Vergognandomi profondamente di aver ritardato di alcune ore la pubblicazione dell’odierno racconto, exploit vergato che è stato partorito in occasione della rubrica di scrittura creativa Storytelling Chronicles per il suo mese di ottobre -sì, il ritardo è davvero esiguo, ma c’è e, solo per questo, lo odio moltissimo!-, con l’obiettivo di rispondere alla tematica degli appena passati 31 giorni, una certa Ambientazione spaziale spettrale che si è sposata alla perfezione con Halloween e compagnia bella, dopo la visione di Crimson Peak -se non l’avete ancora visto, fatelo adessubito: io mi sono pentita di aver aspettato tanto perché è così eccezionale da indurti a pensarci anche dopo settimane averlo guardato nei minimi dettagli! Tom Hiddleston, poi… Sapevo fosse bravo, l’ho appurato parecchie volte, ma nella suddetta pellicola è davvero il T-O-P!- ho avuto la giusta illuminazione per un fantasy storico un po’ folle, genere molto particolare a cui ho sempre aspirato nel cimentarmi nonostante la sua ovvia difficoltà, sottintesa o meno.
Credete che sia masochista o pensate semplicemente che mi piaccia correre il rischio, lanciandomi da un burrone senza paracadute? Io direi che entrambe le supposizioni siano esatte, ma, in più, aggiungo di essere una persona che non si ferma davanti a un muro, cerca comunque di valicarlo in qualche modo. Perciò, ora, mentre vi lascio al mio racconto di sei paginette Word, aspetto il vostro feedback, soprattutto negativi, nei commenti: dopotutto, sono conscia di avere ancora molto da fare per migliorare e produrre qualcosa che mi soddisfi in pieno.

Creazione a cura di Tania, admin del blog My Crea Bookish Kingdom

 

«Santi numi, Lady Moira! Non dovete correre così, è indecoroso per una fanciulla del vostro lignaggio!»
«Tata, vedete qualcuno, qui, che possa aver qualcosa da ridire sul mio comportamento socialmente inaccettabile?» chiese la ragazza con sottile ironia, girando su se stessa e lasciando vagare il proprio sguardo tutt’intorno. Le lapidi non le regalarono alcun segno di vita per smentirla.
«Chissà cosa succederebbe se mi azzardassi a mostrare le caviglie… Credete che i morti ne risentirebbero?» continuò senza abbandonare il sarcasmo che la contraddistingueva da sempre, mentre tornava a marciare verso la sua meta.
La signorina Higgins spalancò gli occhi dalla sorpresa, arrancando con non poco affanno nel seguire la sua protetta, e si fece il segno della croce: «Oh Miss! Non siete stata educata in una maniera così disdicevole!»
L’unica figlia femmina del facoltoso conte del Dredshire, Bertrand Davis, si voltò un poco e fece l’occhiolino alla sua balia: «Animo, Flora! Avete già il fiato corto e, se non volete giacere per sempre in una delle tombe vuote là in fondo, direi di iniziare a preservare ogni vostro respiro rimanendo zitta, siete d’accordo?»
La donna boccheggiò di nuovo. Quanta insolenza in una debuttante così mingherlina!
«Ma io avrei comunque un’obiezione a cui dar voce!»
Moira sbuffò sonoramente, interrompendo la propria camminata per fronteggiarla una seconda volta, con dei dardi di fuoco al posto degli stupendi occhi azzurri di gentile concessione della madre: «Sareste l’unica, tra questi presenti un po’ assenti, e, visto che la nonna mi aspetta, vi chiederei di rimandare a data da destinarsi la ramanzina che avete in serbo per me perché so che ne avete almeno una: non è mai stata paziente, dopotutto, lo sapete bene.»
La dama di compagnia, facente funzione di qualsiasi altra mansione vacante nella quotidianità della sua giovane padrona, fece un profondo respiro e si quietò. Era consapevole di aver già perso in partenza la battaglia sul fronte dialettica, ma sorrise comunque pensando alla tanto devota quanto abituale testardaggine della sua piccola Lady. Contrariamente al parere dei suoi genitori, ogni giorno soleva rinfrescare con parole e fiori il mausoleo di famiglia dove la matrona Davis dormiva durante l’attesa dei suoi eredi ancora in vita. La ragazza diceva che, nonostante la morte le avesse divise per sempre, conversare con lei la riportava indietro nel tempo, quando la sua esistenza era perfetta e sapeva cosa significasse sorridere davvero. Non riusciva mai a biasimarla per questo.
«Bene, ordunque», esalò la donna e, inchinandosi rispettosamente, soggiunse: «Vi attenderò all’uscita.»
Moira la ringraziò con un lieve cenno del capo: l’espressione raggiante sul viso non aveva bisogno di inutili lessemi con i quali accompagnarsi per essere spiegata per bene.
La signorina Higgins sapeva che quello era il suo, seppur momentaneo, congedo. Perciò si voltò senza aggiungere alcunché, ritornando sui propri passi e lasciando la sua padrona al colloquio privato che l’attendeva.

