Sembra una banalità che lo dica, ma non posso non farlo: sono fermamente convinta che i libri siano una medicina, non solo per la mente, quando si ha bisogno di staccare la spina, in quei momenti bui nei quali è meglio prendere una boccata d’aria uscendo dalla realtà, riprendendo così il controllo sui pensieri vorticosi che ci intasano il cervello, ma anche per il corpo, una sorta di lenitivo quando le forze vengono meno e il divano, o qualsiasi altro mobile comodo dove far riposare le membra, sembra chiamarci a gran voce, come se fosse un magnete, inducendoci a prendere in mano un romanzo e trasportarci tra le sue pagine, ristorandoci e facendoci tornare il sorriso, anche solo per qualche oretta. A dimostrazione di ciò, un bel martedì pomeriggio, leggermente raffreddata quale ero, ho deciso di rilassarmi iniziando e finendo I colori del vetro di Ornella De Luca, che gentilmente mi ha offerto il suo libro proprio per leggerlo e recensirlo. A intuito sapevo già mi sarebbe piaciuto, ma non mi aspettavo che mi prendesse così tanto.

Faith Price è arrivata a Folly Beach, una piccola città nel South Carolina. Fin dal momento in cui mette piede, o più precisamente ruota, in quel posticino dimenticato da Dio con la sua Cadillac Eldorado del ’76, la diciottenne attira l’attenzione di tutta la comunità del luogo, aspetto che sicuramente non la stuzzica a rimanere in quell’angolo di Paradiso, con sbocco sul mare, quella distesa azzurra e infinita che le ricorda tanto i bei tempi andati, presenti eppure assenti, istanti che mai più ritorneranno a rallegrarle la giornata come erano soliti fare, ma sul quale sorvola, visto che essere lì significa aver conquistato la libertà che a New York, sotto l’ala più o meno protettiva della zia, poteva vedere solo con un binocolo, lontano miraggio che anelava più di qualsiasi altra cosa. Fortunatamente quello rappresentava il passato e lei ora può focalizzarsi finalmente sulla nuova avventura che le si sta prospettando, e cioè frequentare il college, abitando con il suo amato cugino Kyle, un ragazzo rossiccio con lentiggini a seguito, trasferitosi a Folly Beach un anno prima di lei per il suo stesso motivo. Le aveva gentilmente offerto, a un prezzo di comodo, praticamente stracciato, di dividere la sua casetta bianca e azzurra e così la ragazza, accettando senza rimuginarci troppo, avrebbe avuto la compagnia giusta per ambientarsi nel paese e il silenzio necessario per concentrarsi sul suo percorso di studi. Chiaramente, non si aspetta di trovare un terzo coinquilino, un ragazzo pericolosamente bello, con la strana peculiarità di essere affetto da eterocromia, incontrato nel peggiore dei modi, in déshabillé, dopo una notte di passione con la rossa statuaria che ha spaventato dalla sorpresa Faith la mattina dopo il suo arrivo nella cittadina marittima. La protagonista sarà in grado di portare a termine i suoi obiettivi, raggiungendo le mete che si è prefissata, o questo incidente di percorso non preventivato riuscirà a influenzarla, inducendola a cambiare i traguardi di una vita?

La paura è uno stato mentale ed emotivo che può colpire chiunque: fin dall’infanzia dove qualsiasi aspetto della nostra vita dovrebbe essere permeato esclusivamente dalla felicità e dalla gioia, con le quali sorridere alle esperienze che quell’età ci permette di provare e riprovare; per passare poi attraverso l’adolescenza, un percorso solitamente tortuoso in cui le prime vere angosce ingigantite a dismisura dal nostro subconscio, iniziano a manifestarsi in tutta la loro fierezza e prepotenza, squassandoci internamente e minando la nostra indole pian piano, con costanza se siamo sfortunati e inclini a una tale predisposizione d’animo; continuando nell’età adulta, fase esistenziale dove si pensa di aver visto e vissuto abbastanza per comprendere come il mondo gira intorno al suo asse, accorgendosi di sbagliare non appena si manifesta l’ennesima preoccupazione, la prima di un’infinità di timori che sembrano aumentare sempre più invece che diminuire e lasciarci quindi liberi, sciolti dal giogo che ci imprigiona, infischiandocene e, di conseguenza, alla fine vivendo la nostra esistenza in tranquillità, in quella pace tanto voluta e anelata nell’animo; terminando in conclusione la sua corsa a livello della senilità, il tramonto di un’epoca, l’istante in cui la candela non ha più cera affinché la fiamma continui a persistere, quell’attimo quando ormai si ha compreso che spaventarsi e rimanere atterriti di fronte agli ostacoli che la vita ci pone e impone sul cammino sono vicende che ci accompagneranno sempre, soprattutto in quei momenti nei quali ci sentiamo in qualche modo immuni, esenti, baciati dalla fortuna per chissà quale motivo, catapultati poi, nel minuto esattamente successivo, nel baratro di una tristezza e impotenza che sanno di eterno e sconfinato, punto finale del nostro libro che disperatamente vorremmo avesse un altro protagonista, diverso da noi, lontano da noi, non noi.

