Avete presente le classiche giornate “NO”, quelle che sembrano non passare mai, quelle che iniziano male e paiono voler terminare sempre peggio, come se esistesse davvero un peggio più peggio dell’attuale peggio? Sarà che, quando ci scontriamo con questi momenti bui, un senso unico dove la via d’uscita è solo un lontano miraggio, la speranza, simulacro perduto di una tangibilità divenuta ormai evanescente, viene riposta in un angolino lontano, là dove nessuno potrebbe mai costringerla a venire fuori, riapparendo nella sua totale maestosità. A meno che il giorno termini, abbandonando le nostre stanche membra che, riacquistata la positività, sperano in un domani migliore. Avete inquadrato la situazione? Ecco, diciamo che a me tutto questo è capitato di lunedì e si sa quanto l’incipit di una settimana sia decisamente devastante: sarà perché sancisce il rientro a scuola o al lavoro, sarà perché si sentono ancora gli strascichi della domenica che tanto si vorrebbero protrarre anche il giorno seguente, sarà perché, beh, è semplicemente lunedì. Proprio in un momento critico del genere, ho deciso di fermarmi, prendere un libro e leggere. Penso che sia l’unica soluzione a tutti i problemi e quale modo migliore di raddrizzare in un attimo tutto il tuo piccolo mondo divenuto decisamente storto in un soffio? Quando, poi, ti capita tra le mani un romanzo nel quale ti addentri così profondamente da uscirne solo a lettura ultimata, cominci a chiederti cosa possa essere andato male quel giorno. Le paure del cuore di Silvia Bortoli, primo volume della serie Fearless, è stato un lenitivo più che sufficiente a rimarginare e far guarire completamente le mie ferite da lunedite incattivita.
Giulia è diventata una trentenne. E come può cominciare il giorno del suo compleanno se non con una bella telefonata di mamma? La nostra protagonista sa che è solo l’inizio di un continuo squillare di telefono, eppure deve stare calma e far finta che, sì, questa ricorrenza la entusiasmi oltre ogni dire. Deve rallegrarsi perché dopotutto, oltre a un pranzetto con i fiocchi a casa dei suoi, parteciperà in serata a una festa strepitosa tutta dedicata a lei, organizzata da una delle persone che le sono più care, Mari, praticamente una sorella acquisita a cui vuole molto bene e a cui è legata fin dall’infanzia, un’amicizia che dura da una vita e di cui ha ancora bisogno per sopravvivere alla realtà che la circonda, per continuare a vivere, nonostante tutto e tutti, trascinando un passo alla volta verso l’orizzonte futuro, senza mai fermarsi né voltarsi indietro. Giulia è una ragazza molto semplice: lavora, vive da sola in una casa piena zeppa di libri, suoi grandissimi amici e intrattenitori di serate con pigiamone e biscotti al cioccolato annessi, passa anche del tempo libero fuori a divertirsi ogni tanto con la sua migliore amica, niente di impegnativo, sia chiaro, uscite “easy” come si suol dire. Non le manca niente, se non si tiene conto dell’amore: o perché ha sempre avuto alte aspettative, dopotutto, leggendo tanto, è normale che “pretenda” un certo tipo di cavaliere al suo fianco, o perché geneticamente non è predisposta a un rapporto affettivo duraturo, la nostra Giulia, reduce di tante relazioni insignificanti e vuote, non ha mai vissuto pienamente un legame così forte con un uomo. E se tutto questo fosse imputabile al fatto che ancora non ha dimenticato la sua cotta del liceo? Chi si potrebbe scordare quel gran pezzo di ragazzo che era Fabio, chiaramente il più ambito della scuola, a cui tutte, compresa Giulia, correvano dietro? La nostra protagonista, però, lo faceva nella maniera più discreta possibile, dato che l’autostima all’epoca, e anche ora, non era il suo forte. Cosa poteva pretendere? Che uno schianto come lui potesse considerare un’anonima ragazzetta in carne come lei, invece che la solita bionda, stangona e secca, come Jessica, tra l’altro sua fidanzata del liceo? Lei sa nel profondo di dover voltare pagina, sa che deve ricominciare da qui e dimenticarsi di lui, ma ancora non sembra essere giunto il momento giusto per farlo. Se, poi, Mari, con la sua voglia di festeggiare il suo trentesimo compleanno ad ogni costo in grande, invitasse tutti i vecchi compagni di liceo, come se fosse una sorta di rimpatriata, sicuramente non aiuta il povero cuore di Giulia, che perde un colpo appena rivede Fabio, a mettere una pietra sopra a tutto questo. Per fortuna, è solo per una sera. Deve resistere per qualche ora e poi tutti a casa propria, chi s’è visto s’è visto. Giusto?
