Dall’istante in cui ho intrapreso la mia “carriera” nella blogosfera, ho scoperto quanto sia uso comune tra le mie colleghe affrontare letture tematiche a seconda del periodo dell’anno in corso, quasi volessero celebrare al meglio il momento corrente con un glorioso tripudio degno di questo nome o magari intendessero preparare l’ambiente giusto atto ad accogliere ciò che il procedere del tempo porterà con sé. Comprendendo a pieno tali motivazioni votate a una grande serietà che ammiro senza vergogna, dal canto mio mi duole confessare di non aver mai sentito la necessità imperante di adempiere a un tale desiderio, un bell’impegno da mantenere con il sorriso sulle labbra e la bontà nel cuore, compito non obbligato da espletare come segno tangibile di adattamento alle speciali contingenze del caso: per questo motivo, ho ponderato a lungo in merito e, sapendo quanto sia curiosa nel far mie le novità più disparate, ho creduto che adottare un simile modus operandi per la trattazione di specifiche e particolari argomentazioni fosse la corretta attitudine per unificarmi eppure distinguermi dalle amiche blogger con cui avere a che fare comincia a rappresentare una tradizione alla quale rinunciare comincia a essere impossibile e impensabile.
Quindi, sull’onda dello scorrere dei mesi grazie a cui sono riuscita a maturare inedite angolazioni dalle quali rimirare il medesimo panorama cogliendone dettagli mai visti prima e, in maggior proporzione, subendone il magnetico fascino di sempre, sfaccettature diverse che ho voluto manifestare attraverso la partecipazione a Christmas. Book & Food, l’iniziativa creata dalla collaborazione tra i blog I miei magici mondi e Il Regno dei Libri, rifugi letterari amministrati da due competenti professioniste che non smetterò mai di ringraziare per il bellissimo coinvolgimento concessomi, per la singolare occasione ho scelto di leggere Un marito per la mamma, nato proprio dalla penna della mia amica Susy che mi ha donato una copia digitale del testo, una favola di Natale dove realtà e chimera si fondono per dar voce alla capacità narrativa dell’autrice napoletana, una piccola storia che disseppellisce smisurate emozioni dalle intense fattezze, amore amicizia felicità e tristezza, che, fondendosi insieme, verranno giustamente esaltate dal presente Thr33 Words dove, come sempre, cerco di riassumere i punti cardine di un libro attraverso una triade di lessemi scelta da me in maniera oltremodo oculata.