 

«Nonna, alla fine anche papà sembra essere capitolato», iniziò la giovane non appena decise di appollaiarsi ai piedi della tomba, un’ombra di tristezza mista a rassegnazione sul suo viso di porcellana.
«Mamma continua a ripetere che è per il mio bene. Eppure, a dire il vero, penso sia solo per il suo interesse», proseguì col racconto della sua vita non vissuta ancora a pieno, ma già segnata in ogni suo minuscolo dettaglio. «Dopotutto, io non nutro alcun desiderio nel convolare a nozze con un marchese, però credo fermamente che tua nuora ambisca a un titolo più alto di mera contessa per la sottoscritta, figlia di un nobile campagnolo con più soldi che aspettative nell’élite inglese.»

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Moira sbuffò un poco, alzando gli occhi al cielo, mentre continuava a giocare con la stoffa blu del suo abito da pomeriggio: una situazione così grottesca poteva annoverarsi in quelle che le facevano rimpiangere il fatto di non essere nata maschio, un’eventualità che, per certo, le avrebbe aperto tantissime porte, tra cui la libertà di dire ciò che pensava e fare come credeva fosse giusto per se stessa.
«Lord Taylor è sicuramente un giovanotto piacente, non sono ipocrita, sarebbe inutile affermare il contrario, ma, tralasciando il fatto che mi sposerebbe solo per il patrimonio del nonno, temo sia un libertino senza speranza. In fin dei conti, me lo hanno raccontato tutti, al ton, e pure io confesso di averlo visto, con i miei stessi occhi, in atteggiamenti inequivocabili.»
Con la punta della scarpetta spostò i sassolini del ghiaietto, facendo un piccolo disegno astratto, per prendere tempo e sussurrare qualcosa che non avrebbe mai osato affermare ad alta voce, di fronte a qualcun altro: «Se questo è vivere, nonna, preferisco morire…»
«Suvvia, non siate così drastica! Che ne dite di essere semplicemente sincera con i vostri genitori, svelando loro di non volervi accasare con quell’esempio di palese dissolutezza?»
Lady Davis fermò la danza ipnotica del suo piede sinistro, bloccando anche il respiro per la sorpresa di avere uno spettatore nel suo momento confidenziale con la matrona di famiglia.
Cominciò a guardarsi intorno per cercare di identificare, quantomeno, da dove provenisse quella voce, ma, non notando alcuno nei dintorni, a parte le solite quattro lapidi osservanti la sua persona in maniera silenziosa, prese la giusta dose di ossigeno per chiedere al nulla: «Chi ha parlato?»
«Se mi facessi avanti, scappereste e, dall’alto della mia presunzione, vorrei che non accadesse: siete una tale gioia per gli occhi, Milady.»
Moira si stupì per la seconda volta in poco tempo: non solo quel soggetto non era frutto della sua immaginazione, ma si stava anche prendendo troppe libertà con lei. Per fortuna la signorina Higgins non è nei paraggi! Ci vorrebbero i sali, altrimenti, per farla rinvenire…
«O vi fate vedere subito o, giuro su quanto ho di più caro al mondo, vi vengo a cercare io» affermò perentoria. Non si sentiva affatto impaurita dall’ipotetico sconosciuto del cimitero, sebbene quel tono così grave e deciso indicasse che era un uomo.
In risposta al suo ordine percepì un piccolo sospiro di rassegnazione alla propria destra, a ridosso del mausoleo appartenente da generazioni agli Stevenson, e, dopo l’esplicito rumore di passi in avvicinamento, non poté fare a meno di spalancare la bocca per lo stupore più genuino.
«Si-siete re-reale?», balbettò l’ereditiera scioccata, una mano guantata di fronte al viso per celare la poco nobile smorfia che ancora non la voleva abbandonare al suo destino funesto. Con l’altra estremità massaggiava con cura il petto, tentando di mantenere in corpo quel cuore che sembrava voler fuggire da lei per la paura dello stare lì, inchiodato e fisso nella gabbia toracica senza via di fuga.
«In ossa e nient’altro, Milady», disse quell’individuo, levandosi un cappello abbastanza démodé e profondendosi, di conseguenza, in un inchino accentuato, la gamba sinistra leggermente più avanti della sua gemella destra.
La giovane scosse la testa incredula e, ergendosi tanto scomposta quanto affannata nella sua misera statura, esclamò con un urlo stridulo, mentre si copriva la faccia per non essere costretta a osservare il panorama grottesco di fronte a lei: «Com’è possibile tutto ciò?!»
«Lo state chiedendo a me? È, per caso, una domanda trabocchetto?» chiese lo strano figuro dopo essersi rimesso a posto il copricapo âgée. Dalla voce si poteva intuire fosse quasi scioccato, dall’espressione completamente deceduto.
«Non c’è altra spiegazione. Ho battuto la testa stamattina, mentre uscivo di casa, non vi è alcun dubbio in questo. Sì, sarà stato proprio così», affermò più volte a se stessa Moira, che aveva preso a camminare in tondo, gesticolando come una mentecatta della peggior specie. L’istituto di igiene mentale l’aspettava al varco, era lapalissiano.
«Perché dite così?», si sentì interpellare dalla sua presente compagnia alquanto sopra le righe. Altro che regalo, sarà la mia croce questo… Cosa è, a proposito?

