Sono ormai giorni che lo dico a Jackdaw. Vi siete accorti di quanto sono belle le ultime copertine scelte dalla Newton Compton? Io sì e infatti c’è scappato l’acquisto a Tempo di Libri: dopotutto, sapete bene che molto spesso mi lascio convincere dalle cover e dai titoli di alcune opere, senza nemmeno informarmi sulla loro trama. E altrettanto spesso azzecco il romanzo, trovandomi immersa in una bellissima storia che da una parte non vedo l’ora di terminare per conoscerne tutti i particolari e dall’altro lato non vorrei finisse mai per non doverla concludere, voltando, quindi, la sua ultima pagina. Ecco, Matrimonio di convenienza, scritto da Felicia Kingsley, autrice italianissima che ha pubblicato originariamente questo libro in forma self, ha decretato un inizio col botto per questa scrittrice: è sicuramente un titolo frizzante e divertente che si identifica come il miglior rappresentante per l’esordio di una carriera letteraria.

Jemma Pears sta aspettando impaziente nella sala d’attesa dello studio legale di Derek Wharton, l’avvocato della sua nonna materna, Catriona. Cosa ci fa lì una semplice truccatrice di una compagnia teatrale? Ad essere sincera, non conosce il motivo per cui è stata convocata, ma sicuramente sa che dovrebbe essere da tutt’altra parte in quel momento, magari a fare il suo lavoro, visto che manca poco meno di un’ora e gli attori andranno in scena. Adriana, il direttore artistico, si farà sentire, eccome se si farà sentire.
Tuttavia, per ora, questo non è il problema principale. Infatti, dopo averla finalmente ricevuta e dato voce a qualche preambolo di circostanza, l’uomo di legge svela alla nostra protagonista la ragione per cui l’ha chiamata: la famosa nonna sopracitata, che ai tempi aveva diseredato la figlia Carly perché si era sposata, per amore, con un uomo, Vance, senza nobili natali, ha lasciato tutta la sua miliardaria eredità alla venticinquenne. Che sorpresa, non trovate? Basti pensare al fatto che con Catriona non c’era mai stato un rapporto talmente ragguardevole da poter credere possibile di beneficiare di un patrimonio così cospicuo e ingente. In pratica, un fulmine a ciel sereno molto gradito che la ragazza non vede l’ora di accettare! Peccato che ci sia una minuscola gigantesca clausola da soddisfare, un codicillo che non si può impugnare in alcun modo, come il pacato e posato Derek le spiega molto chiaramente. Se la truccatrice vuole quel denaro, non deve far altro che sposarsi… con un blasonato. Jemma può scegliere tra un qualsiasi pari del Regno Unito, gli aristocratici del Belgio e anche quelli della Danimarca, ma non della Francia, certo, quella dopotutto è una repubblica.
Tutta questa farsa è davvero davvero necessaria? Non ci potrebbe essere una scappatoia che le eviterebbe la tale situazione spiacevole? L’avvocato, che ora è diventato il suo legale di diritto, le dice che non deve preoccuparsi, che troverà lui una soluzione, senza che lei si scomodi oltre. Perfetto, ma la ragazza mica può sapere che quello scaltro di Wharton le ha già praticamente trovato marito, un certo Ashford Parker, duca di Burlingham e scapolo trentenne che accetterà di buon grado questa unione di comodo, se vuole evitare di farsi pignorare una delle sue dimore a causa di tutti i debiti accumulati, derivanti dalla cattiva amministrazione delle sue finanze da parte di terzi. Sarà, perciò, un Matrimonio di convenienza il loro. Niente di più, niente di meno. Forse…

Può una scelta quasi obbligata, un gioco pattuito a tavolino tra le parti, tramutarsi in qualcosa di importante e reale, forse più della stessa vita che abbiamo sempre condotto, un’esistenza completamente diversa dalla situazione, prima insignificante e opprimente, poi rilevante e totalitaria, che, come uno scherzo dell’abile destino deciso a rendere impervio il nostro cammino in tutto e per tutto, ci è capitata tra capo e collo, un ostacolo dove siamo inciampati malauguratamente e a causa del quale siamo caduti a terra in modo rovinoso, però felici comunque di abbracciare il suolo e contenti del risultato che abbiamo ottenuto?

