Mentre mi diletto a stressare la mia testolina con pensieri relativi al futuro prossimo della sottoscritta in merito, per amore della precisione, a un ritiro lavorativo e a una vacanza invernale -dico sempre che il mio secondo nome è ansia, ma temo di esserne direttamente l’incarnazione: dopotutto, quando non ho alcun motivo di agitarmi, me la induco da sola e non capisco perché sia così masochista da arrivare a tanto-, grazie all’ennesimo invito molto gradito di Susy de I miei magici mondi, questa mattina partecipo al Blogtour dedicato ad Angélique, la più recente fatica di china del bravissimo Guillaume Musso lo stile del quale ho avuto il piacere di conoscere proprio nel frangente attuale. Per la poc’anzi menzionata ragione, sono pure più contenta nel regalarvi agggratis il mio contributo attivo poiché un libro da 4 stelline come valutazione merita questo e anche altro: siete pronti a conoscere cosa ho partorito a lettura ultimata in modo assai fantasioso?
Creazione a cura di Susy, admin del blog I miei magici mondi
A seguito della prima tappa reperibile da ieri su Il regno dei libri e vertente sia la presentazione del romanzo sia i cinque motivi per cui sarebbe un gran peccato non leggere il nuovo thriller dello scrittore francese edito La Nave di Teseo, oggi La Nicchia Letteraria tratterà, a modo suo, e quindi decisamente sui generis, l’argomento Il violoncello e la musica che, sebbene non ricoprano un ruolo fondamentale nelle peripezie della giovane Louise Collange e dell’ex poliziotto scorbutico Mathias Taillefer, sanciscono davvero l’inizio di tutto, il classico la di diapason che non solo accorda alla perfezione il ginepraio di carta inchiostrata nel quale il lettore dovrà immergersi ma permette anche di distinguere un po’ le luci un po’ le ombre della totalità dei personaggi, individui all’apparenza classificati in determinati gruppi d’appartenenza che sapranno stupirvi, forse in bene forse in male.
Uno spiraglio di luce in un cielo rannuvolato. Era l’immagine suggerita dalla musica nella sua mente. La lunga frase del violoncello disegnava ondulazioni ipnotiche che inducevano a lasciarsi andare. Come in uno stato di semincoscienza. Mathias sentì il proprio respiro cambiare per adattarsi al ritmo della melodia. Trascinato dalle note, si abbandonò a un viaggio interiore, provando un sollievo che non aveva più conosciuto da tempo. Risalivano in superficie palpiti e sensazioni. L’azzurro del Mediterraneo, i corpi illanguiditi sulla sabbia, i baci sulle labbra salate.
In un mondo ordinario dove la routine quotidiana è capace di soffocare l’essere umano largendogli, in maniera oltremodo frenetica, poche gioie e molti dolori pur di tenere a bada riflessioni appartenenti alla totalità più disparata dei generi, sia ime quanto gli abissi dell’universo acquifero sia leggere quanto una piuma colta dalla balia del vento, fermarsi sui propri passi per guardarsi intorno, e magari respirare con estrema attenzione, potrebbe rivelarsi deleterio qualora la melodia circostante dell’esistenza, a conti fatti l’unica colonna sonora delle nostre giornate, riuscisse a prevalere su tutto il resto inducendo chi ha avuto l’ardire di farsi trasportare dalle vicissitudini sul muto andante a pensare una volta e ripensare una seconda, cullando, quale madre amorevole, ricordi non sempre piacevoli che, nonostante l’intensa conoscenza degli stessi da parte dei loro superstiti, hanno la capacità di bersagliare da lontano e ferire da vicino, attesa lancinante a tempo indeterminato che, silente, pazienta e, chiassosa, agisce, senza voltarsi indietro, senza curarsi di nessuno.
All’improvviso compare sul marciapiede una giovane donna dal passo frettoloso, indossa una giacca giallo veneziano e una camicetta bianca. Ha un astuccio per flauto traverso di marca Pearl e una borsa, dalla quale affiora uno spartito di cui Taillefer riesce a decifrare al volo il titolo: Syrinx di Claude Debussy.
I loro sguardi s’incrociano, si attraggono. […] Il tutto per un semplice sorriso, un guizzo biondo nel grigiore, alcune note di Miss Dior, una promessa di musica, un lampo d’intelligenza negli occhi, una fossetta sul mento.
Eppure, spesso e volentieri la musica non è la vera nemica.
Forse può obbligare il prossimo a elucubrare negli istanti più sbagliati.
Forse può conciliare la qualunque a porsi domande sicuramente scomode.
Forse può spingere verso una direzione diversa da quella preventivata.
Tuttavia il suo alterare questo e quello rappresenta l’unico modo per provare a voltare pagina e, magari, riuscire ad andare avanti laddove si riteneva impossibile, seguendo la nuova armonia con fermezza e decisione, calibrando il tiro per evitare sia di oltrepassare il limite sia di sedersi sugli allori, guardando la mancanza di suoni come fosse una totale liberazione dai mali dell’universo.
Perché, nel momento del bisogno, quando il silenzio comincia a fare paura, le note sono sempre lì, sul pentagramma della vita, pronte ad aiutarci traendoci in salvo, una scala diatonica alla volta, da qui all’eternità.
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