Quando decidi volontariamente di andare in letargo sul fronte recensioni per circa un mese con l’unico obiettivo di riservare il tuo tempo libero alla lettura personale, lontana oasi di una vita da blogger troppo incentrata al renderti disponibile a scapito degli acquisti ormai matusalemme stanziati su ripiani davvero impolverati, e, rullo di tamburi, alla new entry dell’anno in corso, la fantomatica scrittura per la quale hai sempre nutrito una profonda passione, ahimè, mai corrisposta dalla sciagurata vittima delle tue attenzioni, riprendere il normale tran tran della routine a cui ti eri abituata con un certo sforzo sia logistico sia morale non è affatto di facile realizzazione, soprattutto considerando che non vorresti deludere le aspettative dei followers lasciati in stand-by perché, in fin dei conti, l’unico chiodo fisso assai latente nella tua testolina è mantenere invariato quel livello opinionistico abbandonato in via temporanea, tralasciando di evidenziare, perciò, un qualche calo fastidioso nella solita performance ben collaudata, letale trasformazione in peggio la cui ingombrante ombra riesce ad aleggiare comunque non invitata alla tua rimpatriata esclusiva.
Eppure, qualora una persona convincente come Susy del rifugio letterario I miei magici mondi di punto in bianco richiede gentilmente la tua partecipazione a un Review Tour di organizzazione sua e di Ely de Il Regno dei Libri, sebbene la proposta arrivi alla stregua di un fulmine a ciel sereno trascinandosi dietro anche l’onere di aprire la tale iniziativa sopra menzionata, pericolosa combinazione di ingredienti oltremodo esiziali da non prendere sottogamba neanche per mero scherzo veniale, sorvolando sulla particolare contingenza che ti impone di mostrare ovvie prudenza e cautela nel farti avanti, il forte cameratismo fra colleghe insieme all’affetto vicendevole tra amiche ti persuade con istantanea immediatezza ad accogliere la richiesta attraverso il consueto entusiasmo di sempre per cui l’ansia da prestazione perde terreno ed evapora in un minuscolo sbuffo. Quindi, l’odierno pomeriggio dedico il seguente Thr33 Words al libro È il suono delle onde che resta, l’esordio in uscita oggi dell’autrice Clizia Fornasier per HarperCollins Italia, una dolce storia che porta sulla medesima strada dissestata una coppia di individui dall’anima solitaria ed errante, spiriti ribelli e leggiadri alla perseverante ricerca dell’unico sentimento da cui tentano di fuggire, un amore intenso capace di riportare un fascio di luce dove l’oscurità si è ormai insediata in ogni fenditura possibile, lenendo un cuore già strappato in grado ancora di percepire e percepirsi senza più rimpianti.
Creazione a cura di Susy, admin del blog I Miei Magici Mondi
Se vi domandassi il motivo principale per cui permettete al calore fasciante delle pergamene stampate di avvolgervi come solo una madre amorevole può fare nel suo abbraccio confortante dal sapore di casa, sinceramente voi cosa mi rispondereste?
Forse considerate la lettura come evasione dalla realtà, un modo assai creativo per uscire dal vostro oggi e intrufolarvi in un universo parallelo nel quale vestire i panni di un main character che, con una probabilità coincidente all’uno, impersona la figura eroica della situazione, un individuo al prologo molto spesso banale che, in una climax crescente, trasforma la sua dozzinale normalità nel punto di forza più imprevisto del pianeta?
O magari preferite dedicarvi a delle pagine dove respirare in libertà la medesima aria domestica della vostra esistenza, modello simile alla routine di sempre da cui prendere spunto in maniera spropositata sia per perfezionarvi al massimo sia per capire la strategia migliore affinché i vostri nodi vengano del tutto al pettine con pronta sagacia e altrettanta gagliardia, imparando da testimonianze di chi ha vissuto prima di voi tali contingenze e ne è uscito indenne?
