Con la presente recensione, ritorno alle origini, attingendo dalla lista chilometrica di richieste ancora da evadere, tanti piccoli tesori letterari che purtroppo stanno aspettando la mia attenzione da tempo immemore, pagine che frementi non vedono l’ora di essere svoltate virtualmente o meno dalla mia mano desiderosa di scoprirne il contenuto e tuffarsi dentro, scandagliando i suoi fondali infiniti alla ricerca di preziosi forse perduti ma mai dimenticati. E posso confessare che, per fortuna, possiedo questo elenco senza fine da cui scegliere ennesimi spunti umanistici con cui saziare il mio essere lettrice accanita poiché riescono a soddisfare a pieno il mio palato proteso verso gusti sempre differenti che creano una copertura a 360 gradi capace di racchiudere tutti i generi possibili, nessuno escluso al vaglio delle opportunità.
È stato quindi il turno di Simona Busto, un’autrice che ho iniziato ad apprezzare con gli urban fantasy La nave di cristallo e Dark Metal, dai quali ho potuto riconoscere la sua bravura nel raccontare storie con trame studiate in ogni dettaglio e personaggi profondamente particolareggiati, un mix vincente che non è passato inosservato al mio occhio clinico: una scrittrice del suo calibro poteva forse fallire nella sfida di portare su carta un romance come Una maschera sul cuore? Ovviamente no, certo.
Cosa si è disposti a fare pur di ritornare in auge e cavalcare di nuovo la giusta onda della soddisfacente notorietà? L’attore Christian Lobianco, uno dei giovanissimi artisti più pagati di Hollywood, deve fronteggiare il declino prematuro della sua carriera cinematografica. In seguito all’interpretazione di due ruoli rivelatisi col tempo due colossali insuccessi, il protagonista maschile del libro di Simona Busto ha dovuto scendere a patti con la realtà, accettando di portare sulla scena una parte drammatica e impegnativa che potrebbe aiutarlo davvero nel compito arduo di recuperare la sua perdita da novanta. Affinché il suo personaggio fittizio di operaio ai tempi della crisi risulti d’impatto e veritiero sul pubblico astante, il suo agente Ethan lo ha convinto, senza alcuna vera possibilità di scelta, a trasferirsi, con annesso mutamento totale dal punto di vista estetico, in quel di Milano, il capoluogo lombardo dove dovrà condurre una vita semplice, dimenticando qualsiasi agiatezza e comodità di sorta a cui si era anche troppo abituato, con lo scopo ultimo di immedesimarsi proprio nel lavoro in fabbrica a cui sarà destinato per i mesi necessari all’acquisire la corretta dimestichezza del caso.
Purtroppo, sebbene le sue intenzioni sembrino essere quasi meritevoli, di fronte agli occhi blu del ragazzo, la sorte decide di materializzare problematiche di ogni tipologia, dalla più trascurabile a quella decisamente rilevante, un continuo sballottamento che Christian imparerà a domare almeno un poco, adeguandosi alla marea e lasciandosi trasportare, prima che la sua nave coli a picco e lo porti nell’oblio con sé.
Sulla cresta dell’onda, il panorama circostante incarna, per antonomasia, la perfezione, cerchio a mano libera di Giotto entro il cui nucleo troviamo il podio dal quale librarci superandone i confini e proiettandoci verso le infinite possibilità nascoste dal suo limite immaginario. Ogni angolazione riporta alla nostra memoria i trofei già ottenuti, posto d’onore in grado di richiamare ricordi a breve e lungo termini su cui soffermarsi implica un’istantanea felicità assoluta, breve e intensa fiamma che ci scalda fin nei recessi dell’anima, esaltando, oltre al resto, anche l’ego indotto dalla climax del momento, peculiare concretizzarsi a nuova forma che, modificando sé stessa, altera pure la percezione del prossimo nei nostri confronti: il fuoco della nomea si attizza con un semplice refolo d’aria, alito fresco e intermittente che arriva senza preavviso e tramortisce, donandoci l’ebbrezza del cavallone prestigio, una condizione di estasi che vorremmo protrarre per godere all’infinito del suo strascico meraviglioso, un’eco risuonante in lontananza senza difficoltà, solenne riverbero che, come un brivido percorrente la colonna vertebrale, concede alle piacevoli sensazioni derivanti di scaricarsi alla messa a terra delle sinapsi, stimoli che offuscano e illuminano, al contempo.
