Mentre le temperature in continuo aumento -dicono che proprio questa settimana sarà una delle più infuocate della nostra estate: i #teaminverno come la qui presente stanno già fantasticando sulle minime che l’esaurirsi dell’anno corrente ci regalerà, vero?- accompagnano le mie giornate post lauream nelle quali il nuovo capitolo della mia vita sta aspettando solo me per schiudersi al domani, con l’animo rinnovato di blogger in pre-pensionamento scuotiamo tutti insieme La Nicchia Letteraria con la puntata Made by Simona Busto della rubrica di scrittura creativa Storytelling Chronicles.

Afferro al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apro e ne leggo il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i miei occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.

Afferra al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apre e ne legge il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i suoi occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.

Vi ricordate che per luglio, come tematica condivisa dal nostro gruppetto di strepitose autrici in erba e non, è stato preso in considerazione l’incipit comune ideato dalla carissima Stephanie, ragazza dal cuore d’oro che si è accaparrata l’onorevole primato sulla decisione mensile in quanto ha dimostrato massima gentilezza andando a commentare i racconti di maggio senza averne l’obbligo? Tuttavia, adesso la vera domanda da porsi è un’altra: cosa si sarà inventata la mia amica nonché scrittrice superba questa volta? Diciamo che forse ci riporterà nello sconfinato universo dei pirati, magari continuando una certa Bandiera nera che in tanti abbiamo apprezzato, if you know what I mean.

Creazione a cura di Tania, admin del blog My Crea Bookish Kingdom

 

Afferro al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apro e ne leggo il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i miei occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.
Mi precipito a togliere la scatola di legno intagliato dalle mani della bambina, ma non la rimprovero. Il suo sguardo colpevole basta a farmi capire che sa di aver sbagliato, e comunque non ho la forza di sgridarla ora, la mia mente è lontana, persa in quel passato che non ho mai dimenticato. Sono tornata al giorno del mio rapimento.
Enrique Spinola ci lasciò libere di vagare per la sua nave, non ci rinchiuse come avevo temuto. Fu un sollievo, perché sarei con ogni probabilità impazzita se mi avessero di nuovo imprigionato nel ventre di un guscio di legno sospeso sull’oceano.
Non che le occhiate lascive dei pirati fossero molto rassicuranti, ma temevo meno loro rispetto al mare. Nessuno si avvicinò comunque, nemmeno il tizio che Spinola aveva chiamato Freddie. Era evidente che il capitano era rispettato, o forse temuto.
La nave era meno grande di quanto mi era parso in un primo momento. Si trattava di un veliero stretto e agile, molto adatto alla fuga, supponevo.
Passavo le ore sul ponte, accanto a Olga, senza che nessuno ci rivolgesse la parola. La paura, che ci aveva tenuto compagnia fin dal primo istante del nostro rapimento, alla lunga si era fatta meno schiacciante. Restava l’opprimente incertezza sul nostro destino.
I giorni si susseguivano monotoni, e non sapevamo neppure dove ci avrebbero portato. Ogni tanto gettavo un’occhiata a Spinola, spesso fermo alla sua postazione, lo sguardo fisso sull’oceano come se trovasse qualcosa di davvero significativo in quella distesa uniforme e monotona.

Fonte: Pixabay
Artista: 851878

Mi sembrava incredibile che un uomo tanto bello potesse essere alla guida di quella ciurma cenciosa. Era ancora piuttosto giovane, dall’aspetto avrei detto poco più che trentenne. Vestiva sempre di nero, con questo o quel dettaglio rosso. Non aveva un abbigliamento sobrio, ma aveva gusto, e soprattutto era pulito.
A identificarlo per quello che in realtà era bastava il suo sguardo, penetrante, cupo e pericoloso.
Non ci rivolgeva mai la parola, tranne quando ci accompagnava nella cabina per la notte. In quei momenti era freddo ma cortese. La prima volta aveva specificato che ci chiudeva lì dentro per la nostra sicurezza. In seguito non aveva più specificato nulla in merito, forse dando per scontato che avessimo compreso.
Il modo in cui i suoi occhi si fissavano a volte su di me mi dava i brividi. Sembrava uno squalo che studiasse la preda.
Poi c’era il cognome… non sapevo se l’avesse inventato o se davvero ci fosse un’inquietante parentela, ma in entrambi i casi quel dettaglio mi trasmetteva una forte inquietudine.
«Credi che si chiami davvero Spinola?» chiesi a Olga una notte, quando già eravamo nella cabina, al riparo da orecchie indiscrete.
Lei sospirò. «Non lo so, Annie. Difficile dirlo. Quell’uomo è un delinquente, quindi potrebbe essersi inventato il cognome per qualche suo scopo perverso. D’altro canto la Spagna è uno strano paese. Ho già sentito parlare di pirati di origini nobili.» Sospirò. «Se è per quello ce ne sono stati anche di francesi e norvegesi. Al mondo non ci si può più fidare di nessuno.»
Allargai gli occhi. «Sì, ma quel cognome!»
Olga mi strinse il braccio. «Senz’altro sarà finto. Questa gente nasce in un porto e si prende il primo cognome che viene in mente alla madre.»
Chinai la testa. Quella spiegazione non mi convinceva. Cosa poteva sapere Olga di pirati? Solo qualche chiacchiera tra domestici, voci riportate tra i banchi del mercato cittadino… L’ombra dell’inquietudine non mi abbandonava, unita all’ansia di trovarmi sospesa sopra l’oceano profondo.

