Purtroppo, alle volte, possono capitarci delle giornate no, quelle in cui proprio non si vuole fare niente, a parte fissare imperterriti il muro dinanzi a noi, in cerca di un chissà quale segno provvidenziale, come se ci fossimo mutati in gatti, animali reputati ancora più curiosi se beccati a guardare con molto impegno una parete spoglia, dove elementi pressoché invisibili attirano l’attenzione di questi felini per lungo tempo. Per una persona tanto attiva quanto me, un individuo che, quindi, si stanca a oziare e perdere minuti preziosi in questa futile maniera, è davvero svilente e arduo “adattarsi” a un atteggiamento che mal si accosta al suo essere. Mi ricordo quel lunedì, come se fosse ieri, l’incipit di una settimana da cestinare in ogni suo più piccolo aspetto, se esaminato anche con approssimazione, tanto si era rivelata una batosta da incassare, colpo su colpo, come una serie di pugni dritti alla bocca dello stomaco. Tuttavia, niente di tutto ciò ha frenato la mia curiosità, sebbene essa fosse decisamente smorzata, come quando una melodia cambia tonalità adottandone una minore a quella di partenza. Dato il mio stato emotivo decisamente provato, mi volevo concedere solo poche pagine, una manciata, del nuovo romanzo in programma da leggere, cioè Chiamami Anam di Igor Damilano e Cinzia Lacalamita, un lavoro a quattro mani, segnalatomi dalla casa editrice, che mi aveva affascinata fin dalla sua sinossi: è stato amore a prima vista, così dirompente e vigoroso da indurmi a non staccare gli occhi dal libro, se non nel momento stesso in cui lo finii, qualche ora dopo averlo iniziato. La lettura si è dimostrata la migliore medicina per uscire da quello stato di sconforto e stasi che proprio non riuscivo a superare. Per questo, prima di aggiungere altro, volevo ringraziare i due scrittori perché, per merito loro, mi sono potuta concedere una profonda tregua in quel piccolo lasso di tempo impiegato per conoscere e adorare la storia della coppia 26 A.

Jamal Zoogo deve trovare una soluzione in fretta. Sembra che questa volta ci sia un’enorme affluenza di persone, lì alla zona di smistamento, uomini e donne di qualsiasi nazionalità ed età, un melting pot colorato non solo dagli abiti da loro indossati ma anche dal cielo, visibile attraverso le ampie vetrate senza tendaggi, che, con le sue sfumature, ricorda molto i campi di lavanda della Provenza. Per evitare rivolte, o comunque manifestazioni troppo irruente di frustrazione e rabbia per l’attesa decisamente lunga, da parte di alcuni tra questi possibili futuri candidati, siano essi in coda per avere il codice alfanumerico che li identificherà o attendano pazientemente di scoprire il loro avvenire, è necessario mantenere la guardia alta. Proprio per questo, il direttore avvisa Gillian Kooper, una donna dello staff che ha il compito di assegnare ad ogni nuovo venuto l’identificativo personale con il quale, da ora in poi, verrà distinto: dovrà non solo aprire l’ala nord, affinché defluisca un po’ quella marea di gente, ma dovrà dare la precedenza a un uomo che sta creando non poco scompiglio tra le fila, un possibile soggetto F che però deve essere accertato dagli occhi sapienti di questa dipendente, la più celere e precisa a detta del signor Zoogo, così da permettere al tale individuo un accesso privilegiato e velocizzato all’Anticamera, confidando di lenire, in questo modo, almeno leggermente, la sua crescente irritazione. Si sa, l’attesa può essere davvero snervante se non si ha la pazienza necessaria a sopportare. Peccato che in quella particolare sala d’aspetto, ci siano già diciotto persone più della massima capienza di cui quel luogo è caratterizzato. Lì, possiamo trovare: dei bambini che giocano e fanno chiasso, nonostante