I cambiamenti, tuttavia, possono attenderci dietro ogni angolo perché, in fin dei conti, basta un’unica lettera in posizione quasi centrale per mescolare le carte in tavola, ribaltando e portando a proprio vantaggio la situazione in atto, mossa vincente che, da quel preciso momento, si aggiudicherà la mano di molte partite, match di vita nei quali il malcapitato antagonista perderà tutto rimanendo con niente. Infatti, a differenziare per prima stelle e stalle, è quella microscopica peculiarità che, sotto forma di vocale, evidenzia la grandissima distanza intercorrente tra le prime e le seconde, eterno baratro a cui affacciarsi si rivela paradossalmente attraente e caderci una conseguenza assai inevitabile: è sufficiente un piede in fallo per precipitare nell’abisso, attimo fuggente che, sancendo la fine e l’inizio, relega quei confini ultimi a una voragine oscura dalla quale scappare diventa col tempo impensabile, ingorde catene che, desiderose di nuove prede da assoggettare, imprigionano e dilaniano chi inciampa nelle loro trame, sabbie mobili in cui, ad ogni passo, si affonda sempre più, rendendo evanescente il miraggio delle origini, sentiti albori di un’esistenza all’apice dell’apparente bellezza, materiale esteriorità che, attraverso il suo inconsapevole talento di lenire ferite profonde nell’animo, nascondeva a noi stessi le assenze fondamentali per ognuno, focalizzandosi sulle trascurabili futilità ed esaltando ciò che davvero non lo necessitava in essere.
A questo punto, un riscatto di considerevole portata appare necessario affinché possiamo riemergere in superficie dalle acque putride del declino, un’ascesa obbligata qualora il nostro obiettivo finale incarni esattamente l’acuto desiderio di tornare agli esordi, quel pregresso che ricordiamo con sommo piacere e altrettanta gloria, fervore concitato che si diffonde in tutti gli anfratti del nostro corpo, spingendolo verso la sola e unica meta possibile, traguardo da raggiungere con qualunque mezzo, senza guardare in faccia a nessuno, ad ogni costo. Adattarsi alla realtà personifica la tipologia di approccio ideale per potersi reinventare, creando da zero un inedito individuo di cui vestire i panni, un ruolo forzato se si desidera davvero tornare, o quantomeno avvicinarsi palesando ogni possibile strategia, al punto finale abbandonato a sé stesso prima della caduta in picchiata, predatore alato che, conscio una volta di esserne in grado, si accorge in ritardo della sua ormai disabilità, mancanza che lo rende innocua fonte di pericolo, mai temuto, sempre sbeffeggiato.
Come sempre del resto, la semplicità non è affatto di casa. Più ci inoltriamo in quell’ignota selva rappresentante nel complesso l’evidente diversità del nostro personaggio da interpretare, più ci rendiamo conto che non è facile calarvisi, sipario di un lavoro a tempo pieno che richiede attenzione e dedizione assolute, impiego che verrà indossato come una seconda pelle solo grazie all’abitudine del vissuto, giorni che scorrono e inebriano il nostro spirito coinvolgendolo nel nuovo e, in maniera paradossale, avvicinandolo al vecchio, un connubio sui generis la cui esistenza è permessa unicamente dalla nostra immedesimazione totale, processo in perseverante divenire che implica un incipit di annullamento affinché l’epilogo del ritrovo sia poi di effettiva realizzazione.
