Cosa c’è di meglio di una lettura davvero impegnativa a seguito di una completamente opposta, cioè spensierata e leggera? Per il Domino Letterario di maggio, ho deciso, infatti, di addentrarmi in un titolo di Chuck Palahniuk, Fight Club, a cui è ispirato l’omonimo film del 1999 diretto da David Fincher, con protagonisti Edward Norton e Brad Pitt. Ora, vi confesso che ho visto la suddetta pellicola prima di assaporare il romanzo per un semplice motivo, la mia completa ignoranza sull’esistenza di tale opera letteraria. Ve lo giuro, non sapevo che quella resa cinematografica fosse tratta da un libro! Per rimediare, però, non è mai troppo tardi e quindi eccomi qui a recensire un’avventura all’insegna della follia, dove realtà e fantasia si mescolano dando vita a un viaggio inquietante dentro noi stessi.
Tuttavia, prima di presentarvi la mia versione della trama, vi lascio, come sempre, l’elenco degli altri blog partecipanti all’iniziativa di questo mese: ricordatevi di passare anche da loro e, magari, cogliere l’occasione per allungare la lista desideri.
Tyler Durden. Ognuno sa chi è. Nessuno lo sa davvero. Ciò su cui tutti concordano, però, è che è una leggenda: è stato lui a fondare il Fight Club. In cosa consiste questa associazione particolare? Mi spiace, ma sono impossibilitata a spiegarvelo; dopotutto, la prima regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club. Appurato questo, ora passiamo al vero protagonista di questa storia, la voce narrante del libro di Chuck Palahniuk che mai ci svela il suo nome. Ecco, lui è l’unico che conosce veramente Tyler. Si sono incontrati per la prima volta su una spiaggia per nudisti, mentre il leader del suddetto circolo caratteristico pescava pezzi di legno dalla risacca e li trascinava poi sulla spiaggia. È stata un’occasione fortuita, fugace, eppure fondamentale per il destino del personaggio attorno al quale ruota questa vicenda. Infatti, a seguito dell’esplosione del suo appartamento, circoscritta unicamente ad esso, come solo una strana coincidenza poteva provocare, il ragazzo chiama in suo soccorso Tyler che, ben volentieri, lo accoglie in casa sua, dandogli un tetto sopra la testa dove tornare e restare, quanto più gli necessita. Proprio la sera di quel giorno, quando, in cambio della sua ospitalità, Durden chiede al protagonista di dargli un pugno -non importa dove, ciò che conta è la forza, deve essere tanta-, entrambi, insieme, gettano le basi di quello che sarà il Fight Club, una sorta di valvola di sfogo per tutti quelli che vi aderiscono, indistintamente, senza alcuna differenza tra l’uno e l’altro, uomini diversi fuori dalla cricca, copie uguali fatte con lo stampino al suo interno.
Sembra essere tutto nella norma. O almeno così pare, fino a quando il potere accumulato col trascorrere dei giorni eccede e sconvolge chi lo possiede: non è che l’inizio trascinante di un’escalation di eventi, culminante nel modo più inaspettato possibile, scombussolando chiunque entri in contatto con questa storia, lasciandogli come conseguenza tantissime reazioni, tra le più disparate, sorprendendolo fin dall’incipit con uno stile pazzo e decisamente sopra le righe, un modus operandi che mai dimenticherà.