Quanta dolcezza può celarsi tra le pagine di un romanzo, un minuscolo scrigno dove a metà strada si incontrano sentimenti discordanti che, amalgamatisi, conducono insieme verso un’unica direzione, fine ultima che il pubblico letterario non si esimerà certo di condividere con la società, raggiungimento di quel traguardo da luce in fondo al tunnel nel quale il fascio brillante di un faro instrada proprio là, a livello della meta dove è giusto andare a testa alta, senza vergogna nel prossimo né timore del giorno dopo?
Prima di affrontare Un marito per la mamma, una piacevole lettura che si è rivelata davvero un’encomiabile scoperta fortuita, credevo che l’aspetto Tenero di una storia non potesse raggiungere picchi troppo elevati di immensa manifestazione lampante, un eclatante modo di porsi che, in maniera inevitabile, risalta al pari di una chiazza d’olio in un bicchiere d’acqua limpida, e, invece, come nelle migliori cadute rocambolesche, ho avuto l’opportunità di scoprire il mio torto ciclopico nutrito nei confronti di luoghi comuni non appartenenti alle caratteristiche di base delle vicende proposte dalla scrittura di Susy Tomasiello, linearità di parole che riscuote facilmente il plauso di chi, vorace, se ne sazia, non pensando alla plausibile ingordigia in cui sta inciampando, ma elucubrando piuttosto sull’inedia evidente a cui verrebbe sottoposto qualora non pranzasse lautamente dei vocaboli elargiti dal giovanissimo protagonista Jack: in maniera oltremodo straordinaria, allorché le pagine della presente opera vengano girate con maestria, cambiando in sequenza un capitolo dietro l’altro, divorandone paragrafi a cascata pur di conoscere i segreti più reconditi nascosti tra le righe capitolanti l’attenzione del lettore e requisenti anche il suo bagaglio emotivo dall’empatia innescata, l’avventuriere medio, abituato a precise e determinate sensazioni che, spesso ridondanti, evocano la medesima eco routinaria di sempre, una riscoperta palese di ciò che è e dovrebbe essere, viene spiazzato dalla novità in evoluzione, il miraggio definito di una reale oasi in cui essere accolti a braccia spalancate nella stretta di chi sa voler bene e non ha paura di esternarlo sul serio, un dolce avviluppare al gusto di casa che, aperta per ogni evenienza, ci consente di pernottare fuori, a Farmy Cooke, un posto dalla tangibile magia in cui tutti indistintamente sono i benvenuti, soprattutto quelle stelle lucenti nelle quali pure gli scettici credono, fermi e convinti di avere la possibilità per esprimersi con pienezza di intenti.
Il piccolo Harper, infatti, sprigiona da tutti i suoi pori graziosa energia che, attraverso la paradossale delicatezza dovuta alla giovane età del personaggio principale, riesce a trascinare con sé addirittura i cosiddetti riluttanti naufraghi delle parole, viandanti errabondi che vengono incastrati dalla spumeggiante voce narrante poiché chiamati in causa non solo dall’innegabile rapimento provocato dalla cronaca di vicende ambientate in un Natale all’apparenza normale eppure fuori dal comune, ma anche dalle persistenti domande di un adulto in miniatura, curioso delle usuali stranezze con cui la vita lo beneficia, avido di una gioia da favola per la prima persona sul podio dei suoi interessi di valore, ottimista nei confronti di un avvenire che saprà unicamente migliorarsi e migliorare.

Cosa sarebbe un libro senza un universo che sappia richiamare nella mente del lettore il giusto panorama da osservare estasiati in compagnia dei personaggi di carta e inchiostro dipananti a ventaglio fra le pagine lette con grande dovizia, comprese nei minimi dettagli e amate fino all’ossessione?
Talvolta, l’amante delle parole crede che, affinché un’opera letteraria possa essere apprezzata dal pubblico ossequio degli astanti, accontentarsi, nell’accezione positiva del termine, di individui dell’immaginario caratterialmente ben tratteggiati, protagonisti di una trama pervasa da ogni fattibile suppellettile rievocante, dal momentaneo dimenticatoio, quella realtà tangibile da cui si stava, in un certo qual modo, scappando non consapevoli dell’azione fino a quando la concretezza dei fatti è rovinata al suolo come slavina di neve, sia da ritenersi quale sufficiente manovra persuasiva nei riguardi di una preda in via d’estinzione poiché perla rara e preziosa di un’esistenza ormai priva della scintilla di curiosità per la disciplina olimpionica Corsa del capitolo, esca ghiotta per i pesci di quei mari in cui la terminologia prevede l’arrembaggio di qualsiasi vascello in rotta della sua collisione. Soprassedendo sull’ovvia veridicità del suddetto pensiero, riflessione approvata a pieni voti dalla comunità di divoratori seriali dei romanzi dall’elevato valore nutrizionale, portata adatta, quindi, a simposi di un certo calibro dove l’approfondita degustazione sembra non avere in programma di concludersi a breve, per la gioia dei famelici consumatori integerrimi di cultura a tutte le ore, al mosaico dell’assoluta completezza di un testo deve essere aggiunta l’ambientazione, il fulcro entro cui le peripezie stampate procedono e acquistano corposa sostanza, una sorta di cardine maestro grazie al quale una porta come Un marito per la mamma può davvero esistere, permettendo il continuo via vai di passeggiatori incuriositi dalle pieghe intraprese da Jack e i suoi compagni di avventura, quell’unico paesaggio capace di costruire nell’animo ricettivo dell’uditorio il mondo che l’autore ha voluto creare, un’atmosfera così familiare da crederla razionalmente concreta, una fede questa spassionata per ciò che al contempo potrebbe essere ed è sul serio: da un punto di vista spaziale, l’opera di Susy Tomasiello rappresenta la quintessenza della perfezione, pennellate d’artista rinomato che, precise, specificano con scrupolosa pignoleria una realtà dalle fattezze di un Natale presente in ogni sua più minima peculiarità, tanti fiocchi di neve che, scendendo con placida cadenza o meno dal cielo, imbiancano le solite strade e le case di una vita, usuale normalità che già conosciamo e amiamo, ma che ancora dobbiamo imparare a scoprire con occhi nuovi e interessati, un’apertura a ventate di fresca trasformazione ed eloquente libertà, un luogo Pittoresco dove ognuno trova il suo posto e il suo tempo, un ticchettio costante che ricorda Dicembre e trascina direttamente lì, tra un dono inaspettato e un altro previsto, arrivo e partenza di qualcuno in grado di sorprendere con poco, un pizzico d’Inverno verso cui anche l’astro più luminoso conduce con facilità disarmante, magia di un lampo scintillante che scombina e ricompone inducendo a un viaggio tra momenti disparati, effettivo e utopico che si fondono e sanno portare refrigerio anche all’Estate più torrida.

Nell’istante in cui decido quale sarà la prossima lettura a cui accostarmi, a seconda dell’umore che mi accompagna in quel momento, scelgo il titolo che più rispecchia il mio animo in costante cambiamento dall’oggi al domani, una crescita non sempre ovvia e scontata che, pur trattandosi di un percorso a cui ormai siamo abituati da tempo, riesce ancora a sbalordire oltre l’imprevedibile meraviglia in essere, imponendomi, perciò, l’opera intrisa da un significato profondo che non passa certo inosservato al vaglio del mio cuore ricettivo in cerca della giusta emozione da cogliere tra le pagine voltate o il testo in cui la semplice spensieratezza fa da padrona portando con sé l’aria tipica di un pomeriggio trascorso a staccare la spina per ripartire subito dopo più carica di prima.
Quando ho preso in considerazione l’alternativa Un marito per la mamma, sinceramente mai mi sarei aspettata di fronteggiare un racconto lungo così speciale da nascondere, in modo non troppo velato, messaggi positivi da cui anche il pessimista della peggior specie, a ben sperare, trarrebbe quel giovamento al quale dovrebbe sempre ambire, senza troppi pensieri o ammonimenti autoimposti dalla sua coscienza inondata di negatività e cinismo infiniti: per l’appunto, coadiuvato dalla sua natura giovanile, età sottolineata evidentemente pure dalla modalità con cui vengono elargiti gli immediati concetti dalla facile comprensione, Jack emana, in ogni capitolo che segue le vicissitudini di cui è l’indiscusso protagonista principale, l’ingenua gioia in grado di risplendere solo sul viso di un bambino, quella connaturata speranza che induce la realtà a vestirsi di una magia inaspettata, lo stesso incantesimo che si può sfogliare nella favola della buonanotte capace di trasformare il giorno seguente in un risveglio Rassicurante da avvio memorabile col sorriso sulle labbra, un atteggiamento verso la vita che permette di percepire una forte e vigorosa fiducia nel prossimo domani, malia natalizia che dovrebbe permeare sempre il nostro intimo, in pratica un 25 Dicembre con strascico annuale dalla pronta presenza di spirito.
Dopotutto, perché non si dovrebbe augurare ogni bene possibile alla propria persona, un’esistenza simile a tante altre eppure unica nel suo genere?
Quale motivo valido si potrebbe addurre per il desiderio di rassegnazione nel futuro a sé destinato come lapalissiano tragitto necessariamente da compiere?
Sebbene il tempo possa favorire l’avvento di catastrofi da mastodontica sventura in cui siamo costretti dagli eventi a inciampare di slancio, senza possibilità di scarto da immantinente evasione, nessuno dovrebbe abbandonare la nave prima di uscire dal porto e salpare per lidi inesplorati dove le scoperte celate attendono impazienti i navigatori coraggiosi di acque misteriose, ulteriori opportunità che, vestite del diverso, appaiono in via erronea al di là delle possibilità di chiunque, nascondendo, dietro la facciata, la vera effigie che dovrebbe sempre apparire visibile, la sola col permesso giustificato per la completa manifestazione dinanzi a sguardi consci: in fin dei conti, il modo migliore per farlo è aprire gli occhi del ragazzino che alberga in noi, la persona su piccola scala che aiuta e soccorre con un abbraccio a cuore aperto, mano amica che si tende verso di noi raccogliendone i cocci e ricomponendoli con estrema facilità meglio di prima.

