In questo anonimo pomeriggio di metà giugno durante il quale, per la prima volta dopo anni, sono tornata a inforcare un paio di occhiali “grazie” al piccolo problema temporaneo che purtroppo sono costretta a vivere nell’ultimo periodo, il mio rifugio nicchioso contribuisce con il proprio spazietto irrisorio sul webbe a una segnalazione speciale per la carissima Monica Brizzi, una delle primi scrittrici, vi ricordo, ad aver dato una possibilità al mio blog quando ancora non aveva un nome poiché si era lanciato da poco nell’universo di squali travestiti da agnelli che io e i miei colleghi dell’etere letterario siamo obbligati ad abitare: siete curiosi di scoprire insieme a me lo Sneak Peek targato Genesis Publishing, sancendo, così, il mio secondo battesimo del fuoco nell’odierno giovedì full di impegni da portare a termine e deserto per quanto si concerne la voglia di fare, fare, fare?
Qual è, dopo la cover e la trama, l’aspetto fondamentale affinché un lettore compri un determinato tesoretto di carta e inchiostro? Non esiste una replica corretta, ma sicuramente la più lapalissiana che riesce a emergere dalla selva oscura delle nostre riflessioni a riguardo è l’estratto, il magnifico incipit permettente non solo di comprendere se lo stile di un autore è di nostro gradimento, ma aiutante anche nel dare un assaggio succulento della storia che il pubblico troverà nelle pagine esattamente successive alla sbirciatina appena fatta. Oggi, perciò, sono lieta di mostrarvi le prime parole che danno il la a Collisione, il terzo e ultimo volume della trilogia distopico-romance La Principessa dei Mondi.
Ora, sapete cos’è la sfortuna? È la realizzazione di non poter leggere un libro, nonostante si abbia il file in anteprima dove tuffarsi di testa, senza alcun salvagente. Perché, cara Monica, hai reso il punto di vista di Max così accattivante? Non posso leggerti ora, con tutti ‘sti impegni presi, uffa!
Fuliggine, cenere. Me le sento sulle dita, sulla lingua.
Nuvole e polvere. Il mondo è tetro, una nube informe, un globo frammentato e oscuro. Oceani, terre. Pinete e neve. Vita e dolore.
Sangue, sangue, sangue. Ce l’ho addosso, sul viso, tra i capelli, nel petto. Non so dove finisce il mio e inizia il suo. Ne sono strafatto.
Lo vedo, cosa succede fuori, ma non lo registro. Mi scivola addosso, come acqua sulla pelle.
Sono troppo impegnato a rompermi.
Un pezzo per volta. Parti di me, giunture, contorni, cellule, organi.
Rotto.
Un pezzo che si stacca ogni volta che la guardo.
«Funzionerà?» domando.
Non può essere la mia voce, questa. È sottile, appena percettibile. È nulla e vuoto.
«Funzionerà» mi ripete un’eco dentro la testa, un rollio confuso, un brusio illecito. Nella perdita totale, nella ricerca, nel voler mantenere la calma, le mie parole si replicano all’infinito.
Fuori, tutto tace.
Lascia un commento