Esiste la vita perfetta? Un secondo è più che sufficiente per illuderci di averla. Dopotutto, possediamo un buon lavoro che eseguiamo nel più efficiente dei modi, osservando alla lettera tutte le regole che ci impone, un impiego di cui siamo enormemente grati perché ci permette di comprare i nostri abiti firmati, che non trascuriamo di mantenere sempre lustri e in ordine, al pari di tutti gli altri buoni dipendenti, le riviste che più amiamo e che leggiamo, come ogni comune mortale che si rispetti, grazie alle quali abbiamo scoperto i bellissimi oggetti di arredamento che hanno reso più confortevole e accogliente il nostro magnifico appartamento, rifugio situato in un quartiere perbene dove i vicini sono persone riguardevoli in egual misura, chiaro. Pare essere il quadretto perfetto di un’esistenza altrettanto perfetta, no? Eppure, se esaminiamo in maniera attenta e scrupolosa ciò che si para di fronte ai nostri occhi, possiamo scorgere facilmente che: gli abbellimenti con i quali soliamo circondarci sono solo cianfrusaglie, chincaglieria che acquistiamo per il semplice scopo di riempire un spazio vuoto, sperando sotto sotto che un giorno potremo apprezzare davvero questi ammennicoli pretenziosi e fuori luogo; la nostra occupazione non ci entusiasma per niente e, certo, non ci sentiamo orgogliosi della posizione che col tempo abbiamo acquisito nell’ambiente lavorativo, un covo brulicante di vita che preferiremmo non frequentare, visto che, a conti fatti, il nostro capo è tremendamente lontano dall’essere considerato un individuo rispettabile e rispettoso nei confronti del suo prossimo, come dal di fuori, invece, sembra essere; quei famosi giornali, svuotati dei veri contenuti, riempiti di robaccia in grado di uccidere qualsiasi neurone nel raggio di chilometri e chilometri, sono soltanto insiemi di pagine che hanno l’unico “nobile” intento di piegarci e plasmare la nostra mentalità a quella di tutti, l’ennesima pecora nel solito gregge; e, infine, ma non meno importante, i nostri bellissimi vestiti -ah, quei magnifici esemplari di sartoria pregiata- sono, rullo di tamburi, esclusivamente dei vestiti che chiunque potrebbe perdere se, per caso, il suo bagaglio venisse smarrito durante uno dei voli presi per viaggiare da una parte all’altra del paese per espletare il proprio lavoro, trasformandosi in una pallina del flipper che, impazzita, rimbalza continuamente, senza mai fermarsi o riposarsi.
Quindi, ricapitolando, in quali aspetti possiamo considerare la nostra vita perfetta? Alla luce dei nostri ragionamenti, praticamente nessuno. E, proprio a questo punto, come fari abbaglianti che fendono la notte grazie alle scie luminose emanate ed elargite in gran misura, ecco la nostra inadeguatezza farsi largo tra la folla, ricordandoci, come se davvero fosse necessario, quanto siamo inutili e insignificanti, esseri umani senza alcuna profondità o spessore degni di essere ricordati, anche alla lontana, dei perdenti che solitari scalano la classifica di altri perdenti per arrivare in cima e vincere il primo premio grazie al nostro cervello, assente, e al nostro carattere, inesistente, spina dorsale che manca e mai ci sarà, permettendo a coloro che contano sicuramente più di noi di scavalcarci e metterci i piedi in testa con facilità, maltrattandoci e palesemente usandoci, senza neanche mascherarlo o fare lo sforzo di indorare la pillola, illudendoci e tenendoci buoni al nostro posto, un sottoposto, piegati al loro volere e soggiogati al loro cospetto. Per chi può, non è affatto complesso, quindi, essere crudele nei confronti dei meno abbienti: a portata di schiocco di dita, con scaltrezza e furbizia, i potenti girano e rigirano la frittata a loro vantaggio, infarcendola di carinerie ed espedienti atti a ingraziarsi subdolamente le loro vittime e continuando su questa falsa riga fino al momento giusto in cui ferirle e inabissarle nel più profondo dei baratri, lugubri galere dalle quali uscire potrebbe essere impossibile nella situazione emotiva in cui si ritrovano i malcapitati bersagli di queste offese gratuite e infinite. Tuttavia, c’è una soluzione per risolvere la faccenda, l’unica peraltro che possa dare una svolta non solo alla nostra vita ma anche a quella di molti altri come noi, annaspatori seriali in cerca di aria in una prigione esistenziale che ci induce all’apnea.
