Finalmente ho letto il seguito di Opportunity, di cui trovate la recensione qui, sempre gentilmente offerto dall’autore, Cristiano Pedrini, che nuovamente ringraziamo per l’opportunità offritaci. Scusatemi per il gioco di parole: non era voluto.
Per la seconda volta, in Rhapsody, incontriamo Julian e Rey, immergendoci ancora nelle loro avventure che avevamo momentaneamente lasciato ma che non erano del tutto concluse, terminate, permettendo quindi al giovane Lord di vivere a pieno la sua nuova vita, a fianco dell’uomo che ama. Dopotutto, molte faccende erano rimaste in sospeso, irrisolte, tanti intrighi erano stati svelati, certo, ma in maniera fin troppo evasiva da lasciar presumere qualsiasi soluzione plausibile ed esauriente. Era necessario, perciò, ritornare là dove la narrazione del primo libro si era bloccata e continuare il percorso per vedere le risposte che tanto ho atteso.
Prima di addentrarmi in una visione generale della trama, lo metto in chiaro, anche se potrebbe risultare estremamente palese: coloro che non hanno letto Opportunity è meglio che non leggano questa recensione perché, ovviamente, seppur noi della Nicchia stiamo attente agli spoiler, è inevitabile cadere in questa trappola in taluni casi.

Rhapsody incomincia introducendo nel quadro narrativo un nuovo personaggio, Corinne Bradley, una donna austera e risoluta, di carnagione scura la quale esalta ancora di più la sua chioma canuta, una Lady che occupa un incarico politico di spicco, essendo il Sottosegretario agli Interni. Rey Foster, ormai calato bene nel suo ruolo di segretario personale del conte Edrington, ha scortato la donna alla magione di Julian per un colloquio privato, il cui argomento è ancora ignoto, sia al lettore che all’accompagnatore della signora. Corinne incontra, prima del Signorino, la zia dello stesso, con la quale scambia poche battute, ma che denotano una profonda amicizia tra le due donne, tanto da scambiarsi confidenze. Infatti, dopo alcune domande di perplessità e pura curiosità non malvagia o con doppi fini, Abbigail confessa, in maniera sommaria, senza quindi profondersi in dettagli al momento inutili, visto l’arrivo di Julian, che Rey non è solo un nuovo dipendente del conte, ma è molto di più. Il piccolo Lord, constatando il soggetto del dialogo tutto al femminile, si intromette, quasi punto sul vivo, portando le mani avanti, cercando di apparire forse disinteressato parlando con ironia della sua relazione ancora celata agli occhi della gente altolocata londinese, che sicuramente non prenderà bene questa notizia.
Tuttavia, dopo questo piccolo ex cursus dagli eventi narrativi, è proprio qui che ci viene svelato il motivo della visita della Lady. Almeno chi legge non ha dovuto attendere molto prima di vedere esplicitati tutti i dettagli dell’incontro: a quanto pare, il conte svela alla politica, verso la quale nutre un rapporto di amicizia di lunga data e una forte fiducia e stima, i suoi presentimenti rispetto il commissario capo di Scotland Yard, e cioè Lord Randall, accusandolo non solo come già si sapeva da Opportunity dell’omicidio dei suoi genitori ma anche dei tentativi di sequestro verso la sua persona. Ovviamente, anche Corinne vorrebbe sbarazzarsi di quell’uomo astuto e senza scrupoli, ma per poter agire bisogna avere delle prove concrete, e per questo, prima di attuare un qualsiasi piano, Julian dovrà trovare le conferme che cerca. Cosa gli potrà mai dire l’ispettore Green, l’unico ufficiale di polizia di cui si fida davvero? Nonostante i pericoli siano dietro l’angolo, in ogni dove, Julian, aiutato da Rey ma anche da altri e nuovi personaggi introdotti in Rhapsody, non desisterà, non smetterà mai di perseguire il suo obiettivo, mettendo non solo a repentaglio la sua vita, ma anche quella delle persone che ama.