O ancora tendete a prendere in considerazione quei voli pindarici su carta per comprendere i quali è obbligatorio da parte vostra una riflessione importante che va oltre le semplici elucubrazioni fatte nel quotidiano, pensieri significativi che invadono una qualsiasi mente ricettiva stazionandovi lì anche dopo l’ultimazione del viaggio di china, generosa manifestazione di quanto dei lessemi sparsi con razionale criterio possano provocare, germogliando in tutti i terreni predisposti alla crescita?
Visto che tecnicamente, in vie ufficiosa e ufficiale, sarei in assoluto la persona più competente in merito alla totale conoscenza dei miei fatti più o meno scabrosi, posso specificarvi che, dal canto mio, la ragione alla base della mia passione per i libri è una miscela di molteplici e infiniti elementi nel cui inventario, troppo vasto da essere contenuto finitamente, troviamo, ad esempio, il prendermi una pausa dal mio mondo perché esso ha l’inclinazione ad asfissiarmi una volta sì e l’altra pure, cercare me stessa quando il mio baricentro esce dal suo asse sconvolgendo il mio essere da capo a piedi, imparare dagli errori di altri per non commetterne di uguali o farlo in misura minore nell’attimo in cui capiterà e prepararmi alla vita giusto il tempo per farmi trovare pronta come mai ho fatto prima, rifulgenti Soli attorno ai quali orbitare non incarna una zavorra da sopportare, ma un carico bene accetto di cui farmi a pieno garante: per me, È il suono delle onde che resta è stata, in tal senso, un’avventura letteraria con la A e la L maiuscole nelle tortuose spirali della quale sono caduta per i continui sballottamenti dovuti alle minacciose burrasche di altalenanti emozioni saline che, impazzite alla stregua di trottole dal moto dinamicamente continuo, hanno decretato nel mio animo il loro esatto riflesso Commovente, ponendomi nella situazione di definire l’opera prima di Clizia Fornasier come il romanzo dei romanzi, un libro che non ti aspetti ma che accogli volentieri, un libro che senti di odiare ma che non puoi fare a meno di amare, un libro da cui impari a vivere scordandoti di esistere, la storia di Caterina e Adele che, conoscendole, le ignori e, ignorandole, le conosci, senilità e giovinezza che ieri si sono incontrate circospette, nell’adesso si sono amate reciprocamente e domani si rimpiangeranno con un sorriso a fior di labbra.
Perché la distanza non può niente se il ricordo è vivo nel nostro cuore.
Avete presente quegli incredibili scrittori che, a differenza di tanti altri autori non lirici, dominano, in maniera oltremodo naturale, l’abilità congenita di incanalare nelle proprie righe narrative quell’elegante e raffinata poesia capace di vestirsi dell’abituale prosaico, quasi smarrendo, lungo il percorso travagliato, i più normali versi canonici dove rime eterogenee sono in costante fuga da e verso loro stesse, abbracciando, di conseguenza, un ritmo totalmente diverso dal classico metro adoperato, cambio repentino di registro musicale in cui note e strofe, prendendo vita spontanea dalle mani del loro ideatore, concretizzano insieme l’unica melodia sinfonica in grado di oltrepassare lo scibile dell’artefice in fatto di visionari arrangiamenti e originalità strumentale?
Nel momento durante il quale, consapevole, scelgo di affrontare una nuova avventura letteraria, ennesimo viaggio di inchiostro nelle cui profondità sento il magnetico dovere di tuffarmi senza salvagente né braccioli, desiderosa di carpirne i misteri, svelandone gli intrighi dove il caotico ordito si intreccia in trame impossibili da districare, e curiosa di poterne conoscere gli anfratti, esplorandoli in compagnia dei figli di carta incontrati nel bel mezzo della mia immersione da consumato pesce fuor d’acqua, ciò che mi preme, per la maggiore, trovare fra i capitoli in evoluzione è l’assoluta bellezza dello svolgere le pagine, fruscianti sensibilità rilegate ad arte che possiedono lo straordinario talento di racchiudere in sé le peculiarità fondamentali per ottenere lo scrigno di preziosi tanto agognati quanto detestati, in primis una rappresentazione approfondita dei differenti e disparati personaggi da essere sufficiente abbastanza non solo per tratteggiare i vari characters fin nelle minuzie di poco conto, ma anche per consentire ai lettori di usare comunque la loro sconfinata immaginazione, in secundis un plot architettato con maestria per evitare l’allontanamento troppo subitaneo dello sguardo del lettore che, appunto, tenta di concedersi una pausa dall’ipotetica noia e per mantenere elevata l’attenzione di chi ha azzardato la propria falcata nella direzione di quel vortice di parole.