Cosa bisogna fare, quindi? Ribellarsi, semplice. Ribellarsi e dar voce al nostro vero io, esaltandolo finalmente e non cercando di relegarlo in una gabbia perché, essendo la nostra autostima ai minimi storici, liberarlo, secondo il nostro acume distorto, equivarrebbe all’ennesima dimostrazione della nostra gigantesca idiozia in continua espansione. Cominciamo, perciò, a cercare la forza necessaria con la quale affrontare quella che sarà una lunga serie di battaglie e di guerre, attraverso le quali ricercare la nostra vera identità in onor della motivazione che ci spinge, perdendo spesso all’inizio, certo, ma pian piano, attraverso il guadagno sempre bene accetto di esperienza in merito, portando a casa delle vittorie, piccole o grandi che siano, prima rari doni preziosi del destino a cui piace essere avverso nei nostri confronti, poi frequenti abitudini di una vita, quasi iniziassimo a essere finalmente baciati dalla fortuna come i potenti che stiamo combattendo ora, a testa alta, riuscendo anche ad attirare altre persone nella nostra squadra, lottando insieme per far valere la nostra causa, diventata comune e idolatrata dal primo momento in cui l’oratoria e la resa fattuale delle mere parole ci hanno resi invincibili, scoprendoci uomini con un certo calibro, rispettati da molti, timorati da altrettanti, non solo energici e autorevoli nel bisogno, ma anche umili e modesti nelle necessità, evitando di imporci sulla cerchia che intorno a noi si è formata, ma stando in e con essa, portandola al traguardo mano nella mano, uno a fianco all’altro, senza una gerarchia, tutti allo stesso piano.
È necessario, però, un cambiamento radicale per poter realizzare nel concreto questa strategia. Troppo abituati al nostro stile di vita, fatto di routine e consuetudini difficili da sradicare per chiunque, siamo costretti a ritornare al punto di partenza dal quale tutto il nostro io ha avuto inizio e ripartire da lì con una nuova mentalità, ricreandoci da zero e adottando un’esistenza che sembra oscillare tra la realtà, o meglio, tra ciò a cui eravamo avvezzi, e la fantasia, quel mondo inedito completamente da scoprire e di cui esplorare ogni cavità in modo minuzioso e dettagliato, ritornando a galla dopo minuti e minuti passati sott’acqua uguali a come eravamo un tempo, diversi da come siamo sempre stati, migliorati rispetto la nostra vecchia versione di persona, peggiorati nei riguardi di chi, una volta, avevamo identificato con noi stessi.
Più ci inoltriamo in questo universo, più ci domandiamo se è tutto vero, chiedendoci se effettivamente il vissuto di cui ora siamo protagonisti è reale. Un attimo e il confine tra concretezza e illusorietà è varcato, arrivando a un punto in cui non si è più coscienti di dove termina l’una per permettere all’altra di prendere piede, e viceversa.
Esse si mescolano, intrecciandosi senza pietà, concependo un viaggio che va oltre il nostro mero riflettere, un trip mentale e folle che ci porta a una conoscenza più intensa di chi siamo davvero, scoprendo non solo le nostre caratteristiche positive, ma anche quelle negative che, nella loro natura avversa e ostile, rimangono più impresse di qualsiasi altra loro copia propizia, marchiando a fuoco ciò che è rimasto del nostro essere, pentito di fronte agli atti compiuti, anche se inconsapevolmente, affranto di come le vicende si siano evolute, nonostante pensasse che una piega così mai sarebbe stata presa, sorpreso di quanto sia bastato affinché la situazione degenerasse, nonostante non fosse quello l’obiettivo finale, deluso di sé stesso per ciò che è stato capace di fare, sebbene all’inizio non si sentisse in grado neanche di pensarlo possibile.
