Sapevo di sentire la mancanza del genere romantico, ma non pensavo fino a questo punto. Quando me ne sono accorta? Nel preciso istante in cui ho preso in mano E se fosse destino di Barbara Graneris: avevo proprio voglia di leggere un ebook di questa risma. L’ho scelto perché ero curiosa di scoprire il significato del titolo, pensando alla sorte come protagonista assoluta del libro. Perciò mi sono lanciata allo sbaraglio, speranzosa, desiderosa di aver fatto la scelta giusta, in quanto non avevo mai letto nulla di questa autrice. Davvero poche volte il mio fiuto sbaglia preda: anche questa volta c’ho visto giusto e sono più che felice di dedicare un piccolo spazio nel blog a questa scrittrice emergente.
Greta si trova allo stadio, con il suo fratellino Leo e suo padre, per assistere alla partita dello loro squadra del cuore. Sono decisamente in anticipo poiché, essendo la prima volta per il ragazzino di dodici anni, tutta la famiglia si è affrettata a prepararsi per non rischiare di arrivare in ritardo per il fischio d’inizio. Dopo una breve descrizione dell’ambiente circostante, delle riflessioni sul mondo del calcio e una panoramica che la protagonista fa su se stessa e sulle persone intorno a lei, soffermandosi anche sulla madre che sembra essere una parvenza leggera, evanescente eppure importante, ecco che la partita finalmente comincia, dopo il tumulto dello stadio, in occasione del riscaldamento, per l’ingresso dei giocatori del cuore e dell’allenatore, la cui sfilata viene accolta con uno scroscio di applausi e urla d’incitamento. Una telecronaca emozionante ci attende: sembra quasi di essere lì ad assistere agli scarti, ai passaggi, alle corse sfrenate dietro al pallone per indirizzarlo nella porta avversaria, e, quando il gol tanto bramato arriva, difficile contenere l’entusiasmo.
Lo stadio esplode: tutti si abbracciano, saltano e gridano, con i giocatori che vengono ad esultare sotto la curva. Mio padre e mio fratello si tengono stretti e io mi osservo attorno euforica. C’è qualcosa di speciale in questo istante, perché va oltre allo sport ed al denaro. E mi piace.
Arriviamo alla fine del primo tempo. Panini portati da casa alla mano ed ecco che è giunto il momento di rifocillarsi. Ma manca da bere! Greta, quindi, si alza e si dirige al bar: tra una gimcana e l’altra per schivare i tifosi maleodoranti di birra e sigarette, la ragazza raggiunge il bancone, dove ordina un’aranciata e dell’acqua, serviti entrambi in bicchieri di carta. Peccato che, appena si volta per ritornare sugli spalti da suo padre e da Leo, la nostra protagonista viene travolta da un ragazzo, causandole una caduta sul sedere e provocando il rovesciarsi di entrambe le bibite, l’acqua a terra e l’aranciata sulla maglietta di lei. Non attende molto prima di alzarsi e così Greta può vedere chi mai le è venuto addosso: il suo “aggressore” è alto, moro, occhi marroni, con un fisico scolpito, praticamente un tipo dannatamente bello. Non è solo, è accompagnato da un altro ragazzo che non fa altro che ridere sotto i baffi, assistendo alla scena di scuse che l’amico ha deciso di interpretare impeccabilmente e sinceramente. A causa poi di una battuta leggermente infelice e strafottente del simpaticone, la ragazza non può non reagire, prendendo una birra e lavando da capo a piedi: se a lei una doccia ha fatto più che bene, dovrebbe essere lo stesso per lui, no? L’ “aggressore” scoppia a ridere e, accompagnato da Greta, si dirige verso il bar dove compra le bibite che le ha fatto cadere. Si congedano, ma, prima che la ragazza riesca a raggiungere il suo posto, quel tipo la raggiunge nuovamente, chiedendole di dirgli il suo nome perché lo incuriosisce a tal punto da voler sapere questa piccola e innocua informazione. Lei non vuole assolutamente dirglielo. E se fosse uno stalker? Meglio evitare di sbilanciarsi. Tuttavia, decide comunque di “giocare” un po’.
«Facciamo così» dico all’improvviso, divincolandomi dalla sua presa. «Se mai il destino ci dovesse far rincontrare, allora ti dirò il mio nome.»
Grazie al caos circostante dei tifosi, Greta riesce a svignarsela, evitando così un altro scambio di battute con “il ragazzo delle bibite”.
Se ne sarà davvero liberata? È realmente l’ultima volta che vedrà quel tipo o il tutto è rinviato a prossimamente? La sorte forse esiste, forse ci spinge verso una persona perché sotto sotto siamo legate a essa, nonostante noi non lo sappiamo ancora.
