Sebbene, per una grande e deprecabile iattura, non nutra alcun interesse nei confronti della storia, una materia scolastica alla quale, durante il mio percorso di studi, non sono mai riuscita ad appassionarmi come essa avrebbe meritato dal canto mio, forse perché gli insegnanti susseguitisi l’un con l’altro, nel corso degli anni, a partire dalle elementari fino ad arrivare al liceo, non sono stati in grado di stimolare davvero la mia attenzione tramite l’oratoria coinvolgente da loro impiegata nell’elargire fatti e date correlati in un procedere serrato di mesi in costante divenire oppure, magari, al pari di una caratteristica grandemente probabile rispetto alla sopra menzionata, il destino avverso ha voluto ossequiarmi con il regalo non anelato dell’inclinazione assai smisurata nel non percepire, in alcuna maniera, il richiamo calamitante del passato, un periodo temporale che ognuno di noi deve sempre esplorare in lungo e in largo per poter cogliere quei giusti spunti capaci di accompagnarci nel domani senza commettere i medesimi errori di una volta, istantanee di esistenza reale e diretta mediante cui ricordare a sé stessi e alle generazioni a venire chi si è stati per essere ciò che si è ora, la mia solidissima curiosità nei riguardi dei temi più disparati mi ha indirizzata pure verso una parentesi documentata quale è la Seconda Guerra Mondiale, uno scontro di risonanza globale le cui vicissitudini di maggior importanza sono padroneggiate dall’universalità tutta, complicità nel profondo avvertita dove la solidarietà di tanti si dimostra la forza motrice dell’uno che adesso siamo e un giorno saremo.
Di conseguenza, quando Sandy del blog La Stamberga d’Inchiostro mi ha chiesto se fossi disponibile a partecipare al blogtour con Review Party finale dedicato a Ricorda il tuo nome di Nicola Valentini, un thriller stupefacente ambientato nell’epoca hitleriana e pubblicato dalla casa editrice monzese Leone Editore che ringrazio della copia cartacea inviatami, ho accettato di slancio perché, comprendendo a pieno che, in occasioni del genere, evitare l’ipnotico canto di sirena non risultasse essere la facile pratica da concretizzare attraverso machiavellici artifici degni del re di Itaca, la necessità di seguire le orme del mio intuito ben collaudato, alleato prezioso quando si tratta di scegliere la successiva lettura da affrontare prima e amare poi, ha preso il sopravvento consacrando proprio oggi, di nuovo, quel compagno essenziale che sfoggio con disinvoltura e facilità automatiche, tripudio entusiasta in grado di riflettersi nel corrente Thr33 Words inneggiante l’opzione letteraria azzeccata al 100%.

Che si abbia o meno l’intimo desiderio di accogliere nel cuore attimi fugaci di un’era ormai trapassata, a volte senza quasi rendercene conto a pieno, la nostra mente si trasforma in un’indefessa e alacre catalogatrice di immagini, diapositive in successione che mostrano, con l’ausilio di determinati particolari di varia natura quali il riverbero di un suono colto in lontananza come frutto maturo in procinto di prendere il volo e abbandonare il ramo accogliente al cui livello, fin dal primo momento su questo pianeta, ha costituito la sua dimora in pianta stabile, il retrogusto di un assaggio che nel suo pentagramma da quattro portate appetitose e cinque sorbetti di pausa necessaria ospita ancora le note saporite di un piatto da cucina gourmet impossibile da scordare, la traccia di una fragranza respirata a pieni polmoni denotante l’elisir di eterna giovinezza per cui sentirsi freschi e adolescenti al pari di rose sorprese nell’atto di sbocciare e risplendere grazie ai raggi di un sole non parco nel riversare il suo manto dorato su chi attende irrequieto la sua improvvisa e spontanea comparsa, il delicato lambire di un tocco che, garbato, lascia dietro di sé tracce di un passaggio capace di smuovere dal torpore della letargica emozione turbinii epocali di esistenza in sordina svegliata dalla caotica baraonda di uno sfiorare accidentale per nulla premeditato o l’esposizione diretta a un volto non scontato che, uguale eppure diverso dai precedenti incontrati, si distingue per quelle minime sottigliezze idonee all’essere respinti dalla maggioranza pratica nel non prendere appunti attestanti l’incrocio di un passato confluente nel presente e sancente il futuro, un universo spettacolare dove un palco alla ribalta viene allestito solo per la nostra performance da esperti solisti della vita: Ricorda il tuo nome simboleggia uno di quegli eloquenti dettagli che il cervello del lettore medio si sente in dovere di conservare tra le fila delle sue testimonianze più care, uno speciale souvenir dalla trama ben architettata che, per mezzo di una scrittura lineare eppure contorta nei suoi anfratti da misteriosa sciarada, accompagna Pandora verso l’apertura del suo leggendario vaso dal non proprio ermetico sigillo, un forziere enigmatico dentro cui si ha la possibilità di osservare escamotages stuzzicanti che, a seguito del lento rivelare di indizi basilari da aggiungere ai pregressi, culminano nell’ostentazione di inopinate meraviglie a non finire, una sequenza di fotografie che, permanenti, assumono quel carattere Indimenticabile specifico del mito, lapalissiano e ostico che, fondendosi in consonanza, non guastano l’atmosfera di suspense creata, trepidazione palpitante in sempiterna crescita che si fossilizza nella memoria degli astanti a riprova di un talento non morto bisognoso unicamente del giusto sprone a emergere.