la madre li rabbonisca ogni due per tre, inutilmente; dalla parte opposta, quattro paia di occhi che fissano i ragazzini sopra citati in maniera assai truce, sguardi che hanno visto parecchio e che forse non vedono più tanto bene, dato che appartengono a quattro anziani signori; una coppia di amanti decisamente fuori luogo che non fanno altro se non toccarsi, in maniera anche troppo esplicita, lasciando intendere ciò che vorrebbero concedersi in quel momento, iniziando quasi dei preliminari che proprio in pubblico sarebbe doveroso evitare; di fianco a loro, una coppia prossima alla mezza età che mano nella mano si aiuta vicendevolmente, cercando di sedare la crescente paura nei confronti di ciò che la attende oltre quella porta, un uscio che ognuno dei presenti dovrà varcare da solo. O forse no? Dopotutto, quest’uomo e questa donna, legati dall’amore corrisposto che nutrono l’uno nei confronti dell’altra, hanno lo stesso codice alfanumerico, 26 A. Cosa dovrebbero significare quelle due cifre e la lettera che le accompagna? Cosa c’è oltre quella soglia, temuta eppure agognata, per la quale tutti lì stanno attendendo il loro turno per varcarla? Ma, soprattutto, cosa il futuro concederà loro? Staranno ancora insieme o verranno divisi per sempre? Ora come ora, non sanno le risposte a tutti i suddetti quesiti, ma dipaneranno presto i dubbi che li attanagliano, comprendendo anche qual è il domani a cui sono destinati. Se siete desiderosi di intraprendere un viaggio diverso dal solito, che vi porterà a conoscere una storia enigmatica, il cui dilemma si risolve pagina dopo pagina nella sua perfetta bellezza, se volete bearvi di una narrazione fluida e coinvolgente, che sottolinea un utilizzo eccezionale delle parole, un vocabolario pieno e quasi armonioso della nostra lingua, allora Chiamami Anam fa davvero per voi.

Molto spesso capita che due situazioni totalmente differenti portino, attraverso una serie di circostanze fortuite e non, a uno stesso punto di arrivo, l’intersezione di due insiemi che, senza quella piccola e infinitesima congiunzione, sarebbero da considerare disgiunti, separati, impossibilitati ad avvicinarsi quel tanto che basta per toccarsi. In questo modo, senza preavviso, abbiamo un incontro inaspettato tra persone diverse, non necessariamente conoscenti, non obbligatoriamente vicine, individui che in pratica non sembrano avere niente da spartire tra loro, anzi, paiono avere tantissimi aspetti, tra i quali mentalità e atteggiamento verso il prossimo, che li indurrebbero a scappare dalla parte opposta pur di non confrontarsi con esseri umani così dissimili da loro, sentendosi quasi allergici nell’allargare troppo le loro conoscenze, senza sconfinare, di conseguenza, i limiti dell’habitat naturale a cui sono abituati, ambiente che conoscono a menadito, preferendo quindi evitare di andare a sondare ciò che sta oltre, recandosi verso territori inesplorati, popolati molto probabilmente da gente in “cattività” da cui sarebbe meglio stare alla larga.
Si comincia, perciò, a credere nelle coincidenze, situazioni inusuali e improvvise dove la realtà si imbatte con l’improbabilità diventata ora tangibile ed effettiva, fulmini a ciel sereno che rimangono impressi nonostante il loro apparente non significato e la loro caratteristica fugacità, diventando indelebili nella nostra mente, sebbene sembrino episodi destinati al dimenticatoio tanto paiono essere banali, sciocchi e privi di qualsivoglia spessore, vicende di poco conto che hanno l’aria di scivolarci addosso senza lasciare alcun segno distintivo, senza marchiarci a fuoco con scottanti lacerazioni, piaghe che per sempre e costantemente si farebbero percepire, brucianti nella loro natura e graffianti nella loro accezione.