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«Non so, magari perché sto davanti a uno scheletro vestito come se fosse uscito dal 1500 che parla con delle corde vocali di cui non possiede nemmeno l’ombra?», strillò lei con poca grazia, fermando il suo persistente ramingare in circolo. Sarebbe stato lecito chiedersi se ce l’avesse mai avuta, la grazia, una volta giunti a un punto simile.
«Comunque, chi o cosa sareste voi?», indagò, indicandolo da sopra a sotto e viceversa, dopo aver ritrovato una minima calma per non parere una totale ossessa. La situazione era sicuramente grave, ma non doveva essere considerata per forza tale.
«Oltre a essere uno scheletro vestito come se fosse uscito dal 1500 che parla con delle corde vocali di cui non possiede nemmeno l’ombra?», la scimmiottò lui con evidente ironia e malcelato divertimento. Se ne avesse avuto la possibilità, non solo avrebbe arcuato le sopracciglia, ma avrebbe anche ghignato di gusto.
«Beh, gli amici mi chiamano Mordecai», continuò, rispondendo finalmente alla domanda diretta della ragazza spaesata dalla contingenza attuale.
«Avete degli amici? Sul serio?», chiese lei quasi gridando con rinnovato timore.
«Un po’ qui, un po’ lì, sì», disse pacatamente quel personaggio deperito e addobbato a festa. «Forse più dall’altra parte…», si sfiorò il mento con le dita della mano pelle e ossa senza alcun brandello di epidermide.
«Dall’altra parte? Quale altra parte?»
«Nel regno dei morti, è chiaro.»
Moira sentì un brivido scenderle lungo la spina dorsale: «E perché non ci restate, dall’altra parte?»
«Ahimè, una maledizione terribilmente seccante e assolutamente disdicevole», confessò Mordecai, appoggiandosi a una lapide con tutto il suo corpo ossuto. «Mi è concesso andare e venire, ma non mi è concesso restare.»
La curiosità ebbe la meglio sulla piccola Davis seduta di nuovo dove soleva appostarsi quando faceva visita al camposanto: «Che avete fatto mai per meritarvi una simile sorte?»
«Non ho prestato soccorso a qualcuno che avrei potuto e dovuto salvare.» Prima di proseguire, lo scheletro abbassò il cranio, contrito dalla sua stessa confessione: «La morte mi ha graziato, togliendomi la vita e alleggerendomi dalle mie pene, ma me ne ha lasciato un brandello sufficiente affinché fossi confinato sia qui sia lì, in un limbo odiosamente infinito, a cavallo di due mondi a cui, per ora, non potrò mai appartenere davvero.»