Di conseguenza, iniziano a subissarci degli interrogativi, domande esistenziali così impellenti da essere in grado di percepire, con tutto il cuore, la dominante sensazione orientata di rispondervi, non procrastinandone quindi la generale risoluzione, sbrogliamento inequivocabile della matassa di pensieri che, come un intreccio aggrovigliato, è possibile districare se in campo scendono pazienza e costanza, due arti emotive che, grazie a un matrimonio combinato, riescono a diradare le nebbie dell’ignoranza, portandoci dove tutto con la sua identificazione riesce a trovare il luogo destinatogli fin dal principio: le sicurezze dateci dalla notte dei tempi cominciano a vacillare, tentennamenti sempre più eclatanti che pongono in dubbio scontate conoscenze al saldo della nostra esistenza, faccende irrisolte sulla nostra persona che oscillano tra la banale questione dell’essere celato dalla carne palpitante e l’enigmatico mistero dell’aspirazione verso cui saremmo indirizzati, cardini della porta da cui entriamo e usciamo senza sosta, mostrante ciò che non riuscivamo a vedere, verità davanti alle quali, almeno per un primo momento sospeso tra due istanti uguali eppure diversi, rimanere scioccati per la natura rivelatasi, traumatico stupore da rifuggire e abbracciare insieme, scappando forse da una scomodità spifferata ai quattro venti che, fino ad allora, ha ben occultato la realtà del nostro piccolo universo su scala ridotta.
A poco a poco, la maschera si sgretola, disfacendo la struttura che, pezzo dopo pezzo, avevamo diligentemente costruito, mattoni speciali con i quali avevamo eretto le fondamenta del nostro edificio blindato entro le cui pareti stava relegata l’essenza di noi, sentimenti intrinseci che, in netto contrasto con la prospettiva esterna, dovevano essere in qualche modo tutelati dalle malvagità del cosmo, brutture che irreparabilmente sarebbero andate a ferire prima e distruggere in definitiva poi: la protezione concerneva due aspetti fondamentali della vita, accompagnatrice salda e fidata del nostro passo, una medaglia il cui fronte esibiva nel suo più autentico splendore l’ancora che, ad ogni giro di giostra, subissava il nostro animo, portandoci sul fondo e lì, al pari di radici digiune dei nutrienti indispensabili, attecchire al terreno, condannato a morte che in ogni maniera cerca di rimanere stretto all’ultimo luminoso rimasuglio di esistenza, in contrapposizione al retro raffigurante, invece, l’inclinazione guadagnata negli anni nel volersi allontanare dall’altrui presenza, distanza di sicurezza incitata dal chiodo fisso per il quale l’altro non debba venire a conoscenza delle nostre zavorre, evitando che, per qualsivoglia motivazione, decida di instaurare rapporti affettivi con noi, banali esseri non meritevoli di tali distrazioni, doveri che tramontano di fronte a queste ennesime delusioni, realtà dei nostri fatti, mondo comune di tutti.
Tuttavia, il futuro non sempre ci riserva quanto pattuito agli esordi del nostro respiro, piani strutturati fino all’eccesso con esatte specifiche da seguire, senza coinvolgere alcun cambio repentino di rotta. Sebbene il suo essere prestabilito anche nei minimi dettagli imponga un certo contegno all’impulsività, di sicuro la sua caratteristica sostanza aleatoria non ha la facoltà di passare in secondo piano, fondamentale elemento che quindi combatte strenuamente al fianco delle intimazioni indotte dal nostro subconscio, regole ordinate atte, all’opposto, a scompigliare e inguaiare: spalancando le porte alla conturbante bellezza dell’ignoto, i sogni assumono una posizione incipiente pure nei soggetti meno propensi alle fantasticherie, manifestando una connaturata forza capace di far impallidire chi la fronteggia, vigore malcelato che sprona a recarsi verso una sola destinazione, miraggio quasi tangibile che ottenebra il passato e dà un inedito significato all’oggi, inducendo all’incarnazione di quel domani completamente differente, prova effettiva di un arrivo cruciale al momento opportuno, plausibile turning point che investe e regala molteplici possibilità, apparizioni istantanee di ennesimi indirizzi verso cui andare è proibito e recarsi è un dovere.