Tuttavia, qualora l’anzidetta spiegazione fosse condita da un’ammaliante scrittura in grado di soggiogare completamente l’uditorio aiutandolo nel tragitto riflessivo della sua ulteriore esistenza immaginaria, la parentesi vitale che andrà a condividere con quei compagni di ventura cavalcanti gli stessi marosi del medesimo mare, potremmo affermare senza dubbio alcuno che la ricetta di fronte ai nostri occhi corrisponde al Sacro Graal della letteratura, dimostrazione tangibile di un’eterna magnificenza che non può esaurirsi manco volendo: nonostante all’inizio sia parsa evidente una, seppur trascurabile, frammentazione di Clizia Fornasier nel dispensare le frasi di contorno ai discorsi diretti, brevi e concisi respiri che mi hanno ricordato più una narrazione in prima persona e non quella autentica in terza, errore triviale d’inciampo dal quale la paroliera al suo esordio ha subito appreso il mezzo tramite cui rialzarsi con nonchalance, È il suono delle onde che resta esibisce il tipico retrogusto Mistico da fiaba della buonanotte, un rincorrersi perpetuo di rumori notturni che colgono l’opportunità di terrorizzare e rinfrancare quando meno ce l’aspettiamo, magia soffusa sul pentagramma di un artista sconosciuto che accompagna placidamente ora in una fantasia reale ora in una realtà fantastica, confine labile tra due mondi simili che proprio distanti non lo saranno mai.
Osservando attentamente la non numerabile complessità degli anni che ho passato a leggere, dodici mesi di tenace ripetizione grazie ai quali ho scorso, nell’immensa foresta di vocaboli in cascata, sorprendenti ramificazioni dalla delicata fattura smeraldina, chiome fluenti di gemme pregevoli che, nate e cresciute in un tempo indefinito, ho potuto saggiare ai miei esordi di divoratrice d’inchiostro quale sono, diventando per loro una sorta di guida conducente verso lo sviluppo più adatto alle verdi promesse, quell’incremento evolutivo che ha cambiato il loro destino da precaria instabilità a sicurezza evergreen, ho avuto la possibilità di constatare la mia ferma predilezione per una distinta tipologia di personaggi, amici (s)conosciuti che da lettrice ho imparato ad apprezzare nel bene e nel male, futuro già scritto per ogni appassionato del campo che si rispetti: indipendentemente dall’età caratterizzante il figlio di carta preso in esame, un numero qualunque che ai fini della mia simpatia nei suoi confronti non ha alcun valore significativo, glissando pure sull’atteggiamento con il quale l’autore decide di presentarlo alla globalità, luce prevalente od ombra dominante che, in un testa a testa dalla prima all’ultima pagine, lottano fra loro per emergere dalla stasi perenne e vincere l’atavica battaglia a cui corrono dietro fin dall’apertura della loro storia, forse a causa della mia egemone inclinazione a studiare con dovizia di particolari il molto habitué percorso morale del soggetto, una strada di frequente intransitabile dove gli ostacoli, quali funghi velenosi del sottobosco, spuntano testardi dal giorno alla notte, danneggiando la liscia terra agibile con un calamitoso intervento sfortunato o magari per la mia eclatante ostinazione nel voler, ad ogni costo, tastare con mano un qualsivoglia spessore autorevole fra le righe di un testo affrontato, quell’inappuntabile contenuto che induce alla ponderazione automatica delle vicissitudini lette in modo tale da assimilarne i dettagli per impossessarsi di quanto trangugiato in barba alla dieta ipocalorica, ambisco sempre a gradire quegli uomini e quelle donne imperfetti che, nel corso della narrazione di appartenenza, quasi a voler palesare, dopotutto e nonostante tutto, la loro mentalità da sogno non represso attraverso una vena oltremodo umana nel sottofondo da utopica esistenza sui generis, ricavano dalle esperienze di solista esistenza gli insegnamenti necessari a ottimizzare le proprie risorse, usufruendone al massimo senza risparmiarsi mai, accorgendosene quanto basta prima che sia troppo tardi, non dubitandone affatto negli istanti tenebrosi dove il malcontento generale può sempre surclassare tutto il resto.
