Vi è mai capitato di incuriosirvi tanto di una trama e accettare di buon grado di leggere il libro dove essa prende vita? Se poi al seguito ci sono tantissime recensioni più che positive, l’attrazione diventa così forte e magnetica da trascinarti inesorabilmente verso il Kindle e iniziare a leggere la causa delle tue pene librose. Tuttavia, quando scopri che qualcosa non va, qualcosa che non passa inosservato al tuo occhio clinico, capisci che forse hai riposto aspettative troppo alte, fattore di cui ti maledici perché, magari, non nutrendo alcuna previsione positiva, avresti apprezzato molto di più il romanzo in questione. A me è successo con Bello e maledetto di Daniele Sbaraglia, che ringrazio di tutto cuore per averci inviato la copia della sua opera prima, nonostante la mia opinione leggermente negativa. Ciò che forse mi delude di più è non essere riuscita ad amare il suo scritto, ma, dopotutto, ogni lettore è diverso dagli altri e, perciò, avere pareri diversi e contrastanti è all’ordine del giorno. O sbaglio?

Shon sta passeggiando in solitaria sulla spiaggia, non un lido qualunque, ma uno dei teatri principali della sua adolescenza, dove ha vissuto moltissime esperienze di vita, tra cui anche l’amore. Mentre cammina, pensa agli anni passati, agli eventi di cui è stato il protagonista, alla libertà che ha contrassegnato tutta la sua esistenza, quello stesso arbitrio che l’ha portato dove è ora, a gironzolare sulla sabbia, in comunione unicamente con sé stesso e l’ambiente circostante, senza compagnia, senza mai averla avuto davvero. Non nutre alcun rimpianto: ha sempre fatto tutto ciò che ha voluto, come amare chi desiderava per quanto più lo riteneva opportuno, vivere davvero tutte le esperienze che il mondo gli offriva senza freno, viaggiare dove lo portava il vento, dove più la voglia e il desiderio lo sospingevano, evitando inutili schermaglie con chicchessia e quei momenti imbarazzanti durante i quali spiegare il motivo di un simile comportamento, atteggiamento che lo salvava proprio negli istanti in cui si sentiva oppresso dalla claustrofobia che ogni tipo di costrizione gli generava, catene imprigionanti e opprimenti da cui soleva fuggire per non rimanerne imbrigliato, onorando la chiamata della nuova travolgente avventura che l’avrebbe accolto a braccia aperte fin dal giorno successivo. Sicuramente, tre le varie decisioni prese, ne annovera di sbagliate, scelte che l’hanno condotto nella direzione errata, lontano dal vero obiettivo che aveva prestabilito per sé; eppure, nonostante tutto ciò, Shon ha vissuto interamente ciò che la realtà gli ha offerto, senza tirarsi mai indietro, mettendosi in gioco per avere il meglio e raggiungere finalmente la felicità, a spese anche di chi nutriva dell’affetto per lui. Solo adesso, il Bello e maledetto si sente cresciuto completamente, a sessant’anni, dopo essere finalmente maturato e cambiato, proprio quando ormai ha giocato tutte le sue carte, puntando tutte le fiches nel piatto, mostrando la sua mano e svelando gli assi della manica. Come è giunto fino a questo punto? Cosa ha caratterizzato la sua vita estremamente sregolata e fuori controllo?
Daniele Sbaraglia descrive la vita di una sorta di anti-eroe moderno dall’animo tormentato, svelandoci tutti i suoi segreti, riavvolgendo il tempo e cominciando dagli anni in cui era giovane e desideroso, più di ogni altra cosa, di una vita libera e viva.

C’è un momento nella vita di ognuno di noi che segna una svolta importante, un turning point interiore che sancisce il passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta, un bivio a livello del quale scegliere la strada da percorrere in via definitiva decreterà il nostro avvenire già da quell’istante per il resto dei nostri giorni.
