Come chiudere al meglio una settimana di appuntamenti letterari se non con la recensione di un libro pubblicato all’inizio della stessa? Nella tappa odierna del blogtour dedicato al nuovo romanzo di Ornella De Luca, Adesso apri gli occhi, mi accingo a presentare proprio la mia opinione in merito: fidatevi se vi dico che il titolo calza decisamente a pennello con la situazione poiché coloro che già conoscono l’autrice tramite le sue storie passate affineranno ancora di più lo sguardo per comprovarne la bravura e, invece, quei lettori che ancora non l’hanno affrontata finalmente vedranno la sua luce letteraria, rimanendone irreparabilmente folgorati e affascinati.

Per Diana Greco, passare qualche ora in uno Starbucks prima di frequentare le lezioni al college è un imperativo: in quel porto di mare parecchio affollato, oltre a vivere a 360 gradi l’America e, qualche volta, sentire nostalgia della sua amata Sicilia, a partire dal caffè annacquato servito al bar, assai diverso dall’espresso italiano, la sua natura di aspirante scrittrice può cibarsi delle conversazioni altrui e delle gestualità dei passanti, fonti inestinguibili di storie, vecchie e nuove, ancestrali e moderne, vite simili vissute in modi differenti, panorami e primi piani che la ventitreenne cerca di immortalare nel suo primo vero romanzo.
Tuttavia, nonostante gli sforzi e la testardaggine nel voler portare a compimento la sua impresa letteraria, Diana non trova l’ispirazione giusta, tabula rasa di parole che non vogliono essere scritte, foglio intonso che non è pronto per essere macchiato d’inchiostro. Leggermente affranta e scoraggiata, la ragazza decide di seguire il consiglio della compagna di stanza: per avere anche solo una minima possibilità di avere l’illuminazione necessaria, deve lanciarsi e vivere un’avventura fuori dagli schemi, una peripezia inusuale che la scuota a tal punto da spianare la strada alla sua vena artistica e a quella penna stanca di essere lasciata inutilizzata. Per questo motivo, accetta di uscire un sabato sera qualunque con la sua hipster di fiducia e la compagnia della cui presenza Zoe si avvale sempre.
Non può di certo sapere che proprio in quel frangente varcherà la soglia di Villa Sullivan, l’abitazione di un’antica famiglia dell’Ottocento riconvertita a orfanotrofio, un luogo lugubre ora lasciato in balia della natura imperante, forse il punto di partenza che la nostra protagonista tanto aspettava, l’incipit fantasma che adesso sta davvero prendendo forma.

Si sa che la vita non è mai clemente. In fin dei conti, ogni giorno potrebbe rivelarsi una sfida: indipendentemente dalle scelte compiute, tante strade di un unico bivio, direzioni diverse che portano a mete altrettanto differenti da scoprire e vivere, orizzonti misteriosi la cui natura arcana ci attrae e ci respinge insieme, opposti della medesima medaglia che si completano loro malgrado e propongono alla nostra diretta visione il quadro delle possibili aspettative future, a dispetto del tempo e del luogo in cui siamo confinati a esistere, per qualsiasi individuo prima o poi si presenteranno degli ostacoli, problematiche di vario genere che emergono indesiderate tra capo e collo, questioni spinose che a volte riescono a prevaricare sui malcapitati portandoli a fondo di un abisso inesplorato e per questo spaventoso.

Inevitabile risulta fuggire, unica via di salvezza per riaffiorare da quel nulla eterno e statico, riprendendo, qualora il presente ce lo consentisse, da dove avevamo lasciato, vita a metà spaccata dagli eventi, filo dell’ordito tagliato in maniera deliberata prima di terminare il lavoro di cucito: abbandonato il suo consueto significato di codardia per antonomasia, la scappatoia assume le vesti della rinascita, una sorta di ripartenza in quarta sulla salita del nostro iter esistenziale, fatica che orgogliosamente affrontiamo per poter porre infine una pietra sopra il passato, pregresso che sembra ogni volta voler ritornare agli antichi fasti come un’araba fenice risorgente dalle sue ceneri, un amaro presagio che con la sua eco continua imperterrito a spaventarci anche a distanza di anni, un simulacro di vita andata che ci porta verso nuovi lidi e destinazioni proprio a causa della malsana e, molto spesso, insensata paura che tutto si riproponga ancora sotto mentite spoglie, falso amico che fuorvia, il Gatto e la Volpe nella stessa entità che ci inducono sulla via della perdizione senza possibilità di ritorno incolume.