Di conseguenza, proprio per i motivi appena stilati qui sopra, è stato lapalissiano per la sottoscritta adorare intimamente Caterina e Adele, un vivace duo con il quale sono riuscita a instaurare un legame a doppio filo di cui ho beneficiato grazie ai dialoghi frizzanti che mi hanno concesso di interpretare con formativa libertà la natura intrinseca di entrambe le protagoniste, vivendo a 360 gradi gli episodi ordinari dove le tali esponenti del gentil sesso hanno abbandonato al molo gli apolidi tiranti, alla pari di imbarcazioni giramondo che, alla fine, trovano il porto per antonomasia, vascelli navigati che, aspettando insieme l’alba ventura dell’avvenire, vanno all’arrembaggio di caduche regolarità per le quali la solitudine è bandita dall’equazione, il dolore è uno scoglio da ricordare e amare lasciandosi ricambiare non è un privilegio per pochi.
Perché, insomma, non si smette mai di crescere, né ora né domani.
Si ringrazia la casa editrice Harper Collins Italia per la copia ricevuta in omaggio.
Scheda libro
Titolo: È il suono delle onde che resta
Autrice: Clizia Fornasier
Casa editrice: HarperCollins Italia
Pagine: 336
Anno di pubblicazione: 2019
Genere: Narrativa contemporanea
Costo versione ebook: 6.99 euro
Costo versione cartacea: 17.00 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
Sinossi: È la notte di Natale su un’isola remota, circondata dal mare scuro. Caterina è una vecchia signora stravagante, un’artista, che ha scelto per sé un destino di solitudine. Non vuole prendersi cura di niente e di nessuno, nemmeno di un gatto, e per questo vive reclusa nella sua casa arroccata su uno scoglio, lo spazio in cui dà vita alle sue opere d’arte. Mentre il resto del mondo festeggia davanti a una tavola imbandita, Caterina sta per andare a dormire, sola come sempre. I suoi occhi stanno per chiudersi, quando sente un rumore di vetri che si infrangono. In salotto giace una bambina, bagnata e svenuta. L’emozione di quell’improvviso contatto umano è troppo forte, e l’unica cosa che Caterina riesce a fare è stenderle addosso una coperta, sperando che la notte le sia clemente. La mattina dopo la bambina si è svegliata, ma non ricorda nulla della sua vita precedente. Sta disperatamente cercando il papà, ma di lui rammenta solo la voce e una musica lontana. Adele, come Caterina chiama la piccola, travolge l’anziana e reticente artista con tutta la vita e i colori che porta con sé. Inizia così per entrambe un’avventura che le porta fino agli angoli più remoti della terra e che cambierà irrimediabilmente le loro esistenze e i loro cuori.
Clizia Fornasier ci regala un magnifico esordio letterario pieno di magia e con due protagoniste che rimangono scolpite nell’anima. Succede, a volte, che qualcuno irrompa nella tua vita senza che tu te ne accorga né che lo voglia, e che quel qualcuno finisca per riempire un vuoto che avevi deciso di non vedere. Perché l’amore non chiede permesso quando arriva dove non c’era. Ma poi diventa impossibile lasciarlo andare via.
4 Aprile 2019 at 19:59
Io non so come fai ma riesci sempre a trovare tre parole esatte e perfette per la storia e anche queste lo sono. Su formativo avevo dei dubbi sul perchè l’avessi scelto ma leggendo ho capito che è perfetto anche se la prima parola che io direi è la tua prima commovente perchè secondo me è una storia davvero commovente.
Grazie per aver partecipato e per tutto <3