Dopo un bel po’ di rimuginare, ho deciso di accorciare ulteriormente la mia già di per sé sintetica penna per dare vita a una rubrica attraverso cui dispensarvi periodicamente un consiglio libresco, curioso ibrido tra una recensione e un foglietto illustrativo dei libri che ho già chiuso e di quelli che aprirò in un futuro prossimo. Detto ciò, ho scelto di inaugurarla con uno dei romanzi che più mi ha colpito nei mesi scorsi: Suite francese di Irène Némirovsky.

 

 

Da tempo vedevo rimbalzare il nome dell’autrice sugli scaffali, occhieggiandomi soprattutto dalla copertina delle millemila edizioni della sua opera più celebre, che – ahimè – ho sempre snobbato per il timore di doverlo mollare a metà causa incompatibilità. Ma un giorno, dopo l’ennesima occhiata e l’eco di svariati suggerimenti intravisti online, mi sono decisa a leggere le prime righe e… boom! Temporale di giugno e folgorazione istantanea.

Tutto era calmo. Di tanto in tanto da un finestrino abbassato un volto si affacciava e scrutava a lungo il cielo. Da quella moltitudine saliva un sommesso e sordo rumore, un insieme di respiri affannati, di sospiri, di parole scambiate sottovoce come per paura di essere uditi da un nemico in agguato. Alcuni cercavano di dormire, la fronte contro lo spigolo di una valigia, le gambe doloranti sullo stretto sedile o la guancia accaldata schiacciata contro il vetro del finestrino. Alcuni giovani e alcune donne si parlavano da una macchina all’altra, e a volte ridevano allegramente. Ma non appena una macchia scura scivolava nel cielo scintillante di stelle, tutti diventavano attenti, le risate cessavano. Non era propriamente inquietudine, ma una strana tristezza che non aveva più niente di umano perché non comportava né coraggio né speranza: così le bestie attendono la morte. Così il pesce preso nelle maglie della rete vede passare e ripassare l’ombra del pescatore.

 

Al di là delle vicende della storia, il triste esodo dei Parigini e la quotidianità di una manciata di persone in un paesino della Francia occupata nei primi anni Quaranta, a rimanermi maggiormente impresso è stato lo stile della Némirovsky. Le parole si intrecciano sul foglio come le note su un pentagramma, dando vita a una sinfonia di righe e paragrafi che, ben accordandosi al romanzo e alla sua coralità, porta con sé fino a sfiorare le orecchie del lettore la voce cristallina del narratore, equanime e sentita nell’osservare i drammi che vi si consumano, ma venata di implacabile ironia nel commentare i sentimenti malevoli, quali ipocrisia e pregiudizio, di cui si macchiano alcuni personaggi e lo scotto, quasi un contrappasso, a loro riservato.

Fra loro c’era tutto un mondo di sfumature ambigue, inespresse, qualcosa di fragile come un cristallo prezioso che una parola sarebbe bastata a spezzare.

 

 

In realtà di lati negativi non ne ho trovati, ma alla fine mi è rimasta addosso una punta d’amarezza per quel senso di aspettativa sospeso come una cortina e cresciuto di pagina in pagina, seminando il germe di una svolta, di un sussurro, di un bacio che non si sa se sboccerà mai o morirà sul nascere.

E’ risaputo che l’essere umano è complesso, molteplice, diviso, misterioso, ma ci vogliono le guerre o i grandi rivolgimenti per constatarlo. E’ lo spettacolo più appassionante e più terribile, pensò ancora; il più terribile perché il più vero: non ci si può illudere di conoscere il mare senza averlo visto nella tempesta come una bonaccia.
Solo chi ha osservato gli uomini e le donne in un periodo come questo può dire di conoscerli – e di conoscere se stesso.

 

Pur essendo composto da due soli movimenti dei cinque che l’autrice si era prefissata inizialmente prima di dover abbandonare la stesura a causa della deportazione, Suite francese è una lucida, a tratti poetica, testimonianza romanzata di ciò che Irène Némirovsky e il popolo francese hanno visto e provato sulla loro pelle, donando ai posteri un libro dalla prosa dolorosamente realistica, sfaccettato come i tanti personaggi, meravigliosamente tratteggiati, che il lettore si trova a guardare negli occhi grazie alle sue parole, per cercare di scorgervi ancora l’umanità di cui, al passaggio della guerra, spesso non rimane traccia.

 

 

Ebbene sì, in questa rubrica potrebbe scapparci anche qualche canzone, assegnata di volta in volta ai consigli. A Suite francese assegno Comptine d’Un Autre Été, suonata al pianoforte e composta da Yann Tiersen – potreste già averla sentita in caso abbiate visto il film Il favoloso mondo di Amélie -, poichè la melodia possiede la stessa malinconia che si respira nelle pagine del romanzo.

 

 

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Suite francese
Autore: Irène Némirovsky
Casa editrice: Feltrinelli
Pagine: 509
Anno di pubblicazione: 2004
Traduttore: C. Bigliosi
Genere: narrativa contemporanea
Costo versione cartacea: copertina flessibile: 11,00 euro
Costo versione ebook: 4,90 euro
Sinossi: Nei mesi che precedettero il suo arresto e la deportazione ad Auschwitz, Irène Némirovsky compose febbrilmente i primi due romanzi di una grande “sinfonia in cinque movimenti” che doveva narrare, quasi in presa diretta, il destino di una nazione, la Francia, sotto l’occupazione nazista: Tempesta in giugno (che racconta la fuga in massa dei parigini alla vigilia dell’arrivo dei tedeschi) e Dolce (il cui nucleo centrale è la passione, tanto più bruciante quanto più soffocata, che lega una “sposa di guerra” a un ufficiale tedesco). Pubblicato a sessant’anni di distanza, Suite francese è il volume che li riunisce.
Link d’acquisto: Amazon