Solo adesso i nostri sogni più reconditi possono prendere piede e spargersi, come macchie d’olio, nella mente, fucina creativa dell’idea alla base del nostro nuovo castello di carte, e nel cuore, scrigno che serba le emozioni legate ai desideri, conseguenze e cause di questo “male” che rinvigorisce e fortifica, potenza nascosta che permette di proseguire la strada intrapresa qualora poco prima si siano trovate di fronte delusioni troppo grandi da essere soffocate e dimenticate. Le chimere, anche se la loro natura si rivelasse utopica oltre qualsiasi umana comprensione e universale accettazione, sottintendono una profonda energia in grado di spingerci verso inedite destinazioni, lidi lontani che ci accolgono senza discriminazioni di sorta, abbracciandoci stretti tra gioie e dolori, felicità e tristezza che si alternano casualmente, sebbene la visione da bicchiere mezzo vuoto possa portare a credere che il proprio destino abbia in serbo per noi unicamente sfortune e sofferenze, territori ancora inesplorati che diventano magicamente amici il tempo di un respiro vitale ed essenziale, rapporti neonati che possono essere approfonditi e maturare solo grazie all’ostinazione e alla fermezza della propria indole battagliera, nonostante la totalità delle sconfitte possa superare di molto il numero complessivo delle vittorie, alti e bassi che non si compensano ma inducono a rialzarsi dal punto di inciampo e riprendere la corsa, claudicante, sì, eppure in gamba come mai in precedenza.

Arrivare a uno scopo, però, occasionalmente offusca la direzione che abbiamo preso e gli strumenti grazie ai quali il traguardo sembra sempre più vicino, una graduale trasformazione da visionario a concreto, il risveglio di un miope che scopre la nitidezza della realtà attraverso le lenti graduate su misura per lui. Questa mancanza non voluta potrebbe anche indurci a mentire, piccole bugie che a catena seguono la cascata della loro sorgente, falsità che forse ai tempi erano state espresse a fin di bene, senza doppi fini o intrecci in sotto fondo che potevano identificare un comportamento così infingardo da meritare il ludibrio della pubblica piazza e una punizione degna del suo nome, svendita pezzo dopo pezzo di noi per mostrarci come gli esseri crudeli di cui potremmo involontariamente aver vestito i panni soffocanti e urticanti, ma che, nonostante tutto, anche con l’aggiunta di qualsivoglia scusa atta a rimediare l’errore imprudente commesso, rimangono pur sempre falsità come impone la loro personale esplicazione, senza sconti di pena né uscite gratis di prigione.

L’innocenza non ha la benché minima speranza di cancellare i fatti, coprendone le tracce e sviando i sospetti: ogni conseguenza derivante deve perciò essere incassata e digerita, anche se nel loro insieme possano rivelarsi molto probabilmente indicibili a causa della scoperta fortuita, da parte dei diretti interessati, della pura e amara verità, una trafila emotiva che prevede infiniti pentimenti e acuta comprensione delle proprie malefatte col senno di poi, momento che implacabile giunge sottolineando ulteriormente quello sbaglio antico, un peccato capitale per il quale all’inizio ci si sentiva disposti a rischiare di tuffarsi nell’ignoto pur di appropriarsene perché il fine pareva giustificare i mezzi, ma che ora, quando per l’appunto l’irreparabile e l’inaspettato sono avvenuti, si vorrebbe rimangiare, cercando in tutti i modi di ripercorrere i passi compiuti a ritroso e proporne al loro posto di nuovi, falcate di vita che non celano ulteriori significati intrinseci e subdoli.

A questo punto, la diffidenza non può che sorgere e farsi portavoce della nostra persona, una predisposizione mentale che ci preclude parte degli innumerevoli scenari offerti dall’esistenza, bloccandoci e quasi sospendendoci in una stasi perenne per la quale restare è l’unica parola d’ordine possibile e, al contempo, ci propone i mille e uno modi per non entrare in contatto con un prossimo in grado solo di illuderci e poi ferirci, evitandoci quindi di instaurare legami significativi che potrebbero ritorcersi contro di noi poiché, dopotutto, sono le persone più vicine a noi a poterci ferire e, a lungo andare, distruggere completamente. La domanda affiora impertinente con la facilità di un battito di ciglia: per quale straordinario motivo qualcuno potrebbe percepire verso di noi un interesse davvero genuino? Quale potrebbe essere la calamita in grado di attrarre individui diversi da noi verso il nostro baricentro vitale? Perché credere in un evento così folle e paradossale nella sua magnificenza anomala?

