Dopo aver perso ogni speranza con la bellissima TBR che avevo pensato appositamente per il mese di giugno -tra la sincope ottenuta a causa della scoperta di uno strappo verticale a pagina 243 de La vita invisibile di Addie LaRue, il caldo asfissiante in grado di farmi squagliare anche sotto la doccia e qualche lettura non proprio positiva a farmi compagnia in quanto ciliegina su una torta davvero troppo storta, ho dovuto ammettere la mia parziale sconfitta, gettando una sonora spugna in barba al mio orgoglio da perfetta organizzatrice dei molto povery: spero di riuscire a fare meglio da questo venerdì, ho bisogno che le mie certezze non cadano come un castello di carte sotto l’agire di un refolo d’aria-, l’odierno mercoledì mattina riappaio sui presenti schermi per il Blogtour che la mia cara amica Susy ha organizzato per Il bastardo, primo volume della trilogia di Daniela Piazza firmata AltreVoci Edizioni, un libro, o per meglio dire un protagonista, che ha davvero messo a dura prova la sottoscritta e il suo animo romantico.

Creazione a cura di Susy, admin del blog I miei magici mondi

A seguito della presentazione dell’opera, con annessa playlist per poter avere il giusto sottofondo musicale durante la lettura del testo, grazie al blog A spasso coi libri, transitando per le spiagge di Rivendell: Katy Booklover dove possiamo dare un’occhiata approfondita ai personaggi Francesco, Matelda, Filippo e Adele, prima di lasciare il campo a I miei magici mondi che domani ci spiegherà il motivo per cui è necessario aggiungere questo romanzo storico al nostro carnet di fughe inchiostrate dalla nostra vita di sempre, stamattina partecipo all’evento con l’intervista che l’autrice mi ha gentilmente concesso: curiosi di scoprire qualche chicca sul suo lavoro in generale e questo suo figlio di carta in particolare?

 

 

 

 

Buongiorno, carissima Daniela, e benvenuta nel mio piccolo mondo fatato del lit-etere, La Nicchia Letteraria, un tanto impercettibile quanto mastodontico rifugio blogosferico dove la sottoscritta cerca di intrattenere, nel massimo delle sue capacità, tutti gli internauti che, sia per un motivo sia per un altro, approdano ai lidi del qui presente spazietto online per trovare il libro adatto a loro o forse anche solo per trascorrere in maniera diversa i cinque minuti di pausa caffè.
Leggendo i ringraziamenti che, appena ultimata una qualsiasi lettura, non vedo l’ora di sbirciare perché, spesso e volentieri, si riesce a conoscere ulteriormente l’autore tramite quella manciata di righe a effetto, ho scoperto che Il bastardo è il tuo primo romanzo, nonostante la pubblicazione tardiva: quindi, non posso fare a meno di chiederti cosa ti ha spinto a dar vita alla storia di Francesco, rielaborando il breve racconto da te vergato in forma di trilogia. Come hai capito che la scrittura poteva essere la tua strada professionale? Per quale ragione hai scelto proprio il genere storico?

✒ Buongiorno a te e grazie per ospitarmi nel tuo webrifugio letterario. Sono molto felice di poter parlare con te di questo libro che mi è particolarmente caro, proprio perché è da qui che ha avuto inizio la mia attività di scrittrice. Devo dire che la genesi de “Il bastardo” è stata frutto di una serie di casualità straordinarie. Interagendo con i miei studenti del Liceo nella realizzazione di un racconto multimediale dedicato all’arte medievale, mi ero resa conto quasi con stupore che le idee narrative affioravano alla mia mente con grande facilità e, soprattutto, che elaborare una trama mi divertiva moltissimo. Quando il lavoro vinse un concorso e il presidente lo definì “una bellissima sceneggiatura” mi dissi: perché non provo a trasformarlo in un romanzo? Iniziai così a scrivere un antefatto al racconto che, però, non si è ancora ricongiunto con quanto prima elaborato con i ragazzi: senza nemmeno rendermene conto, avevo infatti scritto più di un migliaio di pagine ed era ora di arrivare a una qualche forma di conclusione! L’occasione, anzi, l’obbligo morale, dopo che mi stavo ormai arenando, distolta dai miei mille altri interessi, me la diede un’altra casualità: un incidente in scooter che mi costrinse a mesi di convalescenza, passata “felicemente” a inventare una fine provvisoria per la mia storia. Ma chi è interessato a leggere “Il bastardo” non tremi: non avrà tra le mani un tomo di millecinquecento pagine! Infatti in seguito decisi di dividere tutto in due parti, creando una nuova conclusione per la prima, e di operare una drastica scrematura del testo, fino a renderlo pubblicabile. Ora mi resta da scrivere il terzo volume della trilogia, quello in cui finalmente il mio “romanzo ligure” approderà veramente in Liguria: perché per ora si svolge tutto in Francia, a Lione, e a Cipro e in Egitto, al seguito della Settima Crociata.
Quindi, la scelta del romanzo storico è stata dettata dalle circostanze, ma mi sono subito trovata perfettamente a mio agio con questa tipologia, che mi permette di esprimermi da lontano, di osservare tutte le possibili variazioni della natura umana, mostrando poco me stessa nelle pagine e senza dover dare lezioni di vita che sarebbero del tutto estranee al mio modo di essere.