La rivelazione le tolse il fiato, come quando sua madre le aveva annunciato i programmi per il suo futuro. Si guardò in grembo e artigliò con i denti il labbro inferiore. Quale ingiustizia a questo mondo!
«Perciò, esprimerete ai vostri genitori le nuove intenzioni con il finto gentiluomo?»
La debuttante tornò a fissare Mordecai nelle cavità oculari ove il nero regnava sovrano. Forse, anche lui era curioso di lei? Dopotutto, poteva essere l’unica persona non morta con cui parlava da anni.
Sebbene fosse gradito per mitigare la pesantezza del dialogo, il repentino cambio di argomento riuscì comunque a destabilizzarla un poco, ma fu capace di trovare, in breve tempo, un barlume di lucidità per esalare: «Vorrei, ma non credo lo farò. Non ho alcuna scelta. Sono una donna, signore: sono e saranno sempre gli altri a decidere per me, perché la mia parola pare non contare poi molto nel grande disegno delle cose di questo mondo.»
«Se vi consola, Lady Davis, io ascolterei per ore la vostra voce», sussurrò quel nuovo amico buscato in un luogo nel quale non pensava di scovare alcuna forma di vita. Si era inginocchiato dinanzi a lei come un cavaliere servente e leale nei riguardi della sua damigella in pericolo.
«Conoscete il mio nome?», l’incredulità sulla punta della lingua e l’attonimento nelle iridi azzurre.
«Non mi fa molto onore, ma vi spio sempre quando venite qui, da vostra nonna…»
Un po’ intimidita dalla sincerità della sua confessione, la fanciulla si ritrasse di un soffio col busto. Cos’era quell’inusuale sensazione sottopelle che percepiva? Sembravano brividi, ma non aveva né freddo né terrore.
«Sareste l’unico, signor Mordecai, a non provare noia nell’udire le mie parole», bisbigliò lei, evitando di tornare sull’argomento nome e lignaggio saputi senza essersi mai ufficialmente presentati.
«Non dovete sentirvi in difetto solo perché un branco di bifolchi non sa apprezzarvi come meritate.»
La giovane donna sorrise di cuore e, senza pensare, dopo avergli balbettato un grazie carico di riconoscenza, gli si avvicinò quel tanto che bastava per posargli un bacio sulla mandibola scarna.

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Artista: pjes

Fu sufficiente un alito di vento per permetterle di scappare subito via, evitando di voltarsi indietro e specchiarsi in un riflesso nel quale non voleva vedere la figura barbina di cui si era resa protagonista appena prima. Tuttavia, se lo avesse fatto, avrebbe visto chiaramente quanto il cuore mancante di Mordecai avesse gradito, smarrendo per strada un piccolo battito della sua morte apparente.