Il valore ipotetico che questa concessione può racchiudere nei suoi confini personali viene contenuto dalla nostra amica di una vita, l’ironia, alleata speciale nelle situazioni più serie dove svincolarsi assume un’obbligatorietà sentita oltremisura impellente, nemica giurata qualora i suoi bersagli siano incarnati proprio da noi stessi, carnefice e vittima di un gioco col fuoco attraverso cui scottarsi potrebbe rivelarsi un facile traguardo da raggiungere e conseguire, facendoci detenere magari anche un primato da Guinness.
Sbeffeggiare i propri limiti acquisisce una diramazione di significato che sottintende forza e consistenza: ci ridicolizziamo davanti ai nostri occhi e agli sguardi degli altri quale macabra disperazione nei riguardi della nostra esistenza, soffermandoci in particolar modo su ciò che possiamo o non possiamo ottenere, oppure è la dimostrazione di un’accettazione positiva della propria condizione, incitando perciò la speranza a sopravvivere per protrarre la prospettiva del bicchiere mezzo pieno, abbandonando quindi la sua opposta vacuità?

Quale sia la risposta, entrambe le repliche ci porterebbero al bandolo della matassa, la paura di affrontare il diverso, ciò che esula dal nostro essere e forse per questo sembra attirarci al pari della fiamma calamitante nei confronti della povera e ignara falena con un destino funesto già scritto con inchiostro indelebile. Il timore creatosi fa scattare come un grilletto facile il nostro istinto di sopravvivenza che, in allerta, cerca sempre di tutelare la nostra indole provata dal tempo e temprata dall’ignominia delle persone senza cuore, tante tacche su un muro che segnano lo scorrere dei giorni e dimostrano che, sebbene il tempo avanzi e quindi il progresso affermi sempre più la sua posizione già ben solida nelle nostre vite, niente è davvero cambiato e nulla può permetterlo a meno che non siamo noi nel profondo a volerlo, adattandoci alla novità senza aspettare che sia lei a snaturarsi e, talvolta, regredire per raggiungere il nostro livello. Emerge così il profondo affetto nutrito nei confronti di ciò che si conosce come le proprie tasche, sicurezza che, come dimostrato in passato, si può riflettere anche nel presente e nell’ipotetico futuro, ancora da scrivere ma con già solide fondamenta alla base, un conosciuto che sfida l’ignoto e vince a tavolino.

O forse no? E se trovassimo il coraggio e la forza necessari ad osare e gettarci nel vuoto senza paracadute? Siamo sicuri che la nostra vita di ora e allora ci appaghi? Cosa nutre la certezza per la quale la nostra passata e presente esistenza sia anche quella che ci attende nel futuro?
Come quando si beve un bicchier d’acqua a piccoli sorsi, assaporandola e percependo la sua discesa lungo l’apparato digerente, si scopre pian piano che forse abbiamo bisogno di chiudere un capitolo per aprirne uno nuovo, nelle cui pagine stravolgiamo completamente la nostra persona e la poniamo di fronte alla messa in discussione dell’esistenza di sempre, nostalgica era di sfarzi che ormai ha visto il proprio tramonto già da un bel pezzo e lascia il posto a ben altro, un nuovo mondo dove le proprie capacità seppur limitate, non incarnano più i soliti ostacoli insormontabili, un rinvigorente bagno caldo che ci porta a notare quanto non dobbiamo pensare di non riuscire a superare questa fatica di Ercole solo perché si è fermamente convinti di essere troppo deboli per sopportarne il peso, stanchi a dismisura per lasciarsi andare e farsi invadere dalla forza sconosciuta che alberga segretamente in noi, limitati in eccesso per poter anche solo credere di portare a compimento una simile impresa degna di essere scritta negli annali storici di un’esistenza.

È questo che ci porta a vedere tutto da angolazioni differenti. Non è il mero sguardo a cui ci riferiamo ora, ma sono gli occhi del cuore che non si limitano a vedere, ma, anzi, sentono, assaggiano, toccano e annusano la vasta gamma di sentimenti verso cui ora siamo pronti a nutrire una profonda abitudine, una routine che non ci stancherà mai poiché l’amore unisce e fortifica con continuità, sistemando ciò che è rotto e donandogli nuova forma, creazione finale che prende spunto dal vecchio per plasmarsi e dar vita a un’entità più completa e migliore di quanto mai avessimo potuto immaginare in precedenza.
E una volta conosciuta questa novità assoluta, tornare indietro a ciò che eravamo è impossibile, impraticabile erta via verso cui bisognerebbe incamminarsi da soli per non disattendere le aspettative nutrite una volta in noi, un cammino che incarna la solitudine più palese e che, quindi, ci stringe in una morsa soffocante, percepita non più come l’abbraccio di un’amica ma al pari di un serpente che ci stritola tra le sue spire letali e asfissianti, apnea a cui adattarsi per non soccombere poi a causa degli stenti, carenza di un noi, mancanza di emozioni vissute a pieno, difetto di vita vera e propria.