Si sa, quando un divoratore di pagine inchiostrate si tuffa ad angelo in un universo parallelo nei cui labirintici meandri gineprai di ogni sorta pazientano dormienti l’istante più confacente per obbligare i main characters a rivelare l’animo coraggioso di un leone e, perciò, diventare gli eroi sufficienti nell’attimo necessario, gli occhi curiosi nell’atto di scorrere famelici i capitoli non vedono l’ora di accompagnare gli unici personaggi adatti, per antonomasia, a questo particolare ruolo, giovani uomini con sani principi che, stando sul chi vive per le parole e i gesti scaturenti dalla loro mente in perenne funzionamento, sono sempre pronti a difendere i deboli e a rovesciare i poteri forti, non solo per essere ricordati, ma anche, e soprattutto, per fare giustizia laddove non c’è o non ce n’è mai stata.
Eppure, come da te puntualizzato nelle Note all’apertura del testo, Francesco non è proprio così: perché la tua scelta è caduta su un ragazzo arrogante, violento e, a volte, forse troppe, pieno di sé che mal si sposa con la nobile figura di prode e valoroso? È stato il desiderio di non dare per scontato uno dei massimi cliché a spingerti verso la poc’anzi menzionata decisione oppure galeotto fu il bisogno di rendere davvero credibile un simbolo spesso così idealizzato da collocarlo su un piedistallo di perfezione?

✒ Forse è proprio per quello che accennavo prima: non ho delle verità morali da insegnare, né dei modelli di perfezione da proporre e trovo la perfezione stessa, d’altra parte, piuttosto noiosa. Con questo naturalmente non voglio dire che approvo il comportamento di Francesco; ma volevo creare un personaggio reale, viscerale, a luci e ombre (anche se alla fine forse le ombre hanno avuto la meglio sulle poche luci), volevo provare a entrare nella mente di un “cattivo”, capire le origini del suo carattere e, magari, concedergli anche un margine di riabilitazione. Così come, al contrario, ho almeno in parte “smontato” l’eroe buono della situazione, Filippo, che mi sta sicuramente molto più simpatico di Francesco ma che, alla fine, non è immune da pecche nemmeno lui.

Mentre la cronologia degli eventi principali segue il suo ritmico fluire alternando una reale e precisa ricostruzione storica a vicissitudini fantasiose con, però, un alto livello di plausibilità, Il bastardo propone all’uditorio due grandi esempi di relazioni che trascendono la mera peculiarità amicale, consentendo, quindi, di vivere a pieno una tipologia di legame che dovrebbe discostarsi, quantomeno nei caratteri principali, dal routinario dei nostri giorni. Evidenziando il fatto che, tanti anni fa, la concezione dell’amore non vestiva genuinamente i panni romantici del sentimento così come oggi potremmo conoscerlo, a tuo avviso, è possibile che un individuo affermante di provare con certezza un mastodontico trasporto nei riguardi di un suo simile non capisca quanto il tradirlo senza ritegno sia sbagliato? Rispetto ai tempi nostri, la situazione è davvero cambiata oppure è solo una bella illusione nella quale piace assai crogiolare sé stessi?

✒ Credo si sia già capito che non ho grande fiducia nella perfezione dell’essere umano. Eppure, proprio per questo, lo amo profondamente, ne amo i rovelli, i sensi di colpa, i tentativi maldestri di mantenersi all’altezza dei propri ideali e delle proprie convinzioni, che spesso non coincidono con i propri desideri. I miei personaggi capiscono perfettamente che ciò che fanno è sbagliato, ma talvolta non riescono a non farlo e ne provano dolore (perfino Francesco è perseguitato da incubi terribili). Ma è proprio questo dolore a rendermeli cari e, a modo loro, eroici. Se riuscissero sempre a fare ciò che è giusto non sarebbero eroi, sarebbero Santi. E io, Santi, devo dire che ne ho incontrati pochi, nella mia vita.