E le novità arrivano, lasciandoci inebetiti in balia del vento di tramontana, fremiti gelidi che in un abbraccio soffocante ci tengono vigili in attesa del dono da scartare, lucida carta che sfiora inconsapevoli mani in trepidazione. Racchiuso tra quattro mura da sfaldare, appare l’amore in tutta la sua favolosa onestà disarmante, smembrato in due fazioni complementari, da un lato la famiglia per la quale si può decidere di dimenticare i conflitti e le avversità, estinto ormai il debito di uno scotto che il pregresso voleva imporci di pagare con gli interessi, avvelenatore e distruttore di legami inscindibili per definizione, dall’altro la nostra metà della mela, frutto proibito a cui attingere per ottenere la genuina e preziosa conoscenza della totalizzante avventura che ci rende vivi, liberi e oltremodo felici, fulcro della stessa realtà a cui sempre dissetarsi, nonostante a volte l’acqua sorgiva si riveli essere inquinata, contaminazione atta a ferirci deliberatamente in profondità, disparate bugie che, sebbene con lo scopo termine di tranquillità e pace reciproche, rimangono tali come il significato del loro nome suggerisce, quasi sottolineando che l’apparenza può ingannare con ogni strumento a lei congeniale e si riserva il conseguente diritto di ferire in maniera grave ed esemplare, imponendo un crollo deciso di quel nostro mondo fasullo diventato con lo scorrere del tempo indispensabile, cesellato prima, amato poi, mancante ora.
Discernere verità e finzione diventa un compito essenziale se si vuole davvero partecipare alla felicità condivisa di cui sopra, una letterale comunione dei beni che si può raggiungere anche qualora sembrasse essere tutto perduto, ammissibili rimedi scardinati con forza bruta dal loro sostegno: si sa che la gioia, come tutte le altre vicissitudini dell’esistenza, mantiene alti i suoi propositi di apparizione selvatica, attimi impensati che assumono il ruolo perfetto in tali frangenti unici, particolari battiti di ciglia che sanno rendere chiunque protagonista della magia più antica, degni individui agli occhi della traboccante emozione, sentimento che trasforma tutti quanti in encomiabili persone senza ombra di distinzione alcuna, clamorosa scoperta che dipende fuor di dubbio dal nostro istinto primordiale, spirito guida in cerca di risoluzione e riconquista definitive.
Volere, in fin dei conti, è potere.
Simona Busto fa sempre centro, qualsiasi sia il genere nel quale decide di cimentarsi: Una maschera sul cuore è il segno concreto della bravura dell’autrice che è riuscita, con quest’opera, ad adattarsi a una storia diversa dalla sua routine letteraria, differenza che però mantiene il magnetismo caratteristico della sua penna, vocaboli travolgenti per uno stile unico che, al contempo, affligge e rinvigorisce il lettore, inciampatore seriale in trame da batticuori rubati e sospiri spezzati.
Però la scrittrice non si limita solo a questo. La potenza inaudita delle sue parole stupisce ogni volta che veniamo trasportati in un suo libro, mare di suoni d’inchiostro che forza il pubblico a legarsi a doppio filo con i personaggi di carta, figli da amare naturalmente e da odiare altrettanto, voraci sentimenti che scombussolano rovistando nel bagaglio in dotazione, creando in modo quasi inevitabile legami d’affetto non voluti ma comunque bene accetti, gradita rassegnazione alla fattualità di cui Simona Busto si è resa creatrice.
Il perno del romanzo è purtroppo anche la sua debolezza, se si considera il soggettivismo di un lettore come lo sono io: il finale aperto spiazza e non perdona, soprattutto nei confronti di chi ha l’animo romantico e suscettibile alle emozioni, però, se si adotta una prospettiva diversa, si riesce a soprassedere sulla delusione della nebulosità conclusiva, traducendola in libertà nel poter immaginare il già scritto che non è stato detto, l’evidenza non resa a chiare lettere che urla comunque la sua presenza mancante.
Scheda libro
Titolo: Una maschera sul cuore
Autrice: Simona Busto
Casa editrice: Createspace Independent Pub
Pagine: 308
Anno di pubblicazione: 2016
Genere: Romance
Costo versione cartacea: 11.02 euro
Costo versione ebook: 2.99 euro
Link d’acquisto: Amazon (ebook), Amazon (cartaceo)
8 Aprile 2018 at 11:30
Posti le recensioni e non ne so nulla? complimenti però! Libro che non è dispiaciuto nemmeno a me!
8 Aprile 2018 at 13:03
Ahahahahah Massì, come diciamo sempre tra noi, le recensioni, una volta online, non scappano 😉 <3
Beh dai, sono davvero contenta ^_^ Adoro lo stile di Simona... Se qualcun altro la apprezza, ne sono felice <3
Grazie di essere passata :* <3