Se con agosto moltissimi blogger hanno chiuso baracca e burattini per la classica vacanza estiva, un istante abbastanza longevo per recuperare letture arretrate e per organizzare i mesi a venire, con quello corrente ci ritroviamo insieme per partire come nuovi, prendendo in carico le rubriche sospese momentaneamente quali la Creativity Blogger Week che la mia amica e collega Deb de Leggendo Romance e non solo ha ideato nel lontano gennaio di quest’anno.

Creazione a cura di Federica, admin del blog On Rainy Days

Il topic di questo mese è Cadono le foglie e, inevitabilmente, quasi fossi agguantata dalla melodia cantilenata di una sirena nel mare in tempesta, il passato mi ha chiamata a sé, ricordandomi del settembre di sette anni fa, quando il mio pastore tedesco mi ha abbandonata a me stessa su questa terra e il giorno dopo, per magia, l’autunno si è presentato in anticipo, facendo spogliare del suo verde il teatro dei nostri bisticci quotidiani, il ciliegio: tutto ciò che leggerete di seguito è quanto io ho provato dopo la sua scomparsa, una manciata di parole che, sebbene non abbia mai voluto imprimere prima su un foglio di carta per timore di piangere a dirotto nel mentre, hanno saputo aiutarmi come non pensavo possibile.

Si dice che il tempo lenisca qualsiasi ferita, persino quella più profonda. Eppure, nonostante gli anni scorrano come fiume in piena, a volte, si tende a desiderare il ricordo di ogni singolo dolore, per testare quanto si è diventati forti magari o, più semplicemente, per rammentare di essere ancora vivi perché, se ancora si sente un briciolo di tristezza nel proprio cuore, significa davvero che quell’emozione malinconica ce lo fa battere tutt’ora.

Nonostante siano trascorsi anni, la sensazione è sempre la stessa.
Sono qui, al nostro solito posto, l’angolo della casa dove sul muro è ancora visibile il segno della tua presenza, e osservo.
All’orizzonte il panorama non è cambiato di un millimetro: a parte qualche sporadica bicicletta e una macchina ogni morte di papa, qui non transita alcun veicolo su ruote.
Se solo anche il mio cervello fosse così tranquillo e silenzioso…
Purtroppo, sappiamo bene entrambi quanto dalla vita non sia possibile ottenere tutto perché, altrimenti, quel giorno, non mi avresti lasciata come hai fatto.
Sai, talvolta ci ripenso, a quel 15 settembre che ha cambiato radicalmente la mia vita.
Voglio essere sincera fino in fondo con te.
Già dalle prime ore del mattino, nutrivo nel mio cuore un brutto presentimento, ma ho pensato di zittirlo subito sul nascere perché, cavoli, la mia rinomata negatività mi porta a immaginare catastrofi strampalate anche laddove la probabilità che accadano rasenta lo zero.
Sì, lo faccio ancora.
No, credo non smetterò mai di farlo.

Appena sono scesa in garage, l’unico posto in cui riposavi ormai in pianta stabile da mesi, e ti ho visto, mi si è bloccato il respiro. Mi sono avvicinata, ti ho guardato negli occhi e, mentre ti accarezzavo con infinite lacrime che spingevano per rigarmi le guance, ti ho detto: «Ehi, andrà tutto bene», nonostante sapessi, in un piccolo angolo remoto della mia caotica testa, come sarebbe finita.
Capire prima, però, non aiuta affatto ad accettare dopo.
Prepararsi all’inevitabile non fa alcuno sconto e io, ora, lo so molto bene.
Quando mi hai lasciata, ero lì e non me ne pento.
Ho pianto? Certo.
Lo faccio ancora? Ovvio.
Ma non cambierei una virgola di quel giorno.
Mi ricordo la paura che provavo anche solo al pensiero di perderti, ma ho dovuto soffocarla, ho voluto soffocarla, per te, per non farti sentire solo nell’attimo più brutto di un’intera esistenza.
Quando succedeva, ti toccavo il muso con cautela.
Quando succedeva, ti sussurravo tutto il bene che ti volevo.
E ho continuato a farlo anche quando la luce nei tuoi occhi non c’era più perché, ti giuro, io l’ho vista, ho visto la tua anima volare via e abbandonarmi qui, da sola, per l’eternità.
Sto guardando lontano, adesso, al mio futuro, ma penso lo stesso al nostro passato.

Mi chiedo come ti comporteresti scrutando la mia titubanza di fronte alla vita che mi aspetta.
Mi chiedo cosa ti inventeresti per ignorare il mio appiccicoso affetto da “Dobbiamo stare vicini vicini” per forza.
Mi chiedo se ancora ti ricordi le stronzate di Analisi Matematica 1 che ti ripetevo a oltranza perché mi stavo preparando per l’esame orale ed eri l’unico qui ad ascoltare davvero senza lamentarti.
Non ho le risposte giuste a queste e altre domande, mai avute, ma posso almeno immaginarmele.
Mi faresti capire che sono una cogliona e devo iniziare a ripigliarmi.
Mi faresti capire che amare non significa trasformarsi in un Attack ambulante.
Mi faresti capire che potrei sprecare il fiato per altro, smettendola con i teoremi e le relative dimostrazioni.
E avresti pure ragione, Charlie, te ne do atto, ma non voglio mentirti.
So che la vita va avanti e io devo andare avanti con lei.
So che non devo perdere il mio tempo a crogiolarmi nel dolore.
Ma, senza edulcorare alcuna pillola, adesso ti sto raccontando di me che non si scorderà mai di te, serbandoti nei floridi ricordi di una vita.
È già settembre e il giro di boa si sta avvicinando.
Mi volto indietro.
Verso il nostro ciliegio.
Verso di te.
Verso la nostra storia.
Chissà se anche stavolta l’albero piangerà il tuo anniversario di fine.
È ancora rigoglioso, però le foglie possono sempre iniziare a cadere da un momento all’altro: mai dire mai, giusto?

Fonte: Pixabay

 

 

 

Creazione a cura di Federica, admin del blog On Rainy Days