Silvia Bortoli affronta in questo suo romanzo due tematiche sicuramente interessanti e profonde. Fin dal primo capitolo, grazie all’alternanza di punti di vista, comprendiamo come entrambi i protagonisti si sentano in un certo qual modo inadeguati. Da una parte, abbiamo Giulia che si sente diversa con questo suo corpo tutto fuorché longilineo e in forma, una sorta di bozzolo da cui dovrebbe uscire una bellissima farfalla, aiutata dalle continue diete affrontate dalla ragazza, programmi alimentari che però non l’hanno mai portata a quella silhouette tanto desiderata, tanto agognata e tanto lontana; lei che percepisce una sorta di estraneità nei confronti di chi la circonda, come se fosse un’intrusa, un’infiltrata in territorio nemico che cerca di adattarsi per non farsi scoprire, tentando in tutti i modi di non far saltare la propria copertura, come se uscire allo scoperto e farsi sorprendere da occhi indiscreti fossero questioni di vita o di morte; Giulia che guarda in faccia alla realtà ponendo davanti a suoi occhi color del cioccolato, quel dolce che lei tanto ama e di cui non è mai sazia, della carta velina che, sì, le permette di vedere, ma in maniera distorta, negativa, completamente erronea: sicuramente eccedere nel positivismo non è mai la scelta migliore da prendere, ma ancora più certo è che non bisogna lasciarsi andare al pessimismo, adottando questo comportamento legato a doppio filo con la sfiducia nei confronti di tutto ciò che tocca la nostra persona, evitando quindi ogni singolo pretesto pur di svilirci, pur di abbatterci, pur di deriderci, dismettendo quell’atteggiamento così denigratorio e masochista che ci stava contraddistinguendo da fin troppo tempo. Dall’altro lato, ecco Fabio, un trentenne che sembra avere tutto, ma che, forse per questo motivo, percepisce ancora di più quel senso di mancanza, data dalla scomparsa della nonna due anni prima, una morte questa che sembra aver esaltato ciò che il ragazzo, ancora studente universitario, non possiede, una proprietà non materiale, ovviamente, un’entità che va oltre la mera concretezza, la cui natura, però, non viene compresa subito dal nostro protagonista, ma col tempo e quindi con il progredire della storia: sicuramente si sente solo, solo come mai prima d’ora, solo anche se sta in mezzo alla gente, solo anche quando è insieme agli amici a passare una serata nel loro punto di ritrovo, magari con qualche ragazza incontrata per caso a seguito, solo in casa, luogo che tecnicamente dovrebbe rappresentare il suo rifugio dalla realtà ma che è semplicemente la peggiore delle prigioni, nella quale si sente soffocare dai continui rimproveri del padre perché ancora non ha finito l’università, perché ancora non si decide a mettere la testa a posto e a crescere una volta per tutte, perché qualsiasi cosa lui fa o dice non va mai bene, non è giusta in nessun modo, una casa la sua che non ha niente di accogliente o di “dolce”, una dimora dove si sentiva bene grazie unicamente alla presenza di sua nonna, l’unica vera persona che l’abbia mai apprezzato, amato, incoraggiato nel suo percorso di vita.
Siamo difronte, perciò, a due forme di inadeguatezza, rese più esplicite, come già detto sopra, proprio dall’alternarsi dei punti di vista della narrazione, passando da Giulia a Fabio, da Fabio a Giulia, un meccanismo che ci permette di entrare più nei panni di questi due ragazzi, uno stratagemma che ci consente di conoscere queste due persone in una maniera totalizzante e precisa, in ogni loro dettaglio, ma che, a parer mio, stona leggermente, risultando quasi fuori luogo, dato che a volte i cambi della voce narrante in prima persona paiono fin troppo spezzati dal punto di vista del tempo, saltando qua e là, come se portassimo avanti e indietro le lancette dell’orologio, in una maniera folle e impazzita, talora, invece, risultano ridondanti, visto che alcune scene, già descritte e vissute da Giulia, vengono riprese e riviste dal punto di vista di Fabio, aspetto decisamente corretto ma che rischia, appunto, di diventare una ripetizione dello stesso momento che potrebbe stancare il lettore, nonostante la storia sia avvincente e coinvolgente. Fortunatamente, questa minuzia viene surclassata, appunto, da tutti gli aspetti positivi de Le paure del cuore, tra cui spicca certamente lo stile fresco e intrigante che Silvia Bortoli ha utilizzato per dare vita a questa sua opera, una tecnica che non passa inosservata, essendo l’esordio di quest’autrice, impronta che certamente col tempo verrà raffinata, grazie all’esperienza, ma che lascia un segno indelebile, fin d’ora, nella mente e nell’anima di chi legge.
Il primo volume della serie Fearless tocca le corde giuste nei lettori più sensibili e decisamente empatici, facendo scaturire, come un fiume in piena, una miriade di emozioni contrastanti, che si alternano tra rabbia/odio e serenità/amore, permettendo al suo pubblico di entrare quasi in simbiosi con i due personaggi chiave del romanzo, facce della stessa medaglia, entrambi codardi di fronte al trasporto che potrebbe nascere tra due persone, un sentimento che a volte rende timorosi i suoi protagonisti, ponendo davanti ai loro occhi delle scelte tra cui optare, decisioni da prendere che potrebbero condurci verso una totale disfatta o verso la più profonda beatitudine, una meta ultima da dover raggiungere solo attraverso un cammino, a tratti impervio, a tratti dolce, necessario per poter completare ciò che abbiamo cominciato. La paura di amare e di lasciarsi amare, permettendo di conseguenza alla nostra metà di apprezzare tutto il nostro essere, al completo, compresi quei difetti che vorremmo nascondere a tutti, indistintamente a tutti, cominciando poi a fidarsi di colui o colei che vuole far parte di noi, della nostra vita e del nostro cuore, affidandosi completamente e ciecamente a lui o lei, sono normali timori dettati da un senso di sopravvivenza radicato in ogni individuo che devono però essere abbattuti poiché rappresentano dei limiti entro cui un sentimento senza confini com’è l’amore si sentirebbe claustrofobico, imprigionato, imbrigliato dentro un perimetro troppo stretto per poter manifestarsi a pieno: distruggiamo, quindi, le nostre difese, seguiamo il nostro istinto vivendo giorno per giorno ciò che ci viene offerto, siamo speranzosi di fronte all’ignoto e al domani, non limitiamoci a guardare da lontano ciò che ci circonda, lasciamo i nostri pregiudizi e non fasciamoci la testa prima di avercela rotta. Viviamo, viviamo e basta.
Chiacchierando con Silvia…
Cosa ti ha spinto a intraprendere la tua carriera di scrittrice?
Ciao a tutti e in primis grazie per questo spazio che mi dedicate. Diciamo che intraprendere la scrittura de “Le paure del cuore” è iniziata quasi per caso. Avevo perso il lavoro e ho deciso di aprire il cassetto dei sogni. In questo cassetto c’erano tanti fogli con tanti miei pensieri e da lì tutto è cominciato. È stata una sfida con me stessa.
Dove hai trovato l’ispirazione per il tuo romanzo?
L’ispirazione è partita un po’ da questi tanti miei pensieri scritti durante gli anni, un po’ dai ricordi della mia vita e tutto è stato mescolato con una bella manciata di pura fantasia.
È chiaro che la protagonista abbia problemi di autostima molto radicati, tanto da impedirle di vedere la realtà come è davvero, facendosi quindi orientare verso la direzione sbagliata dal suo negativismo. Hai mai vissuto questa spiacevole esperienza?
Mi considero ancora oggi una persona che tende ad essere negativa/pessimista. Devo dire che negli anni sono migliorata e chi mi conosce bene lo può confermare. Nel corso dell’adolescenza ho incontrato lungo il mio cammino persone che hanno avuto comportamenti tali da mandare al tappeto la mia autostima. E da questo è nata la poca fiducia in me stessa.
Nei ringraziamenti, confessi di assomigliare a Giulia in qualche aspetto. Ebbene, Fabio? È un personaggio nato dalla tua fantasia o ha qualcosa di reale?
E chi non ha conosciuto il Fabio della situazione quando era adolescente? A parte gli scherzi, Fabio rappresenta la cotta adolescenziale, che ho avuto pure io. Per il resto è un personaggio di fantasia.
“Le paure del cuore” è solo il primo volume della serie Fearless. Nel seguito, ci dovremmo aspettare qualche incursione da parte di Jessica oppure hai in mente qualche altra chicca nuova e intrigante?
Spero di mettermi presto all’opera con il secondo volume. Purtroppo gli impegni personali mi stanno tenendo lontana dalla scrittura. Nel secondo volume ci saranno sempre tutti i miei personaggi ma la storia ruoterà attorno alla migliore amica di Giulia, Mari.
E colgo l’occasione per ringraziare la mia “Mari” personale che non mi ha mai abbandonato lungo questo mio percorso.
Tornando al secondo volume, per quanto riguarda il personaggio maschile vi lascio per ora alla vostra fantasia.
Ci saranno Giulia e Fabio con alcune news. E ovviamente Jessica si farà sempre ben vedere.
Scheda libro
Titolo: Le paure del cuore (Serie Fearless Vol. 1)
Autore: Silvia Bortoli
Casa editrice: CreateSpace Independent Publishing Platform
Pagine: 202
Anno di pubblicazione: 2016
Traduttore: –
Genere: Romance
Costo versione cartacea: 8.37 euro
Costo versione ebook: –
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