Nonostante abbia avuto una marea indecente di giorni utili -per la precisione trentuno, corbezzolini piccino picciò che sono andati in Francia (semicit.)- affinché il mio racconto dell’agosto di questo 2020 tanto bisesto quanto funesto vedesse la luce del sole nell’etere letterario e sebbene l’idea di scrivere un retelling di una fiaba in chiave moderna -oltre alla poc’anzi menzionata opzione, le idee di Liv, una delle assidue partecipanti all’usuale rendez-vous che stavolta ha pensato al sondaggio, comprendevano anche una citazione di William Shakespeare e una tempesta, figurata o meno, portante un qualche tipo di cambiamento al o alla protagonista- avesse bersagliato subito la mia individualità alla pari di una stramba freccia di Cupido -avete presente Eros di Pollon? Ecco, immaginatevi proprio lui, il solo e unico, che mi prende in pieno- al centro del mio cuore già provato dagli eventi del mese in corso, secondo voi, quando la svegliona qui presente ha deciso di pubblicare sul suo anfratto nicchioso il nuovo appuntamento con la rubrica di scrittura creativa Storytelling Chronicles? Alle 23.59, del 31.
Sorvolando sul disagio evidente di cui soffro da tempo immemore -non ricordo quando ho iniziato a essere così, forse per la vostra giuoia ci sono nata-, una condizione definitiva che, come un moderno pendolo di Schopenahuer, una volta tende all’ironia più manifesta e la seconda oscilla verso la troppa serietà, per transitare, nel mezzo, in un’aura di sconfinata disperazione/lamentazione/qualcosachefinisceconzione, confesso di essere uscita, anche oggi, dalla mia comfort zone, non solo adoperando una coppia di main characters diversi dal mio usuale, ma anche continuando a sfruttare la prima persona narrativa. Anche se vi state domandando Cosa si sarà inventata la pazza stanotte?, la vera domanda è un’altra: siete pronti a leggere la novità sottostante?

Creazione a cura di Tania, admin del blog My Crea Bookish Kingdom

 

Dorme e io sono sveglia.
Respira e io trattengo il fiato.
Fa un broncio e io sorrido.
Osservarla con attenzione è diventato il mio passatempo preferito.
Le ragioni sono tanto disparate quanto semplici.
La guardo perché rappresenta la mia fortuna sfacciata.
Se penso all’istante in cui l’ho incontrata, quasi per caso, quasi per scelta, non riesco ancora a concepire quanto il destino sia stato benevolo nei miei riguardi.
Chi l’avrebbe mai detto che, un mercoledì mattina qualunque, allo Specchio delle mie brame, avrei conosciuto una bellissima giovane capace di mettere in discussione qualsiasi mia certezza sull’invidia da provare in questa o quella donna?
Chi l’avrebbe mai detto che, nel salone dove ogni settimana mi aspettano le sedute di beauty care, avrei conosciuto l’emozione cantata nelle poesie e nei romanzi dedicati alla passione impreparata nell’essere e pronta nel divenire?
Chi l’avrebbe mai detto che, scorgendoci a vicenda, nel riflesso di una mera lastra di vetro lucente, non solo avremmo pensato, dell’una e dell’altra, di star assistendo allo spettacolo più bello del reame, ma avremmo anche iniziato subito a desiderarci, come se fosse il passo più naturale da compiere per entrambe?
È stato lì, in quel momento, che io e Bianca abbiamo fatto l’amore per la prima volta.
E abbiamo continuato a farlo, senza tirarci indietro.
Con gli occhi, le mani, con la bocca, l’anima.
Sempre.
Io e lei, lei e io.
Insieme e mai separate.
Anche quando non potevamo sbagliare.
Anche quando non dovevamo sbagliare.

Fonte: Pinterest

La guardo perché rappresenta il mio cambiamento radicale.
Mentre io mi sarei occupata di mio marito, il re, suo padre, lei si sarebbe occupata di Florian, il principe, il suo promesso.
Non ci saremmo mai fermate.
Nonostante fossi pronta a tirarmi indietro, per lei.
Soffocare.
Nonostante fossi pronta a voltare pagina, per lei.
Morire.
«Ricordi la promessa che ci siamo fatte, vero? Tu appartieni a me e io appartengo a te, ci siamo solo noi due, per l’eternità e anche oltre.»
La decisione fu, nel tempo di un incontro rubato con foga a labbra impazienti di essere prese.
Ci procurammo delle mele. Avvelenate.
Sapevamo come usarle.
Ci procurammo degli insospettabili capri espiatori. Sette.
Sapevamo come usarli.
Creammo il teatro degli orrori, accantonando la nostra reciproca gelosia.
Sedussi suo padre.
Sedusse il mio futuro genero.
«Cogli il frutto e avrai il mio», dicemmo.
In fretta, bastardo, che lei mi sta aspettando, pensammo.
Fu la logica dell’amore a parlare.
Fu la logica dell’amore a gridare.
Le prove erano chiare: i piccoli uomini avevano minacciato le vittime qualche giorno prima.
Le prove erano cristalline: i nani erano stanchi delle condizioni lavorative nella miniera dei due.
Non c’erano se.
Non c’erano ma.
C’era solo una strada e quella era stata.
«Grimilde, tesoro, cosa stai facendo?», sussurra all’improvviso, destandomi dalle mie reminiscenze.
«Ti guardo e sorrido», rispondo.
«Perché?», riprende.
«Perché sono felice», concludo.
Ricambia la mia dolce occhiata, sguardo luminoso da una parte e labbra appena incurvate all’insù dall’altra: è sufficiente questo a farmi capire che, come me, lo è anche lei.

Fonte: Pinterest

 

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Questo racconto è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autrice o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.