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Artista: bernswaelz

«Terra in vista!» Il grido della vedetta mi scosse nel profondo. Sentii un brivido di eccitazione e di paura scorrermi lungo la schiena. Corsi verso la balaustra a prua e mi sporsi per vedere, incurante di essere circondata da marinai puzzolenti che facevano la stessa cosa.
Non mi mossi finché la tanto agognata terra non bucò la linea dell’orizzonte, poi inspirai a fondo. Forse una parte del mio incubo stava per giungere a termine.
Olga mi tirò il braccio, ma la ignorai. Mi beavo della vista di un’alta isola, per adesso ancora indistinta, ma pur sempre una visione per i miei occhi stanchi di mare.
«Devo chiedervi di rientrare nella vostra cabina, signorina Annabel.» La voce del capitano alle mie spalle mi diede un sussulto.
Mi girai a guardare la presenza che Olga aveva probabilmente tentato di segnalarmi e mi ritrovai a specchiarmi in quelle iridi verdi che mi lasciavano sgomenta.
«Perché mai, signore?» domandai, nel tentativo disperato di recuperare la mia usuale sicurezza.
«L’isola è circondata dagli scogli. Per raggiungere il villaggio sulla spiaggia dovremo compiere qualche manovra piuttosto pericolosa. Vi sconsiglio di restare qui e soprattutto di sporgervi.»
Aggrottai la fronte. «Vi ringrazio, capitano. La vostra preoccupazione per la mia incolumità mi commuove.»
Raccolsi la gonna e lo superai. Il suo sorrisetto ironico mi causava un attacco di furia omicida.
«Non potrei fare altrimenti, signorina. Non ho ancora ricevuto il riscatto.»
Mi girai a guardarlo. Non aveva mutato espressione, solo il sorriso era svanito, ma i suoi occhi conservavano la luce divertita, come un gatto che giocava con il topo.
«Quindi è per questo che ci avete rapite!» La mia voce suonò scioccata.
Lui rise. Non avevo più udito quel suono dal giorno in cui ci eravamo incontrati. I suoi uomini ridevano in maniera sguaiata per qualsiasi cosa, ma il capitano era serio e taciturno.
«Cosa vi aspettavate, signorina Annie?»
Già… cosa mi aspettavo?
«Signorina Whittington per cortesia. Solo i miei amici mi chiamano Annie e voi di certo non siete tra quelli.» La mia replica fu piccata e petulante, dettata da un impulso rabbioso. Quasi subito desiderai rimangiarmi quelle parole, ma Spinola non mi diede il tempo di aggiungere altro.
In un baleno annullò la distanza tra noi. Quando si chinò verso di me sentii il suo fiato sul viso.

Fonte: Pixabay
Artista: PublicDomainPictures

«Annie, vorrei mettere ben in chiaro qualcosa. Voi qui siete mia prigioniera. Sì, punto a ricevere un riscatto e sì, per me siete solo merce di scambio, nulla più e nulla meno. Ora che abbiamo chiarito la situazione, mi sembra evidente che posso scegliere di chiamarvi come mi pare.» Prese una pausa, a soppesare la mia reazione. «Ora, potete scegliere in piena libertà se volete essere cortese con me e ricavarne in cambio un trattamento rispettoso. Oppure potete continuare a comportarvi come state facendo ora e proseguire il vostro soggiorno in una delle celle che abbiamo predisposto sull’isola. Io in genere mi vanto di essere sempre galante con le donne, perfino con le prostitute che frequento di tanto in tanto, ma il vostro atteggiamento rischia di mutare la mia considerazione sul genere femminile.»
Deglutii a vuoto, mentre Olga mi si aggrappava al braccio nel tentativo di allontanarmi da lui.
Non mi mossi.
Mi aveva appena paragonato a una prostituta? Sentii un’ondata di sangue affluirmi alle guance.
Incrociai le braccia sul petto. «Molto bene, capitano. La cella andrà benissimo, dato che non ho nessun interesse a guadagnarmi il vostro rispetto. Con piacere lo lascio alle donne di strada, che senz’altro hanno con voi abbastanza sintonia da meritarlo.»
Gli volsi le spalle, diretta alla cabina, quando sentii di nuovo la sua risata, poi una mano mi afferrò per il polso.
Mi girai di scatto a guardarlo con odio, mentre lo strattonavo, nel disperato tentativo di liberarmi. «Come osate toccarmi?» gridai, ormai del tutto fuori controllo.
Spinola mi lasciò subito e alzò le mani, in segno di resa. «Non mi sembra di averlo fatto con malizia o in atteggiamento intimo. Comunque, vorrei solo chiedervi se desiderate leggere la missiva che invierò al vostro futuro marito, il duca di Prades. L’ho già scritta. A dire il vero era già pronta prima ancora che mettessi le mani su di voi. Ero comunque certo che ci sarei riuscito.»
Strafottente, arrogante, odioso…
Mossa da una malsana curiosità, gli strappai la lettera di mano. Mancava solo il sigillo di ceralacca.
Finsi di non udire il sibilo di disapprovazione emesso da Olga e l’aprii.
Era quello stesso foglio che avrei ritrovato mesi dopo a Palacio Prades e che oggi la bambina ha tolto per gioco dalla cassetta in cui lo conservavo da anni.
La lettera esordiva con le parole: Mio stimatissimo e amato Zio.

Fonte: Pixabay
Artista: Andrys

 

Copyright © 2020 Simona Busto
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Questo racconto è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autrice o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.