E ora? Quando il nostro nuovo mondo sembra andare sempre più a rotoli, come potremmo mai prendere di petto la situazione e cercare di salvare il salvabile? Scappando il più lontano possibile? Rifugiandoci da qualche parte, braccati da quelle persone che credevamo amici e dai sensi di colpa per ciò che abbiamo avviato noi e soltanto noi? Permettendo a questi individui di portarci via la nostra vita e appropriandosene così, senza neanche lottare, senza neanche usare un’oncia di quella forza che abbiamo scoperto di avere nascosta nel nostro animo? Siamo riusciti una volta a reinventarci e risorgere, ricreare e distruggere: possiamo farlo un’altra volta.
Fight Club è un romanzo sui generis, la stessa follia pura che ho potuto captare vedendo il film di David Fincher, resa, in questo caso, ancora più tale attraverso l’uso dello stile adottato dall’autore, Chuck Palahniuk, un approccio alla scrittura che si fa percepire, fin dalle prime righe, immediato eppure di difficile comprensione, caotico eppure ordinato, in una resa malsana di frasi ad effetto e profonde, capace di incatenare il lettore alle sue pagine, tenendolo sulle spine e sospingendolo su un’altalena oscillante tra le più grasse risate e un climax culminante di tristezza. Sebbene l’edizione che ho comprato io sia poco curata, a causa di alcuni errori ortografici e parole contenenti lettere semi cancellate, caratteristiche che non hanno assolutamente leso la mia lettura ma che hanno urtato davvero il mio spirito di lettrice perfezionista e maniacale, Fight Club è una piccola perla letteraria che vi consiglio caldamente, un insieme di pensieri all’apparenza sconclusionati, incastrati tra loro come se fossero pezzi di puzzle differenti forzati a formarne uno solo, ma che, alla fine, vengono distinti nel modo in cui sono stati concepiti, cioè nella forma di innumerevoli elucubrazioni, confuso vociare di sinapsi troppo utilizzate, come se stessero a indicare le tantissime sfaccettature diverse che possono coesistere in un uomo solo, accozzaglia di idee agli antipodi che ci rendono perfetti e imperfetti contemporaneamente.
Noi non siamo speciali.
Non siamo nemmeno merda o immondizia.
Noi siamo.
Noi siamo soltanto e quello che succede succede soltanto.
Scheda libro
Titolo: Fight Club
Autore: Chuck Palahniuk
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 223
Anno di pubblicazione: 2004
Traduttore: T. Dobner
Genere: Narrativa contemporanea
Costo versione cartacea: 11.00 euro
Costo versione ebook: 6.99 euro
Link d’acquisto: Amazon
29 Maggio 2017 at 11:00
Conosco sia il romanzo che il film. Ho adorato entrambi e mi ritrovo nella tua riflessione finale. Una cosa che amo di questo autore è il suo essere crudo, diretto. Bellissima recensione.
29 Maggio 2017 at 13:17
Fantastico 😀 Magari hai letto altro di Palahniuk? Mi piacerebbe approfondire la sua conoscenza 🙂 Se hai consigli, spara 😉 <3
Grazie per i complimenti 😀 <3
29 Maggio 2017 at 18:17
Non ho visto il film e non conoscevo il romanzo, bella recensione, non so però se sia nelle mie corde
29 Maggio 2017 at 18:23
Magari prova a vedere il film 🙂 È davvero fatto bene e, in caso ti piacesse, sarebbe già un buon punto di partenza per capire se il romanzo da cui è tratto potrebbe essere ciò che fa per te 😉 <3
30 Maggio 2017 at 21:02
Non conoscevo minimamente il libro, ma, dopo la tua recensione ho voglia di leggerlo immediatamente =)!
30 Maggio 2017 at 21:43
Ah però 😀 Felice di sentirtelo dire <3 Spero ti piaccia 😀 <3
31 Maggio 2017 at 21:21
Non conoscevo né il libro né il film. Bella recensione!
31 Maggio 2017 at 21:41
Meritano 😀 Magari prova col film prima 😉 Tanto per tastare il terreno 😀
Grazie per i complimenti <3