Il fato non segue mai una direzione precisa a cui attenersi in maniera ferrea e dalla quale non discostarsi per niente al mondo. Non risponde, purtroppo, a delle regole scritte, leggi che sicuramente aiuterebbero noi poveri esseri umani, creature in balia ogni giorno di un’entità che pare sempre voler scherzare con noi, sarcastica e ironica dall’alto del suo piedistallo da cui domina indiscussa, manovrandoci come pedine col solo scopo di renderci la vita decisamente impossibile, un inferno sulla terra di cui faremmo volentieri a meno, se avessimo voce in capitolo e potessimo quindi scegliere. L’avvenire, perciò, è tutto fuorché prevedibile e monotono: invece che costringerci a una vuota esistenza fatta di routine, vicende tutte uguali che sicuramente passerebbero inosservate tanto risulterebbero sterili e banali, situazioni che spegnerebbero pian piano la vivacità, nascosta o meno, della nostra indole, inaridendola e omologandola a puerili momenti di calma piatta, esso ci rassicura con la sua presenza scomoda, proponendoci sempre valide alternative “spassose” con le quali misurarci, a lungo andare esasperarci e, perché no?, disperarci verso l’infinito e oltre. Certamente i Buzz Lightyear degli sfortunati, chiaro.
Si sa, però, che Quando il gatto non c’è i topi ballano. E quindi? E quindi balliamo e prendiamo di buon grado tutto ciò che il destino pare volerci donare, magnanimo esemplare di generosità verso il suo prossimo più disgraziato e bisognoso di attenzioni, accortezze di sicuro non desiderate e completamente discordanti da ciò che davvero vorremmo attirare su noi stessi. Tuttavia, come è nella sua natura mutevole, il futuro, non ancora scritto e incerto, inizia a cambiare totalmente le carte in tavola quando meno ce l’aspettiamo, mostrandoci, man mano che ci addentriamo in questa nuova partita, una visione d’insieme differente da quella che ci aveva presentato all’inizio dello sporco gioco al massacro, dove, sotto il mirino dei fuochi incrociati, cerchiamo di destreggiarci come meglio possiamo, se vogliamo sopravvivere e, se proprio non riusciamo a vincere, almeno perdere con dignità e coraggio, non lesinando le nostre mosse, ma lanciandoci nella mischia con tutto il nostro essere, dando il massimo che possiamo senza esclusione di colpi.

Questa mutazione, che si rivela nella sua magnificenza a poco a poco, svelandosi un passo alla volta per quella che realmente è, dimostra quanto non bisognerebbe mai giudicare un libro dalla copertina, sconvolgendoci con i tesori che ha sempre celato agli occhi di chicchessia, nascosti nella sua ombra cupa e avvolgente, strabiliandoci con le sue vere fattezze attraverso la rivelazioni di aspetti che mai avremmo immaginato possibili in quel caso, piccoli dettagli capaci di fare una grande differenza.

E così, spuntano inaspettate delle sensazioni prepotenti che segnano la nostra fine e, allo stesso tempo, celebrano, insieme a noi, un nuovo inizio tutto da vivere: da una parte, troviamo e ritroviamo amicizie che non speravamo di intrattenere, legami inverosimili che non credevamo possibili tanto sembrano fuori dal comune, così campati in aria nella loro strana fisionomia da mettere in dubbio la stessa veridicità che li contraddistingue, eppure talmente in sintonia con la nostra persona da non poter essere altrimenti, se non forti relazioni salde che niente e nessuno potrebbero mai scalfire e abbattere; dall’altro lato, ecco mostrarsi l’amore, una passione travolgente che squassa e inebria il nostro essere, sorprendendoci nella sua potenza e nell’inaspettata rivelazione, proprio in un istante durante il quale tutto si era immaginato fuorché l’emozione più rigogliosa che tra due individui potrebbe nascere e crescere, rinvigorendoci e salvandoci dall’apatia e dal grigiore di ogni giorno, permettendo a chi la vive di riscoprirsi davvero, finalmente ritrovarsi e infine ricambiarsi.
Tuttavia, proprio a causa di questa messa a nudo nella quale il destino si palesa in un eccellente assolo senza filtri alcuni, anche noi ci ritroviamo a svelarci, nostro malgrado, di fronte a uno specchio nel quale vediamo riflessa la nostra immagine, una sagoma che sembra voler risaltare tutti i nostri difetti e unicamente essi, quei nei che tentiamo da sempre di mascherare perché ci fanno sentire inadeguati e inadatti in ogni situazione, imperfezioni che si mostrano nella loro grandiosa interezza negli istanti più inopportuni, durante i quali è preferibile non far emergere alcuna debolezza dimostrando una forza d’animo che non ci appartiene ma che è necessaria per affrontare la quotidianità e le sue continue sfide giornaliere. Si dice che non è tutto oro ciò che luccica, ma questo non significa che non sia comunque un metallo prezioso, diverso certo, ma con un valore inestimabile come può esserlo il primo.

