Fahrenheit 451 (circa 233 °C) è la temperatura d’accensione della carta.
Quindi Ray Bradbury non avrebbe potuto scegliere titolo migliore per un romanzo ambientato in un mondo in cui i libri vengono dati alle fiamme perché leggerli è illegale, persino possederli è proibito. Questa idea mi ha affascinato e inorridito al tempo stesso – rabbrividisco di fronte all’angolo della pagina piegato per tenere il segno, perciò figuratevi come potrei sentirmi vedendo un libro gettato in una stufa -, spingendomi a chiedermi per quale motivo l’uomo dovrebbe arrivare a tanto, costituendo addirittura un corpo di Militi del fuoco, pompieri al contrario che imbracciano il lanciafiamme al posto dell’idrante, di cui fa parte anche il protagonista di questa storia, Guy Montag.
Il suo compito è recarsi a sirene spiegate a casa dei lettori fuorilegge, identificati solitamente per delazione, trovare tutti i libri e bruciarli, includendo l’intero edificio in caso il detentore si rifiutasse di consegnarli. Infatti leggere è contro la legge, in quanto l’unica fonte di intrattenimento, informazione e istruzione permessa dal governo è la televisione, i cui schermi tappezzano le pareti di casa dei cittadini. Convinto di agire per il bene comune, inizialmente è felice del proprio lavoro, supervisionato costantemente dal caposquadra Beatty.
Era una gioia appiccare il fuoco. Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia.
D’altra parte, però, la sua vita famigliare è sull’orlo dell’infelicità, soprattutto a causa del rapporto ormai sterile con la moglie Mildred, donna succube dei frivoli programmi televisivi e delle vuote ciance della radio che riempiono la sua testa giorno e notte. A fargli aprire definitivamente gli occhi è l’incontro con Clarisse, diciassettenne etichettata come stramba perché curiosa del mondo e delle piccole cose, la cui famiglia è malvista dagli altri poichè, a differenza della massa, non possiede un televisore e sembra felice anche così. I dubbi si instillano inesorabili nella mente di Montag e, a seguito di un intervento della sua squadra di incendiari finito male, culminano con un atto inconsulto: ruba un libro e decide di leggerne una riga.
A qualcuno è occorsa tutta una vita per mettere sulla carta una parte dei suoi pensieri, per guardarsi intorno e descrivere il mondo e la vita come li vedeva lui, e poi salto fuori io e in due minuti… bum! E’ tutto finito.
Da quell’istante l’uomo sa che la sua vita non sarà più la stessa, consapevole che il fuoco potrebbe lambirgli le mani da un momento all’altro.
Ho trovato l’idea di fondo decisamente brillante, visionaria in un certo senso, una sorta di estremizzazione di ciò che è il mondo di oggi. Il romanzo infatti, pubblicato nel 1953, descrive una società dal taglio distopico in cui la superficialità spadroneggia, risultato dell’influenza ossessionante delle televisioni e delle radio sulla gente, mezzi usati dallo stato per diffondere notizie falsate sulla situazione politica reale e programmi futili atti a uniformare il pensiero delle persone, a renderle tutte uguali.
Per forza! Noi dobbiamo essere tutti uguali. Non è che ognuno nasca libero e uguale, come dice la Costituzione, ma ognuno vien fatto uguale.
Esse vengono distratte dallo scorrere veloce delle immagini e dalle chiacchiere dei personaggi fittizi che fanno capolino, senza avere il tempo di soffermarsi a pensare, il non pensare diventa addirittura sinonimo di felicità, benché prevalentemente di facciata. Ed è questa la ragione per cui i libri vengono aboliti: ogni libro si fa portatore del messaggio di colui che lo ha scritto, spingendo il lettore a reinterpretarlo secondo la propria opinione e a coltivare quindi un pensiero nuovo tutto suo, iniziativa oltremodo pericolosa in un mondo che non tollera le eccezioni. Ciò nonostante, Montag, personaggio che mi ha colpito particolarmente – non posso farci nulla, ho un debole per gli antieroi -, decide di ribellarsi per dare una risposta alle sue domande, scegliendo deliberatamente di essere targato come fuorilegge pur di estinguere la propria sete di sapere. Il suo è un percorso di apertura mentale che lo porta a strappare il velo di apparenza che scherma la realtà, guidato da quei libri di cui tanto non capiva il senso.
Riguardo l’aspetto tecnico, la narrazione fila liscia come l’olio, senza pause o intoppi. Pensandoci a posteriori, la prima metà mi è sembrata maggiormente riflessiva, complice anche la prosa descrittiva e a tratti poetica di Bradbury, mentre la seconda è stata un crescendo di eventi che si susseguono senza tregua, sviluppati troppo velocemente forse, come se l’autore fosse un po’ di corsa.
In conclusione direi che Fahrenheit 451 sia un libro tremendamente attuale che merita di essere letto almeno una volta nella vita, latore di un messaggio troppo importante per essere escluso dalle nostre librerie:
Ci sono crimini peggiori che bruciare libri. Uno di questi è non leggerli.
Scheda libro
Titolo: Fahrenheit 451
Autore: Ray Bradbury
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 210
Anno di pubblicazione: 1953
Traduttore: G. Monicelli
Genere: fantascienza
Costo versione cartacea copertina flessibile: 10,50 euro
Costo versione ebook: 6,99 euro
31 Agosto 2017 at 16:03
Ciao
ho letto forse tutti i libri di Bradbury che ha precorso i tempi sotto parecchi aspetti.
La tv cosi come in Fahrenheit 451 viene descritta, era gia uno strumento di appiattimento mentale, tanto per fare un esempio. E anche al giorno d’oggi non possederla è sinonimo di stranezza
E i libri anche oggi per moltissime persone sono tabù
Bradbury vedeva nel futuro.
Grazie per aver scritto questa recensione
Roxy
6 Settembre 2017 at 13:02
Concordo 😀 Grazie a te per averla letta ^_^