Può una cicatrice dell’anima vessare e tormentare un uomo indifeso fino a distruggerlo, pezzo dopo pezzo, dalle fondamenta alle sue appendici, devastazione totale di un corpo inerme in balia di un’impronta su sabbia che, ancora vivida nell’oblio da dimenticatoio coatto, emerge in corrispondenza della superficie di ime acque appartenenti all’oceano di morte sospesa con l’esclusiva finalità di perseguitare l’anfitrione e torturarlo finché l’epilogo non sopraggiunga liberandolo dal giogo di un’esistenza ormai già tramontata a un Inferno lastricato di sangue essiccato, ossa frantumate e membra in decomposizione?
Attraverso il semplice riattizzare di carboni ardenti indotto da una generica minuzia esterna quale una parola detta tanto per nel marasma sinfonico di una conversazione usuale dalla normalità innescata o una scena votata alla routine accidentale nel cui svolgersi è previsto un banale gesto che dell’abitudine ha fatto un capolavoro in miniatura, l’evidente segnale dell’antico ritorno si presenta in tutta la sua mastodontica avvenenza, un fascino intrinseco dai tratti crudeli che popola il subconscio di chi, ancora, non si è reso conto della sua presenza colossale, lineamenti spaventosi che, da miraggio solo abbozzato nel prima, rinfocolano il suo nucleo di cupo dolore proponendosi adesso nelle vesti di tangibilità perfettamente delineata, leggendaria creatura d’altri tempi nelle mentite spoglie di Nemesi in cerca della vendetta secolare già annunciata quando il seme di ieri non aveva attecchito nella culla sicura da nuda e fertile terra in costante attesa di germogliare insieme a esso con lo scopo di consegnarlo pronto alla vita: concretizzando il loro ligio attenersi alla mera realtà di un qualsiasi individuo abitante del mondo così come i lettori lo conoscono, mediante righe traboccanti di ingegno e appartenenti a una prosa costruita con ineccepibile criterio ordinato, Nicola Valentini nel suo Ricorda il tuo nome permette ai suoi characters di avvalersi del riconoscimento di persone effettive dall’ipotetica e molto plausibile autenticità poiché, quasi fossero chiamati a esistere davvero, entrano in possesso dell’atteggiamento concernente un soggetto Perseguitato da remoti accadimenti in cascata, esorbitante valanga di flash a tradimento che rammentano il sopruso e la colpa, do ut des a senso unico che, per quanto si dona in positivo e in negativo, tanto si ottiene in restituzione, semina e raccolto che, scontando la loro pena capitale, accettano il destino a loro assegnato, un venerando baratto dalla peculiarità nient’affatto equa in cui il viandante letterario si sente chiamato in causa, un naufrago del cosmo di appartenenza che capita in un universo parallelo dove le nefandezze del singolo contaminano il molteplice, insudiciando carnefice e vittima con la medesima guisa di chi non prova rimpianti.

