Mi sto davvero abituando alle piccole parentesi che la rubrica Thr33 Words mi concede, brevi respiri sotto forma di recensione che mi permettono di spaziare con le parole focalizzandomi sui particolari, a mio avviso, importanti di un libro.
Ancora una volta, il mio mirino di lettrice si è puntato su Giuditta Ross e la sua nuova avventura letteraria con Triskell Edizioni, Sotto il kilt… niente, un testo frizzante a cui non ho saputo resistere, nonostante mi fossi ripromessa di aspettare prima di affrontare questo romance semplice nella trama narrativa eppure complesso nel trattare uno dei sentimenti più belli che possiamo vivere, l’amore in ogni sua più minuta sfumatura: infatti, proprio il giorno dopo aver richiesto e ricevuto la copia digitale dalla casa editrice, che ringrazio tantissimo per l’opportunità datami, ho ceduto alla tentazione, senza troppo pensarci, lasciandomi trasportare in Scozia dalla storia di Amalia e Iain, personaggi a tutto tondo che l’autrice ha saputo caratterizzare nel dettaglio, lasciando comunque al lettore ampio margine di manovra per unire i puntini e concretizzare ciò che il suo personale immaginario aveva creato su misura per lui durante lo sfogliare continuo e inarrestabile delle pagine.
Sebbene il genere letterario di Sotto il kilt… niente potrebbe non implicare necessariamente un clima impregnato di segreti da svelare, enigmi da risolvere e vicende frenetiche che, in un susseguirsi sempre più concitato, trovano la giusta collocazione solo al termine del viaggio creato dal suo autore, Giuditta Ross è riuscita a realizzare tutto questo, e molto altro, in un racconto lungo dove il protagonista assoluto di fatto è l’amore, un sentimento nel contempo conosciuto da tutti e ignoto ad ognuno che, travolgente, attraverso un’immensa onda anomala, è stato in grado di includere nel suo raggio d’azione pure i personaggi principali della presente favola moderna, un E vissero per sempre felici e contenti in cui di certo non annoveriamo né la principessa che ci aspetteremmo, la classica figura che, in questo caso, viene sostituita in maniera magistrale da un vivace peperino, né il solito e alquanto monotono principe azzurro che giunge dalla sua bella in sella a un prestante destriero, la rappresentazione canonica che viene rimpiazzata da un altrettanto valoroso cavaliere appiedato vestito di un gonnellino scozzese anziché della solita calzamaglia cerulea, ormai passata quasi di moda.
Tuttavia, il carattere Avventuroso non è insito esclusivamente nella rivelazione e nel conseguente riconoscimento dell’amore da parte di Amalia e Iain, come la scaletta di un romance prevederebbe fin dal suo incipit, emozione che arriva quando meno l’aspettiamo, anche, e soprattutto, nei momenti in cui non siamo pronti a riceverlo e quindi viverlo oppure negli istanti durante i quali crediamo davvero inverosimile per noi essere investiti da una tale esperienza poiché siamo certi di non meritarci una vittoria così eclatante e sbalorditiva. Infatti, prima fra tutte le caratteristiche di Sotto il kilt… niente che tanto richiama l’aggettivo da me scelto è proprio la stessa trama del libro, un plot che, nelle sue righe, racchiude sia movimenti effettivi sia i gemelli apparenti. Il viaggio d’apertura che la protagonista femminile di Giuditta Ross compie verso le Highlands è la dimostrazione tangibile di quanto detto, uno spostamento che induce la dottoressa Rossetti a cambiamenti profondi nelle abitudini, inducendola ad adattarsi a una vita totalmente diversa dalla sua, nuove consuetudini che la accompagnano verso prove da sostenere e superare, incontri scontri in cui sarà costretta a interagire con il prossimo benché non sia la persona più indicata per farlo, relazioni che la impegneranno davvero quanto mai prima d’ora, eventi che quindi la destabilizzeranno dal suo centro per condurla verso il giusto Sole del suo sistema. Tuttavia, non dobbiamo dimenticarci degli avvenimenti di contorno che, sebbene in secondo piano, completano la storia di Amalia e Iain, piccole sottigliezze che in principio sembrano non avere niente da spartire tra loro, ma che, grazie allo scorrere delle pagine, si intersecano in modo irrimediabile, assumendo il ruolo fondamentale per cui erano stati concepiti, tasselli di un mosaico che, nel loro piccolo, fanno un’enorme differenza.