Come avevo supposto, il libro gravita attorno al destino, quella sorte che, anche se noi cerchiamo di aggirare, di evitare ad ogni costo per sentirci liberi di decidere del nostro futuro facendo valere il nostro personale arbitrio e quell’autonomia che ci caratterizza, di avviarci verso la direzione opposta per sfuggirle e lasciarcela alle spalle per sempre, ci cattura come il magnete nei confronti di un pezzo di metallo inerme e succube dell’attrazione potentissima e centralizzata, che non ci permette di allontanarci da lei se non per un lasso di tempo, esiguo o abbondante che sia, quasi per farci pregustare solamente un simulacro confuso e fumoso dell’avvenire che vorremmo ma che non potremo mai raggiungere a causa del suo zampino ironico, molto spesso malevolo e non favorevole nei nostri riguardi. Nonostante questo, però, comunque noi tutti nutriamo dei sogni, più o meno grandi, più o meno realizzabili, più o meno raggiungibili, quei mondi onirici che vorremmo rendere reali, tangibili, nostri davvero e non solo nella nostra mente di idealisti, con i quali dimostrare, più che agli altri, a noi stessi di potercela fare, di avere, oltre alla forza necessaria per vincere, quell’energia essenziale per non abbatterci, per non desistere, per non scoraggiarci e affogare nel mare delle avversità che sicuramente incontreremo durante il nostro percorso di vita, un dato di fatto da non trascurare, da dover combattere per non soccombere. E come fare per riuscirci? Sicuramente la speranza gioca un ruolo fondamentale in questa battaglia con il futuro ignoto, per spronarci a continuare sulla nostra strada, su quel percorso che avevamo intenzione di seguire fin dall’inizio, per non smettere di vedere positivo, nonostante magari le famose sfortune in cui possiamo inciampare, forse cadere, ma solo in quel momento possiamo tirar fuori le unghie, lottare per rialzarci e ottemperare i nostri propositi. Sta a noi svelare la nostra vera natura battagliera, sprigionare la tigre che è in noi, lasciarla libera ad affrontare di petto tutti gli ostacoli per superarli e, una volta raggiunto l’obiettivo, guardarsi indietro, vedendo i passi compiuti, constatando il vigore che ci ha permesso di non fermarci se non alla fine, per gustarci la proverbiale quiete dopo la tempesta. Tutto questo viene dimostrato ampiamente da Davide, il protagonista maschile del libro, che, già dalle prime righe di E se fosse destino, si presenta come un cavaliere combattivo, un guerriero, un uomo che segue il suo sogno e ne fa il vessillo della sua vita, della sua corsa al futuro, del suo tutto. E se a questo punto qualcosa, nella fattispecie un avvenimento strano e inusuale con una persona altrettanto diversa e fuori dagli schemi, stravolgesse l’intera esistenza del ragazzo? Greta, con la sua personalità, sconvolge la vita di Davide, dalla A alla Z, toccando qualsiasi lettera, nessuna esclusa al tocco dell’anima, del cuore e della personalità di questa protagonista femminile, segnata da ciò che ha dovuto vivere, da ciò che vive tutt’ora e da ciò che vivrà, sicuramente diverso da quel futuro che vorrebbe raggiungere davvero. Entrambi, così differenti, quasi opposti, si scontrano, ma, come un protone e un elettrone, si attraggono inevitabilmente, anche se uno dei due cercano di frapporre tra loro muri che, mattone dopo mattone, vengono eretti in maniera quasi insormontabile. Le crepe, però, ci sono e proprio attraverso quelle si insinua il sentimento, un amore forte e vigoroso, che striscia in quelle fratture, lasciando un segno indelebile e marcato, quasi in neretto, difficile da non vedere e da evitare, spaccature che riescono a risvegliare lo spirito ormai nascosto, segregato da qualche parte nell’anima di lei, portandola un passo alla volta verso quello che veramente agognava di raggiungere, di poter stringere tra le mani, stritolandolo e non lasciandolo più andare via. Tuttavia non avviene sempre in questo modo: nel corso del romanzo, i due ragazzi si compensano in ogni cosa, formando solo insieme un essere effettivamente completo, scambiandosi verso la fine i ruoli, come quasi a ricordare che una senza l’altro non possono esistere, che l’uno senza l’altra si sentirebbero incompleti, spaccati, lacerati a metà, mancanti di quella loro parte forse migliore o che eleva la loro componente personale, esaltandola, portandola verso nuovi lidi inesplorati, spiagge di un’isola paradisiaca, anche un semplice lembo di terra capace però di racchiudere tutto ciò di cui i due ragazzi hanno bisogno, tutto ciò che cercano, che hanno sempre cercato e che, se la fortuna li assiste, cercheranno ancora e ancora.
Sono decisamente convinta che mi immergerò in altre storie di questa autrice: Barbara Graneris, con la sua penna, tocca leggiadramente le emozioni del lettore, sfiora il cuore di chi legge instillando sensazioni positive e negative, ponendo il seme di una pianta rigogliosa di sentimenti, dimostrandoci che, con la tenacia, la costanza e la voglia di andare avanti, noi possiamo, anzi, dobbiamo perseguire i nostri sogni perché la vita è una sola e, se non giochiamo il tutto per tutto ora, quando?
Scheda libro
Titolo: E se fosse destino
Autore: Barbara Graneris
Casa editrice: Barbara Graneris
Pagine: 219
Anno di pubblicazione: 2016
Traduttore: –
Genere: Romance
Costo versione cartacea: –
Costo versione ebook: 1.99 euro
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