 

«Moiiiiiiraaaaaa, dove seeeiiiiii?»
Non vi era alcun dubbio, Lord Bastian Taylor era ubriaco. Quando, quel mercoledì sera, l’aveva avvicinata durante uno dei balli della sua Stagione da Almack’s, la ragazza aveva da subito percepito un vago sentore di alcol, nonostante lì al club venisse servita solo un’annacquata e innocua limonata. Aveva poi cominciato a importunarla nel peggiore dei modi, toccandola dove non avrebbe dovuto né nel pubblico né nel privato e sussurrandole frasi oscene che avrebbero fatto impallidire persino una donna di malaffare.
«Perché scappi da me, tesoro?»
Una lacrima solcò la guancia della piccola Davis, mentre cercava di tranquillizzare il suo respiro affannato, onde evitare che quel mostro la scovasse nel suo rifugio di fortuna, una delle colonne all’entrata del mausoleo degli Stevenson. Durante la corsa aveva perso lo scialle, strappatole dalle grinfie dell’animale in cui il suo futuro marito si era appena trasformato: purtroppo, aveva visto come la scollatura profonda del suo abito da sera avesse calamitato i suoi occhi. Se mi trova, non oso immaginare…
«Non è un male voler saggiare la mercanzia prima di firmare il contratto, cara…»
La fanciulla in preda a una crisi di nervi si permise di controllare intorno a sé, pregando Dio di far apparire Mordecai prima che fosse troppo tardi. Sorrise un secondo al pensiero di quello scheletro. Nei mesi successivi al loro primo incontro, bando alla sua naturale timidezza e al decoro impostole dall’istruzione avuta, gli si era inevitabilmente affezionata, malgrado le ovvie diversità fra loro.
Tutti i giorni si vedevano, tutti i giorni si parlavano, tutti i giorni si ascoltavano, ma nessuno dei due si era mai trovato sazio dell’altro, nonostante i continui discorsi, a volte senza capo né coda, a cui prendevano parte: mentre lei gli aveva raccontato quanto desiderasse sposarsi solo per amore rivelandogli un piccolo lembo della sua anima, lui aveva voluto dichiararle che la vittima a cui non aveva prestato soccorso, quando era stato baciato dalla maledizione, era la sua unica sorella, violentata fino alla morte dal suo promesso sposo.
Deglutì al ricordo, trovando fin troppe analogie scomode con il suo presente.
«Continua pure a nasconderti, verginella insolente, ma sappi che stanotte mi prenderò con la forza ciò che nascondi sotto la crinolina!»
A sentire il puro veleno scaturito dalla bocca di lui, Moira singhiozzò per la prima volta, ma quella, solo quella, le fu davvero fatale. Una mano forte, infatti, artigliò il suo braccio destro strappandole un sonoro grido di terrore misto a sorpresa. Con un’energia ciclopica nata forse dalla determinazione di appropriarsi della sua innocenza, l’erede del marchese la buttò a terra, sulla ghiaia del cimitero, inchiodandola al suolo con lo stivale sporco di fango. La lavandaia avrebbe avuto il suo bel da fare il giorno dopo, quando e se la debuttante fosse riuscita a consegnarle il vestito, soprattutto considerando il suo corpetto ormai lercio.
«Vieni sempre qui, ogni maledetto pomeriggio, per una morta! Chi pensa a me e alle mie esigenze che sono vivo?!» ringhiò Bastian, in preda all’ira e alla gelosia, entrambe immotivate. O forse no?
«Ora ti insegnerò chi comanda qui, puttanella!»
I vocaboli sputati con ferocia furono seguiti dal trascinare convulso della ragazza, presa per i capelli dalla belva assetata di sangue. Sapeva qual era diventato il suo fato, ma non voleva facilitargli alcunché. Lady Davis iniziò, quindi, a scalciare, usando anche le unghie sulla mano assassina di Lord Taylor che continuava a strattonarla, ma lui, stanco del suo atteggiamento poco remissivo che non avrebbe dovuto tenere, si fermò, le alzò il capo e le diede uno schiaffo in pieno volto. Moira si azzittì, toccandosi la guancia dolente mentre aspettava la sorte che le era destinata. Non sentì neanche più la lieve sofferenza sulle gambe dovuta ai sassolini del vialetto.