Anche se ci troviamo difronte agli stessi protagonisti del primo libro, possiamo constatare fin da subito quanto siano cambiati, soprattutto psicologicamente, in particolar modo Julian. Il piccolo grande uomo, infatti, forse facilitato dall’amore nei confronti di Rey, è riuscito finalmente ad aprire il suo cuore, permettendo lo scaturire di quei sentimenti che tanto lui non ostentava, che si obbligava a celare nel suo intimo per non apparire debole data la posizione di rilievo ottenuta con la dipartita dei suoi genitori, per non far trapelare la sua natura di diciassettenne e quindi di ragazzo ancora acerbo, sia fisicamente che emotivamente, per sentirsi “grande”, sicuro di sé, forte, mascherando il giovane che sarebbe dovuto essere, ma che in qualche modo si è perso per strada, costretto dal destino a impersonare un adulto prima del tempo, maturare saltando quelle famose tappe obbligatorie e consuete che un giovane uomo dovrebbe attraversare per poter crescere, non solo grazie ai passi avanti intrapresi, premi ambiti che un ragazzino vorrebbe collezionare come prova di crescita interiore e morale, ma anche attraverso gli sbagli, forse i veri fautori di una maturità che rappresenta la linfa vitale per poter entrare davvero e con diritto nel mondo dell’età adulta.
Con Rhapsody, il fatidico momento è giunto: solo in questo istante ci si rende conto di quanto sia fondamentale riesumare dagli abissi dell’anima il proprio bagaglio emotivo, quello che sembrava essersi perso sul nastro trasportatore di quell’aeroporto che chiamiamo cuore, ormai un involucro vuoto e cavo, segnato dalle cicatrici causate dalle avversità che la vita a volte ci pone difronte, un organo che di vitale ormai non ha più niente, fermo, bloccato in un’immobilità che può ricordare solo la morte, la disfatta totale davanti agli ostacoli, sempre più insormontabili, posti sulla nostra strada dal fato a cui piace tremendamente l’ironia. Impossibile scorgerlo subito, in lontananza, circondato e immerso da una miriade di altre valigie, che sembrano tutte uguali per forma e colore, chiuse e sigillate come per proteggerle dagli estranei ma anche da noi stessi, forse per paura di scoprire che possiamo e, sicuramente, dobbiamo provare qualcosa di fronte alle situazioni della vita, positive o negative che siano. Abbiamo il sacrosanto diritto di esternare quelle lacrime di gioia e/o di tristezza che riempiono le cisterne dei nostri occhi per poter trovare la pace interiore che dovrebbe persistere in noi, la classica quiete dopo la tempesta, necessaria per poter ripartire da dove si era lasciato, per poter riprendere precisamente dal punto in cui avevamo cliccato sul tasto di pausa, ricominciando così il nostro cammino verso la prossima tappa vitale da raggiungere.

Con la sua solita scrittura leggera, evocativa che culla il lettore nella narrazione, dall’inizio alla fine del romanzo, facendolo sentire parte integrante della storia, permettendogli di provare le emozioni che sfociano dalla sua penna magistrale e si imprimono di prepotenza nel cuore, Cristiano Pedrini sembra focalizzarsi sull’importanza della presenza delle persone amate, i loro caldi abbracci che ci accolgono senza un perché in un bozzolo rassicurante, una barriera contro tutto e tutti, gli unici individui con cui possiamo lasciarci andare, confidarci, confessando loro i nostri più intimi turbamenti, senza provarne vergogna, senza sentirsi deboli, senza doversi nascondere, perché esternare ciò che siamo e ciò che sentiamo nel profondo non è sinonimo di viltà e di fragilità, ma di forza, una forza d’animo in grado di dimostrare agli altri ma soprattutto a noi stessi che siamo normali, vivi e, indipendentemente da quello che degli estranei possano dire, invincibili, dato che sappiamo metabolizzare gli avvenimenti che fanno da contorno alla nostra realtà, non evitando il confronto con le conseguenze emotive degli stessi, non dimenticando che non si deve scappare difronte le nostre possibili reazioni, affrontandole senza abbassare il capo, a testa alta, come valorosi guerrieri, impavidi eroi pronti a riconoscere la loro natura di esseri umani.

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Rhapsody
Autore: Cristiano Pedrini
Casa editrice: Youcanprint
Pagine: 228
Anno di pubblicazione: 2016
Traduttore:
Genere: Narrativa contemporanea
Costo versione cartacea: 16.00 euro
Costo versione ebook: