo promesso dall’orfanotrofio, a casa Cuthbert arriva Anna, una bambina dotata di una inesauribile immaginazione che finirà per conquistare tutti.

«Dentro di me devono esserci tante Anna diverse, a volte penso che sia per questo che sono una persona così difficile. Se fossi un’Anna sola sarebbe tutto molto più facile, ma anche molto meno interessante.»

 

 

Creazione a cura di Dolci del blog Le mie ossessioni librose