Una nuova prospettiva ci avvolge e sconvolge. Nessuno avrebbe mai detto che noi, proprio noi, potevamo essere i protagonisti indiscussi di situazioni simili, vicende che con la nostra persona non hanno niente da spartire, il caldo e il freddo, il Sole e la Luna, opposti che, però, come proverbialmente si dice, si attraggono in maniera inevitabile da concatenarsi e non lasciarsi più andare, insieme da ora in poi, per sempre. Nella sua infinita possibilità, tutto può succedere: anche le vicende a noi più inaccessibili possono accadere e catapultarci in esse senza preavviso, permettendoci quindi di avere un ampio spazio di manovra per abituarci all’idea.

Tuttavia, visto che il tempo inclemente preme per una subitanea decisione, si deve scegliere tra l’assecondare la follia e votarsi perciò a una nuova esistenza di continue sorprese e fatidici enigmi da risolvere oppure voltarle le spalle, preferendo l’esistenza di sempre fatta dei comodi agi conosciuti a menadito e della routine di ogni giorno, trafila di eventi che con il loro tran tran ordinario ci ospitano in un bozzolo dove vigono la tranquillità e la protezione dagli sballottamenti causati dalle maree dell’ignoto.
Alla fin fine, però, indipendentemente da quale scelta prendiamo, se nelle stelle è scritto che noi arriveremo a una certa meta giungendoci attraverso una predefinita direzione, sarebbe una perdita di tempo non favorire ciò che il fato, benevolo, ha predisposto per noi, ignare pedine di una scacchiera che lottano per essere risparmiate e proteggere il loro re, piccoli pezzi di un puzzle che, nonostante la loro plausibile insignificanza, determinano la buona riuscita del disegno nascosto, quasi facendo capire che, sebbene dall’alto ci sia una non troppo celata imposizione, è il basso ad avere l’ultima voce in capitolo, il solo che può mettere la parola fine o quella di inizio qualora si sentisse in grado di doverlo fare.

Tuttavia, per vivere al meglio ciò che ci viene donato ora e conservato per il domani, si ha bisogno di un’ulteriore presa di posizione: con una forza d’animo senza eguali necessaria indipendentemente dalla scelta, si deve optare se lasciare la strada spianata al perdono e proseguire la rotta con il vento favorevole, censurando quindi quel passato da dimenticare che sembra urlare a gran voce dimostrando la sua voglia di rinascita a nuova vita, oppure se scappare dalla verità scomoda rivelata, provando a dimenticare come se fosse ancora un segreto ben custodito, dando perciò man forte a quel pregresso divoratore di speranze presenti e future.
Ancora ci accoglie un bivio e di nuovo tutto dipende da noi: è necessario tener conto di ogni possibile conseguenza della nostra azione finale, ma dobbiamo ricordare che, come qualsiasi abitante della Terra, possediamo la facoltà di vivere un futuro meritevole, sebbene passato e presente a volte si coalizzino per smentirlo. Dopotutto, noi esistiamo: dobbiamo solo rendercene conto davvero.

Profondità e spensieratezza, anche questa volta Ornella De Luca riesce a coniugare tematiche forti a un linguaggio semplice e diretto, caratteristica questa propria di una scrittrice con la S maiuscola: in Adesso apri gli occhi abbiamo quindi un’altalena che oscilla tra una sobrietà elegante e una complessità scandagliata, dove l’approfondimento e l’immediatezza sono di casa e ne fanno gli onori. La narrazione poetica e musicale accompagna il lettore nei meandri della storia di Diana e Homer, due note precise nel pentagramma in continuo divenire che la penna ritmica e conciliante dell’autrice cadenza senza mancare una sola battuta, pause e tempi rispettati, abbellimenti e arrangiamenti eseguiti alla perfezione.
Adesso apri gli occhi è un inno speciale alla speranza. Coloro che lo leggeranno si sentiranno pervasi da una visione propositiva e rosea della vita, rendendosi conto che, con lo sforzo e la determinazione giusti, è possibile realizzare ogni sogno nel cassetto, tutti custoditi gelosamente nel nostro cuore e nell’anima che in noi alberga. Tuttavia, prima o poi, dobbiamo lasciarli andare per poterli vedere finalmente concretizzati: mollare la presa per rinsaldarla, perdere per poi ritrovare. Più forti e più vivi che mai.

 

 

 

 

Valutazione:

 

Scheda libro

Titolo: Adesso apri gli occhi
Autrice: Ornella De Luca
Serie: The Orphanage Series #1
Casa editrice:
Pagine: 372
Anno di pubblicazione: 2017
Traduttore:
Genere: Narrativa, Romance
Costo versione cartacea: 11.70 euro
Costo versione ebook: 1.99 euro
Link d’acquisto: Amazon