E se queste combinazioni, invece, non fossero mere fatalità, ma il risultato di precise mosse studiate a tavolino dal caso, una sorte che sospinge il genere umano a vivere attimi fugaci destinati a rimanere per sempre, architettati e ideati alla perfezione, su misura di coloro ai quali sono indirizzati, inducendoli ad arrivare proprio lì, a livello di quegli istanti rubati alla loro vita e a quella di chi li ha incontrati per strada? Si dice che il futuro di ognuno di noi, il percorso che passo passo dovremo affrontare per continuare l’esistenza e andare avanti, voltandoci indietro per nostalgia, forse, ma proseguendo con curiosità e voglia di avventura dove la speranza più rosea, nonostante tutto, è di casa, quell’avvenire misterioso di cui non si sa niente e per il quale i prognostici sono a dir poco inconcludenti e inutili, sia scritto nelle stelle, luminosi astri che ci indirizzano verso la meta corretta, fatta su misura per noi, lampioni naturali che, come fari nella notte, identificano la rotta giusta per giungere al porto in maniera sicura e diretta, il traguardo tanto agognato e desiderato dove, finalmente, vedremo e assaporeremo in prima persona ciò che ci è stato destinato, ciò che ci apparterrà di diritto, ciò che ci rappresenterà da quel momento in avanti. Non importa dove siamo ora o con chi stiamo trascorrendo il nostro tempo adesso: se il caso lancia i dadi, decidendo il luogo al quale dobbiamo giungere, le persone che dobbiamo incontrare e quindi conoscere, siamo “obbligati” a seguire le indicazioni dateci per via indiretta perché, anche se decidessimo di svoltare prima o dopo cambiando la direzione assegnataci, noi giungeremo comunque nel luogo prestabilito in quanto non si può sfuggire da quello che rappresenterà il nostro futuro, non si può scappare da quello che si sarà, non si può fare dietro front dinanzi a coloro che faranno parte della nostra vita.
Tuttavia, non si ottiene mai qualcosa in cambio di niente. Seppur la maggior parte degli episodi che ci capitano sembra non avere alcun nesso logico, quell’attinenza basilare che potrebbe relazionare ogni vicenda vissuta in maniera indissolubile e profonda, sebbene pare che tra i vari eventi della nostra esistenza viga una sorta di sconnessione, come se tra loro non ci fosse alcun punto di contatto, nonostante tutto questo, ogni azione a cui e di cui siamo soggetti comporta conseguenze, non solo per quanto riguarda noi stessi, sancendo l’inizio o la fine di qualcosa che segnerà o ha segnato, più o meno, il nostro piccolo mondo, ma, a volte, anche nei confronti del prossimo, provocando in esso determinati cambiamenti, positivi o negativi che siano, al pari di una reazione a catena, un domino dove la fortuna, nella sua paradossale logicità, gioca un ruolo decisamente fondamentale e di rilievo, rubando la scena agli altri attori, esibendosi in un assolo che rimarrà impresso per sempre nella mente e nel cuore del suo pubblico, facendogli realizzare che in fin dei conti, sotto sotto, tutto può essere la causa del tutto che può esserne il suo effetto. Proprio per questo motivo, è di vitale importanza prendersi il tempo necessario per riflettere su quanto si sta per fare, su quanto si sta per dire: non si può mai prevedere in anticipo cosa scaturirebbe da simili gesti o dopo aver elargito tali parole che, si sa, possono ferire più di una qualsiasi arma distruttiva, non si può essere certi al 100% se le conseguenze saranno lievi o di scarsa rilevanza, ma, soprattutto, non si può credere davvero che il nostro atteggiamento e il nostro modo di porci nei confronti di coloro che si imbattono, per caso, sul nostro cammino non conteranno un giorno, quando saremo alla resa dei conti, nel momento in cui rivivremo i ricordi lontani e fumosi, forse, ma, al contempo, evidenti e chiari, quasi non fossero passati degli anni da quella volta che li abbiamo vissuti in prima persona, andandoli così a rivedere con occhi diversi, mentalità opposta, con uno sguardo interiore differente dal nostro personale e classico Grande Fratello. Niente e nessuno passano inosservati: ciò che si semina prima rappresenta ciò che si raccoglierà poi, nessuno sconto, nessuna scappatoia, nessuna via d’uscita in caso il terreno da noi coltivato sia zeppo di erbacce, segno di una non cura protratta nel tempo.