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Artista: ArtTower

Arrivati alla tomba della nonna, il nobile decisamente non d’animo la scagliò ai piedi della struttura, tenendole la faccia schiacciata al suolo. Iniziò a sollevarle le gonne con insistenza, non riuscendo più a nascondere la sua brama maniacale. Dopo averle fatto scendere alle caviglie la biancheria intima, strinse con rudezza le sue natiche, aprendole e chiudendole a piacimento mentre emetteva grugniti di approvazione.
«Che ne dici di insegnare alla cara nonnina come si scopa al giorno d’oggi?»
Moira non pregava più di essere salvata, ormai. Con le lacrime a offuscarle la vista, fissava inorridita la lapide della madre di suo padre, cercando di trovare il coraggio, lo stesso sangue freddo che le sarebbe servito dopo la violenza in procinto di compiersi, quando avrebbe dovuto scendere ai suoi patti, per poter andare avanti il giorno dopo, voltando pagina, o magari l’intero capitolo.
Dietro di sé, sentì Bastian calarsi le brache liberando l’unica cosa che, in quel momento, lo definiva un uomo nel vero senso della parola. Non avrebbe mai dimenticato quanto stava per avvenire, ma non avrebbe mai permesso ai suoi genitori di farla sposare con lui comunque.
«Per essere un ben notorio libertino, non siete granché attrezzato.»
La fanciulla chiuse finalmente gli occhi, rinfrancata. Lacrime di gioia iniziarono a solcare gli stessi letti che le precedenti cascate di tristezza avevano lasciato sulle sue gote.
«Chi diavolo ha parlato?!»
«Immagino che paghiate tutte le donne con cui state, altrimenti non capisco affatto il vostro clamoroso successo.»
Moira era ancora a terra, in quella posizione infima, la bocca semiaperta piena della ghiaia del cimitero, ma si ritrovò comunque a ridacchiare per ciò che Mordecai stava dicendo.
«Dove diavolo siete?!»
«Dietro di voi…»
L’ormai dimenticata vittima sacrificale non vide cosa stesse succedendo alle sue spalle. Dopo un piccolo Bu sussurrato a mo’ di domanda, sentì un urlo maschile a squarciagola e l’inconfondibile rumore di una corsa a perdifiato che non smarriva un solo attimo, pur di allontanarsi velocemente da quel luogo spettrale.
Dietro di lei udì l’affaccendarsi di qualcuno, l’unico che in un momento del genere non se ne sarebbe approfittato perché le voleva abbastanza bene da rivestirla con dolcezza.
«Mordecai?», mormorò la ragazza, guardando nel vuoto, ora colmo di quiete e speranza.
La risposta arrivò in un batter d’occhio: «Sì, dolce bambina?»
«Grazie…»
«No, mia regina, grazie a te…»
Sebbene fosse incuriosita dalla strana risposta, Moira si soffermò solo sulla sua prima parte e, così, ridendo senza slancio, con un sottile filo di amarezza steso fra la gioia ritrovata e il dolore appena abbandonato, replicò: «Sembro tutto fuorché una regina adesso.»
Si alzò con cautela, facendo leva sulle braccia martoriate per poi coprirsi con le stesse il petto troppo scoperto. Vedendola in difficoltà e a disagio, Mordecai si sfilò il farsetto e glielo depositò sulle spalle. La fanciulla lo guardò come non aveva mai fatto prima, l’affetto smisurato nello sguardo limpido, e rettificò: «Ho perso il diadema della nonna, da qualche parte qui intorno. Se lo ero stata prima, ora non sono più una regina.»