Il secondo aggettivo che ho deciso di associare a Sotto il kilt… niente non è propriamente legato al libro in sé, ma si riferisce più a una connotazione specifica della protagonista femminile, Amalia, una donna che, seppur piccola e quindi in maniera presumibile fragile, dimostra, invece, in tantissime occasioni, il suo lato risoluto e determinato, un minuto spirito forte che non permette a nessuno di soggiogarla, decidendo perciò di rifiutare la parte dello zerbino davanti a una porta su cui tutti passerebbero sopra con snervante tranquillità, senza preoccuparsi di lasciare segni indelebili del proprio passaggio, e abbracciare l’atteggiamento di un guerriero a tutti gli effetti, un carrarmato in miniatura che investe e conquista, nonostante la sua femminilità evidente, ingentilimento delle forme classiche usuale in un esponente del suo sesso, possa in qualche modo sottintendere un ovvio superficiale che decade una volta conosciuta un po’ più a fondo questa dottoressa colta e brillante proveniente dal Bel Paese.
Tuttavia, anche dietro la facciata meglio costruita, può nascondersi un universo completamente diverso da quanto avevamo creduto, una realtà forse migliore a cui dovremmo dare una possibilità per poterne ricevere una in cambio come persone degne, comprovando la nostra validità in quanto individui che si meritano di donare e ricevere, offrire e accettare, amare ed essere ricambiati in egual misura o magari pure superiore, un testa a testa in cui non è importante vincere o perdere, ma solo partecipare. E infatti, al pari di una navigata giocatrice di poker, Amalia assume quotidianamente una maschera con la quale scherma la sua luce interiore agli occhi di tutti gli esseri umani nei quali alla donna capita di inciampare grazie all’ausilio del destino che, a quanto pare, non lesina in merito a sgambetti e incidenti frontali di percorso: l’inadeguatezza della protagonista femminile di Sotto il kilt… niente emerge nella difficoltà della stessa di relazionarsi con le persone, trincerandosi nei meandri dell’arguta sapienza, un’interconnessione necessaria se si vuole intavolare un semplice scambio di pareri dei quali giovare anche e soprattutto quando differenze di fondo emergono senza filtri, o, scalfendo la superficie esteriore, porre le basi affinché si crei un legame da cui, magari un giorno, trarre benefici inimmaginabili, vantaggi non materiali che toccano un cuore fermo e fanno rifiorire la sua corrispondente anima arida, parti di noi dove imperversa, ormai da tempo, una perenne tempesta di neve, stelle di ghiaccio che aspettano il momento giusto per sciogliersi al sole. Sentirsi soffocare nell’intimo dalla derivante paura è l’intuitiva conseguenza a questi meccanismi mentali, giochi subdoli che intorpidiscono pure l’indole più battagliera, serpi impiantate in seno da terzi che, dopo aver annoverato le enormi possibilità per avvelenarci, hanno colto la palla al balzo portando a termine il loro malvagio obiettivo: ad Amalia non resta altro che estirpare tali erbacce dal suo giardino oltremodo curato, tripudio di talee dove i custodi si adoperano per la perfezione di ogni singola minuzia, cercando di dare il la per quella che si dimostrerà essere una crescita sorprendente, trasformazione radicale che potrebbe magari prevedere l’incursione di qualcun altro, un angelo custode che tende le mani e presta il suo ausilio, mettendosi in prima linea e dimostrando che ognuno ha una chance a questo mondo, infinito ripetersi di prime opportunità da cogliere e vivere, totalmente.
In Sotto il kilt… niente la concentrazione del lettore è sicuramente monopolizzata da due aspetti di eguale rilevanza, peculiarità da non sottovalutare che appaiono assai destabilizzanti per l’attenzione di occhi scrutatori in cerca delle emozioni forti che di certo verranno estrapolate dalle pagine di un libro quale è il presente, maratoneti del vocabolo che rincorrono il filo narrativo in ogni suo punto cesellato con la canonica maniera fine di una penna qualificata, uno strumento che solo un’autrice come Giuditta Ross sa maneggiare al meglio, sfruttando ogni sua potenzialità intrinseca in modo tale da esaltarne la capacità e svettare là dove l’inchiostro non era riuscito ad arrivare.