Non tutto, però, è perduto, se mano nella mano con noi c’è il vero Amore, non più il sentimento largamente conosciuto al mondo, ma un vero e proprio modo di essere nel quale vivere diventa un dono che si dedica all’altro, quel luogo fittizio e reale insieme dove ognuno, anche chi sembra sull’orlo del baratro, viene salvato e preservato, un Amore che ci distingue dalla nostra dolce metà e ci amalgama ad essa nello stesso istante, soccorrendoci per sentirci completi, finalmente interi dopo tanto peregrinare in cerca dell’unica persona che ci avrebbe davvero resi speciali, un individuo che riesce ad accorgersi delle nostre qualità, fiori all’occhiello che noi stessi magari non credevamo di possedere, ma di cui effettivamente siamo caratterizzati, e ad esaltare i nostri difetti, quei piccoli nei che vorremmo nascondere, cancellare, eliminare in via definitiva ma che, invece, andrebbero celebrati perché identificano proprio loro le caratteristiche principali che ci rendono noi e che sottolineano in maniera esplicita l’inimitabilità della nostra indole, simile eppure diversa da quella di tutti gli altri, un’Emozione che ci permette di rimanere noi stessi e nel contempo di volgere lo sguardo verso uno dei cambiamenti più radicali ai quali potremmo sottoporci, uno sviluppo totale che interessa non solo la nostra interiorità ma anche il modo di vedere il mondo che ci circonda, aiutandoci a plasmarci e a “convertirci” alla fiaba che ognuno vorrebbe vivere, sempre e ovunque.

Con una scrittura limpida e nitida, esaltata in certi punti con parole che ci ricordano le infinite possibilità del dizionario italiano, e uno stile armonioso e dolce, quasi musicale nell’andamento con il quale culla il lettore accompagnandolo, pian piano, negli anfratti più nascosti del romanzo, illuminandogli con una piccola torcia il percorso che si sta affrontando, una strada che forse all’inizio può sembrare decisamente non molto accattivante, in quanto ancora la foschia delle domande emerse sulla e per la storia che si sta leggendo permane, senza lasciare scampo fino a quando tutto non avrà una risposta soddisfacente, ma che, nel momento in cui la nebbia si dirada e mostra il panorama mozzafiato che aveva celato in maniera magistrale e a cui lascia molto volentieri il posto d’onore, si trasforma in un viale maestoso e preciso, come se fosse organizzato in uno schema definito, dove il destino magari ci ha messo lo zampino, ricco e completo in ogni suo dettaglio, anche in quelle minuzie che non hanno chissà che rilevanza e quindi dove ci si potrebbe benissimo non soffermare, ma che denotano una cura meticolosa nel rendere una trama, già di per sé esaustiva, più delineata e arricchita, Igor Damilano e Cinzia Lacalamita sbarcano insieme nel mondo letterario con un’opera senza eguali, dove ci viene dimostrata l’importanza di ognuno di noi nella vita dell’altro, rivelandoci che, nonostante al caso piaccia sfidare la nostra pazienza ponendo ostacoli non banali sul nostro cammino, a volte ci delizia con piccoli doni significativi, presenti considerevoli che faranno un’enorme differenza nella nostra esistenza, allietandoci le giornate come mai prima ci era capitato.

 
 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Chiamami Anam
Autori: Igor Damilano, Cinzia Lacalamita
Casa editrice: Imprimatur
Pagine: 112
Anno di pubblicazione: 2016
Traduttore:
Genere: Narrativa contemporanea
Costo versione cartacea: 14.00 euro
Costo versione ebook: 6.99 euro
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