La bellezza è negli occhi di chi guarda, dopotutto. Impariamo a vederci davvero, con uno sguardo differente e più incisivo, andando oltre alle apparenze e indagando a fondo, fino a conoscerci realmente. Comprendiamo, alla fine, che non si nasce imparati, con la camicia cucita addosso, ma che è d’obbligo rimboccarsi le maniche se proprio scopriamo di avere delle mancanze, lacune da riempire, vuoti da colmare. Convinciamoci a superare le paure che ci accompagnano da una vita, relegandole nel dimenticatoio, lontane rimembranze di un’esistenza passata e ora finita che lascia lo spazio al nuovo presente e a un futuro roseo, pieno di aspettative positive e ottimistiche, tempi dove tutto è possibile se solo noi ne covassimo il desiderio nel nostro intimo. Capiamo che lasciarci andare non implica rimanere scottati dal fato perché qualche volta, anche se rara, esso non è beffardo come gli piace solitamente presentarsi. Meglio soli che male accompagnati è solo un proverbio che non si confà ad ogni momento che viviamo: un buon gioco di squadra è sempre migliore di un triste solitario dove vinciamo, sì, ma perdiamo altrettanto banalmente. Affidiamoci, quindi, a un noi, un tu e un io non più separati e singoli, ma uniti, intrecciati in un unico destino, aggrovigliati in una matassa che mai riuscirà a essere sbrogliata, terminando così la partita e sancendo perciò il nostro trionfo. Finalmente.

«Fidarsi di qualcun altro è sempre un salto nel vuoto». […] «Ma io salto con te».

Matrimonio di convenienza è una storia dove la risata è assicurata e varie emozioni, altalene continue tra batticuori forsennati e palpitazioni perse chissà dove tra le pagine, regnano sovrane, dominando le scene che, come piccoli intermezzi di vita, creano un puzzle ordinato e ben fatto nel suo insieme, un mosaico nel quale ogni personaggio ha il suo posto, ogni vicenda ha la sua collocazione, ogni parola ha la sua ubicazione fatta su misura, propria per sé, unica nel suo genere. Il linguaggio usato da Felicia Kingsley si adatta ad ogni situazione descritta, utilizzando le parole giuste per ogni occasione, lessemi dai quali riescono a trasudare i caratteri dei vari protagonisti, principali o secondari che siano, un modo perfetto questo per permettere al lettore di entrare in sintonia con loro, aiutandolo a comprendere totalmente le dinamiche emotive che li animano e sentirsi oltremodo coinvolto, come se chi legge fosse il vero personaggio raccontato, come se fosse la sua vita quella narrata, come se fossimo noi le creature nate dalla penna della scrittrice.
Vi invito, quindi, a lasciarvi sorprendere da questo libro. Permettete a Jemma e ad Ashford di stravolgervi l’esistenza, riempiendola di vita, colmandola di felicità, e di darvi una scossa pepata per uscire, magari, da una giornata grigia e spenta con un brio decisamente vulcanico. Leggeteli. Leggeteli e basta.

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Matrimonio di convenienza
Autore: Felicia Kingsley
Casa editrice: Newton Compton Editori
Pagine: 381
Anno di pubblicazione: 2017
Traduttore:
Genere: Romance
Costo versione cartacea: 10.00 euro
Costo versione ebook: 3.99 euro
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