Le Crociate rappresentano uno dei più grandi esempi fattuali capaci di dimostrare, in tutto e per tutto, il significato del proverbio Il fine giustifica i mezzi: con l’obiettivo primario di liberare i luoghi santi, Gerusalemme e la Palestina, spronati da una quantità non numerabile di esponenti della cristianità tramite discorsi avvincenti ove spiegavano l’infinità di riconoscimenti che sarebbero stati ottenuti con i suddetti assalti militari sia in questa vita sia nell’altra, frotte più o meno volontarie di militari si trasformavano in bestie reprobe, uccidendo a destra e spargendo sangue a manca pur di ottenere le meravigliose ricchezze di cui sopra, prestigio non solo di fronte al Re e al Papa dell’epoca ma anche innanzi all’Altissimo. Secondo te, si può giustificare un tale abominio a livello umano o il detto, in questo caso, è l’emblematico pretesto per, come si suol dire, nascondersi dietro a un dito e lavarsi la coscienza in merito?

✒ Nulla giustifica l’uccisione di un uomo da parte di un altro uomo, nemmeno gli ideali. Forse l’unica forma di uccisione che ammetto è l’autodifesa. Quando poi l’uccisione avviene per tornaconto e non per seguire quegli stessi ideali, il peccato è doppio. La Crociate sono state un capitolo buio della storia, ma forse oggi non siamo in grado di calarci nei complessi (o magari invece semplicissimi?) meccanismi psicologici, religiosi e sociali che hanno animato questi uomini a partire per un destino sconosciuto. Ma, d’altro canto, forse oggi la manipolazione della realtà a fini propagandistici, per giustificare o addirittura esaltare interventi militari, non è poi così diversa da allora.
È difficile capire quanto gli uomini del Medioevo, soprattutto quelli che incitavano gli altri alla lotta, fossero davvero convinti della necessità di riguadagnare la Terrasanta alla vera Fede. Da quanto ho studiato per scrivere questo libro, mi sono convinta che qualcuno fosse veramente in “buona Fede”, primo tra tutti re Luigi IX, mentre la maggioranza degli altri correvano prevalentemente alla ricerca di una autoaffermazione personale (come Francesco) o speravano di tornare ricchi da quei paesi favolosi. Credo che però tutti fossero convinti di essere nel giusto e di lottare contro dei diavoli o poco meno.

Per concludere in bellezza il nostro minuto botta e risposta, dopo averti ringraziata per l’eccezionale disponibilità e l’assoluta cortesia grazie alle quali ti sei prestata benissimo a scandagliare con me la tua creatura prima e la tua essenza di autrice poi, ti rivolgo la domanda delle domande, quella classica a cui di solito si è abituati ad associare il quantitativo di soldi pari a un milione o giù di lì: vuoi regalarci qualche curiosità non spoiler su ciò che ci attende nel prossimo volume dedicato a Francesco, Filippo e tutti gli altri? Saremo gli spettatori di una loro crescita interiore oltre che esteriore, magari? Inoltre, stai già lavorando a qualche nuova storia o hai deciso di rimanere concentrata anima e corpo sulla pubblicazione della trilogia sul Fieschi?

✒ Questo anno per me eccezionale non si è ancora concluso, dal punto di vista delle pubblicazioni. Dopo “Il tempo del giudizio” (Rizzoli) e “Il bastardo” (Altrevoci) a settembre uscirà la mia prima prova nel campo della letteratura noir, con l’editore Laurana. Se dovesse piacere, non escludo di proseguire anche questo filone, che mi ha molto intrigato. Al momento però sono impegnata sugli editing e non ho ancora iniziato nulla di nuovo.
Per quanto riguarda la Trilogia dei Fieschi, alcune anticipazioni posso farle certamente, anche perché il secondo volume è già pronto e deve solo essere editato. Sarà più avventuroso di questo primo, con un ritmo più incalzante e il solito intreccio tra macro e micro-storia. Seguiremo le vicende di questa Settima Crociata iniziata così trionfalmente, con l’immediata presa di Damietta, e finita invece tragicamente. I nostri “antieroi” rimarranno invischiati in avvenimenti terribili che metteranno a dura prova la loro capacità di sopravvivenza e che sicuramente cambieranno la loro visione della vita. Ma non perderemo di vista nemmeno chi è rimasto in Francia: non penserete mica che una donna tosta come Matelda possa accettare a lungo il destino… il destino che conoscerete leggendo “Il bastardo”!