È proprio lo stile della scrittrice italiana il primo elemento di questo romance ad attirare su di sé anche il pubblico più disattento, inquadrando sempre le due parole chiave che ho imparato ad associare alla sua impronta digitata, semplicità e cura, una coppia di assi nella manica che denotano un’intensa passione per i propri figli di carta, cavallo vincente su cui ogni scommettitore deve puntare ad occhi chiusi poiché il guadagno merita l’azzardo: la scelta lessicale straordinariamente accessibile aiuta parecchio la comprensione del testo e, di conseguenza, la successiva assimilazione dei concetti che, nonostante la loro penetrante complessità, risultano alla portata di chiunque voglia avvicinarsi alle vicende narrate, sottolineando in questo modo la premura di Giuditta Ross nel giostrarsi tra le alternative in quel momento congeniali e nel decidere oculatamente la direzione che la storia deve per forza prendere, un modus operandi di totale maestria nel quale il lettore si immerge durante l’arco temporale necessario per sfamarsi con Sotto il kilt… niente, uscendo dal suo sinuoso labirinto diverso da come vi era entrato, un individuo surclassato da un io saturo di ossimori sentimentali, pianti di gioia da una parte, lacrime di risate dall’altra.
Il turbamento esalato dai capitoli della favola di Amalia e Iain è, come lo stesso genere letterario di appartenenza testimonia, l’amore, bufera di sensazioni che avviluppano in focosi vortici crescenti, via vai di flussi che svuotano e riempiono, distruggono e costruiscono, dividono e completano: come una tranquilla spiaggia e le onde che la aggrediscono veementi, i due protagonisti, facce differenti che appartengono a una stessa medaglia di valore, si incrociano per strada in un comune bivio qualunque mantenendo, all’inizio, il naturale riserbo, palese diffidenza della prima impressione, e continuano a imbattersi in loro stessi con reciproca meraviglia, sottintendendo l’estenuante attesa di un prossimo appuntamento non preventivato e iniziando quasi a cercarsi involontariamente nei volti degli estranei, vivendo, inconsci, l’una nella pelle dell’altro, quasi identificassero il paradosso di un solo corpo e un’unica anima, due che, sommati, ritornano un raro uno da cui, a conti fatti, non ci si vuole più sottrarre.
Scheda libro
Titolo: Sotto il kilt… niente
Autrice: Giuditta Ross
Casa editrice: Triskell Edizioni
Pagine: 226
Anno di pubblicazione: 2018
Genere: Romance, Narrativa
Costo versione ebook: 3.99 euro
Costo versione cartacea: –
Link d’acquisto: Amazon (ebook)
Sinossi: A volte ci sono proposte che non si possono davvero rifiutare. Quando il suo più caro amico ed ex coinquilino dei tempi dell’accademia le chiede di raggiungerlo a Edimburgo, come supporto all’equipe di restauro del Museo Nazionale di Scozia, Amalia Rossetti capisce che è proprio una di quelle occasioni.
L’accoglienza in Scozia non è delle migliori ma, finché può passare le sue giornate in laboratorio con i suoi preziosi reperti, Amalia è nel suo elemento. Non teme il clima e neppure i colleghi saccenti e pusillanimi da rimettere al proprio posto.
Solo una cosa non ha considerato: il capo della sicurezza MacLeod.
Iain MacLeod prende molto sul serio il suo ruolo di capo della sicurezza. Dopo che al museo si è verificata un’esplosione la cui natura resta ancora tutta da definire, gli viene affidato il compito di tenere tutto sotto controllo. E tenere le cose sotto controllo, è proprio quello in cui eccelle.
Nascosto nel suo ufficio bunker, esce solo per intimorire, con la sua stazza considerevole e la sua collaudata espressione da osso duro, le frotte di turisti troppo chiassosi che sciamano nelle sale. Fare rispettare le regole sembrerebbe la sua ragione di vita.
Solo una cosa non ha considerato: la dottoressa Amalia Rossetti.
Lascia un commento