Se da una parte il timore può interessare ogni tipologia di persona, dall’altro lato esso sferra i suoi attacchi micidiali adottando i modi più disparati, travolgendo a sorpresa, come se si fosse un luogo soggetto ad alte maree impreviste. Alcuni malcapitati sono afflitti da paure concrete che sono orientate verso la realtà, quelle angosce che portano un nome imponente, una definizione che non solo riempie la bocca ma incute anche un certo panico, sommato a quello a cui è attribuita, immergendo gli individui colpiti nel segno a un peggioramento del loro stato già precario, abbassando e abbattendo con una lentezza esasperante e continua le loro difese, fino ad azzerarle e aver, perciò, sortito l’effetto ambito.

Altre persone, invece, si fanno atterrire da preoccupazioni più subdole, venute da loro stessi, create su misura per la loro mente e il loro cuore già terribilmente provati, entità che desiderano soltanto essere lasciate in pace, nella classica quiete dopo la tempesta, per trovare ristoro e rifugio, al riparo dalle difficoltà che un giorno potrebbero ritornare e riproporsi in una chiave totalmente nuova e per questo forse più ardua da debellare. La paura può affaticare a tal punto da costringere chi la prova a rimanere sulle proprie, scavalcando ogni possibile contatto umano esterno a sé stessi, evitando quindi di aprirsi e di permettere l’entrata a coloro che tentano di avvicinarsi per bussare, cautamente, a un uscio ben chiuso, sigillato da un chiavistello che sembra essere definitivo, non sbottonandosi confessando l’inconfessabile, quella verità che si disdegna con tutta la propria persona e che si cerca di tenere nascosta per conseguenze future che forse sfuggirebbero al controllo necessario affinché non si venga tramortiti. Si prova paura anche nel mostrarsi per ciò che si è perché, con tutti i tentativi andati a buon fine attraverso i quali si è costruita un’immagine di sé diversa dall’io che si nasconde timidamente e gelosamente, non si vorrebbe abbattere le aspettative per le quali l’aspetto che conta davvero è solo l’esteriorità, ciò che si mostra come caratteristica iniziale, avvalorando la tesi che, sì, è la prima impressione a essere determinante.
Tuttavia l’apparenza inganna, non solo gli altri che ci vedono in modo diverso dalla nostra vera natura, ma anche noi, quelli che vogliono fuggire dal passato, soprattutto dai momenti felici poiché armi a doppio taglio che ci ricordano la spensieratezza dell’istante immortalato dalla nostra mente e, insieme, la tristezza che ne è seguita, rinfocolando così i nostri demoni, ombre melmose che traggono beneficio dal nostro star male, trascinandoci in un vortice dal quale uscire diventa sempre più complicato, portandoci a provare dolore, dolore e ancora dolore, invischiandoci in un circolo vizioso degli orrori, un passato che abbiamo timore di rivivere nel presente e nel futuro, aspetto che ci spinge a chiuderci in noi stessi, caratteristica che ci induce a non legarci a nessuno, neanche a chi dimostra di volerlo davvero.
Ciò che non uccide, però, fortifica. Si può trarre vantaggio da tutto questo, invertendo i ruoli, trasformandosi da preda in predatore, affrontando la nostra paura per sconfiggerla una volta per tutte. La mancanza di coraggio, a questo punto, è normale, ma non temiamo la solitudine: riponiamo fiducia in chi ci vuole aiutare, in coloro che allungano verso di noi una mano amica, la fuga che ci indica la giusta direzione da prendere per raggiungere la medicina per la nostra “malattia”, pillole realizzate ad arte per noi, per poter emergere dall’oscurità e dalle tenebre, una via d’uscita che ci sprona a voler proseguire, andare avanti, un passo per volta, continuando l’incedere con sempre più sicurezza, consapevoli che non si è soli come un tempo e che ci si può soccorrere a vicenda, disponibili l’uno per l’altro, ancora e ancora, una scialuppa di salvataggio vincente che prende il nome di amore, l’emozione che trascina con sé tramite le sue correnti positive, le sole e uniche a poter sovrastare la paura attraverso la cura reciproca e continuativa delle ferite, fortificandoci e trasformandoci nella forma che avevamo e abbiamo diritto di avere e sentire come nostra.

