Se siamo in dirittura di arrivo di un mese qualunque, cosa significa per La Nicchia Letteraria? Ovviamente dare un contributo alla Creativity Blogger Week!
Per amore della comprensione totale, qualora vi foste sintonizzati nella poc’anzi menzionata rubrica solo ora, sappiate che, grazie all’idea della carinissima Deb di Leggendo Romance e non solo, le partecipanti all’iniziativa possono lasciare il proprio estro a briglia sciolta pur di interpretare, in maniera corretta, il topic scelto insieme, così da realizzare articoli nuovi grazie ai quali farci conoscere di più dai nostri followers.

Creazione a cura di Federica, admin del blog On Rainy Days

Prima di capire il soggetto vertente il quale dare corpo al racconto di questo mese, ho dovuto vivere momenti di grande incertezza, minacciosi dubbi amletici che hanno portata la sottoscritta a gagliarde oscillazioni estenuanti fra un’ipotetica storia e un’altra sua gemella, quasi volessero rovinarmi per forza la scena incastrandomi in sfortunate novità con cui il mio estro ispirato non si è mai scontrato.
Tuttavia, nonostante le suddette difficoltà non da poco, sono riuscita a trovare il bandolo della matassa, concentrandomi su un’attività giornaliera che faccio da ormai una decina d’anni per rispondere all’argomento Il mondo intorno a me, una quotidiana routine che, a volte, mi porta a riflettere in maniera affatto indifferente, viaggiare in treno.

Come si può passare il tempo durante un viaggio in treno?
C’è chi si rintana a leggere, chi parla con un amico del più e del meno, chi si assopisce della grossa e chi cerca il controllore per farsi obliterare un biglietto a digiuno di timbro.
Eppure, è sufficiente qualche minuto per rendersi conto dell’altro che ci sta a fianco, qualcuno di diverso da noi ma somigliante abbastanza da permetterci di riviverci, specchio non ordinario che ci fa sentire meno soli in un mondo votato meramente all’egoismo del sé.

Quando piove e viaggi in treno, è matematico: ovunque tu stia andando, arriverai in ritardo.
Se, poi, sei così sfigato da non esserti ricordato le cuffie come ho fatto io oggi, beh, sappi che sarà una lunghissima giornata da dimenticare: insomma, senza la musica come si può sopportare anche solo un’ora a bordo di un mezzo dove il posto a sedere è un miraggio e la gente rumorosa non è sicuramente un’illusione?
Arrivata a un punto simile per cui leggere e dormire sono attività off-limits, spostare l’attenzione verso lidi più ignoti e, per tale ragione, quasi intriganti è la manna dal cielo che mi concede un istante di respiro prima di ricadere preda del mio personale Apocalisse senza pentagrammi segnati nero su bianco.

Fonte: Pixabay

Attorno alla mia persona orbitano tantissimi satelliti umani, diversi, simili, opposti, complementari, tutti quanti assorti e impegnati nel loro piccolo universo fuori portata. È una mia debolezza, quella di osservare senza farmi notare, perché posare di soppiatto gli occhi sui vicini di carrozza non solo mi aiuta a comprendere meglio gli altri, ma a percepire anche me stessa come mai ho avuto l’opportunità di fare: chi sgranocchia furtivamente mi ricorda che non ho fatto colazione e, quindi, posso comprarmi qualcosa in giro evitando di provare sensi di colpa poi; chi esterna le proprie emozioni, ridendo a crepapelle con un amico pendolare o piangendo al telefono mentre dà voce a un resoconto dettagliato della fallimentare relazione che la sera prima è sfociata in un amaro epilogo da mondo crudele, richiama alla mia mente che vivere significa anche reagire ai sentimenti con altri sentimenti, uno scambio non sempre equo che ha bisogno di manifestarsi per scoppiare in una bolla di sapone e permettere all’uno di esistere senza l’altro; chi viaggia seduto con di fianco un posto libero eppure occupato dai suoi bagagli del cazzo mi fa ricordare che all’Inferno esiste un girone dedicato a gentaglia simile e, perciò, la pena del contrappasso cadrà, per certo, sulla loro testolina fallica.

Fonte: Pixabay

È strano, però, credere che quanto vedo mi appaia sotto mentite spoglie?
Dopotutto, se si considera che sul treno la settimana scorsa ho pranzato come un bufalo a digiuno da secoli, tre giorni fa ho lacrimato dal ridere al telefono con il mio ragazzo e ieri, vacca bestia, ho fatto la stronza asociale mettendo la cartella sul sedile facente coppia col mio, direi che negare l’evidenza mi raffigurerebbe come idiota di proporzioni cosmiche.
Adesso quasi sorrido a pensare di aver sempre avuto paura della solitudine, quella completa estraniazione dal prossimo che, se forzata, potrebbe causare danni ingenti sulle elucubrazioni della sua vittima, perché mi sento meglio a essermi resa conto di non poterla vivere davvero per ovvi motivi.
O forse è merito del fatto che, nel mentre, il tempo è volato e il treno è arrivato a destinazione persino in anticipo? Mmm, bella domanda!

Fonte: Pixabay

 

 

 

Creazione a cura di Federica, admin del blog On Rainy Days