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Lo scheletro la fissò con insistenza e disse: «Penso di avere una soluzione che fa al caso nostro.»
Lady Davis attese docile quanto il mucchio d’ossa avesse in mente. Sgranò gli occhi nell’attimo in cui lui si staccò la mascella inferiore per appoggiarla sul suo capo dove l’acconciatura ormai era morta e sepolta.
«Non è granché rispetto a quello che indossavate prima, ma è meglio di niente…»
Una lacrima, prontamente asciugata da Mordecai quando raggiunse la curva dolce del mento, scese piano il viso della giovane che, ammorbidendo gli occhi, sussurrò: «Per me, è più che sufficiente…»

 

I suoi genitori avevano finalmente ceduto. Non avrebbe voluto raccontar loro il trauma subito la settimana prima, ma solo così sarebbe riuscita a giustificare il desiderio di mandare a monte le nozze con Bastian. I titolati di Dredshire Manor non ebbero da ridire di fronte all’amara realtà in cui la figlia era capitata e decisero di non interferire più, né obbligandola a sposare qualcuno né forzandola a stare a casa invece di andare al cimitero dalla nonna, come stava facendo in quel preciso momento, alla stregua di ogni mattina dalla sua morte.
Eppure, prima di giungere a destinazione, si fermò d’un tratto, percependo la presenza di qualcun altro nei dintorni. Pensò subito a Mordecai che non vedeva dalla serata della violenza sventata e, così, su quell’elucubrazione, il suo cuore perse un battito: qualche giorno prima l’aveva capito, se ne era innamorata, contro ogni logica. Tuttavia, di fronte a sé vi era un uomo, un uomo in carne e ossa. Non in ossa e nient’altro…
«È strano essere qui, in condizioni così diverse dalle passate…»
Sorvolando su quanto stava dicendo sebbene ne fosse incuriosita, Moira si mise a osservare quella figura slanciata vestita elegantemente alla moda: le spalle larghe, il corpo snello e l’altezza notevole erano tutti aspetti che sottintendevano tratti per certo piacevoli alla vista. La voce poi… Un vero diletto per le orecchie!
«Per paura di non fare in tempo, sono venuto due ore prima del vostro solito, milady, nonostante sia comunque in ritardo di sette lunghi giorni. Capitemi, dovevo aggiornarmi in fatto di usi e costumi…»
Moira era sempre più spiazzata: «Signore, forse ci conosciamo?»
L’interlocutore misterioso si voltò, permettendole di confermare la sua teoria. Con quegli occhi neri, i riccioli scuri e un sorriso dolce che prometteva peccati, aveva attestato quanto la ragazza aveva solo ipotizzato sul suo aspetto esteriore.
«Direi di sì, mia cara Moira. Talbot Ward III, duca di Greyveshire al vostro servizio», disse con fermezza, inchinandosi composto e sorridendole tanto da farle mancare il fiato.
Lady Davis pensò e ripensò a un’ipotetica conoscenza con quel nominativo, ma non trovò niente nella sua memoria ad avvalorare la tesi del distinto nobile di fronte a sé.
Lui stesso, però, le venne in soccorso, bisbigliandole: «Gli amici, però, mi chiamano semplicemente Mordecai…»
Alla fanciulla si illuminarono gli occhi e, a dispetto di qualsiasi dogma dell’epoca che le imponeva un certo livello di contegno, corse a perdifiato per tuffarsi fra le braccia già spalancate dello scheletro non più tale.
La madre sarebbe stata contenta di sapere che, alla fine, non sarebbe rimasta una banale contessa. Con o senza Bastian.

Fonte: Google Immagini
Artista: Haenuli Artworks

 

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Questo racconto è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autrice o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.