Possiamo così imparare a ritrovare la felicità perduta in una nuova veste, un indumento inedito, creato apposta per noi da un sarto eccezionale quale è il destino, per antonomasia il manipolatore di trame e l’intessitore di sorti più abile che ci sia, una potenza fuori dal comune che ci offre una prospettiva differente e migliore, attraverso la quale comprendere il significato di ciò che ci circonda, non perdendone alcuna sfumatura o fraintendendone delle tonalità con altre, indirizzandoci verso un avvenire roseo nel quale la nostra anima gemella, così simile a noi eppure opposta, ci accoglierà a braccia aperte, trasmettendoci l’importanza dei ricordi passati ai quali se ne sommeranno altri, quelli nuovi e scanzonati del duo che ora si appresta a vivere. Non è mai troppo tardi, dopotutto, nemmeno per lasciarsi andare ed esistere.

I colori del vetro è una storia dove l’emozione più sincera prende piede e non ti lascia mai andare fino alla fine, riverberandosi anche dopo, a lettura ultimata, nei cuori dei più sensibili che, come me, sono ben lieti di farsi travolgere e sconvolgere da una valanga di sentimenti, slavina che distrugge e sfianca, annullando tutto intorno ad essa mentre la sua eco rimbomba nel silenzio lasciatasi alle spalle.
Ornella De Luca ha saputo creare scene molto toccanti, nonostante la loro semplicità distintiva, dando voce ai protagonisti attraverso dialoghi profondi e non scontati, un “nuovo” che sa indubbiamente sorprendere, un “non visto” che colpisce meravigliando il lettore e stupendolo con la sua piccola e caratteristica fiamma che, con leggiadria e sviluppo calibrati, fuoco diventa e divampa per sempre.

 
 

Chiacchierando con Ornella…

Cosa ti ha spinto a intraprendere la tua carriera di scrittrice?

Da quando avevo tredici anni ho sempre saputo che, guardando al mio futuro, sarei voluta diventare una ‘scrittrice’. Naturalmente non avevo la minima idea di cosa ciò significasse, a parte scrivere brevi racconti. Col tempo ho cominciato a capire a poco a poco il vero significato della parola ‘scrittrice’, un termine pregno di costanza e determinazione, e ne sono stata sempre più attratta.

Dove hai trovato l’ispirazione per il tuo romanzo?

Era estate quando l’ho scritto, per la precisione l’estate 2016, e ho sempre avuto una grande passione per i vetrini colorati trovati in spiaggia, da qui l’ispirazione. In più ho il desiderio di andare a scoprire quel lato della costa americana dove ho ambientato il romanzo, South Carolina, Georgia ecc…

Adoro l’arte e vedere un richiamo così profondo nel tuo libro mi ha fatto amare di più, se possibile, la tua opera. Anche tu nutri una qualche passione artistica, chiaramente oltre alla scrittura per cui sei chiaramente una integerrima portavoce?

Non possiedo nessun’altra vena artistica, purtroppo, ma adoro l’arte in generale. In particolar modo la pittura e la scultura, tematica al centro de I colori del vetro.

Aaron e Faith sono personaggi che indubbiamente hanno paura, chi per una cosa, chi per un’altra, combattendo fianco a fianco contro di essa giorno dopo giorno, insieme. Anche tu, come loro, hai una fiamma da sconfiggere che fronteggi ogni volta a testa alta?

Fortunatamente non ho i demoni che hanno Faith e Aaron nel loro passato, ma credo che ognuno abbia qualcosa da sconfiggere, un ‘drago’ che ci ostacola dal raggiungimento di un obiettivo. Nel mio caso forse il mio drago sono io, a volte mi abbatto e sono troppo pessimista, denigrando anche i risultati della mia passione per la scrittura. Ma questi momenti passano e poi torno più determinata di prima.

Tra le righe del tuo romanzo, si capisce come l’amore salvi i due protagonisti da un futuro isolato e decisamente malinconico. Dici che per chiunque questa emozione, vissuta nel modo più positivo possibile, sia una manna dal cielo?

Assolutamente sì, l’amore salva anche da se stessi, quando cerchiamo di isolarci e di autodistruggerci. È esattamente ciò che accade a Faith e Aaron e che spero accada a tutti.

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: I colori del vetro
Autore: Ornella De Luca
Casa editrice: Rizzoli Libri
Pagine: 132
Anno di pubblicazione: 2017
Traduttore:
Genere: Romance
Costo versione cartacea:
Costo versione ebook: 2.99 euro
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