 

 

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Un marito per la mamma
Autrice: Susy Tomasiello
Casa editrice:
Pagine: 285
Anno di pubblicazione: 2018
Genere: Narrativa contemporanea
Costo versione ebook: 1.44 euro
Costo versione cartacea: 10.13 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
Sinossi: Jack ha nove anni. Vive insieme a sua madre e al suo cane Chuck a Farmy Cooke, presto si festeggerà il Natale e lui ne è entusiasta. Un giorno però, ascolta una telefonata della nonna e scopre che la mamma avrebbe bisogno di un marito. Complici i suoi amici, Paula e Steve, Jack stilerà una lista ed esprimerà anche un desiderio alla Stella più lucente in cielo.
Il giorno dopo in città arriva Mick, uno straniero, e Jack pensa che lui potrebbe essere il candidato ideale. Ne è davvero convinto, ma anche Jonathan, il capo della mamma, si rivela essere una persona gentile e molto affidabile. E se la Stella gli avesse indicato la strada sbagliata? E se si fosse sbagliato a scegliere? Jack non sa come fare per risolvere le cose, soprattutto quando suo padre torna a casa inaspettatamente. E’ a quel punto che il Natale aiuterà il piccolo Jack a risolvere ogni cosa. La magia del Natale, infatti, farà in modo che ogni desiderio si avveri anche quelli che Jack credeva irrealizzabili.

 

 

Ora passiamo alla seconda parte di questo articolo in cui mi prodigherò a parlarvi di uno dei dolci al quale non posso assolutamente rinunciare durante il periodo delle festività d’Inverno per antonomasia.
Nonostante sia una frana in cucina poiché, comunque, non ho ancora avuto l’occasione di impratichirmi ai fornelli, tralasciando poi il fatto che non sia una grande amante dell’opposizione ai salati, in ogni caso, per la sottoscritta, non solo esistono eccezioni di zucchero che confermano la regola dell’odio nutrito nei loro confronti, ma intraprendo anche scorciatoie preconfezionate per aggirare l’ostacolo del mio essere una principiante nel maneggiare ingredienti e creare le ricette a parole desiderose della gestualità capace a renderle sostanziali.

Uno dei miei punti deboli è sicuramente rappresentato dal torrone, un’apoteosi di gusto che unisce le mandorle al miele, due materie prime che, separate, rifuggo come la peste e, unite, idolatro quale divinità pagane di una nuova religione strampalata. Sebbene esistano varianti più succulente di questo dolce molto essenziale, in particolar modo ricordo con piacere le mini porzioni ricoperte da cioccolati di ogni possibile varietà -bianco, al latte o fondente, tutto è bene accetto, soprattutto quando la bilancia è lontana e starà distante fino a dopo l’Epifania-, la mia preferenza cade sempre sulla versione basic poiché, nonostante la semplicità sia la mia migliore cartuccia in canna quando si tratta di pormi con le altre persone, la scoperta della mia intolleranza al lattosio ha imposto la sua presenza obbligandomi a cambiare abitudini e sfizi, quasi non avessi voce in capitolo: avete idea di cosa significhi non poter mangiare panettone o pandoro con crema al mascarpone a meno di assumere un fastidioso integratore ad ogni pasto? Ecco, meglio così, fidatevi!