Quando un viaggio di carta e inchiostro nasconde, fra i suoi magnifici capitoli attiranti l’occhio clinico dei più temerari e coraggiosi avventurieri del nero pelago in tempesta, un significato morale di fondo, quell’emblematica ciliegina sulla torta che, limitrofa eppure distante, viene bramata da fauci spalancate verso l’alto con la tormentata speranza di ottenere la ricompensa qualora palesassero una granitica convinzione nel rimanere ferme e aspettare in silenzio, il lodevole testo a cui si fa riferimento guadagna in modo automatico non solo il rispetto di chi è inciampato tra i paragrafi da esso esibiti, un maldestro passeggiatore di storie che, col senno di poi, vorrà a ogni costo ringraziare la buona stella per averlo omaggiato di un simile dono inestimabile, ma anche una menzione d’onore dall’intera collettività, equilibrata reazione dinanzi alla geniale invenzione dall’originale sentore che gli amanti dei libri conoscono fin troppo bene: successivamente all’assimilazione metodica delle peripezie narrate con maestria ed eleganza dal reduce paroliere la cui musa ispiratrice ha lavorato volenterosa affinché il prodotto finale fosse gradito agli avvezzi divoratori dei lessemi, l’uditorio riscontrerà l’ovvio cambiamento naturale alla quale non si è potuto sottrarre, una modifica radicale pertinente all’analisi di prospettive differenti per lui non abituali, vista magica sull’orizzonte di sempre dove si reputa che la luce ora sparisca come mai prima, dissolvenza improvvisa che sfuma nel nulla compensando nel tutto, aggiunta ulteriore di tipiche qualità che consentono di appropriarsi della visione completa di estremità adiacenti alle nostre, ennesima falla di perdita nella nave di sicurezze ancestrali in cui la fiducia è posta con agevolezza e senza alcuna recriminazione, passaggio di staffetta che concede l’arricchimento in virtù di una forte crescita interiore. Giust’appunto, personificando un serio insegnante dalla notoria levatura che si erge sul podio della sua cattedra in pole position davanti a una classe fremente nello scoprire novità così scioccanti da indurre tali orde incontrollabili di scibile a invadere la patria domestica della conoscenza in evoluzione delle orecchie attente pure al minimo sussurro, attraverso Ricorda il tuo nome, Nicola Valentini addottrina e istruisce in merito al periodo hitleriano, non appesantendo il suo esordio letterario con un noioso elenco di date precise e relative contingenze, ma focalizzandosi sia sugli sfortunati e mal compresi ebrei sia sulle loro agghiaccianti e spietate tribolazioni, avvenimenti riferiti fin nelle loro minuzie insignificanti che, soccorrendo il lettore nell’intensa ponderazione, visualizzano una cristallizzata istantanea dei lager nazisti, luoghi di morte e oppressione che ancora oggi sottintendono l’errore madornale dell’uomo nei confronti di suo fratello, una feroce guida che possa, un giorno, vanificare qualsiasi nuovo sbaglio.

 

 

 

 

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Scheda libro

Titolo: Ricorda il tuo nome
Autore: Nicola Valentini
Casa editrice: Leone Editore
Pagine: 332
Anno di pubblicazione: 2019
Genere: Gialli, Thriller
Costo versione ebook:
Costo versione cartacea: 13.90 euro
Link d’acquisto: Amazon (cartaceo)
Sinossi: Al termine della Seconda guerra mondiale, due ebrei feriti sono ricoverati nella stessa clinica. Uno ha perso la memoria, l’altro l’uso delle gambe. Durante la degenza, tra i due si instaura una profonda complicità e insieme decidono di vendicarsi dei gerarchi nazisti di Buchenwald, in particolar modo dell’ufficiale Eike Aumann. I loro movimenti attirano però le attenzioni del comandante della polizia militare americana Berger e di un altro ebreo deportato, ormai noto come il Cacciatore di nazisti. Il destino dei quattro uomini si compirà al termine delle rispettive ricerche, quando giungeranno nel covo di Aumann.