Quando ci si affeziona a uno scrittore, attaccarsi a lui fino a prosciugarne la bibliografia è normale amministrazione, non a caso sta succedendo la stessa cosa tra me e Daniel Pennac, infatti, dopo l’esperienza malausseniana, ho colto al volo l’occasione di leggere Storia di un corpo, traduzione italiana del titolo originale Journal d’un corps (Diario di un corpo), molto più azzeccato a mio parere dato che il romanzo è proprio un diario, scritto dal protagonista, di cui non viene mai definito il nome, a partire dai dodici anni e lasciato alla figlia Lison come regalo post mortem, recapitatole insieme a una lettera di spiegazione la mattina del suo funerale.

Ma puntualizziamo: non racchiude segreti inenarrabili né espone barbosi resoconti di una quotidianità altrettanto noiosa, bensì porta impressi le sensazioni, i malesseri e le scoperte meravigliosamente fisiche che hanno colmato la sua vita, annotati dal giorno in cui, da bambino, cade vittima di un episodio imbarazzante causato dal suo corpo, incapace di controllare. Perciò, per vincere la paura che lo paralizza, appende la tavola anatomica di Larousse allo specchio, sua grande nemesi, e comincia a osservare se stesso e i cambiamenti continui che lo coinvolgono con il rigore di uno scienziato e lo stupore dei suoi occhi di bimbo.

Ripensando a tutte le mie paure, ho fatto un elenco di sensazioni: la paura del vuoto mi fa strizzare le palle, la paura delle botte mi paralizza, la paura di avere paura mi angoscia per tutto il giorno, l’angoscia mi provoca le coliche, l’emozione (anche piacevolissima) mi fa venire la pelle d’oca, la nostalgia (per esempio pensare a papà) mi inumidisce gli occhi, la sorpresa mi fa sobbalzare (anche una porta che sbatte!), il panico può farmi scappare la pipì, il benché minimo dispiacere mi fa piangere, la rabbia mi soffoca, la vergogna mi rattrappisce. Il mio corpo reagisce a tutto. Ma non so mai in che modo reagirà.

Esplora il mondo attraverso i sensi, fidi strumenti con cui analizza i meccanismi e le reazioni di quella strana macchina di carne, ossa e sangue, i cui ingranaggi sono gli organi, i cavi le vene, il motore il cuore, e, col passare degli anni, pur acquistando maggiore consapevolezza, conserva una certa timida curiosità nei confronti del proprio corpo che lo spingerà a tenerne traccia per quasi un secolo, fino alla ruggine, ai cigolii e alla caduta in pezzi. Sia per poche righe o per intere pagine, l’uomo non manca di trascrivere i pensieri suscitatigli dagli eventi corporei su cui posa lo sguardo ironicamente pudico, dedicando attenzione anche a piccole cose, solitamente giudicate insignificanti, come uno sbadiglio o un neo, e soffermandosi in particolare sulle emozioni che imperversano dentro di lui e sui loro effetti: la nostalgia di Violette, il suo ricordo celato nel sapore del mosto cotto sulla sua lingua; l’insofferenza amara verso la madre, la cui memoria è solo un vuoto spoglio nel suo petto; l’amore bruciante per Mona, in grado di farlo ardere come un tizzone.
Scanzonato, schietto e molto umano – caratteristiche peculiari dello stile di Pennac -, questo diario custodisce la propria bellezza nel tono apparentemente leggero con cui vengono affrontati argomenti per i quali spesso proviamo imbarazzo, li scandaglia senza vergogna né malizia, prendendo il lettore per mano per accompagnarlo in un viaggio alla scoperta del più grande mistero in cui gli uomini possano rispecchiarsi.

Il nostro corpo è anche il corpo degli altri.

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo:Storia di un corpo
Autore: Daniel Pennac
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 341
Data di pubblicazione: 9 febbraio 2012
Traduttore: Y. Mélaouah
Genere: narrativa contemporanea
Costo versione cartacea copertina flessibile: 9,50 euro
Costo versione ebook: 5,99 euro