Quando ho iniziato il percorso Creativity Blogger Week a gennaio dell’anno che ormai si sta esaurendo in un soffio, conoscendo la mia poca propensione al sentirmi sicura di me stessa e al credere nelle mie capacità che, seppur limitate, non sono proprio da cestinare a occhi chiusi nonostante sia fermamente convinta del contrario, non avrei mai creduto possibile di arrivare all’ultimo mese della rubrica creata da Deb di Leggendo Romance e non solo con all’attivo undici racconti fatti su undici appuntamenti previsti, facendomi capire che, tra tutti gli alti e tutti i bassi capaci di apparire selvaticamente e rompermi le uova nel paniere, posso farcela sempre, in particolar modo negli attimi in cui io sono la prima persona a sottovalutare la mia forza d’animo.

Creazione a cura di Federica, admin del blog On Rainy Days

Ringraziando ancora tantissimo la creatrice di queste puntate mensili perché, senza di lei, non mi sarei messa in gioco così e dimostrando questa mia gratitudine anche nei confronti di Federica per la bellissima grafica allietante le nostre pubblicazioni online, con il topic di dicembre, Un regalo inaspettato, rispolvero dai meandri del mio cervello iperattivo un particolare ambo di main characters che, all’apparenza uguali, sono estremamente diversi, due gemelle omozigote, Violante e Carlotta, che identificano vicendevoli estremi, la luce e la tenebra, il caldo e il freddo, l’amore e l’indifferenza, la dolcezza e l’odiosità, incompatibilità allucinanti che, però, molto spesso e quando se la sentono, riescono a incontrarsi a metà strada, dando origine a qualcosa di veramente inimitabile.

Basta poco per sconvolgere una certezza.
Basta poco per far sorgere un dubbio.
Una chiamata soltanto e il mondo comincia a girare nel verso opposto.
Una chiamata soltanto e tutti possono ritornare sui loro passi.
Violante può rimettersi in gioco, ancora.
Carlotta può iniziare a redimersi, adesso.

Inserire la chiave nella serratura non era mai stato così liberatorio come in quel momento.
Di solito una giornata lavorativa non la sfiancava più di tanto, essendo abituata a un ritmo serrato che la manteneva attiva fino a tarda notte, ma, complice l’insonnia che nell’ultimo periodo la stava angustiando oltre misura, era appena inciampata nell’eccezione confermante la regola e, quindi, per la prima volta in vita sua, si sentì contenta di essere finalmente a casa.
I passaggi successivi furono i classici della sua routine quotidiana: chiudere a tripla mandata la porta, depositare il mazzo non di fiori all’interno dell’apposito porta oggetti situato nell’ingresso, abbandonare la borsa sul tavolino adibito sia al tutto sia al niente a seconda dell’occasione, togliere le sneakers rosa shocking per indossare le ciabatte rosa confetto e far partire la segreteria telefonica per ascoltare ipotetici nuovi messaggi lasciati da chi si ostinava a volerla contattare sul fisso.
Mentre si stava svestendo per avvolgersi finalmente nel pigiama blu cielo che, dalla mattina, aspettava smanioso il suo ritorno, un tripudio di boccini d’oro che avevano deciso di planare, direttamente dal magico mondo di Harry Potter, sulla sua mise notturna forse a tratti imbarazzante per la sua veneranda età, sentì una voce da tempo non udita fuoriuscire dal cordless antiquato del quale ancora non aveva deciso di liberarsi: «Ciao, Violante. Sono io.»

Fonte: Pixabay

Come in qualsiasi luogo del Mediterraneo durante il mese di agosto, anche a Venezia si boccheggiava per la calura, ma lei aveva iniziato ad ansare per tutt’altro motivo: in fin dei conti, dopo la bellezza di dieci anni trascorsi nel più assoluto silenzio, una chiamata di sua sorella aveva un che di straordinario e raccapricciante insieme.
«So cosa stai pensando: una dinamica simile da parte mia nasconde una vena quasi grottesca e forse sospetta, ma ti giuro che ho un buon motivo e nessun secondo fine.»
Anche se l’importante è esserne consapevole, tutta la questione cominciava a diventare inquietante. Con ancora la canottiera fra capo e collo, quindi praticamente in intimo, la ragazza cominciò a guardarsi attorno con circospezione: che quella fredda calcolatrice avesse scoperto dove abitava e le avesse messo delle cimici nell’appartamento? Conoscendola, ne sarebbe stata capace.
«Ti ricordi cosa mi dicesti l’ultima volta che parlammo davvero, quando eravamo piccole?»
Dimenticare quell’attimo rivelatorio per la sua intera esistenza sarebbe stato impossibile: seriamente era venuto il momento per le recriminazioni? Sbuffò spazientita, dopo aver indossato finalmente la parte superiore del pigiama. Pantaloncini, tocca a voi, ora!
«Fino a qualche anno fa, non avevo dato peso alle tue parole, lo ammetto, perché, detta fra noi, non mi interessava alcunché. Insomma, sai come sono fatta, penso tu sia l’unica a saperlo sul serio: tutto ciò che non gira intorno a me non ha ragion d’essere per la sottoscritta.»
Si sarebbe applaudita da sola, se le sue mani non fossero state impegnate a fare altro: almeno sull’affibbiarle il titolo di “Miss Egoismo e Menefreghismo dal lontano 1991” aveva avuto ragione al primo colpo. Chapeau, Violante, chapeau.

Fonte: Pixabay

«Non ci ripetiamo, io e te, un po’ come quel musicista, Paganini, eppure credimi, questo frangente lo richiede, piccola Jo: voglio farti davvero capire di aver elaborato e compreso il tuo discorso, facendone tesoro come mai avrei pensato di esserne capace.»
Se non fosse stata sempre brava a mantenere l’equilibrio, probabilmente sarebbe caduta di faccia: chi diavolo era quella donna e cosa ne aveva fatto di Carlotta? Non solo l’aveva chiamata come il personaggio letterario a cui si era ispirata per diventare la scrittrice che oggi era, ma aveva anche detto di averla finalmente ascoltata usando un tono quasi affettuoso. Forse Gigi d’Alessio l’ha vista davvero lunga quando asserì che avrebbe nevicato nelle domeniche d’agosto…
«Di fronte al mio scetticismo sull’amore e sul voler bene in generale, tu avevi storto il naso e avevi dichiarato che mi sbagliavo di grosso, urlandomi contro che pure il mio cuore di ghiaccio, prima o poi, avrebbe trovato l’unica fiamma in grado di scioglierlo e farlo pulsare.»
Entrambe si potevano mettere l’animo in pace, quindi. Alzheimer precoce, non ci avrai mai.
«Avevi solo 10 anni e già sciorinavi poesia con estrema facilità.»
Cosa avevano appena udito le sue orecchie? Un complimento? Da quando è lei a dispensare i complimenti e non a riceverne come sempre?
«Ti invidiavo tantissimo, Violante: tu comprendevi laddove io peccavo e nessuna sessione di studio, per quanto mirata potesse essere, mi avrebbe permesso di riempire quell’enorme lacuna.»
Per la prima volta le sue costanti elucubrazioni ammutolirono nell’udire quella confessione. Decise fosse meglio sedersi perché non avrebbe potuto reggere troppo in posizione eretta, se C.V.D., così l’aveva sempre soprannominata, avesse continuato per quello strano percorso di redenzione.

Fonte: Pixabay

«Mi ricordo della tua espressione, sai? Nonostante avessi pianto a dirotto poco prima perché con il mio tatto da elefante obeso in una cristalleria ti avevo praticamente detto che ti odiavo dal più profondo del cuore, mi hai guardata dritto negli occhi, ferma nei tuoi propositi, con una dolcezza sconfinata che io non meritavo allora e non merito tutt’ora.»
Aveva pensato di aver bisogno di gelato, giusto per edulcorare le amare frecciatine della sua gemella; ora, arrivata a quel punto, desiderò solo scolarsi una bottiglia di vodka liscia: vero è che a Natale sono tutti più buoni, ma pure Carlotta?
Quando mai?, pensò mettendosi le mani nei capelli e appoggiando i gomiti sul tavolo di fronte a sé.
«È stato quello a farmi comprendere che non intendevi sottolineare la mia allergia ai sentimenti, bensì darmi la speranza che pure io, un giorno, avrei abbracciato la normalità affettiva di un qualsiasi essere umano.»
Dato che il turning point era appena arrivato, quanto avrebbe dovuto aspettare per il plot twist?
«Ti sto dicendo tutto questo, Violante, perché mi sono innamorata.»
Si voltò di scatto verso l’apparecchio a bocca spalancata. Ecco. Dove cazzo è la vodka quando serve?!
«Ho trovato qualcuno che mi guarda come facevi tu e, così, ho capito l’errore più grande che abbia commesso in vita mia: assistere alla tua fuga da casa senza muovere un dito.»
Aveva fatto proprio bene a sedersi su una seggiola nella cucina barra sala da pranzo: un giro al pronto soccorso per commozione cerebrale l’avrebbe volentieri evitato.

Fonte: Pixabay

«Piccola Jo, mi sono dimostrata un’idiota totale, nonostante il mio quoziente intellettivo di 187.»
E tiratela di meno che si strappa, pensò con un sorrisino furbetto, roteando gli occhi celesti.
«Non so se sono ancora in tempo per rimediare, Violante, ma ci voglio credere.»
Istintivamente guardò il suo avambraccio destro ora spoglio: si era fatta realizzare un’enorme guaina speciale in pelle dove, incastonati come pietre preziose, in fila indiana, giacevano cinque quadranti circolari d’orologio.
Che cosa c’entrano adesso questi?
A volte, prendeva tutto alla lettera. Forse troppo.
E per fortuna che non sono tre, altrimenti potrei essere scambiata per un S.I. di Criminal Minds.
Scosse la testa rassegnata: la sua stupidaggine si dimostrava sempre sul pezzo.
«Per questo, di comune accordo con Konstantin, ho deciso di aspettare a sposarci: voglio che mia sorella sia al mio fianco nel mio giorno più bello perché, per me, non ci sarà davvero gioia se non la riabbraccio stretta, dandole, finalmente, quella manifestazione d’affetto che andava sempre cercando da una me muta e intollerante.»
Konstantin. Suonava davvero molto bene: forse ci avrebbe guadagnato un sexy cognato. Not bad.
Annuì soddisfatta.
«Sì, praticamente dipende da te se convolerò a nozze, piccola Jo
Ancora a fare la scaricabarile, eh?, Violante si ritrovò a ridere di gusto, biasimandola convinta.
«So che te lo stai chiedendo. No, sebbene abbia la notoria peculiarità di immischiarsi e frantumare gli zebedei con una lezioncina di vita che nessuno gli ha mai chiesto, il capofamiglia Donati non ha elargito la propria opinione in merito alla mia scelta, ma non ho fatto a meno di notare la sua espressione quando ho confessato i miei intenti.»
Una gran faccia come il culo, la sua, sicuro, pensò stizzita, soffiando sul ciuffo che le si era adagiato sulla fronte.

Fonte: Pixabay

«Scommetto che non ci crederai quando te lo dirò, ma fidati di me, tesoro: non è riuscito a trattenere le lacrime.»
Te credo, al pensiero di rivedermi, alzò gli occhi al cielo mettendo i piedi sul tavolo e le mani giunte dietro la nuca, proprio come faceva da piccola solo per dargli fastidio.
«Non lo ha mai ammesso, ma, croce sul cuore, gli manchi come l’aria: dopotutto, sei tu quella che assomiglia alla mamma, non io.»
Stavolta non ebbe scampo: cadde insieme alla sedia su cui si dondolava a mo’ di gradasso borioso perché pensava che il cardiochirurgo toracico di successo le avrebbe rivelato tutt’altro.
«Prima di chiudere la comunicazione, mi manca solo una cosa da dirti. Portandomi avanti, auguri di Buon Natale, Violante, e, considerato quanto i numeri per te siano fondamentali, ti lascio il mio recapito telefonico: sia mai che ti venga voglia di chiamarmi o scrivermi su WhatsApp, anche solo per mandarmi al diavolo.»
Dopo l’elencazione delle canoniche dieci cifre, la voce di Carlotta si esaurì nel silenzio della casa: sulla segreteria non c’erano ulteriori nuovi messaggi.
Con la schiena ancora a terra e i capelli lunghi sparsi tutti intorno sotto forma di aureola multicolore, cominciò a fissare il soffitto e si chiese cosa dovesse fare ora.
Nel suo cuore percepì un tumulto fuori controllo che non sapeva come interpretare: era la paura di riprovarci e sbagliare di nuovo o la speranza di farlo ancora e, stavolta, riuscirci?
Mannaggia a me che non riesco a non amare manco per sbaglio, pensò quasi avvilita.
Soffiando come un gattino arruffato dal nervoso, si alzò in piedi, sistemò la sedia al suo posto originale e, scricchiolando pian piano le vertebre a ogni falcata, prese il cellulare immerso nel marasma della borsa.
Si dice che l’inferno sia lastricato di buone intenzioni e, mentre digitava il messaggio, si chiese se sarebbe stato così anche per lei.

Fonte: Pixabay

 

 

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