In un giorno qualunque di inizio Autunno, profondamente annoiate dal solito tran tran abituale, complice forse l’ebbrezza provocata dal classico Estathè al limone di troppo, le sottoscritte hanno deciso di alzare il sipario su una nuovissima rubrica, sezione nicchiosa che speriamo possa rappresentare l’esatto connubio tra divertimento e serietà, luce e tenebra che, per antonomasia, poco si sposano, ma riescono comunque a scontrarsi a metà strada, pomiciando, inibizioni spiegate, come liceali in piena crisi puberale.

Perciò, presentiamo con grande orgoglio e altrettanta gioia la PsychoNicchia, il famoso risultato delle suddette intense elucubrazioni avute nei mesi scorsi, penetrante concentrato di meningi che, nonostante l’impatto primario a dir poco sconvolgente, alla fine abbiamo scoperto di avere in abbondanza: in parole povere, ciò che dovrete aspettarvi da questa tipologia di articoli saranno delle descrizioni brevi eppure esaustive delle piccole grandi manie attanaglianti lo spirito ossessivo-compulsivo di ogni lettore medio, stranezze particolari che, da una parte, potrebbero far storcere il naso alle persone non coinvolte e, dall’altro lato, potrebbero indurre i protagonisti degli stessi pallini a riconsiderare la stima nutrita nei confronti del genere umano in disaccordo, il tutto chiaramente condito dalle risate di entrambe le fazioni, partita di tennis che arbitreremo molto volentieri, sganasciandoci con voi e partecipando all’ilarità generale com’è giusto che sia.

Quest’oggi apriamo le danze con una pratica oltremodo diffusa, genuina comodità per alcuni e ripugnanza totale per altri, azione controversa che dalla notte dei tempi è capace di accendere diatribe importanti tra i lettori di ogni specie: le orecchie agli angoli delle pagine.

Espediente di fortuna in mancanza di un segnalibro a portata di mano, prepotentemente abbarbicato come solo i brufoli in zone delicate possono essere, l’originale apparato auricolare che non permette di udire manco per scherzo consente all’avventuriero della carta e dell’inchiostro di distinguersi dalla massa con un certo vandalismo illegale, non andando quindi a usufruire delle normali metodologie che ha a disposizione per mantenere il segno nell’esatto punto dove ha interrotto la lettura, ma costringendo la morfologia dell’opera stessa ad adattarsi, con estrema pretesa, ai propri gusti alquanto opinabili in materia.

La criticità della qui presente prassi può condurre chi non è dedito alla nobile arte della barbarie verso un punto di non ritorno, infarto precoce che andrebbe a stroncare definitivamente il cuore pulsante sempre incline a nuovi viaggi in terre lontane dal frusciante sentore: del resto, nel caso in cui si trovasse a fronteggiare un simile crimine contro l’umanità nei riguardi di un suo tesoro alla Gollum Style, uno scricciolo così emotivo e sensibile sarebbe indotto a un vero e proprio attacco di panico al contrario poiché, superata la fase da asma e capogiri in perseverante ascesa -dopotutto, Buzz Lightyear docet-, avverrebbe per certo, nel suo subconscio, una radicale trasformazione, mutamento assoluto che lo porterà a impersonare uno dei tanti serial killer con i quali, a volte, trascorre le serate, se, ovvio, il libro scelto per l’occasione appartiene al genere giallo canarino per cui, questa volta, Gatto Silvestro rischierebbe davvero, davvero grosso.