Non esiste una data precisa o un’età altrettanto netta in cui diventiamo i protagonisti indiscussi di un tale cambiamento radicale. Sappiamo soltanto che esiste e che prima o poi si manifesterà, portando non poche conseguenze nel nostro mondo, stravolgendo la realtà di sempre in favore di un nuovo diverso, come se ci permettesse di aprire gli occhi e finalmente vedere, come se guardassimo per la prima volta non solo le prospettive che da ora in avanti possiamo vivere, ma anche ciò che ha caratterizzato la nostra esperienza, quel passato che molto spesso ci trasciniamo dietro come un bagaglio ingombrante che vorremmo dimenticare, quel tempo andato che di frequente ritorna alla nostra mente attraverso i ricordi e immancabilmente ci porta a riflettere, rimuginare, dissezionare tutte le precedenti mosse giocate a una partita di scacchi cruciale, quella rappresentante la nostra vita in ogni sua minima peculiarità.
Da questo sviluppo, necessario per poter andare avanti e non rimanere ancorati ai desideri pressanti e cocenti che una volta ci muovevano, scaturisce una nuova consapevolezza, sintomo più evidente della suddetta maturazione, che, alla fine della serata, dopo l’ammazza caffè, ci porta un conto salato, così caro da superare le nostre misere liquidità disponibili, specificando, in un elenco minuzioso e particolareggiato, ogni dettaglio sordido, tutte le intime e segrete vicende in cui abbiamo sperimentato, in maniera libera e vorace, ogni esperienza possibile in nostro potere, cercando sempre una situazione più affine alla nostra persona, qualcosa che rispondesse alle esigenze insaziabili e indomabili del nostro spirito libero e che finalmente riuscisse nell’ardua impresa di soddisfarci, facendoci sentire una buona volta appagati dal nostro universo su piccola scala. Guardare al passato con occhi nuovi, semplici e pallide imitazioni dei bulbi oculari che, fino a poco tempo prima, ci accompagnavano per mano nel mondo, creando panoramiche alterate rispetto le loro gemelle reali grazie al filtro che la sregolatezza ci imponeva o, da un altro punto di vista, ci regalava, è il percorso formativo che inconsapevolmente abbiamo compiuto, viaggiando in noi stessi, cercando l’essenziale della vita dentro la persona che siamo diventati, tesoro nascosto anche al nostro sguardo interiore che ci induce a tirare le somme, ripartendo dal risultato, da quell’esito finale, il quale spinge chi lo calcola a limitare ed evitare quei fronzoli che frenano solamente il nostro procedere e, in maniera superflua, impacchettano la realtà, addobbandola così tanto da offuscare la sua mera bellezza e storpiare la sua natura originale e minimale.
Ma prima? Cosa vedevamo prima? La realtà era un bel parco divertimenti, dove impiegavamo davvero pochi secondi per scendere da una montagna russa e salire su un altro ottovolante, non smettendo mai di rinvigorire il fuoco della curiosità con nuova legna, sentendoci liberi, con il vento nei capelli, la testa fra le nuvole, cercando in ogni modo di assecondare le proprie voglie, solcando l’onda dell’entusiasmo di realizzare tutto quello che ci passava per la testa, senza alcun limite da non superare, senza alcuna costrizione da rispettare rigorosamente, niente di niente, se non selvagge e infinite possibilità. La corsa adrenalina verso l’affascinante ignoto può essere vista non solo come manifestazione della nostra libertà più sfrenata, indice di uno spirito spavaldo e fuori controllo, ma anche come fuga dalle responsabilità che possono scaturire da una diversa presa di posizione, una corsa eterna verso la direzione opposta alle situazioni claustrofobie che la realtà può imporci, senza nemmeno degnarsi di avvisare, cogliendoci di sorpresa e annichilendoci, arrivando quasi a estinguere la luce emanata da quel faro che esorta il nostro io recalcitrante verso nuovi lidi entusiasmanti e sprizzanti della linfa vitale di un puro dinamismo senza fine.
In un quadro così fuori dagli schemi, avere una vita “normale” è chiaramente impossibile perché la routine è colei che per prima recinta il nostro fuoco inestinguibile, smanioso, in modo indefinito e imperituro, di libertà. Anche amare diventa un tabù del nostro quotidiano: sebbene nel profondo subconscio volessimo poter provare una tale emozione verso qualcuno, lasciandoci magari ricambiare completamente, anche se tutto ciò che nutriamo nel nostro cuore fosse poter percepire e conoscere un sentimento che ci è sempre stato estraneo e negato nelle situazioni in cui i riflettori dovevano essere proprio puntati su di lui perché in procinto di proporsi in un assolo momentaneo sul palco propostoci dalla realtà, non possiamo lasciarci andare e vivere l’amore, come vorremmo davvero: tale entità profonda e importante da una parte potrebbe ritornarci con gli interessi le passate esperienze tragiche, rimembranze su cui si è sempre cercato di porre sopra una pietra di dimensioni così considerevoli da credere di poterle sopprimere per il resto della nostra vita, dall’altro lato creerebbe un legame, uno di quelli che cerchiamo di negarci per paure di perdere ciò che di più prezioso abbiamo, quel libero arbitrio che ogni volta osanniamo e proviamo a celebrare seguendo lo slancio prorompente di nuove avventure tutte da vivere al massimo.
E se scegliendo così potremmo ritrovarci in errore? Probabile, certo, dopotutto non possiamo prevedere dove ci porterà una strada invece che un’altra, ma l’importante è decidere, optare per l’alternativa che più sembra rispondere alle nostre esigenze e che più stuzzica la fame del nostro animo curioso e girovago, anche se fare una scelta non è affatto semplice, niente lo è, nemmeno quando le premesse paiono annunciarlo. Il segreto sta nel non pentirsi del passato e dei percorsi intrapresi perché proprio tali scelte ci hanno forgiato, temprato e portato alla persona che siamo diventati ora, nonostante si sa che con quelle decisioni si è ferito le persone a noi più care, quelle senza le quali non saremmo neanche qui, gli individui a cui dobbiamo tutto, coloro che hanno avuto un ruolo fondamentale nella nostra vita. In questo caso, redimersi per rimediare è l’unico modo per mettere l’animo in pace, sebbene forse sia decisamente troppo tardi, e, nonostante il perdono ci delizi con la sua inaspettata presenza, magari non basta a cancellare ciò che è stato e sicuramente ci fa “paura”, inaugurando un nuovo inizio e, chi lo sa, quel legame a cui siamo fortemente allergici, implicando così un’altra fuga, un’altra corsa sfrenata verso un luogo che sa di libertà, lontano da tutti, ma soprattutto da ogni essere umano che cerca di raggiungerci, in ogni modo, sperando che si stanchi, che la smetta di lottare contro i mulini a vento come un moderno Don Chisciotte, che capisca di perdere tempo a rincorrerci, minuti che potrebbe impiegare in altre attività, come, ad esempio, rivolgere la propria attenzione verso qualcun altro, qualcuno di più degno e meritevole, qualcuno che non siamo certamente noi.

Bello e maledetto rappresenta un profondo viaggio interiore ed esteriore, capace di trascinare il lettore in una storia accattivante e molto coinvolgente, se solo le fosse stata resa la corretta giustizia che meritava dal suo autore. Infatti, nonostante le premesse più che rosee, non sono riuscita a entrare in sintonia con nessuno dei personaggi del romanzo di Daniele Sbaraglia, non percependo alcuna emozione, se non la completa apatia, evento decisamente strano per me perché mi ritengo una delle persone più emotive che ci siano. Oltre a ciò, la lettura, già resa difficile dagli evidenti errori ortografici e nell’uso scorretto della punteggiatura, è diventata più faticosa e a tratti noiosa nella parte del libro dove il protagonista, Shon, impara a vivere in comunione con se stesso e l’ambiente circostante, facendo scorrere davanti agli occhi del lettore delle scene come di un film, un misto tra Cast Away e The Karate Kid, una pellicola quella dello scrittore che, però, non ha reso l’idea di fondo che doveva giungermi: penso che sia davvero una delle tematiche più ardue da sviluppare nel migliore dei modi, rappresentante quasi una delle dodici fatiche di un autore, un traguardo tosto e difficoltoso da conquistare, ma al quale, con le dovute accortezze e scelte letterarie, è possibile arrivare, vincendo quel premio ambito, desiderato da tempo, per il quale si è sudato e che, quindi, si è meritato.

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Bello e maledetto
Autore: Daniele Sbaraglia
Casa editrice: Lettere Animate Editore
Pagine: 214
Anno di pubblicazione: 2016
Traduttore:
Genere: Narrativa
Costo versione cartacea: 15.00 euro
Costo versione ebook: 1.49 euro
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